Le rovine di Tiahuanaco in Bolivia sono state descritte come la “Baalbek del Nuovo Mondo”. Questa località si trova in un’ampia pianura nella valle del Rio Tiahuanaco, uno dei molti corsi d’acqua che deviano dalle rive meridionali del lago Titicaca per immettersi nel vasto altopiano della Bolivia.
I colossali blocchi di pietra che possono essere osservati tra queste rovine non sono forse pari, quanto a dimensioni a quelli di Baalbek, ma giacciono a quasi 4000 m di altitudine. Qui l’aria è talmente rarefatta che i turisti debbono prendere ripetutamente fiato, e l’alta frequenza di raggi ultravioletti rappresenta un continuo pericolo per gli occhi e per l’epidermide umana.
Migliaia di anni fa quelle che oggi appaiono come le rovine incrostate di licheni di Tiahuanaco erano uno dei più civilizzati insediamenti urbani del mondo antico. Verso il 200 d.c., per motivi che non sono del tutto chiari, Tiahuanaco si impose come centro religioso. Verso il 500 d.c. era la capitale di un impero in espansione, il primo delle antiche Americhe.
Questo impero però non fu il risultato di conquiste militari ma di un potere economico dovuto alle enormi eccedenze agricole. Fu il crollo del sistema agricolo, provocato da mutamenti climatici, che fecero precipitare il potere di Tiahuanaco dopo un mezzo millennio di supremazia. Il fatto che Tiahuanaco potesse usufruire di eccedenze agricole è del tutto stupefacente.
Oggi, sono pochi i contadini che riescono a ricavare una magra esistenza sull’altopiano boliviano, poiché tutto lì appare ostile all’agricoltura e in media ogni cinque anni i raccolti vanno a male.
Ma nei tempi antichi questo territorio arido e frustato dai venti era stato trasformato in una vera e propria oasi, grazie a una tecnologia agricola molto avanzata. Gli archeologi hanno trovato i resti di cosiddetti “campi alzati” che proteggevano i raccolti dal pericolo delle gelate e consentivano una sovrabbondanza del prodotto agricolo. Test sperimentali hanno dimostrato che queste antiche metodologie erano di gran lunga superiori a quelle moderne che ricorrono ai fertilizzanti.
All’apice della sua gloria, la città sacra di Tiahuanaco copriva più di 3 kmq. Il centro cerimoniale era circondato da un fossato e la terra e l’argilla scavati per crearlo erano stati impiegate per innalzare un enorme cumulo, noto come Acapana. Gli abitanti di Tiahuanaco costruirono anche diversi templi semi sotterranei a fianco di un tempio più grande noto come Calasasaya. Vicino, al tempio anch’esso enorme, noto come Puma Punku, venne costruito secondo una progettazione del tutto diversa.
Diamo ora un’occhiata più da vicino a questi presunti templi di Tiahuanaco, cominciando dalla struttura più imponente, Acapana. Questa collinetta artificiale misura alla base 183 per 183 m e ha un’altezza di 15 m. Sebbene venga a volte descritta come una piramide tronca, in effetti ha forma irregolare, con sette terrazze e un’ampia depressione al centro.
All’interno dell’Acapana gli archeologi hanno rinvenuto una sorprendente rete di condotti a zig-zag in pietra per l’acqua. Scrivendo nel 1993, l’antropologo Alan Kolata, che aveva trascorso diversi anni lavorando agli scavi a Tiahuanaco, precisava: “I recenti scavi compiuti nell’ Acapana hanno rivelato un insospettato, sofisticato e monumentale sistema di canali di scolo sia di superficie sia sotterranei tra loro collegati”.
Si ritiene comunemente che questo sistema di “scolo” fosse stato prògettato per raccogliere l’acqua piovana nella depressione centrale della Acapana, e canalizzarla poi nei tunnel sotterranei facendola passare attraverso le diverse terrazze. Il primo componente di questo sistema era un canale principale che correva intorno ai lati dell’ Acapana. Alan Kolata descrive questo condotto di pietra come un “manufatto assai fine” e “strutturato con precisione”, capace di accogliere un “flusso enorme”.
