Uno sfondo di onde gravitazionali alla portata dei rivelatori tra qualche anno

Uno sfondo di onde gravitazionali alla portata dei rivelatori tra qualche anno
Rappresentazione artistica di due buchi neri
Rappresentazione artistica di due buchi neri in fase di coalescenza. Crediti: The SXS (Simulating eXtreme Spacetimes) Project

La scoperta del primo segnale diretto di onde gravitazionali non smette di stupire. Un nuovo studio, frutto delle collaborazioni LIGO e Virgo, indica che il segnale di fondo dovuto alla fusione di sistemi binari potrebbe essere circa dieci volte più intenso delle previsioni precedenti. Il commento di Tania Regimbau dell’Observatoire de la Côte d’Azur di Nizza.

L’11 febbraio 2016 ha segnato l’inizio di una nuova era per la scienza moderna: la nascita dell’astrofisica delle onde gravitazionali.

A partire da quel giorno sappiamo che i rivelatori LIGO e Virgo, le due collaborazioni internazionali dedicate alla ricerca delle onde gravitazionali, hanno a loro disposizione strumenti in grado di captare i segnali previsti cento anni fa dalla teoria della relatività generale di Einstein.

La notizia, che ha fatto rapidamente il giro del mondo, riporta che il 14 settembre del 2015 entrambi i rivelatori LIGO hanno rilevato lo stesso segnale di onde gravitazionali. I due interferometri si trovano a Hanford e Livingston, ovvero a circa 3.000 km di distanza tra loro, negli Stati Uniti. L’evento è stato soprannominato GW150914, dove GW sta per Gravitational Wave (ovvero “onda gravitazionale”) e il numero rappresenta la data di rilevazione. A partire dai dati raccolti è stato possibile risalire al fatto che il progenitore di quel primo segnale era un sistema binario formato da due buchi neri di masse pari a circa una trentina di volte la massa del Sole.

I team delle collaborazioni LIGO e Virgo hanno utilizzato i dati relativi a questo evento, cercando di ottenere una stima per il segnale di fondo nella banda osservativa delle onde gravitazionali. Per ogni evento come GW150914, infatti, ce ne sono molti altri simili, ma troppo distanti per essere rivelati. Le onde gravitazionali provenienti da queste deboli sorgenti si combinano formando un vero e proprio rumore di fondo, che potrebbe essere individuato correlando tra loro i segnali captati da due o più rivelatori. Sappiamo da tempo che gli strumenti di prossima generazione potranno osservare questo segnale, ma i dati ottenuti a seguito dell’individuazione di GW150914 suggeriscono che il livello di questo fondo potrebbe essere molto più alto del previsto.

Grafico segnale - onde gravitazionali
Il segnale proveniente da GW150914 e rivelato dai due interferometri LIGO. Crediti: LIGO Scientific Collaboration

Nel loro studio i ricercatori hanno tenuto conto del fatto che, così come possono esistere altri sistemi binari composti da due buchi neri come quello che ha dato origine a GW150914, l’Universo è popolato anche da coppie di buchi neri di masse inferiori che si fondono tra loro. Tutte queste fusioni contribuiscono a creare un segnale di fondo di onde gravitazionali che bombarda le Terra da tutte le direzioni. L’analisi effettuata dagli scienziati, e presentata in un articolo pubblicato su Physical Review Letters, indica che questo segnale di fondo potrebbe essere circa dieci volte più intenso di quanto previsto in precedenza e sarebbe alla portata della sensibilità che raggiungeranno i rivelatori LIGO e Virgo tra pochi anni.

«Abbiamo stimato la densità di energia delle onde gravitazionali prodotte da tutti i sistemi binari con masse simili a quelle di GW150914», spiega a Media INAF Tania Regimbau, ricercatrice presso l’Observatoire de la Côte d’Azur a Nizza e co-autrice dell’articolo. «La maggior parte di questi sistemi si trovano a grandi distanze e non possono essere rilevati singolarmente. È probabile che esista una popolazione di sistemi simili ma con masse inferiori che contribuisce in maniera significativa al segnale di fondo. Il valore che abbiamo ottenuto per l’ampiezza attesa di questo segnale ha un’incertezza molto grande, perché è grande l’incertezza con cui conosciamo il numero di sistemi che possono contribuire. Tuttavia, il valore medio è pari a dieci volte le stime precedenti.

«Per stimare il rapporto segnale rumore abbiamo integrato il segnale nella banda di frequenza del rivelatore e successivamente abbiamo integrato nel tempo», prosegue Regimbau. «Per rilevare il segnale sarà necessario attendere, a partire da oggi, un tempo minimo necessario per raggiungere la sensibilità desiderata e per poter estrarre il segnale dal rumore. A seconda del tasso di fusione dei sistemi binari, nel caso più ottimistico si parla di 2.5 anni, che diventano 3.5 anni se consideriamo il valore medio. Il livello di segnale stimato ha un’intensità alla portata dei rivelatori Virgo e LIGO quando verranno ultimati i lavori di miglioramento della loro sensibilità (per Virgo nel 2020 e per LIGO nel 2019).

«Dal momento che la sensibilità è ancora bassa, il nostro obiettivo è ottenere un numero molto più alto di rivelazioni individuali, e magari di oggetti a distanze maggiori. Questo ci permetterebbe di ricostruire un tasso di fusione e una distribuzione di massa molto più accurati», conclude Regimbau.

Elisa Nichelli

media.inaf.it