L’Italia è uno dei pochi paese occidentali che si è opposto più volte alla produzione energetica da fonte nucleare. Con un certo orgoglio la cittadinanza ha votato espressamente e bandito dal territorio nazionale le centrali destinate alla produzione energetica da fonti nucleari. La questione si potrebbe dire conclusa se non fosse che alla luce di nuove rivelazioni, la necessità di riaprire un dibattito è diventata di estreme importanza.
Il nucleare sul quale si è sempre discusso riguarda quello basato sul processo di lavorazione dell’elemento della tavola periodica 92, l’Uranio, per esattezza l’isotopo 235 presente in natura circa allo 0,7% del totale. Come ben noto le problematiche che riguardano la gestione di questa risorsa naturale, sono di difficile soluzione. Tra le più gravi, la questione delle notevoli quantità di scorie radioattive, generate inevitabilmente nel ciclo produttivo per la produzione energetica nelle centrali nucleari. Si stima che la radioattività di queste scorie permane per un periodo di circa centomila anni, il che rende lo stoccaggio un problema arduo se non impossibile da risolvere in via definitiva.
Ciò che è ben meno noto, è il fatto che dal residuo delle barre di Uranio arricchito, usate come combustibile solido durante il periodo di esercizio, una certa percentuale si tramuta in Plutonio adatto all’implementazione in ordigni nucleari. Tale verità non può altro che avvalorare la giusta scelta fatta dalla popolazione del nostro paese, nella speranza di un futuro libero dalla minaccia atomica.
Quello che l’informazione sin ora non è stata ancora in grado di fare, è di diffondere la consapevolezza che esiste anche una valida alternativa. Questa verità è rimasta sepolta e dimenticata per oltre cinquant’anni, ed è tornata alla luce grazie al lavoro di un ingegnere spaziale Kirch Sorensen specializzato anche in campo nucleare. Nel 2011 fondò la compagnia Flibe Energy, diffondendo tramite la rete le prime informazioni a riguardo. Il tema principale delle sue ricerche riguarda l’esperimento tra il 1965 e il 1969, eseguito nel Oak Ridge National Laboratory in Tennessee, dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti.
In questo laboratorio fu sviluppata una tecnologia in grado di utilizzare il Torio come combustibile primario.
Il Torio elemento della tavola periodica 90, prende il nome dalla divinità norrena Thor il dio del tuono e del fulmine, e sinceramente è difficile credere sia solo una fortunata coincidenza. In natura si trova nell’isotopo 232 al 100%, inoltre in quantità dalle tre alle quattro volte più abbondante rispetto all’Uranio. Il vantaggio anche solo riguardo la disponibilità naturale è più che evidente, ricordo che l’Uranio in natura si trova per il 93% nell’isotopo 238, non utilizzabile come risorsa primaria. Si stima che se fosse utilizzato come unica fonte per la produzione energetica mondiale, il Torio sarebbe sufficiente a soddisfare il fabbisogno globale per oltre mille anni, un tempo sicuramente più che sufficiente per ricercare e sviluppare energie ancora più efficienti e pulite, come il nucleare a fusione o altre forme più esotiche ancora sconosciute. Ma andiamo ad approfondire i vantaggi confrontandolo con il nucleare tradizionale.
Tra le molte innovazioni proposte dall’O.R.N.L, quella di utilizzare un combustibile liquido per le reazioni nucleari spicca maggiormente. Il liquido in esame è un sale che a temperatura ambiente si trova in forma cristallina, essendo come anche il sale da cucina in stato di “congelamento”. A temperatura di esercizio invece, si presenta in forma liquida, questo comporta l’enorme vantaggio di non generare pressione, perché anche ad elevate temperatura non è in fase di ebollizione. L’impatto sulla sicurezza di un sistema che non esercita sotto l’elevato stress caratteristico di impianti ad elevata pressione è evidente, in più il liquido radioattivo potendo solidificare in un sistema a dispersione di calore passivo, permette l’implementazione di un semplice ed estremamente effettivo sistema di sicurezza. In caso di un eventuale interruzione elettrica, una valvola automatica di scarico si apre e riversa il contenuto del reattore in una cisterna di raffreddamento apposita. Il materiale radioattivo raffreddandosi solidifica, e fa quindi in modo che il rischio di perdite risulti irrisorio. Ciò permette anche nell’eventualità di catastrofi naturali, la possibilità di garantirne un sicuro contenimento.
Ma c’è molto di più, un reattore al Torio in sali fusi, detto in gergo tecnico Molten Salt Reactor (MSR), non opera se non sotto un bombardamento di un flusso di neutroni costante, il che permette al sistema di essere acceso o spento a piacimento, mentre chiunque sia del settore sa bene che uno dei maggiori problemi di una tradizionale centrale nucleare, è che una volta in esercizio non può essere spenta per diversi anni, oltre ad un lungo periodo di tempo necessario, prima di poterne procedere ad un eventuale smantellamento. Invece un impianto MSR è estremamente scalabile, ovvero può essere realizzato anche in dimensioni alquanto contenute, rendendo tutto l’insieme molto più semplice oltre che economico da gestire.
Eh sì, se non fosse ancora chiaro, tra i vantaggi di questa tecnologia, si presenta anche quello di essere parecchio più economica nella realizzazione. Ma giungiamo finalmente al punto critico, la questione delle scorie radioattive. Anche sotto questo punto, la tecnologia MSR presenta un enorme vantaggio. Le quantità di scorie prodotte sono un centesimo di quelle tradizionali, inoltre e questo è il punto chiave, la radioattività residua si disperde nell’arco di trecento anni invece dei centomila dell’Uranio, il che rende lo stoccaggio possibile. Per assurdo, la limitatezza di tale scorie renderebbe possibile valutarne anche la spedizione nello spazio remoto.
Per finire, esaminiamo la possibile resa oltre all’impatto su scala globale. L’efficienza calcolata supera di venti volte quella delle tradizionali centrali nucleari, il che permetterebbe di coprire i costi energetici pro capite con un singolo Dollaro annuo, oltre a rendere sostenibile anche economicamente, liberare il mondo dall’inquinamento da fonti fossile, dando infine un netto taglio alla questione sul riscaldamento globale. Ma non è ancora finita, essendo che il Torio lavora esclusivamente nello spettro termico in ambito delle reazioni nucleari, questo combustibile risulta inadatto ad essere implementato in armamenti nucleari non generando in nessun modo un residuo utile, e non essendo di per se in grado di detonare in una rapida cascata distruttiva, come invece possibile nelle testate nucleari al Plutonio.
A questo punto uno si dovrebbe chiedere come mai una possibilità di emancipazione per l’umanità come questa, sia finita segregata e dimenticata così a lungo. Ad esser maligni, e spesso si azzecca, verrebbe da dire che gli interessi in gioco, non farebbero molto il gioco dei potenti.
Di fatto questa realtà esiste, non resta altro che invocare a gran voce che la ricerca e la sperimentazione pratica, riprenda il più presto possibile, e se non saremo noi a fare i nostri interessi e quelli delle generazioni future, difficilmente qualcun altro lo farà al posto nostro.
Leandro Gallo