Il Sumi-e non è solo un’arte pittorica, come intendiamo in occidente, ma è una porta d’ingresso per entrare in sintonia con le leggi della natura e con le leggi creanti dell’Universo. Una disciplina zen dove in pochi tratti si manifesta l’essenza delle cose. Per saperne di più abbiamo interpellato uno dei massimi esperti di Sumi-e, il monaco zen Beppe Mokuza.
1) Ci potrebbe spiegare che cos’è il Sumi-e?
Letteralmente significa “inchiostro nero” (sumi) e “pittura” (e). Indica una forma d’arte in cui i soggetti vengono rappresentati utilizzando inchiostro nero, con una grande varietà di gradazioni variabili; dal nero puro a tutte le sfumature che si possono ottenere diluendolo con l’acqua.
Questo però non vuol dire che ogni dipinto con tali caratteristiche possa meritare il titolo di “sumi-e”.
Il vero “sumi-e” deve rispondere a determinate caratteristiche, come ad esempio, la sobrietà e la spontaneità che vanno direttamente a colpire la sensibilità dello spettatore.
A questo proposito un vecchio adagio afferma che quanti sono versati nella pittura vivranno più a lungo, perché “la vita creata per mezzo del tocco del pennello rafforza la vita stessa”. Nella tradizione dell’antica Cina infatti, l’armonia di un prodotto artistico rispecchia l’armonia universale del Tao (in giapponese Do), supremo e imperscrutabile principio che ha generato il mondo e governa il segreto ritmo della natura.
2) Può raccontarci alcuni dei momenti salienti nella storia del Sumi-e?
Per introdurre la pittura ad inchiostro di china (Sumi-e), è necessario parlare brevemente dell’importanza della pittura in Cina, perché è in questo contesto culturale, filosofico e artistico che nasce la pittura monocroma.
Fra tutte le arti, in Cina, certamente la pittura occupa il primo posto e agli occhi di un cinese, è proprio l’arte di dipingere che rivela, per eccellenza, il mistero dell’’universo.
Alla sua base si trova una fondamentale filosofia, il Taoismo, che detta precise concezioni di cosmologia, del destino umano e del rapporto tra uomo e universo. Essendo la pittura l’applicazione di questa filosofia è evidente che essa, penetrando i misteri dell’universo, sembra più adatta non tanto a descrivere gli “spettacoli della natura”, quanto a partecipare ai suoi stessi “gesti”.
Essa è piuttosto “un particolare modo di vivere”, un “luogo medianico” dove è possibile incontrare la vera vita e la coincidenza di arte e arte di vivere. L’opera d’arte sublime tenta di realizzare un microcosmo vitale che riflette il macrocosmo ed è sublime proprio perché si collega alla Vita, allo Spirito originario.
Detto ciò, vorrei dire che è nell’epoca Kamakura (1192–1333), ovvero nel periodo in cui il potere passò dalle mani della nobiltà a quella dei guerrieri (samurai), che i pellegrinaggi dei monaci Zen in Cina e i contatti commerciali con quest’ultima, determinarono l’arrivo in Giappone di numerosi dipinti e manufatti cinesi che esercitarono una notevole influenza sugli artisti al servizio dei templi a cui venivano commissionate opere da parte di mecenati e collezionisti (shogun).
Queste importazioni non ispirarono solo una variazione nei soggetti della pittura, ma aprirono la strada verso un uso innovativo dei colori: le tinte dello Yamato–e (pitture su lunghi rotoli, IX-X secolo) cedettero il passo ai toni monocromi della tecnica cinese.
Derivata dall’opera dei grandi maestri e pittori Ch’an (BuddismoZen) d’epoca T’hang e Sung, la pittura ad inchiostro nero di china fu caratterizzata in Giappone dalla diffusione dei Suiboku–ga o Sumi–e(fine XIII secolo). Inizialmente essa divenne quasi l’esclusivo monopolio del Buddismo Zen e fu adottata dai monaci e dagli artisti imbevuti del suo spirito, tanto che per un lungo periodo di tempo la pittura ad inchiostro nero (Sumi-e ) e pittura Zen (Zenga) furono praticamente inscindibili.
Il più grande maestro di Sumi-e di questo periodo è Sesshu (1420–1507), monaco Zen a Kyoto, che studiò la pittura ad inchiostro in Cina dal monaco Shubun. Fu l’unico ad assimilare le basi filosofiche di questo tipo di pittura, traducendola originalmente nei temi e nel linguaggio artistico giapponesi anche per quanto riguarda le ricerche spaziali degli artisti cinesi.
L’arte di dipingere per questi monaci si identificava con la pratica stessa dello Zen. Per capirne la peculiarità perciò è necessario conoscere e tener conto delle basi filosofiche dello Zen, della sua pratica fondata sul concetto di vuoto, come natura originaria dell’’uomo.
3) Il Sumi-e può essere definito tranquillamente una pittura Zen. Ci potrebbe spiegare il perché e le differenze con la cosiddetta “pittura classica”?
