Sincronicità e coerenza: la legge dell’unità. Quante volte ci è capitato di pensare ad un amico che non si vedeva da tempo e poco dopo, per caso, incontrarlo per strada?
Quante volte abbiamo vissuto serie di eventi che accadevano proprio come dovevano accadere in una strana ed eccezionale coincidenza? E sempre ci si pone la domanda: ma esiste il caso? O forse esiste un principio scientifico ancora sconosciuto a far accadere gli eventi con tale sottile armonia?
Questo principio prende il nome di sincronicità e la sua componente fisico-matematica è la coerenza e la non-località (vedi principi olistici della nuova scienza).
Ci occuperemo ora di tutte le ricerche e le ipotesi che hanno cercato di vedere che cosa si cela dietro queste coincidenze, scoprendo che spesso il caso fortunato è solo l’evidenza di una legge di natura, invero assai comune, che si manifesta in modo ancora assai misterioso e che sembra agire oltre i limiti dello spazio-tempo così come sono stati fino ad ora formulati.
Inizieremo da un esperimento scientifico di estremo interesse che ha dimostrato come quando due o più persone, in silenzio, si sentono “in sintonia” le onde cerebrali dei loro emisferi si sincronizzano e, cosa ancora più sorprendente, i loro tracciati elettroencefalografici tendono a diventare identici.
Questa sincronicità neuropsichica, comprovata anche da differenti ricerche, ci permette di entrare nel vivo della questione per tentare ancora una volta di comprendere il nesso che lega le persone tra loro oltre il tempo e lo spazio, che unisce sottilmente ogni maestro illuminato ai suoi discepoli, che sottostà al funzionamento delle antiche e moderne arti divinatorie come l’I King o l’astrologia.
Sembra così prendere forma un principio naturale, difficile da esprimere razionalmente ma non per questo meno fondamentale: una legge che unisce le cose simili. Anche molti fisici (si vedano i contributi seguenti) sostengono che questa legge di sincronicità è al lavoro già a livello subatomico e che se tutte le cose dell’universo una volta erano unite in un punto (“singolarity”), anche ora questa profonda interconnessione si mostra e, sottilmente, opera.
Da queste premesse sembrerebbe non esserci troppa distanza tra la visione dei grandi mistici che parlano della loro esperienza come di una esistenza che, al di la delle infinite forme, è profonda indivisibile unità e le moderne teorie/ricerche della fisica.
Terminiamo con le parole di Paul Kammerer, un grande ricercatore viennese grande amante della natura e dell’evoluzione dell’intelligenza, che per primo intuì questa legge di connessione definendola come: “Onnipresente e continua nella vita, nella natura e nel cosmo. E’ il cordone ombelicale che connette pensieri, sensazioni, scienza e arte al grembo dell’universo che li ha partoriti”.
Sintonia psichica e sincronicità eeg (elettoencefalografica)
Qual è il ruolo della sintonia empatica nella comunicazione sottile tra persone?
Una serie di esperimenti hanno dimostrato un aumento di sincronicità tra l’emisfero destro e sinistro quando una coppia di soggetti tenta di ‘sentire la presenza l’uno dell’altro’. Gli sperimentatori hanno anche registrato un aumento di somiglianza delle configurazioni EEG (elettroencefalografiche) tra coppie di persone in “comunicazione empatica” (dal greco sentire dentro insieme) durante il corso di una sessione sperimentale. In alcuni casi la similitudine EEG tra i soggetti durante questa “comunicazione empatica” era drammatica (vedi fig. pag. 8).
Si è trovata una somiglianza tra gli EEG dei partner anche quando, prima dell’esperimento, non si erano incontrati e non avevano avuto alcuna forma di comunicazione. Ad alcuni ricercatori che fungevano da giudici venivano mostrate tutte le combinazioni possibili di configurazioni EEG individuali registrate durante la comunicazione. Nel 70% dei casi erano in grado di identificare quelli prodotti dai partner.
Sono state studiate tredici coppie e quattro gruppi di tre persone l’uno. I gruppi di tre persone hanno mostrato un effetto più debole delle coppie. Normalmente l’emisfero destro e quello sinistro sono in qualche modo indipendenti nella loro attività elettrica. Un’attività sincronica, in cui i due tracciati EEG sono più somiglianti, è stata fino ad ora sperimentalmente associata con stati di meditazione, di creatività, di focalizzazione inconsueta o con sforzi in processi di guarigione.
