Ci avevano fatto credere che questa sarebbe stata l'età dell'oro.
Ci avevano promesso ricchezza e felicità per tutti: un futuro dove il costo del denaro si sarebbe mantenuto basso e dove i prezzi dei beni al consumo, grazie alla globalizzazione e all'allargamento dei mercati, sarebbero crollati.
Ci stiamo, tuttavia, accorgendo che la situazione non è come ce l'avevano descritta e che qualcuno ci ha mentito. Recentemente hanno iniziato a diffondersi notizie alternative circa il futuro che aspetta l'uomo su questo nostro pianeta, l'unico – è bene ricordarlo – che abbiamo.
Alternative semplicemente perché difformi da quella omogenea moltitudine di informazioni da cui quotidianamente veniamo bombardati.
Grazie anche all'enorme successo del film-documentario “Una scomoda verità”, firmato dal discutibilissimo Al Gore e dal regista Davis Guggenheim, una moltitudine di persone, prima impensabile, ha preso coscienza del pessimo stato e della pessima prospettiva in cui, ad oggi, si trova l'intera umanità.
Quello che, tuttavia, sfugge al grande pubblico è che la situazione è di gran lunga peggiore rispetto a come viene descritta.
Il mondo, come lo conosciamo ora, presto non esisterà più. E questo avverrà sia per ragioni climatiche sia e soprattutto per una ragione strutturale: la linfa che ha alimentato una fenomenale orgia energetica, consentendo alla specie umana di proliferare a dismisura, si sta esaurendo. Questa linfa vitale si chiama petrolio. E' importante sottolineare che il petrolio non sta per finire, si sta semplicemente esaurendo.
Stanno, infatti, diminuendo drasticamente le quantità di quella variante di petrolio, il petrolio convenzionale (il c.d. light sweet crude oil) sulla quale si è basata fino ad oggi tutta l'evoluzione della società umana in tutte le sue forme dall'inizio del secolo scorso.
L'attuale sistema economico-finanziario su cui si basa lo sviluppo dell'intero pianeta sta per collassare su se stesso a causa del venir meno di quel postulato su cui si regge l'intera baracca: petrolio convenzionale facilmente reperibile e a basso costo. Questo scenario, lungi dall'essere catastrofista ed apocalittico, è inevitabile in misura pari alla facilità con cui era stato previsto già nel lontano 1956 dal Prof. Marion King Hubbert.
Già direttore delle Ricerche per la Shell in Texas durante gli anni Cinquanta e docente presso le migliori università statunitensi quali la Columbia University, la Stanford University, la John Hopkins University e quella straordinaria fucina di premi Nobel che è il MIT, il Massachusetts Institute of Technology, il prof. Hubbert, differentemente dall'immaginario collettivo, si rese contro che in seguito alla scoperta di un giacimento alla crescita dei volumi di estrazione non segue il mantenimento di un dato livello di estrazione fino all'esaurimento del petrolio contenuto nel giacimento stesso.
L'attività estrattiva, infatti, risulta facile e, di conseguenza, altamente conveniente da un punto di vista strettamente economico, solo fino alla prima metà di ogni giacimento. Alla fine, infatti, risulterà fisicamente impossibile ed economicamente non conveniente riuscire ad estrarre il petrolio rimasto nel giacimento in forma di petrolio non convenzionale e di sabbie bituminose, essendo progressivamente sempre più costose sia l'estrazione che la raffinazione.
Il prof. Hubbert disegnò, così, la curva che porta il suo nome (la curva di Hubbert) raffigurante la produzione mondiale di greggio: ogni giacimento petrolifero è caratterizzato da una curva produttiva ascendente, destinata a realizzare un picco; infine, un arco produttivo discendente quando la pressione interna al pozzo cala e l'estrazione diventa antieconomica. La notizia è che il picco di produzione mondiale di petrolio è stato già raggiunto tra il 2000 e il 2005.
Quello che qui importa sottolineare non è l'aumento dei prezzi al consumo dei carburanti, ma la ricaduta che la mancanza di petrolio convenzionale facilmente reperibile e a basso costo comporterà sul settore agroalimentare e su quello energetico e, di conseguenza, sui mercati finanziari di tutto il mondo, provocando un crash delle borse al cui confronto il martedì nero di Wall Strett sembrerà una normale giornata di contrattazioni.
Se, poi, si riflette sul come sia stato possibile che il genere umano abbia impiegato 5000 anni per raggiungere una popolazione mondiale di 2 miliardi di individui, ma abbia impiegato solo dall'inizio del secolo scorso ad oggi, ossia in poco più di 100 anni, per passare dai 2 ai 6,7 miliardi, sarà evidente che qualcosa di diverso e di assolutamente straordinario è successo. La formidabile crescita della popolazione mondiale coincide, infatti, con il sorgere dell'industria petrolifera e il conseguente sviluppo della petrolchimica e dei derivati del petrolio.
L'inarrestabile crescita è stata resa possibile, infatti, solo grazie al petrolio e ai suoi derivati che hanno premesso di muovere trattori da 900 CV e trebbiatrici da 12 tonnellate; che hanno permesso l'aumento del 700% della produttività dei terreni grazie alle pompe d'irrigazione, ai fertilizzanti sintetici e ai pesticidi; che ci hanno, in sostanza, permesso di svilupparci come mai prima nella storia dell'uomo era successo.
Ora il gioco si è rotto anche grazie alla mancanza di prospettiva e all'insopprimibile avidità che contraddistingue l'essere umano.
Se, poi, si immagina di spostare i trattori e le trebbiatrici di cui sopra con pannelli fotovoltaici sul tetto, allora non si è capita l'entità del problema. Non esiste, infatti, altro che consenta di sostituire con facilità, a basso prezzo e in quantità abbondanti, quello su cui abbiamo potuto contare fino ad oggi.
Un detto dice: “Chi è causa del proprio male, pianga se stesso”. Non sarà con una nuova Katrina che Gaia ci presenterà il conto. Basteremo noi.
Ilvio Pannullo
Fonte: http://www.canisciolti.info/articoli_dettaglio.php?id=10777