La pittura Zen è diversa dalla pittura nel senso in cui noi comunemente la intendiamo: in realtà i dipinti Zen sono una specie di “schizzi” in bianco e nero, dove il bianco (la carta di riso), rappresenta l’universo, e il nero (l’inchiostro di china) le forme materiali che in esso appaiono e scompaiono senza sosta. Esprimere visivamente l’essenza vitale di queste forme e il significato eterno che esse celano è il compito che si assume il vero maestro di pittura Zen.
A differenza della pittura classica di stile occidentale, il sumi-e include già il “disegno”: non c’è bisogno di alcun tratto preparatorio e viene tralasciata ogni forma o dettaglio superfluo.
Così come avviene nello zen dove poche parole sono sufficienti a esprimere il senso di molte ore di meditazione, nel “sumi-e” pochi tratti d’inchiostro nero tracciati con un pennello su un semplice foglio di carta bianco, permettono di rappresentare il modello più complesso.
Sulla carta di riso poi è concesso un solo colpo di pennello per ogni tratto; ogni ritocco viene immediatamente percepito. Tutto l’apparato mentale che complica l’immagine (e la vita) viene abbandonato.
Mentre nella pittura tradizionale vi è una ricerca estetica di abbellimento progressivo dell’opera che può durare giorni o mesi, con questa “ tecnica” pittorica, l’espressione del reale viene ridotta alla sua forma pura, spoglia. I ritocchi, le “ aggiunte”, le decorazioni in realtà non abbelliscono un’opera ma ne offuscano solo la verità naturale, la sua propria natura.
Con il sumi-e si impara a cogliere l’essenza della natura che è presente in ogni casa, la verità così com’è. Attraverso la costante ripetizione, l’impostazione di una postura corretta, una respirazione fluida ed il contatto regolare con un maestro si affina la propria sensibilità “artistica” e ciò che si dipinge diventa espressione della vita in quell’istante attraverso il proprio corpo; ciò non può essere spiegato a parole ma solo vissuto intimamente.
Se si sviluppa questa sensibilità, osservando un qualsiasi dipinto (di pittura classica o sumi-e), ci si può rendere conto di ciò che l’autore comunica attraverso i suoi gesti eseguiti usando il pennello, l’energia trasmessa: si può notare l’incertezza e la confusione del tratto,oppure la sicurezza la decisione la fluidità e spontaneità.
4) La Natura risulta tra le tematiche principali nelle pitture Sumi-e, cariche ovviamente di significato simbolico. Ci potrebbe spiegare il perché e le varie simbologie?
Nel sumi-e le figure umane e le opere dell’uomo non distolgono mai lo sguardo dagli elementi centrali del dipinto, una montagna, una cascata, un albero, un bambù o un’orchidea, anzi la loro collocazione stabilisce un clima di corrispondenze simboliche e per analogia rimanda agli equilibri stabiliti dal Tao fra Cielo e Terra, uomo e natura, gravità e leggerezza, pieno e vuoto.
Quattro sono le principali tematiche della pittura tradizionale cinese, che rimangono sostanzialmente invariate anche in quella giapponese: paesaggi, ritratti, uccelli e animali, fiori e piante. Nella pittura sumi-e la natura spesso assume un significato simbolico: per esempio il bambù significa amicizia perenne e longevità. Esso rappresenta la flessibilità radicata nella forza. Richiama ad un atteggiamento interiore di grande duttilità che rende l’uomo forte poiché, proprio come il bambù, di fronte agli eventi della vita non si oppone al cambiamento ma fluisce con esso e vi si adatta. Egli come il bambù, è “verde in tutte le stagioni”, ciò significa mantenersi intimi ed equilibrati anche nel mutamento delle stagioni e nelle varie fasi della vita.
Orchidea, bambù, susino e crisantemo rappresentano il “Ki” o l’energia vitale delle quattro stagioni e delle quattro età dell’uomo, essi vengono denominati i “quattro nobili”.
5) Ci può dare alcuni cenni sulla tecnica del Sumi-e? Secondo lei, tutti possono approcciarsi a questa disciplina?
Il “sumi-e” è un metodo di pittura ancora poco conosciuto in occidente, e laddove esso è conosciuto, raramente viene insegnato e praticato nella sua originaria semplicità. Spesso ci si limita ad una infarinatura generica che poi viene assimilata e mescolata ad altre tecniche nella speranza di ottenere risultati nel più breve tempo possibile. Così, tutto il suo significato originario viene perduto, insieme ai benefici che questo modo di dipingere ha sullo spirito, sul corpo e sulla psiche.
