C’è un simbolo antichissimo che accompagna l’uomo da sempre. Esso accomuna moltissimi popoli che, teoricamente, non dovrebbero avere avuto contatti tra di loro. Il simbolo è quello della spirale e della sua evoluzione in labirinto. Lo troviamo in forma più o meno evoluta in tutti i continenti in sculture, bassorilievi, petroglifi, dipinti etc.. Dovunque esistono miti e leggende, favole, architetture e giardini che fanno riferimento e questo simbolo.
Le rappresentazioni dei labirinti in tutto il mondo presentano da sempre una struttura omogenea contenente un cammino a spirale che porta fino al centro.
La forma di base è una croce circoscritta in un cerchio, generata dal movimento intorno al centro. La croce simboleggia la terra , il cerchio è il simbolo del sole dell’universo, del macrocosmo.
Una teoria molto accreditata lega l’immagine della spirale al culto della Dea Madre che rappresenta il mondo sotterraneo. Le grotte sono i luoghi di culto della dea e la spirale rappresenterebbe anche il mondo sotterraneo. Le caverne sono viste come le viscere della dea, in particolare l’utero con le sue capacità riproduttive e per analogia la spirale rappresenterebbe le viscere umane. A sostegno di questa versione però non ci sono dei riscontri tangibili e si tratta piuttosto di un collegamento legato al fatto che entrambi questi simboli sono stati riscontrati in varie culture sparse in giro per il mondo, che non avevano tra loro legami spiegabili. Resta il fatto che questo simbolo (o simboli) deve rappresentare qualche cosa di importante e da approfondire perché la loro diffusione geografica e quella temporale sono i sintomi di qualche cosa che non siamo fino ad oggi riusciti a decifrare.
ll labirinto è un archetipo molto importante e rappresenta il viaggio iniziatico, l’evoluzione dell’uomo, la discesa agli inferi e la ricerca della conoscenza. E’ Il percorso all’interno della dea, all’interno dell’utero per giungere all’origine della vita, all’unità primordiale all’origine del Tutto. Nella mitologia e nella letteratura antica la “discesa agli inferi“ è un motivo ricorrente. Tra i viaggi più celebri ricordiamo il viaggio di Persefone, rapita da Ade e trattenuta negli Inferi, il viaggio senza ritorno di Euridice, l’amata sposa di Orfeo. Nell’Ade scendono Teseo, Eracle e persino Dioniso che si cala nell’Oltretomba per ritrovare la propria identità divina. Anche Ulisse scende nell’Ade per apprendere quale destino lo aspetta. Ulisse mortale scende negli inferi, vivo di una nuova vita, rinato dopo l’esperienza concessa a pochi. Alcuni secoli prima questa sorte era toccata a Innana la Signora del Cielo e a Gilgamesh, l’eroe babilonese che combatte contro Khubaba, mostruoso gigante con la testa di toro e il volto formato da viscere. Le viscere sono collegate al concetto di labirinto, e non a caso in alcune tecniche divinatorie il responso favorevole o meno dipende dai rigiri delle budella.
Nel mito di Teseo e il minotauro, il “cuore” del labirinto assomiglia ad un utero materno “rigeneratore” e il filo di Arianna ad un cordone ombelicale. Il minotauro è un embrione, un germoglio nel ventre della madre, un’ombra inquietante con cui ciascuno è chiamato a confrontarsi. Il ritorno alla luce rappresenta una nuova nascita.
Il termine labyrinthos è greco (si è ipotizzato che l’etimo del termine labirinto sia lo stesso del termine labra, che in greco significa nascondiglio), ma ha sicuramente origini più antiche. In epoca più recente il termine labirinto viene associato ai termini latini labor intus, che significa “lavoro interiore”, infatti rappresenta il lungo e difficile cammino dell’iniziato alla ricerca continua del “centro“, dell’asse cosmico che corrisponde a una sacra geografia interiore. I primi testi che parlando di labirinti sono di autori come Erodoto, Strabone, Diodoro e Plinio il vecchio. Tuttavia, l’età del labirinto e le sue origini non sono chiare, infatti ne troviamo traccia dal Caucaso all’India fino in Indonesia. In forme alterate anche in Polinesia e in tempi moderni presso gli Indiani del nord del Messico, fino al Mato Grosso. Uno dei primi labirinti costruiti dall’uomo di cui si abbia notizie fu quello del Lago di Deride nel Fayuum. Erodoto, autore del 5° secolo a.C., afferma che al suo tempo il labirinto era antico già di 1300 anni e così lo descrive nella sua opera:
«Ed io ho visto; è superiore a qualsiasi cosa si possa dire in merito; già le piramidi sono al di sopra di ogni possibile descrizione, ma il Labirinto vince il confronto anche con le piramidi».
