Aumenta il rischio che si verifichino malfunzionamenti nelle reti elettriche, nei sistemi GPS, nelle telecomunicazioni via satellite e con i velivoli, nella telefonia cellulare
Secondo le osservazioni degli scienziati del NOAA degli Stati Uniti, le macchie solari osservate nell’emisfero nord della stella indicano che siamo alle soglie di un nuovo ciclo di 11 anni dell’attività solare. L’evento porta con sé l’aumento del rischio che sulla Terra si verifichino malfunzionamenti nelle reti elettriche, nelle telecomunicazioni via satellite e con i velivoli militari e civili, nonché nei ricevitori satellitari GPS e nella telefonia cellulare.
Durante una tempesta solare, infatti, avviene l’espulsione di un’enorme quantità di particelle cariche che possono arrivare fino al nostro pianeta, interferendo con le apparecchiature elettromagnetiche. La nuova macchia solare, identificata come dalla sigla #10,981, è l’ultima in ordine di tempo a essere stata osservata da quando il NOAA cominciò a catalogarle e numerarle nel gennaio del 1972. la sua posizione, 27 gradi di latitudine nord, e la sua polarità sono chiari segni dell’inizio di un nuovo ciclo solare, secondo gli esperti del NOAA.
Le prime macchie solari e le regioni di attività di un nuovo ciclo solare, infatti, emergono ad alte latitudini, mentre quelle del precedente ciclo continuano a formarsi nelle vicinanza dell’equatore. “Questa macchia solare è come la prima rondine di primavera”, ha spiegato Douglas Biesecker, dello Space Weather Prediction Center del NOAA. “In questo caso, è un presagio di tempeste solari che gradualmente tenderanno ad aumentare nell’arco dei prossimi anni”.
Una macchia solare è un’area di attività magnetica altamente organizzata sulla superficie del Sole. Il nuovo ciclo di 11 anni, chiamato ciclo solare 24, aumenterà via via, mostrando una serie di macchie e tempeste che raggiungeranno il culmine tra il 2011 e il 2012, sebbene le tempeste devastanti possano verificarsi in qualunque momento.
Macchie solari e piogge africane
Un nuovo studio rivela una correlazione tra abbondanza di macchie solari e periodi di intense piogge nell’Africa orientale.
L’insolito collegamento è stato riscontrato grazie a uno studio frutto della collaborazione tra ricercatori britannici e statunitensi e si è basato sull’analisi di dati riguardanti un arco temporale di un secolo. In particolare le abbondanti piogge sembrano precedere i massimi di attività solare. Poiché tali precipitazioni nella regione sono spesso causa di inondazioni e di epidemie, il risultato potrebbe essere utilizzato per predisporre in tempo misure di prevenzione delle conseguenze peggiori a carico delle popolazioni della zona.
“Con l’aiuto di questi risultati ora possiamo sapere in particolare quando le stagioni piovose sono più probabili”, ha spiegato il paleoclimatologo e coordinatore della ricerca Curt Stager, del Paul Smith’s College di New York, coautore dell’articolo apparso sulla rivista “Journal of Geophysical Research”.
L’incremento nel numero delle macchie solari indica un aumento dell’emissione di energia da parte del Sole e il picco di attività solare ha una ciclicità di 11 anni. Il prossimo picco è atteso per il 2011-2012. Se lo schema è effettivamente quello stabilito dal nuovo studio di Stager e colleghi, il massimo nelle precipitazioni piovose dovrebbe verificarsi un anno prima.
Più intenso il prossimo ciclo solare
Analizzando i cicli solari recenti, gli scienziati del National Center for Atmospheric Research (NCAR) a Boulder, in Colorado, sono riusciti a estrapolare un modello di evoluzione e a fare previsioni sui prossimi due cicli. Secondo il loro calcoli, il prossimo periodo di intensa attività solare – che avrà il suo massimo nei primi anni Venti del secolo – sarà dal 30 al 50 per cento più forte dell’ultimo.
La ricerca è stata svolta in collaborazione con la NASA, interessata al fenomeno perché il vento e i brillamenti solari sono in grado di rallentare la velocità orbitale dei satelliti, interferire con le comunicazioni e provocare interruzioni nelle forniture di elettricità. Per contro, i ricercatori hanno utilizzato nuove tecniche di eliosismologia sviluppate proprio dall’ente spaziale americano, che si basano sulla rilevazione dei riverberi delle onde sonore che si propagano all’interno del Sole e che, quasi fossero una sorta di “ecografia stellare” consentono di ricavare informazioni sulla sua struttura e sulle sue dinamiche interne.