Un altro dato di estremo interesse che è emerso dalla sperimentazione è che il soggetto più “sincronico” catalizza gli altri; “Il soggetto con la concordanza EEG più alta era quello che ha influenzato di più gli EEG degli altri partecipanti le sessioni”, hanno detto Jacobo Greenberg-Zylberbaum e Julieta Ramos dell’Universidad Nacional Autonoma de Mexico. In alte parole, l’EEG di individui con meno sincronia tra gli emisferi verrebbe gradualmente a rassomigliare all’EEG della persona i cui due emisferi sono già in partenza più simili.
La sincronicità tra emisferi crea quindi una sorta di “campo mentale di informazioni” con maggiore potere di comunicazione e quindi più influente, come una sorta di stazione radio emittente con una frequenza d’onda più coerente.
Le sessioni avvengono in una gabbia di Faraday a prova di suono e oscurata (una camera schermata col piombo che filtra tutte le attività elettromagnetiche esterne). Ad ogni coppia si dà l’istruzione di chiudere gli occhi e di tentare di “comunicare diventando consapevole della presenza dell’altro e di segnalare allo sperimentatore quando sentivano che la connessione stava effettivamente accadendo”.
L’analisi EEG ha mostrato che nei periodi in cui i soggetti segnalavano di essere in comunicazione “le configurazioni di correlazione interemisferica erano molto simili”. L’EEG di un soggetto divenne simile a quello dei tre partner con cui era stato accoppiato. Dopo una sessione, quando i partner dissero che i loro sentimenti si erano mescolati insieme, i loro grafici EEG erano diventati praticamente identici.
Durante le sessioni non si parlava né ci si toccava. Alcuni soggetti riferirono di aver provato sensazioni fisiche, e altri dissero che avevano avuto immagini e pensieri dei loro partner. Durante le sessioni di controllo, quando i soggetti si sedevano in isolamento prima e dopo ogni sessione di coppia, i soggetti non mostravano alcun aumento di sincronia tra i loro emisferi o gli uni con gli altri. I ricercatori hanno detto che hanno studiato il fenomeno per anni, ma che solo recentemente hanno avuto accesso a strumenti sufficientemente sofisticati da poter verificare le loro ipotesi. I risultati confermano la teoria di Grinberg-Zylberbaum, proposta in un libro del 1981, che “i campi neuronali” possono interagire e cambiarsi a vicenda.
La legge dell’unità di Paul Kammerer
Onnipresente e continua nella vita, nella natura e nel cosmo. E’ il cordone ombelicale che connette pensiero, sentimenti, scienza e arte al grembo dell’universo che li ha partoriti. Paul Kammerer
Sii qui. Questo è il momento presente, tu stai leggendo quello che è scritto… ma chi sei? Fermati un istante e sentiti… sei un tutt’uno, miliardi di atomi si muovono… e tu sei parte integrante di un’immensa esistenza… questa è la dimensione della sincronicità.
La sincronicità rappresenta una delle colonne più importanti del paradigma olistico; quando la si comprende, sembra di averla sempre conosciuta e di non poterne più fare a meno. Quanti eventi, importanti o meno, nella nostra vita sono accaduti per quello strano caso, per quella particolare coincidenza fortuita… incontri, sogni, dejà-vu, premonizioni, fortune. Qualsiasi ordine di eventi implicitamente significativo, che accade senza apparente causa o programmazione, rientra nel vasto fenomeno chiamato sincronicità, la silenziosa legge dell’unità e della coevoluzione.
È la logica che sottostà alla legge dei simili, alla legge del karma e del destino. È la legge polare che bilancia il principio di causa-effetto. Agisce là dove la mente razionale, con la sua limitata conoscenza, non può giungere, nei fenomeni che la mente non comprende e che, con superba ignoranza, stabilisce essere dovuti al caso. Usa il vuoto là dove la mente razionale usa il pieno.
Per la scienza ufficiale la nascita della vita sul nostro pianeta e la sua progressiva evoluzione in complessità è dovuta al caso! Ma se il “caso” ha portato a questa vita e alla nostra coscienza, allora conviene rivalutarlo, e considerarlo una delle forze più potenti e intelligenti del nostro universo. La legge che unisce le cose simili è al centro del processo di unione e co-evoluzione. È la forza che porta miliardi di atomi a ritrovare una loro unità formando una cellula… o la forza di miliardi di cellule quando si sincronizzano nelle loro comunicazioni e informazioni e creano un animale multicellulare.