Il biblista Flavio Barbiero esprime l’avviso che proprio in quel labirinto Mosè avesse partecipato alla sua cerimonia di iniziazione. Nel mito greco il labirinto è una prigione da cui non si può fuggire come il dedalo di Minosse, nell’Eneide nasconde l’entrata dell’Ade. L’arte tantrica vede nel labirinto l’aspetto mentale dello spirito (e l’immagine appunto ricorda il cervello umano).
L’antico dedalo egizio riflette la struttura dell’universo.
Gli indiani D’America pensano che sia il passaggio da cui emersero ed entrarono nel mondo i loro antenati.
Nell’antico calendario di Tiahuanaco come quello di Cnosso si ricollega la struttura del labirinto a quella del tempo.
In India il labirinto è collegato alla tradizione del Mandala. In questo caso lo Yogi costruisce il labirinto come un novello Dedalo, e poi come Teseo lo decodifica e lo usa per sfuggire alla sua prigionia dall’illusione del Maya. Per l’uomo medioevale il labirinto rappresenta la via di un pellegrinaggio. Proprio per questo in numerosissime chiese d’Europa (praticamente in tutte le cattedrali gotiche) si trovano svariate rappresentazioni di labirinti raffigurate sulle pareti o sul pavimento. Qui di seguito il tracciato del labirinto posto nel lato più piccolo della cattedrale di Lucca dedicata a San Martino difficile da scoprire. E’ volutamente nascosto quasi a sottolineare il suo enigmatico simbolismo. E’ accompagnato da una scritta: “Questo è il labirinto costruito da Dedalo cretese dal quale nessuno che vi entrò potè uscire, eccetto Teseo aiutato dal filo d’Arianna.”
Il simbolo del labirinto, legato alla figura di Salomone, si trova anche raffigurato sul frontespizio di alcuni manoscritti alchemici e fa parte delle tradizioni magiche attribuite a Salomone. Il passaggio attraverso il labirinto è definito dagli esoteristi “spirale della vita” e simboleggia il passaggio dalle tenebre alla luce. Ed è proprio all’interno dei labirinti che gli antichi collocavano quei santuari ove si svolgevano le cerimonie di iniziazione. Chi entra nel labirinto è in cammino per la sua destinazione finale: il centro il nucleo del suo essere. L’uomo in cammino nel labirinto si avvicina al centro per esserne poi allontanato subendo così un processo di maturazione, nel corso del quale vengono messe alla prova la sua volontà e perseveranza. All’interno dello spazio chiuso del labirinto, cioè in sè stesso, si possono conciliare la croce dell’uomo terrestre e il cerchio dell’eternità.
Forse il più noto percorso iniziatico che utilizza l’archetipo della spirale è Il viaggio di Dante nella Divina Commedia. Si tratta di un viaggio a spirale dove i gironi sono dei cerchi concentrici e Dante passa da un cerchio più largo a quello più stretto. Dante racconta che si aggiungono strade sbagliate per confondere chi non è degno e per occultare la strada come nella selva oscura che è equivalente ad un dedalo. All’interno della selva non a caso la diritta via è smarrita. Dante trova finalmente la via guidata da Virgilio e si ha il passaggio dal dedalo al labirinto e dal labirinto alla spirale, perché il percorso di Dante può essere considerato spiraliforme. L’evoluzione o meglio l’involuzione è stata da spirale a labirinto e per tornare al centro si deve passare dal labirinto alla spirale ovvero il passaggio inverso, all’interno del labirinto bisogna trovare la via diritta. Il ricordo di una via privilegiata, di una strada maestra che permetta di giungere al cuore dell’uomo.