Questo condotto alimentava l’acqua verso la terrazza sottostante, dove scorreva per circa 3 m in un canale esterno, sempre in pietra, prima di rientrare nell’ Acapana. Il sistema interno-esterno proseguiva alternandosi, finché l’acqua non veniva fatta fuoriuscire 3 m sottoterra attraverso dei “tunnel magnificamente costruiti”. Da qui l’acqua veniva immessa nel Rio Tiahuanaco per poi finire nel lago Titicaca.
Impianti idrici altrettanto sofisticati sono stati individuati nella vicina località di Puma Punku e a Lucurmata (vicino al lago Titicaca), sebbene questi cosiddetti “templi” sembrino di progettazione assai diversa. Di nuovo, l’acqua fluiva nei canali che si immettevano nel lago. Questi complicati impianti idrici erano stati progettati solo allo scopo di far defluire le acque?
Alan Kolata ammette che gli impianti di Acapana non rispondevano a un’esigenza strutturale: Un sistema di canali più semplice e più piccolo avrebbe risposto alle esigenze di base, consistenti nel far defluire dalla sommità l’acqua piovana che vi si accumulava.
In effetti, gli impianti installati dagli architetti di Acapana, sebbene siano funzionali al massimo, vanno assolutamente al di là delle esigenze specifiche ed evidenziano una tecnica nel taglio della pietra e nelle giunture che possiamo definire puro virtuosismo. Sono stati davvero gli abitanti di Tiahuanaco a costruire questi impianti idrici, come gli archeologi vorrebbero farci credere, o li hanno ereditati da una cultura di cui non sappiamo nulla, ma molto più antica e più progredita? Le prove indicano in quest’ultima ipotesi la giusta risposta.
Un indizio, che ha disorientato gli archeologi, è il fatto che gli impianti idrici di Acapana hanno cessato di funzionare qualche, tempo prima del 600 d.C., quando quell’impero era ancora all’apice dei suoi splendori. Questo fatto è stato dimostrato dalla scoperta di resti umani e animali integri sepolti in punti chiave della struttura, dove le acque, qualora avessero fluito, li avrebbero sicuramente disturbati.
Un ulteriore indizio riguarda la datazione degli insediamenti umani a Tiahuanaco, fatta risalire dal 1580 a.c. al 2134 a.C., effettuata con l’uso delle procedure al radiocarbonio e all’ossidiana. Entrambe le date indicano che Acapana era un importante centro già prima dell’avvento, nel 200 d.C., del popolo di Tiahuanaco. Le anomalie si ripropongono quando ci spostiamo nella vicina località di Puma Punku, quasi a 1,5 km a sud-ovest dalle rovine principali. Qui troviamo i massi più grandi di Tiahuanaco, alcuni dei quali superano le 100 t, che costituiscono i resti di una struttura in parte oggetto di scavi ma non ancora ben capita.
La tavola 4 dà un’indicazione delle dimensioni di questi enormi blocchi di arenaria rossa, le cui dimensioni sono di circa 8 x 5 m x 60 cm, con un peso stimato in 120 t. Sebbene molto erosi, le linee perfette di questi e di altri blocchi circostanti possono ancora essere apprezzate. Lo spagnolo Pedro de Cieza de Leon per esempio osservava:
…alcune di queste pietre sono molto consunte e danneggiate, altre sono così grosse che ci si domanda come sia stato possibile per delle mani umane portarle dove ora si trovano… quando considero tutto questo non riesco a capire o a immaginare quale tipo di strumenti e utensili siano stati adoperati per lavorarle questi massi, giacché appare evidente che prima di venir predisposti e portati alla perfezione, dovevano essere stati molto più grandi di quanto ora ci appaiano… direi che queste sono le vestigia più antiche di tutto il Peru’.
Tornando alle costruzioni principali delle rovine di Tiahuanaco troviamo, all’interno del Tempio Calasasaya, una delle più famose sculture del mondo antico.