Wolfgang Pauli: la scoperta della sincronicità nella fisica quantistica
Il concetto moderno di sincronicità nasce dall’incontro di un Premio Nobel della fisica, Wolfgang Pauli, con uno dei padri della psicologia del profondo, Carl Gustav Jung. Pauli sostiene che a livello di fisica quantistica la realtà è coinvolta in una “danza astratta” senza alcuna causa materiale; sostiene, inoltre, che tutte le particelle possono essere divise in due gruppi a seconda della danza che eseguono. Fermioni, elettroni, protoni, neutroni e neutrini formano il gruppo che compie una danza antisimmetrica. Mesoni e bosoni (tra cui i fotoni) compiono una danza simmetrica.
Nel caso delle particelle antisimmetriche, risulta che questa danza astratta ha l’effetto di tenere sempre separate le particelle con la stessa energia. Nel caso del principio di esclusione, due elettroni non possono danzare sullo stesso orbitale atomico a meno che non abbiano spin (rotazione, polarità) opposta. Proprio come gli uomini danzano solo con le donne. Questa esclusione tra particelle uguali non è il risultato di una forza, cioè non è un atto causato, ma il risultato di quel movimento astratto delle particelle prese nel loro insieme, che chiamiamo antisimmetria.
La danza collettiva ha un effetto profondo sulle singole particelle. Questo principio di esclusione permette agli elettroni di un atomo di disporsi su differenti orbitali (livelli di energia), e rende gli atomi stessi differenti tra loro per proprietà e caratteristiche. Pauli contribuisce alla comprensione delle leggi armoniche della realtà con la scoperta di una struttura astratta che si nasconde dietro la superficie della materia atomica e determina il suo comportamento in maniera non-causale.
È così creato il presupposto sperimentale alla legge di sincronicità sul piano della fisica quantistica.
La vita di Pauli, nonostante il suo interesse per la simmetria interiore, era tuttavia caduta in un grave stato di disordine. Nel 1928, parallelamente alle sue grandi scoperte nel mondo razionale della fisica quantistica, la sua vita psicologica venne gravata dal suicidio della madre a cui seguì un disastroso matrimonio con una cantante di cabaret che lo abbandonò poche settimane dopo. Alcool e depressione accompagnarono un crollo nervoso, che lo portò ad incontrare Jung.
Il lavoro sul profondo fu di grande aiuto: Pauli produsse più di mille sogni e impressioni visuali da cui emergevano simboli e figure archetipiche marcatamente simili a quelle degli alchimisti medioevali. Questi sogni culminarono nella visione di un orologio cosmico della più sublime armonia, che Jung definì sintomatico di un’avvenuta conversione. La rinascita di Pauli seguiva una profonda logica di simmetria e di equilibrio che, dal mondo dei quanti, si proiettava in quello della psiche.
La legge della sincronicità aveva ancora una volta manifestato la sua potenza sottile.
Il principio di connessione acausale di Jung
Jung riteneva che il sincronicismo è il pregiudizio dell’Est, la causalità è il moderno pregiudizio dell’Ovest. Jung credeva nell’esistenza di un inconscio collettivo, un’area profonda e universale della mente, una dimensione dell’esistenza che, nascosta sotto le apparenze della realtà esteriore, ne condiziona e ne dirige i movimenti.
Durante il periodo che segnò la rottura con Sigmund Freud, a Jung accaddero una serie di situazioni sincroniche. La più conosciuta di queste sincronicità avvenne mentre Freud stava rimproverando Jung della sua passione per lo spiritualismo, e lo metteva in guardia contro la marea nera di fango dell’occultismo. Jung provò un’emozione di reazione, sentì un caldo bruciante al diaframma dopodiché entrambi udirono un forte suono proveniente dalla libreria. Jung ebbe la sensazione che quel colpo fosse dovuto alla sua situazione energetica interiore, e lo comunicò a Freud, che dissentì. Subito dopo Jung espresse la sensazione che l’effetto si sarebbe ripetuto, cosa che puntualmente avvenne lasciando Freud molto scosso.
Da quel momento le loro strade si separarono e questo condusse Jung a vivere il periodo più difficile della sua vita; iniziò un’esplorazione della psiche, dei tipi psicologici, dell’estroversione e dell’introversione fino ad elaborare il concetto di inconscio collettivo. La sua ricerca entrava nelle pericolose aree profonde in cui l’antico e lo spirituale si incontrano, in cui sarebbe utile la presenza di un maestro o di una guida, e che Jung, grazie alla sua forza interiore, riuscì ad esplorare da solo.
