Nella trattazione di argomenti esoterici si fanno spesso – e necessariamente – molti riferimenti all’Alchimia.
Questa arte-scienza in equilibrio sulla metafora – spesso volutamente fonte di equivoci – tra la realizzazione spirituale e la trasmutazione del “vil metallo” in oro, rientra nel patrimonio delle conoscenze ermetiche. In ultima analisi, l’Alchimia – sia essa d’Oriente o d’Occidente – è Magia pratica.
È conosciuta come l’Ars Magna, l’Arte Regale o la Santa Scienza. Tradizionalmente l’alchimia assume una fondamentale importanza in quanto impiegata nella costruzione degli strumenti che vengono usati nell’operatività tecnico-magica. E’ anche vero che gli strumenti esteriori degli alchimisti sono i prototipi degli strumenti della chimica.
Voarchadumia, ars distincta ab Archimia et Sophia è il titolo dell’opera di Giovanni Agostino Pantheo pubblicata nel 1530 con la quale l’autore vuole mettere ordine tra le varie e diverse interpretazioni dei metodi e degli scopi dell’Alchimia. Il Pantheo nel 1518 pubblicava Ars transmutationis metallicae e fu forse il primo a mettere in relazione l’Opera alchemica (Cabalisticum archimicae artis magisterium) con la Cabala, introducendo nei suoi trattati i nomi ebraici, il Tetragrammaton e la gematria. Con il termine Voarchadumia specifica fermamente la differenza tra l’Alchimia, termine da riferirsi alla pratica degli ignoranti e dei truffatori, e l’Archimia (da arche’=principio e mia= uno, quindi “il principio dell’unita’”) ossia la Vera Arte della Trasmutazione dei Metalli e dell’Elisir di Lunga Vita. Questo trattato di metallurgia “spirituale” ispirò il lavoro dei più grandi ermetisti e alchimisti dell’epoca. Si narra che la Voarchadumia fu anche una Società Ermetica e Rosacrociana (probabilmente di origine portoghese, ma il suo più importante quartier generale si trovava a Venezia), custode non solo di misteri esoterici e di conoscenze scientifiche (allora eretiche) ma anche di pratiche di natura alchemica, magica e tantrica.
Tesseva occulte relazioni tra i più grandi ermetisti e scienziati, spesso costretti a nascondersi, con i potenti dell’epoca, con lo scopo di preservare e sviluppare il sapere nonostante l’oscurantismo della Chiesa e la ristrettezza mentale degli aristotelici. La Voarchadumia sembra anche legata alla cosiddetta “loggia Ungherese” (a sua volta collegata alla “Loggia Himalayana”) nonché ad una misteriosa Società Segreta operante nei secoli XVI e XVII in Europa, anche nota nel 1470 come “La Nebbia” o “La Società Angelica”. Tali filiazioni ricondurrebbero a più arcaiche fratellanze, come quella (mitica) dei Naacal. Il mito sorto attorno a questo Ordine rosacrociano dal nome bizzarro parla di un documento noto come Protocolli dei Savi di Caldeirão, di origine atlantidea e custodito nelle piramidi della piana di Giza. In questi scritti verrebbe tramandata la tradizione di Agartha, il regno nella Terra Cava governato da un “Re del Mondo”, i cui accessi sarebbero custoditi dagli eterei guardiani iperborei in stretta alleanza con i grandi Maestri quali Ermete Trismegisto, John Dee, Nicolas Flamel, Cagliostro, Saint-Germain e quindi M.me Blavatsky ecc…
Membri della Voarchadumia pare furono molti artisti, filosofi, scienziati ed alchimisti rinascimentali, lo stesso John Dee (l’Ordine impiegava largamente il metodo evocatorio delle Chiavi Enochiane), Giordano Bruno, Giorgione, Francesco Colonna e forse Galileo. Esiste un’Alchimia delle Forze Vive, un’Alchimia delle Forze Spente e una serie di possibili classificazioni successive (Tantra, Alchimia dei Caratteri, Alchimia di Popolo, Alchimia dei Metalli, Alchimia Genetica, Temporale e così via). Nella tradizione horusiana, si parla di “Forze Spente” quando ci si riferisce alle energie racchiuse nella materia minerale, nella Terra, nell’Aria, nell’Acqua e nel Fuoco – sebbene quest’ultimo possieda caratteristiche peculiari che lo distinguono dagli altri elementi “spenti”. Sono “Forze Vive” tutte le forze che derivano dalla vita, che originano da forme viventi umane, animali e vegetali, oppure di natura sottile o divina. Le forze “vive” contengono l’essenza vitale, la qualità intrinseca della forma vivente, l’elemento emozionale, la funzione o abilità specifica, oppure il particolare stato di coscienza espresso in un dato momento, rappresentato e supportato da un simulacro (testimone) che può anche essere – ma non necessariamente – un animale, una pianta o sue parti.
Quando si parla di elementi, che siano “spenti” o “vivi”, ci si riferisce sempre alla loro essenza intima: alla loro parte sottile e “spirituale” (“nodo di complessità” o, in forma più evolute, “nodo di intelligenza”). Il fattore “tempo” è di fondamentale importanza nelle operazioni alchemiche, in quanto il tempo in quanto tale viene considerato un vero e proprio parametro a sua volta componente integrante di ogni elemento, oltre che elemento a sua volta.
Non esisteranno mai due sostanze uguali in quanto per ognuna sarà sempre diverso l’aspetto temporale. Nella pratica alchemica, ogni elemento raccolto, ricavato o creato deve essere immediatamente utilizzato, a meno che non si disponga della “tecnologia” adatta per conservarlo in una condizione “magica” di non-tempo (laboratori alchemici). Per la Tradizione, la Grande Opera ha tempi precisi e ben definiti per la sua realizzazione. Esige purezza d’intenti, costanza e segretezza. Vedete come le cose si fanno evanescenti, impalpabili ed apparentemente insensate: si esige un cambiamento di logica. Del resto entriamo in una disciplina iniziatica.
Sulla tradizionale grotta dell’alchimista è scritto: Sapere-Osare-Volere-Tacere. L’Alchimista indaga ed evolve sè stesso attraverso il mondo; indaga ed evolve il mondo attraverso sè stesso. Il vero scopo dell’Alchimia è realizzare l’Essere Umano Completo, l’Androgino Primordiale. Tutto il procedimento alchemico è un rituale al quale occorre essere “iniziati”: l’Ordine Esoterico è a sua volta un Atanor alchemico di Forze Vive. L’indagine interdisciplinare della straordinaria relazione tra l’allegoria alchemica e la psicologia del profondo è stata opera mirabile di Carl. G. Jung.
In ogni elemento alchemico puro, opportunamente trattato e conservato, si combinano – in una composizione fissa ed immutabile – precisi equilibri e prevalenze delle leggi fondamentali che, a monte delle nostre leggi fisiche conosciute, governano l’universo. Conoscendo le specifiche dominanze di tali leggi in ogni elemento, l’alchimista è in grado di manipolare indirettamente le leggi fondamentali del nostro mondo: attraverso gli elementi alchemici, anziché direttamente, operando sulle matrici temporali, scopo invece della Magia. Si tratta dunque di operare sul “maya”, trovando le corrispondenze per muovere, mediante le essenze, i costituenti fondamentali e le forze della Natura, nonchè i riflessi del reale sul nostro mondo/coscienza.
Carlo Dorofatti