Depressione e disordini da uso di sostanze sono condizioni socialmente invalidanti che, nella maggior parte dei casi, resistono all’uso dei medicinali o alla psicoterapia. Una pratica ormai consolidata nel trattamento di questi disturbi è la neuromodulazione elettrica, terapia che sfrutta degli impulsi esterni per agire su determinate aree del sistema nervoso. Da qualche anno la ricerca sta puntando molto sulla stimolazione magnetica transcranica, tecnica di frontiera non invasiva e priva di significativi effetti collaterali.
TMS: una soluzione innovativa per stimolare il cervello
Il gold standard della stimolazione cerebrale è da oltre vent’anni la stimolazione cerebrale profonda (DBS). Questa tecnica prevede l’impianto di un dispositivo capace di inviare stimoli elettrici e controllare alcune condizioni, come i tremori associati al Parkinson o l’iperattività neuronale del disturbo ossessivo-compulsivo.
La stimolazione magnetica transcranica (TMS) è stata introdotta per la prima volta nel 1985 a scopo di ricerca – in particolare, per ottenere delle risposte registrabili dall’area della corteccia cerebrale interessata dalla stimolazione. La tecnica si fonda sulla legge di Faraday, che afferma che un campo magnetico variabile nel tempo induce un flusso di corrente nei conduttori vicini, inclusi i tessuti umani.
Il tessuto cerebrale viene quindi stimolato con degli impulsi magnetici di breve durata (circa 2T per 1ms) per mezzo di una bobina (coil). Le correnti parassite indotte nelle aree corticali investite dalle linee del campo magnetico, depolarizzano i tessuti neuronali. In base alle caratteristiche degli impulsi applicati, è quindi possibile attivare o inibire le zone che sono oggetto del trattamento (Figura 1).
Nella cura di disturbi come depressione severa e dipendenza da sostanze, le aree che si vogliono colpire e modulare sono quelle legate al comportamento e alle emozioni.
Caratteristiche di stimolazione
Oltre alle caratteristiche dell’impulso, è importante valutare anche la geometria del coil e la distanza di questo dal punto di interesse.
Infatti, considerando che l’intensità del campo prodotto diminuisce allontanandosi dalla sorgente, è importante che il coil sia posizionato in corrispondenza della cute, il più possibile in prossimità del tessuto da trattare.
Inoltre, le dimensioni della bobina influenzano il percorso delle linee del campo che andrà a investire i tessuti: se il diametro fosse troppo piccolo, le linee di flusso seguirebbero percorsi troppo brevi e superficiali, senza raggiungere le strutture profonde. In base alle sperimentazioni ad oggi eseguite, in letteratura si documenta un diametro medio della bobina che varia tra gli 8 e i 12 cm (Figura 2a).
La risposta del sistema nervoso centrale o periferico viene poi registrata per valutare la risposta alla stimolazione (Figura 2b).
Il confronto con la stimolazione cerebrale profonda
Con correnti di ampiezza e durata sufficiente, è possibile stimolare i tessuti nello stesso modo della più convenzionale stimolazione elettrica, ovvero attraverso elettrodi superficiali o impiantati. La stimolazione magnetica risulta quindi vantaggiosa per il trattamento di quei disturbi dove l’applicazione degli elettrodi non sarebbe conveniente rispetto al problema. Infatti, essendo una pratica non invasiva, può essere somministrata a livello ambulatoriale, in assenza di ricovero e interventi di chirurgia.
Questo determina un’esperienza migliore da parte del paziente, che eviterà di essere sottoposto ai rischi dell’intervento chirurgico, come emorragie cerebrali, infezioni, oltre che all’impianto del dispositivo. Inoltre, le correnti elettriche indotte non creano fastidi nel soggetto, in quanto sono diffuse e non attraversano la pelle, dove sono presenti le terminazioni nervose.