Dopo un sogno in cui aveva simboleggiato la sua mente come una casa con una cantina nascosta, in cui una porta conduceva in una caverna ancora più remota e preistorica, Jung iniziò la sua discesa simbolica nelle profondità della coscienza, come gli Dei sumeri che scendevano agli Inferi prima di raggiungere le vette risplendenti.
Il grande psicologo ebbe una serie di visioni terrifiche e angoscianti, in cui antichi spiriti come Filemone, Simon Magnus, Lao Tzu, Klingsor, entravano in contatto con lui, istruendolo e facendogli da guida. Gli episodi culminarono nel 1916, quando l’intera abitazione di Jung era “infestata” dalle presenze che lo portarono a scrivere I sette sermoni ai morti, uno scritto profetico con una visione cosmologica globale del mondo fisico e spirituale.
Questo scritto segna la fine del periodo di caos mentale di Jung; vi si trovano elementi concettuali di grande importanza come la creazione della coscienza individuale, la creatura, dall’indifferenziato pleroma, e intuizioni sul terreno comune da cui sono evolute la mente e la materia. La sua intuizione dei miti della creazione anticipa i caratteri della visione olistica; Jung aveva conosciuto le profondità e le vette della sua psiche ed era, così, pronto per comprendere e dare espressione in termini moderni all’antico concetto di sincronicità.
Il Tao e la sincronicità
Nel 1930, al discorso commemorativo per la morte di Richard Wilhelm, Jung disse: “La scienza dell’ I Ching non è basata sul principio di causalità ma su un principio che io ho provato a chiamare principio sincronico”. Cinque anni dopo, ad una conferenza tenuta a Londra, Jung sostenne che “il Tao può essere ogni cosa, io uso un altro termine per designarlo… lo chiamo sincronicità”.
Dopo l’incontro con Pauli, Jung fu in grado di cristallizzare le sue idee. Nel 1952 i due studiosi pubblicarono insieme L’interpretazione e la natura della psiche che conteneva due saggi, uno di Pauli sull’influenza degli archetipi nella teoria di Keplero, l’altro di Jung sulla natura della sincronicità. In questo saggio Jung descrive la sincronicità come “la coincidenza nel tempo di due o più eventi causalmente non correlati anche se legati dallo stesso o simile significato” o come “parallelismo acausale” o anche come “atto creativo”.
Su suggerimento di Pauli, Jung produsse il diagramma in cui la sincronicità bilanciava la causalità (vedi fig.**) così come il tempo bilancia lo spazio. Il fisico suggerì che si enfatizzassero le differenze e le similiudini di sincronicità e causalità e che si introducesse il concetto di “significato”; così facendo, Pauli suggeriva una via attraverso la quale l’approccio obiettivo della scienza e della fisica (basata sulla connessione attraverso effetti) potesse essere integrato con valori più soggettivi (connessione attraverso equivalenza o significato).
L’intera nozione di “significato” è di fatto il cuore stesso della sincronicità: l’essenza di un evento sincronico è proprio il significato che esso ha per colui che lo sperimenta. La sincronicità agisce come specchio dei processi interiori, creando forti paralleli tra eventi esteriori e interiori, una similitudine delle informazioni e delle coscienze.
Pauli credeva che la sincronicità potesse rendere possibile il dialogo tra fisica e psicologia, facendo entrare il soggettivo nella fisica e l’oggettivo nella psicologia. Fisica e psicologia qui valgono come materia e coscienza, come scienza e sacralità. Secondo Pauli era necessaria questa visione globale per poter comprendere gli aspetti soggettivi e oggettivi come manifestazioni implicite di uno stesso fenomeno.
Fino al termine della sua vita, – riporta David Peat nel suo libro Synchronicity: the bridge between matter and mind – Pauli conservò una profonda convinzione del potere della simmetria. Mentre lavorava intensamente alla teoria del campo unificato, scrisse al suo amico Heisenberg: “Divisione e riduzione della simmetria, questo è il bandolo della matassa! La forma è un antico attributo del diavolo… se solo i due contendenti divini – Cristo e il Diavolo – potessero notare che sono cresciuti in modo così simmetrico!” Forma e coscienza, spazio e tempo, energia quantica e informazioni sono sempre cresciuti parallelamente.