I problemi della vita appaiono spesso all’uomo comune come un intricato labirinto, nel quale è difficile imboccare la giusta direzione, se non dopo aver compiuto molti tentativi ed errori ed averne pagato le conseguenze. Se si potessero però vedere le cose da altri punti di vista, ad esempio salendo una piccola altura, il labirinto rivelerebbe subito la sua ingannevole struttura e sarebbe molto più facile trovare l’uscita.
Il labirinto si presenta come una rete di meandri apparentemente senza fine, almeno fino a quando non si comprende che tutto ciò porta ad uno scopo e si riconosce l’unico cammino che conduce al centro. Nel labirinto il cammino termina al centro. Dunque il labirinto è la via interiore che bisogna trovare e percorrere fino al centro. Per trovarla occorre uscire dagli stereotipi della comune percezione. L’uomo non iniziato, ancora completamente chiuso nei propri schemi mentali, è intrappolato in un labirinto, ed incapace di vedere il percorso. L’iniziato gradualmente può riuscire ad elevarsi e vedere la strada in maniera più chiara riuscendo a trovare la via verso il centro.
Collegate al labirinto troviamo le danze sacrali. Ogni danza antica aveva carattere ritualistico. Si parla delle danze di Teseo anche nell’Iliade. Queste danze sarebbero la rappresentazione da parte dell’eroe ateniese e dei fanciulli che erano con lui della storia, della celebrazione della vittoria all’uscita dal labirinto. I danzatori si tenevano per mano o tenevano un filo (vedi filo di Arianna) e ondeggiavano lungo linee sinuose, avvolgendosi come una spirale e svolgendosi in linea retta rappresentavano l’entrata e l’uscita dal dedalo.
Iniziavano dalla sinistra (male) verso destra (bene). La danza è anche detta “danza delle gru” forse ad indicare il volo verso l’alto (libertà) o i movimenti degli uccelli. Il tema della danza sacra è molto vasto, si trova nei pellerossa, nelle Antille, tra i Maya, in Cina, in India, in Africa (Zulu). Tutte le danze nel mondo antico erano sacrali e ancora oggi di queste danze resta il ricordo in danze siciliane (il missionari), presso i pellerossa e nelle danze funebri in Corsica.
Nei riti praticati dagli sciamani si usa spesso il ballo per raggiungere la trance per poter parlare con gli spiriti. Si può ipotizzare che siano esistiti tipi di ballo che seguivano il percorso della spirale per raggiungere la trance ballando lungo la spirale in tondo. Un po’ come i Dervisci che ballano freneticamente roteando su se stessi, ma aggiungendo un movimento di avvicinamento al centro.
Il ballo verso il centro rappresenta il viaggio verso il centro occulto dell’uomo, all’interno delle viscere, nel cuore, centro spirituale dell’uomo che lo pone in contatto con la divinità. Come nelle moderne scuole di ballo sul pavimento sono disegnati i passi da eseguire, così la spirale poteva servire agli sciamani per eseguire i loro balli e giungere alla trance.
La trance sciamanica è un modo per comunicare con l’oltremondano e può essere considerato una sorta di viaggio. La spirale rappresenta il mondo sotterraneo proprio perché rappresenta le viscere, ed il ballo lungo la spirale è una sorta di viaggio verso il mondo inferno per poi ri-“uscire” a “riveder le stelle”. Nella penisola salentina, in Puglia esistevano fino a pochi decenni fa il fenomeno delle tarantolate ovvero di donne che pizzicate da un fantomatico ragno, la tarantola, sono percorse da spasmi che le costringono a un ballo irrefrenabile che spesso termina nei pressi di un luogo sacro. Nonostante le spiegazioni sociologiche è evidente il legame con i culti della Dea Madre, perché il ragno è un animale sacro alla dea ed il ballo non può che essere il ricordo di un rito sciamanico che prevedeva il ballo e la musica per ottenere la trance come succede tuttora in alcune popolazioni o nel caso dei Dervisci già citato.
Il fascino del labirinto non ha lasciato indifferenti neanche gli studiosi e scrittori moderni, da Jung a Kafka a Youce, da Roussel a Borges fino ad Eco e Calvino che hanno riconosciuto nel dedalo un’immagine efficace per descrivere il mondo.
Nel labirinto non ci si perde.
Nel labirinto ci si trova.
Nel labirinto non si incontra il Minotauro.
Nel labirinto si incontra se stessi.
Kern