L’evoluzione delle macchie solari è infatti determinata dalle correnti di plasma, ossia di gas ionizzato carico elettricamente, che si manifestano in modo particolarmente intenso con un periodo che va dai 17 ai 22 anni. Per testare il loro modello lo hanno applicato ai dati storici già disponibili e hanno verificato che esso ha un’accuratezza del 98 per cento.
Macchie solari da record
Una nuova analisi mostra che il Sole è attualmente più attivo di quanto non sia stato negli ultimi mille anni. Gli scienziati dell’Istituto di astronomia dell’Istituto Federale di Tecnologia svizzero di Zurigo hanno usato carote di ghiaccio prelevate in Groenlandia per costruire un quadro dell’attività della nostra stella nel passato. I risultati indicano che nell’ultimo secolo il numero di macchie solari è cresciuto di pari passo con il costante riscaldamento del clima terrestre. Questo trend potrebbe essere stato amplificato dai gas prodotti dal consumo di combustibili fossili. Le macchie solari vengono tenute sotto osservazione sin dal 1610, poco dopo l’invenzione del telescopio, e rappresentano una misurazione diretta dell’attività del Sole. La variazione del loro numero ha rivelato l’esistenza di un ciclo di 11 anni nell’attività solare, oltre ad altri cambiamenti più a lungo termine. In particolare, fra il 1645 e il 1715, le macchie osservate furono insolitamente poche: quel periodo, denominato “minimo di Maunder”, coincise con un clima particolarmente freddo noto come “piccola era glaciale”.
Gli scienziati solari sospettano che ci sia un legame fra i due eventi, ma il meccanismo preciso non è ancora stato individuato. Nel tentativo di determinare cosa accadde alle macchie solari durante altri periodi freddi dell’ultimo millennio (identificati dalle misure degli anelli degli alberi), Sami Solanski e colleghi hanno studiato le concentrazioni isotopiche del berillio in campioni di ghiaccio prelevati in Groenlandia. L’isotopo viene infatti creato dai raggi cosmici, il cui flusso è modulato dalla forza del vento solare che varia con il ciclo delle macchie solari. I risultati dello studio, presentati in una conferenza ad Amburgo, in Germania, ricostruiscono l’attività solare nel passato e mostrano i diversi minimi di Maunder succedutisi negli ultimi mille anni. Ma rivelano anche che il Sole non è mai stati così attivo nell’ultimo millennio come negli ultimi 60 anni. I dati suggeriscono pertanto che le variazioni di attività solare influenzino in qualche modo il clima globale provocandone il riscaldamento.
La storia recente del sole
A partire dagli anni quaranta del ventesimo secolo, il Sole ha presentato un’attività insolitamente elevata. Lo suggerisce una nuova stima delle macchie solari che risale indietro fino al nono secolo. Molti fenomeni naturali, come le macchie solari, variano seguendo determinati cicli. La variazione è soggetta anche a fluttuazioni addizionali (dovute a effetti ancora non spiegati), rendendo vani gli studi che prendono in esame solo brevi intervalli di tempo. Più lunga è la base temporale, più precise sono le conclusioni storiche a cui si giunge. Nel caso delle macchie solari, il conteggio diretto risale fino ai tempi di Galileo, attorno al 1610. Ma l’attività precedente può essere dedotta dalle tracce di berillio-10 nel ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide. Il ragionamento è il seguente: un maggior numero di macchie solari implica un sole magneticamente più attivo, che quindi respinge in modo più efficace i raggi cosmici galattici, riducendo la produzione di atomi di Be-10 nell’atmosfera terrestre.
Gli atomi di Be-10 precipitano sulla terra e possono essere rintracciati nel ghiaccio polare anche dopo secoli. Usando quest’approccio, un team di scienziati dell’Università di Oulu, in Finlandia, e del Max Planck Institut di aeronomia di Katlenburg-Landau, in Germania, ha ricostruito il conteggio delle macchie solari a partire dall’anno 850, triplicando il periodo temporale coperto da studi precedenti. I ricercatori, guidati da Ilya Usoskin, hanno concluso che negli ultimi 1150 anni, il sole è stato maggiormente attivo dal punto di vista magnetico (ovvero ha presentato il maggior numero di macchie solari) proprio negli ultimi 60 anni. Lo studio sarà pubblicato sulla rivista “Physical Review Letters”.