Il fenomeno della centesima scimmia di Lyall Watson
Tra gli infiniti esempi di sincronicità riportiamo il famoso caso della centesima scimmia che Lyall Watson, in Life Tide (la marea della vita) racconta in modo romanzato, partendo da un episodio realmente accaduto:
“Il comportamento della scimmia giapponese Macaca Fuscata è stato intensamente studiato dagli etologi per più di trent’anni, osservando un certo numero di colonie selvagge. Una di queste colonie viveva isolata sull’isola di Koshima, di fronte alla costa occidentale di Kyushu, dove nel 1952 l’uomo fornì alle scimmie una “spinta” evolutiva: delle patate dolci gettate sulla sabbia. Erano stati approntati una serie di posti di osservazione, nei punti d’incontro del territorio del gruppo.
Abitualmente le giovani scimmie imparano le abitudini alimentari dalle madri, che insegnano a loro cosa mangiare e come comportarsi con il cibo stesso. In questo gruppo di macachi si era sviluppata una complessa tradizione che comprendeva germogli, frutti, foglie, gemme, di centinaia di specie di piante. Perciò essi avvicinarono le nuove scorte di cibo “artificiale”, ma nulla nel loro repertorio li rendeva capaci di trattare con patate dolci selvatiche, coperte di sabbia.
A un certo punto Imo, una femmina di diciotto mesi, risolse il problema, portando le patate giù verso il torrente e lavandole prima di mangiarle. Comparata con le conoscenze già acquisite da queste scimmie, questa era una vera rivoluzione culturale. Richiedeva astrazione e una deliberata manipolazione di parecchi parametri rispetto all’ambiente. Invertendo la normale tendenza, fu la giovane Imo a insegnare alla propria madre il trucco. Lo insegnò anche ai suoi compagni di gioco che, a loro volta, lo insegnarono ai loro genitori.
Piano piano, la “nuova cultura” si sparse attraverso la colonia, e ogni passaggio ebbe luogo in piena vista degli osservatori. Nel 1958, tutti i giovani lavavano il cibo sporco, ma i soli adulti (più vecchi di cinque anni) che adottavano le novità, erano quelli che l’avevano imparata dai figli. Poi successe qualcosa di straordinario: nell’autunno di quell’anno, un numero imprecisato di scimmie di Koshima lavava le patate dolci nel mare, perché Imo aveva fatto l’ulteriore scoperta che l’acqua salata non solo puliva il cibo ma gli dava un interessante nuovo sapore.
Era un martedì quando gli etologi osservarono questo fenomeno: un certo numero di scimmie, diciamo 99, per rendere l’evento più chiaro, era sulla riva alle undici di quella mattina, quella stessa sera tutte le scimmie dell’isola avevano iniziato a lavare le patate! Possiamo immaginare che, raggiunta una certa “massa critica”, una centesima scimmia si sia aggregata al gruppo che lavava le patate provocando un drammatico cambio di comportamento nell’intera comunità. Non solo, ma il comportamento aveva in qualche modo superato le barriere naturali ed era apparso spontaneamente in colonie su altre isole e pure sulla terraferma, in un gruppo a Takasakiyama.”
Il fenomeno della centesima scimmia è diventato popolare nella nuova cultura New Age perché investe l’azione di ogni singolo individuo di una potenzialità ben più vasta e significativa. Il messaggio è che cambiando noi stessi possiamo, per sincronicità, portare rivoluzionari cambiamenti all’intero pianeta.
Sincronicità, emisferi cerebrali e vuoto
Il fatto che l’Occidente sia identificato con la legge di causa-effetto e l’Oriente sia identificato con la legge di sincronicità ben si adatta alla recente logica neuropsicologica della divisione tra emisferi cerebrali.
Il principio di causa-effetto costituisce la matrice logica del funzionamento dell’emisfero razionale-maschile e la base stessa della scienza; questo principio si esprime nello spazio, nella relazione fisica tra due oggetti o due forze che vengono direttamente in contatto e che si modificano, ad esempio: “mi sono ammalato di otite perché un batterio è penetrato nel mio corpo”. Tutti i fenomeni che la scienza studia vengono tradotti in relazioni di causa-effetto, perché questo modo di comprendere gli avvenimenti può essere spiegato e compreso con chiarezza e razionalità.
La sincronicità è il principio polare che regola l’emisfero analogico-femminile da cui nascono le arti e le discipline intuitive, come gran parte della psicologia, inconcepibili in termini di razionalità e quantificazione. La sincronicità costituisce l’essenza della bellezza e dell’armonia, del fascino femminile, dell’analogia simbolica, della magia degli eventi che rendono significativa la nostra vita. “Mi sono ammalato di otite proprio il giorno in cui dovevo sostenere quell’incontro che mi spaventava”!
