Qualche settimana fa, Carlo Rovelli e Francesca Vidotto hanno caricato su arXiv.org un articolo che farà discutere molto. Si intitola Planck stars. Vi si sostiene una tesi abbastanza forte: i buchi neri non sono fatti come ci immaginiamo poiché al posto della singolarità potrebbe esserci una stella di Planck. E non è una sostituzione da poco. In questo modo darebbe possibile risolvere il noto paradosso dell’informazione sostenendo che, ad un certo punto della loro vita, i buchi neri restituiscano tutte le informazioni che hanno divorato.
Si ritiene che i buchi neri siano fatti di due parti molto semplici: l’orizzonte degli eventi e la singolarità.
Di recente Stephen W. Hawking ha rimesso in discussione le sue precedenti tesi; dal momento che non possiamo inviare una sonda all’interno di un buco nero per dirci in dettaglio come è fatto, possiamo solo affidarci alle ipotesi e vedere quale risulta migliore, calcoli alla mano. Vediamo di capire meglio in cosa consiste il paradosso dell’informazione. Quando varchiamo la soglia dell’orizzonte degli eventi veniamo progressivamente schiacciati verso il centro di massa del buco nero e stiracchiati. Spaghettificati, si dice in gergo. Questo è vero nel senso che segue le previsioni della Relatività Generale.
Cosa accade, invece, dal punto di vista della Meccanica Quantistica? Una quarantina di anni fa, fu proprio Hawking a capire che sulla superficie dell’orizzonte degli eventi possono succedere cose strane. In ogni regione dello spazio vuoto è infatti possibile che si creino ex nihilo coppie di particelle e anti-particelle. Bene, cosa accade se solo alcune cadono nel buco nero? Che dall’orizzonte sarebbe apparsa della radiazione uscente (sono le particelle sfuggite al buco nero). Con il trascorrere del tempo il buco nero avrebbe finito per “evaporare”: l’orizzonte si sarebbe rimpicciolito sempre di più, fino a sparire nel nulla.
Tra il 2004 e il 2005 finalmente il dibattito si calmò, visto che probabilmente Hawking aveva torto, nel senso che l’informazione non va persa (un resoconto della querelle si trova nel libro di Leonard Susskind, La guerra dei buchi neri, Adelphi, 2009).
Ora, sappiamo che è già stata formulata l’ipotesi del firewall per riconciliare l’evaporazione dei buchi neri con la conservazione dell’informazione, ma oggi Rovelli e Vidotto fanno un passo ancora avanti. presentano un’ipotesi alternativa. L’ idea della stella Planck non è nuova e ha le sue origini in un argomento concernente la teoria del Big Bang secondo cui, quando si verificherà l’inevitabile Big Crunch, l’universo non si risolverà in una singolarità ma in qualcosa di più “tangibile” (passatemi il termine, ma è per capirci) della lunghezza di Planck. Il rimbalzo che accompagnerà il Big Crunch causerà un’immediata espansione dell’universo compatibile con la struttura delle stelle di Planck.
Accettare questa ipotesi significa naturalmente modificare la nostra idea dei buchi neri. Dal punto di vista dinamico, questa stella di Planck che si trova nella pancia dei buchi neri dovrebbe crescere in modo proporzionale all’informazione assorbita, fino a causare una vera e propria rottura dell’orizzonte degli eventi, con cui il buco nero si dissolve e l’informazione viene risputata all’esterno. Riporto per completezza l’abstract dell’articolo:
“A star that collapses gravitationally can reach a further stage of its life, where quantum-gravitational pressure counteracts weight. The duration of this stage is very short in the star proper time, yielding a bounce, but extremely long seen from the outside, because of the huge gravitational time dilation. Since the onset of quantum-gravitational effects is governed by energy density —-not by size—- the star can be much larger than planckian in this phase. The object emerging at the end of the Hawking evaporation of a black hole can then be larger than planckian by a factor (m/mP)n, where m is the mass fallen into the hole, mP is the Planck mass, and n is positive. We consider arguments for n=1/3 and for n=1. There is no causality violation or faster-than-light propagation. The existence of these objects alleviates the black-hole information paradox. More interestingly, these objects could have astrophysical and cosmological interest: they produce a detectable signal, of quantum gravitational origin, around the 10−14cm wavelength”.
Paper di riferimento:
Carlo Rovelli, Francesca Vidotto, Planck stars, in arXiv.org:1401.6562 [gr-qc] arxiv.org/abs/1401.6562.