Credo di poter affermare, attraverso la mia esperienza, che il sumi-e possa essere considerato come: “la mamma dell’arte-terapia”. Praticando sumi-e infatti si entra in contatto diretto con il proprio corpo, il proprio equilibrio psichico ed eventualmente con il nostro spirito. Praticando sumi-e, attraverso l’impostazione di una postura corretta e naturale si migliora la coordinazione e la fluidità durante l’esecuzione dei gesti, si favorisce l’adeguato funzionamento dei sistemi muscolo-scheletrico, cardiovascolare e respiratorio e si sviluppa l’omeostasi: la naturale capacità di autodifesa dalle malattie del corpo
Unificando la mente e il corpo si ritrova la calma, si riduce la dispersione mentale potenziando la capacità d’attenzione, di concentrazione e di ascolto stimolando la creatività e la sensibilità. Se si pratica correttamente, ben presto potrete constatare, che respirerete meglio, che il vostro portamento sarà più eretto e “nobile”. Anche lo stato generale della salute, incluso l’equilibrio psichico, ne trarrà giovamento.
È un modo di dipingere che richiede costanza e desiderio di penetrarne lo spirito, più che bravura o perfezione tecnica, o talento. Nel sumi-e questo non è essenziale, tutti possono imparare, purché seguano lo spirito dell’istruttore, le sue indicazioni spesso basate sull’intuizione. Il rapporto tra conduttore e allievo è un rapporto fondato sullo scambio e sull’arricchimento reciproco, in cui la relazione individuale resta fondamentale per il superamento delle difficoltà che ciascun partecipante incontra.
Gli allievi lavorano tutti insieme, in piccoli gruppi, in un’atmosfera di calma, silenzio e concentrazione naturale, in armonia.
In Occidente le persone sono spesso troppo agitate, ansiose, e questo si traduce in mancanza di naturalezza, concentrazione e costanza. In Occidente si fa un po’ questo e un po’ quello, senza portare a termine profondamente niente.
Si è perso inoltre il senso intimo spirituale della relazione maestro-discepolo, perché tutto quello che si fa deve avere uno scopo utilitaristico. Il sumi-e non è per queste persone, se non comprendono che possono “guarire”, stare meglio: il sumi-e è dipingere la vita di ogni cosa colta nel suo spirito fresco e originario.
Come lo Zen, Zazen, non è il mero apprendimento di una “tecnica di meditazione”, ma il contatto diretto con l’origine di tutto (“natura di Buddha”). Allo stesso modo il “sumi-e” va ben al di là di una semplice “tecnica pittorica”.
6) Beppe Mokuza ci parli un po’ di lei. Come si è accostato al sumi-e?
Sono un monaco Zen, appartenente alla tradizione del Buddismo Zen Soto, discepolo del Maestro Roland Yuno Rech e fondatore e responsabile del Dojo zen “Bodai Dojo” di Alba (CN). Da oltre vent’anni mi dedico al sumi-e ed alla pratica della meditazione zen. Espongo opere, tengo conferenze e dimostrazioni pratiche in tutta Europa.
Mi sono accostato al sumi-e casualmente, invitato da un caro amico ad andare ad ascoltare una conferenza sullo Zen, in un cinema di Torino, tenuta dal monaco Ezio Tenryu Zanin. Quest’evento ha segnato la mia vita, perché sono rimasto colpito immediatamente dalla postura dello zazen (meditazione seduta) e da quel momento in poi ho cominciato la pratica della meditazione zen. Accostandomi a questa disciplina sono entrato in contatto con i segni espressivi della pittura sumi-e e mi sono accorto di esserne profondamente attratto.
Per studiare la pittura lavoravo di giorno, mentre di notte mi applicavo al sumi-e, dedicando ogni momento libero all’apprendimento di quest’arte.
In modo del tutto naturale dopo alcuni anni di pratica mi è stato chiesto di insegnare ciò che avevo appreso ed esporre alcuni lavori.Così è cominciato tutto.
Oggi insegno a centinaia di persone in tutta Europa. Il rapporto che mi impegno ad instaurare con i miei allievi è basato sullo scambio e sull’arricchimento reciproco.
Il motore trainante di ciò che faccio è una fede profonda nel fatto che attraverso questo metodo di pittura e soprattutto, alla pratica della meditazione, si possano superare grandi difficoltà legate ai condizionamenti della società; dal momento storico in cui viviamo, determinate dai propri meccanismi mentali e da un errato stile di vita.
Mi sento di poter offrire, a chi lo desidera, attraverso lo Zen e il Sumi-e, degli abili mezzi per stimolare la propria “crescita interiore” e per conoscere se stessi.
Mediante tali pratiche, sotto la guida di un monaco anziano o di un maestro, semplicemente, si può diventare persone più autentiche, capaci di affrontare le situazioni della vita quotidiana attraverso la propria presenza mentale e la propria forza di spirito senza lasciarsi trascinare dalle difficoltà.
Amo dire ai miei allievi:
“Normalmente siamo abituati a vivere lasciando che la nostra vita venga masticata dagli altri e poi se avanza qualcosa possiamo masticarne un po’ noi. Voi, invece, dovete imparare a masticare la propria vita e non lasciarvela masticare dagli altri!”.
Francesco Mazzarini