La mente razionale (percentualmente maschile e simbolicamente Yang) è attratta soprattutto dagli oggetti, dalle singole unità di cui è composto un insieme. Ad esempio, un musicista, ascoltando un brano di musica classica, è portato ad analizzarne la struttura, a considerare la bravura dei singoli strumentisti, del direttore, le differenze tonali e ritmiche: tutta questa elaborazione viene svolta dall’emisfero analitico-razionale che, appunto, frammenta l’insieme del brano nei suoi singoli costituenti.
La mente estetica, intuitiva per le sue qualità recettive e femminili (simbolicamente Yin), ascolta il brano nel suo insieme, sincronicamente in contatto con le emozioni e gli intenti dell’artista che lo ha composto, lo gode come evento globale, si lascia trasportare dalla musica e si abbandona alle sensazioni che nascono dentro. Tutto è giocato sulla sintonia, sulle analogie tra la musica, i propri sentimenti e la situazione nel suo complesso.
La concezione olistica nasce dall’unione tra queste due strutture logico conoscitive dell’intelligenza umana.
Il Taoismo, la più femminile e naturale delle vie spirituali, ricorda che il vaso è costruito di terracotta ma è per il suo vuoto interno che è utile: un’analogia dell’uomo e del suo vuoto interiore, dell’indicibile esperienza di una coscienza senza contenuti che si ottiene entrando in sincronicità con l’esistenza, con il Tao.
Parallelamente all’evoluzione del pensiero “forte” (termine che comunemente designa un atteggiamento materialista e pragmatico) si è evoluta anche una linea di pensiero “debole”, una “epistemologia fluida” basata sulla trasmissione intuitiva della conoscenza e delle comprensioni tra persone tra loro simili e non, come nella nostra cultura, attraverso l’acquisizione mnemonica e intellettuale di dati precisi, di nozioni complete e strutturate.
Non per nulla l’Oriente è profondamente legato alla sincronicità e alle sottili trasformazioni spirituali che rendono possibile, nel presente, l’accadere di eventi significativi per la nostra vita… pensiamo all’incontro d’amore, al nascere dell’amicizia, al rapporto maestro-discepolo, alla natura del Buddhafield.
Seguendo la nostra linea di analisi, se la base dell’attitudine occidentale è il principio di causa-effetto, che si esprime pienamente nella scienza materialista e oggettiva, il principio di sincronicità potrebbe essere la base della nuova scienza olistica, in cui è contemplata la dimensione interiore. La sincronicità racchiude in sé la logica del fenomeno della coerenza, della non-località, del vuoto sub-quantistico e del campo-psi. Di fatto la nostra società è fondata sul pieno e sull’avere, poli opposti ai valori orientali, legati al vuoto e all’essere.
Il principio di sincronicità costituisce una più importante base teorica per comprendere come le varie informazioni trovano la loro unità all’interno di un Cyber e come i differenti Cyber si sincronizzano tra loro evolvendosi per salti quantici fino all’attuale salto verso la coscienza planetaria.
Le intuizioni di Kammerer di Artur Koestler
(estratto da “La Radice del Caso” di Artur Koestler)
Kammerer era un lamarckiano: credeva nella ‘trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti’ – era convinto, cioè, che la destrezza e i perfezionamenti fisici acquisiti dai genitori sono in qualche misura ereditati dai loro discendenti. In opposizione a questa teoria, il neodarwinismo ortodosso sostiene che i caratteri acquisiti non modificano i geni, veicoli del ‘progetto’ ereditario; l’evoluzione è il risultato di mutazioni casuali del materiale genetico, conservate dalla selezione naturale.
Da un punto di vista filosofico, la visione lamarckiana è più attraente, perché considera l’evoluzione come l’effetto cumulativo delle virtù e degli sforzi di generazioni successive, mentre nella visione darwiniana questi sforzi sono sprecati, ogni generazione deve cominciare da zero, per così dire, e l’evoluzione è il risultato del cieco caso e delle pressioni selettive.
Ma i lamarckiani non hanno mai potuto fornire conferme sperimentali dell’eredità dei caratteri acquisiti; il lamarckismo passò di moda all’inizio del secolo e si giunse a considerarlo una eresia. Kammerer fu l’ultimo lamarckiano di fama europea. In questo contesto, tuttavia, non ci interessa conoscere le opinioni lamarckiane di Kammerer (sebbene in seguito vi ritornerò brevemente), ma ci interessa una seconda eresia in cui fu coinvolto: Kammerer credeva nell’importanza delle coincidenze apparenti.