Infine, il campo magnetico può attraversare il cranio senza subire attenuazione perché i tessuti biologici, come la cute, i muscoli e il cranio, sono relativamente trasparenti ai campi magnetici, rispetto ai campi elettrici. Infatti, il campo magnetico è influenzato solo dai materiali con proprietà magnetiche specifiche (materiali ferromagnetici e paramagnetici). I tessuti nervosi, composti da una elevata percentuale di acqua, possono essere considerati diamagnetici e come tali non alterano il campo magnetico che li attraversa.
Prime applicazioni della terapia e risultati clinici
Di recente, numerosi studi descrivono la stimolazione magnetica come un’ottima terapia complementare nel trattamento della depressione severa o farmacoresistente e dei disturbi comportamentali legati all’abuso di sostanze, come il craving – ovvero il desiderio impulsivo di una sostanza:
- -uno studio della Facoltà di Medicina di Stanford, che ha coinvolto 29 soggetti con depressione severa, ha rilevato che l’80% di questi presentava remissione dai sintomi depressivi nell’arco di pochi giorni dall’inizio del trattamento e per alcuni mesi successivi. Dopo cinque giorni di stimolazione, il 78,6% dei partecipanti non risultava più depresso, secondo i principali criteri di valutazione del disturbo;
- -in un articolo del 2021 della Società Italiana di Psichiatria, invece, è stato riportato che 9 pazienti su 16, dopo ripetute sedute di TMS, hanno riferito l’assenza di assunzione di cocaina dopo 4 settimane di trattamento. Anche i sintomi depressivi, ansiosi e di anedonia erano nettamente migliorati.
In Italia, tra le prime strutture pubbliche ad attivare un percorso che prevede questo trattamento, vi è l’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino. In molti i casi, i primi risultati ottenuti si mostrano incoraggianti. Secondo i rappresentanti del Dipartimento di Neuroscienze e Salute Mentale del Presidio Molinette di Torino, le stime ad oggi disponibili hanno mostrato un’efficacia variabile tra il 50 e l’80% nei casi di depressione farmacoresistente, mentre per la dipendenza da cocaina, alcuni studi hanno evidenziato una riduzione del consumo fino al 69%.
Conclusioni e sviluppi futuri
La letteratura disponibile evidenzia i risultati molto incoraggianti del trattamento e la possibilità di ampliare il campo di applicabilità. Gli aspetti da approfondire restano invece i giusti parametri di settaggio: frequenza di stimolazione, intensità, zona e lateralità della stimolazione, tipo di bobina. Infatti, a seconda di questi parametri e delle modalità di somministrazione si ottengono diversi effetti sul paziente. Anche la farmacologia concomitante e i giorni di trattamento fanno parte degli aspetti da definire. In particolare, nel caso della depressione, gli studi evidenziano che il numero di giorni di trattamento gioca un ruolo cruciale nel determinarne efficacia. Definire dei parametri di riferimento è quindi fondamentale per approfondire la comprensione degli effetti della TMS su condizioni come la depressione grave e le dipendenze da sostanze, nonché per creare un database utile a futuri studi. In questo modo si potrà identificare un protocollo di trattamento che permetterà di garantire dei risultati migliori e più riproducibili.
Scritto da Claudia Capellini
Fonti e approfondimenti
Torino Cronaca – Torino: ecco la Stimolazione magnetica transcranica per la depressione e le dipendenze
Journal of the Italian Society of Psychiatry – Transcranial Magnetic Stimulation to treat Substance Use Disorders and Behavioral addictions: the state of the art
Stanford Medicine – Experimental depression treatment is nearly 80% effective in controlled study
The American Journal of Psychiatry – Stanford Neuromodulation Therapy (SNT): A Double-Blind Randomized Controlled Trial
Dipartimento per le politiche antidrogahttps://www.politicheantidroga.gov.it/media/2002/13-laplusstimolazione.pdf – La stimolazione magnetica transcranica: ceni storici, funzionamento e applicazioni nelle tossicodipendenze