Secondo nuovi studi, nel 1978 un vaccino della polio prodotto, almeno, da un laboratorio dell’Europa dell’Est è stato infetto da un virus in grado di causare il cancro.
Si pensava che i rami vaccinali contenenti questo virus e risalenti al 1962 fossero stati ripuliti grazie alle moderne procedure di manifattura. La scoperta indica invece che, a dispetto di quanto si pensasse, nel frattempo milioni di persone erano state esposte al rischio del virus.
Il patologo Michele Carbone insieme ad altri colleghi dell’Università di Loyola di Chicago ha testato la presenza del contaminante SV40 su campioni della EEVM, il laboratorio manifatturiero dell’Europa del dell’Est appunto, e su altri campioni prodotti in 12 altri paesi. Come riportato dal numero del Cancer Research del 15 novembre scorso, tutti gli stock risultavano negativi al virus a parte un innumerevole quantità di campioni provenienti dalla EEVM. Ciò dimostra che per più di una decade – dal 1966 al 1978 – è circolato sul mercato uno stock del vaccino contro la polio positivo all’infezione del virus SV40.
Ma cos’è questo SV40? Per produrre abbastanza virus della polio, ai fini di creare il vaccino, i laboratori facevano sviluppare il virus stesso nelle cellule renali delle scimmie rhesus. Fattore sconosciuto ai ricercati di quel tempo, le scimmie di questa famiglia sono spesso infette dal SV40, un virus in grado di causare il cancro negli umani. Le partiture del virus contro la polio ottenute utilizzando le cellule dei rhesus furono a breve termine e in larga misura infettate con il SV40.
Quando il problema fu scoperto nel 1959 la maggior parte dei laboratori eliminarono tale virus dai vaccini con un siero anti SV40. Invece il laboratorio europeo di produzione citato – EEVM – e forse altri, pensarono di scaldare la mistura del vaccino della polio per inattivare il virus isolato.
I ricercatori hanno ora dimostrato che la tecnica di inattivazione attraverso il calore, utilizzata dal laboratorio in questione, non distrugge in modo adeguato il SV40 ed è stata la ragione evidente del perseverare negli anni della presenza dell’infezione nel mistura stessa del loro vaccino. Per prevenire future contaminazioni i produttori di vaccini passarono da colture sulla scimmia rhesus a colture sulle cosiddette “scimmie verdi” resistenti al virus SV40. Resta ancora sconosciuto l’effetto del vaccino infetto sul propagarsi del cancro.
“Sebbene il SV40 sia stato isolato in alcuni tumori umani è difficile arrivare a consideralo come la causa di una qualche forma di cancro particolare” – afferma il virologo Janet Butel del Collegio di Medicina di Baylor a Houston, in Texas. Comunque aggiunge: “Lo studio eseguito dal Loyola è ben riuscito e crederci spingerà gli scienziati a ripensare sul fatto dato per certo che dal 1962 non c’era più il pericolo di assumere dei vaccini infetti di SV40
Fonte: scienzaeconoscenza.it
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