Pubblicò la sua teoria sull’argomento nel 1919, in un’opera eccezionale, Das Gesetz der Serie – la legge della seriazione, di cui non esiste ancora nessuna traduzione. Kammarer, dai venti ai quarant’anni, annotò in un diario tali coincidenze. Non fu l’unico a indulgere a questo vizio segreto; Jung, per esempio, fece la stessa cosa. “Mi sono spesso imbattuto in fenomeni di questo genere”, ha scritto Jung, e ho potuto rendermi conto quanto fossero importanti per i miei pazienti queste esperienze interiori.
In moltissimi casi erano cose di cui la gente non parla per timore di esporsi al ridicolo. Fui stupito di constatare quanta gente avesse avuto esperienze del genere e con quanta cura custodisse il segreto”. Kammerer definisce una Serie come “la ricorrenza regolare di cose e eventi uguali o simili – una ricorrenza, o raggruppamento, nel tempo e nello spazio nella quale – stando a quanto si può accertare con una attenta analisi – i membri individuali della sequenza non sono collegati dalla stessa causa agente”.
L’espressione “ricorrenza regolare” può far pensare che la serie sia governata da leggi causali. Ma lo scopo di Kammerer è di dimostrare proprio il contrario – vale a dire che le coincidenze, si presentino una ad una o in serie, sono manifestazioni di un principio universale della natura il quale opera indipendentemente dalla causalità fisica.
Le “leggi della seriazione” sono, a giudizio di Kammerer, altrettanto fondamentali di quelle della fisica, ma restano tuttora inesplorate. Inoltre, le coincidenze singole sono semplicemente le parti emergenti dell’iceberg che per caso hanno attirato il nostro sguardo, perché le nostre abitudini tendono a farci ignorare le manifestazioni onnipresenti della seriazione.
La prima metà del libro di Kammerer è dedicata alla classificazione della serie delle coincidenze.
La conclusione a cui giunge Kammerer alla fine di questa parte classificata del libro è la seguente:
“Finora ci siamo occupati delle manifestazioni concrete di serie ricorrenti, senza tentare di spiegarle. Abbiamo scoperto che il ricorrere di dati identici o similari in regioni contigue di spazio o di tempo è un puro dato di fatto che deve essere accettato e che non si può spiegare con la coincidenza – o, piuttosto, che questo dato di fatto fa regnare la coincidenza in misura tale che il concetto di coincidenza viene negato”.
Nella seconda parte del libro, che è teorica, Kammerer sviluppa la sua idea centrale secondo cui nell’universo c’è un principio acausale attivo, coesistente con la causalità, il quale tende verso l’unità. Sotto certi aspetti è confrontabile alla gravità universale – che, per il fisico, è tuttora un mistero; ma diversamente dalla gravità che agisce indiscriminatamente su tutta la massa, questa forza agisce selettivamente sulla forma e la funzione per riunire configurazioni similari nello spazio e nel tempo; è una forza che mette in correlazione cose e eventi per affinità.
Con quali mezzi questa forza acausale si inserisca nell’ordine causale delle cose – sia in modi drammatici che banali – non possiamo dirlo perché funziona ex hypothesi, al di fuori delle leggi conosciute della fisica. Nello spazio produce eventi coincidenti collegati per affinità; nel tempo, serie collegate nello stesso modo. “Si giunge quindi all’immagine di un mondo a mosaico o di un caleidoscopio cosmico, che, malgrado i continui rimescolii e riassestamenti, provvede anche a riunire le cose simili alle simili”.
Kammerer si interessò in modo particolare alle serie temporali di eventi ricorrenti che ritenne fossero processi ciclici propagatisi come onde lungo l’asse temporale del continuum spazio-temporale. Ma noi ci rendiamo conto soltanto della cresta delle onde, che ci appaiono come coincidenze isolate, mentre gli avvallamenti delle onde restano trascurati. (Kammerer quindi capovolge l’ipotesi dello scettico secondo cui della moltitudine di eventi verificatesi a caso cogliamo soltanto quelli che sono significativi).
I cicli possono essere prodotti da fattori casuali (per es., il moto planetario) o essere strutturati dalla seriazione – come i periodi fortunati dei giocatori d’azzardo. Dedica poi un capitolo alle teorie della periodicità formulate in precedenza: dal sette magico dei pitagorici ai “cerchi ruotanti dei buoni e dei cattivi giorni” di Goethe.