Il “Portale del sole”, coi suoi poco meno di 3 m, è più piccolo di quanto forse ci si immagina. Ciò nonostante è un monumento che fa impressione, essendo ricavato da un unico blocco di andesite grigia del peso di circa 15 t. Questa pietra è, come il granito, tra le più dure e difficili da lavorare.
Su una facciata si nota la figura scolpita della divinità Viracocha e dei suoi accompagnatori alati, ma vorrei attirare l’attenzione sull’altra facciata. Una delle immagini a destra, mostra una serie di enigmatiche nicchie, che nelle parti inferiori presentano rientranze per l’alloggiamento di due cardini.
Queste nicchie sono state intagliate nella pietra con estrema precisione, e hanno orli interiori perfetti, che non possono essere stati scolpiti con utensili rozzi e primitivi. In un tempio semisotterraneo noto come il Cantatayita a est del Calasasaya.
Si trovano alcune pietre, tagliate con precisione e anch’ esse dotate di orli interni perfettamente tagliati. A quando può risalire Tiahuanaco? Purtroppo non è rimasto alcun documento scritto (sempre che ne siano esistiti) che ci possa aiutare a individuare le prime fasi di vita di questa località.
Utilizzando però gli allineamenti astronomici del Calasasaya, si è pensato che quel tempio, e quindi Tiahuanaco nel suo insieme, siano stati costruiti o nel 4050 a.c. oppure nel 10050 a.C. . Non disponiamo di stime scientifiche sull’ età dei pilastri del Calasasaya, ma la loro condizione porta molti a ritenere che risalgano alla più antica delle due date…a mia impressione personale è che questi pilastri alti oltre 3,5 m siano più antichi di quelli di Stonehenge (che risalgono al 2700-230Oa.C.), ma non più di 7500 anni.
D’altra parte, gli enormi blocchi di Puma Punku possono essere parecchio più antichi dei pilastri della Calasasaya; giacché hanno trascorso gran parte della loro esistenza immersi nel fango e dunque protetti dall’azione degli agenti atmosferici. Quel po’ della storia di Tiahuanaco che conosciamo è filtrata attraverso le culture successive, dagli Inca e dai conquistadores spagnoli che li soggiogarono nel XVI secolo.
Cieza de Leon, era incuriosito da Tiahuanaco e annotò i miti raccontati dagli abitanti del luogo:
Si crede che prima che regnassero gli Inca, molto prima, alcune di queste costruzioni esistevano già… ho chiesto agli indigeni se fossero state erette al tempo degli Inca, e hanno riso a questa domanda ripetendo appunto quanto ho detto, che esistevano già prima che loro regnassero ma che non potevano dire o affermare chi le avesse costruite.
Ma avevano sentito dire dai loro avi che tutto ciò che in quel luogo esisteva era comparso all’improvviso. Altre leggende sostengono che Tiahuanaco è stata costruita in una sola notte, dopo il Diluvio, da una misteriosa razza di giganti – una spiegazione che ci ricorda Baalbek. Altri miti descrivono il lago Titicaca come il luogo sacro dove il dio Viracocha creò il mondo.
Un’altra leggenda, che fa eco alla Bibbia, sostiene che il Titicaca era la casa della coppia patriarcale sopravvissuta al grande Diluvio e che aveva dato vita al popolo delle Ande. Tutti questi racconti vengono comunemente citati per spiegare la mistica religiosa che poi consenti alla civiltà di Tiahuanaco di diffondersi.
Ma diversamente da tali leggende, gli scienziati non sanno spiegare come mai Tiahuanaco si sia all’improvviso imposta come centro sacro, o come gli enormi massi siano stati trasportati per decine di chilometri dalle cave più vicine. Né sanno spiegare lo scopo dei canali che circondano la zona, o degli avanzatissimi impianti idrici all’interno dell’ Acapana e altrove. Non riescono proprio a spiegare la presenza di pietre tagliate e trapanate con sistemi tecnologici moderni.