Alla fine del libro Kammerer dichiara di essere convinto che la seriazione è “onnipresente e che continua nella vita, nella natura e nel cosmo. È il cordone ombelicale che unisce il pensiero, il sentimento, la scienza e l’arte al grembo dell’universo che li ha partoriti”.
È assai improbabile che la parte teorica regga a un esame critico, questo primo tentativo di classificazione sistematica di eventi coincidenti può trovare in futuro qualche applicazione insospettata. Sono cose che capitano nella scienza. E questa può anche essere la ragione del giudizio favorevole che Einstein diede sul libro; lo definì “originale e niente affatto assurdo”. Può darsi che si sia ricordato che le geometrie non euclidee, sviluppate quasi per gioco dai matematici che lo avevano preceduto, fornirono la base alla sua cosmologia relativistica.
Trenta anni più tardi Pauli condivise la convinzione di Kammerer e di Jung che ci sono fattori non-causali, non-fisici, che operano in natura. Anche il principio di esclusione “agisce” come una forza sebbene non lo sia”. È probabile che Pauli abbia capito più profondamente dei suoi compagni – stregoni i limiti della scienza. Quando aveva cinquant’anni, scrisse un saggio penetrante in cui sosteneva che la scienza era emersa dal misticismo, come risultava dalle idee di Keplero – il quale fu sia un mistico che il fondatore dell’astronomia moderna. Il saggio è intitolato L’influenza delle idee archetipiche sulle teorie scientifiche di Keplero e, in origine, apparve in una serie di monografie pubblicate dallo Jung Institute di Zurigo.
Era un’impresa molto insolita per uno scienziato moderno impegnarsi in un saggio del genere e pubblicarlo su una rivista di psicologia. Nelle pagine conclusive Paoli scrive: “Oggi abbiamo le scienze naturali, ma non abbiamo più una filosofia della scienza. Dalla scoperta del quanto elementare, la fisica è stata costretta a rinunciare alla sua orgogliosa pretesa di poter dare una spiegazione teorica della totalità del mondo. Ma questa situazione difficile può contenere il seme di ulteriori sviluppi che correggeranno il precedente orientamento unilaterale e si indirizzeranno verso una visione unitaria del mondo in cui la scienza è soltanto una parte del tutto”.
La nascita del concetto di sincronicità – Nella collaborazione Jung Pauli di David Peat – estratto da “Syncronicity: the bridge between matter and mind”
La vera storia della sincronicità comincia con la collaborazione di due grandi pensatori, lo psicologo Carl Jung e il fisico Wolfgang Paoli. Il loro concetto di sincronicità ha avuto origine da un connubio tra i due approcci della fisica e della psicologia. La vita e il lavoro di questi due uomini contiene l’embrione da cui doveva evolversi il concetto di sincronicità.
Carl Jung
Carl Jung nacque nel villaggio svizzero di Keswill nel 1875 e, dopo un’infanzia solitaria costellata di malattie e un carattere introverso tendente a sogni e fantasie, diventò uno studente di medicina, estroverso, robusto, amante del bere. Dopo essersi specializzato in psichiatria il giovane Jung cominciò a corrispondere con Freud. Quando, nel 1907 i due si incontrarono l’analista svizzero aveva già dato dei contributi significativi col suo test di associazione verbale e la sua teoria dei complessi. Le loro discussioni furono molto fruttuose tanto che Freud scrisse: “Non potevo sperare in nessuno meglio di te per continuare e completare il mio lavoro”.
Tuttavia, malgrado la loro amicizia, Freud e Jung avevano una visione molto diversa dell’inconscio. Anche il metodo di ricerca era differente perché mentre Freud si basava sulla tradizione scientifica razionale, Jung era più interessato nello spiritualismo, nelle fantasie e nella strana natura delle immagini disegnate e sognate dai suoi pazienti. Mentre Freud sosteneva che la nostra vita inconscia è dominata dagli istinti e dalle repressioni su cui si stende una leggera patina di civiltà, Jung riteneva che la mente inconscia avesse una dimensione creativa nascosta e che non fosse solo guidata da pulsioni sessuali.
Già nel 1909, malgrado fossero ancora molto amici, c’era della tensione che serpeggiava sotto il loro rapporto. Un giorno Freud stava rimproverando Jung per il suo interesse nello spiritualismo e lo metteva in guardia dal rischio di essere sopraffatto dalla “marea nera del fango dell’occultismo”. Jung provò una sensazione di caldo bruciante al diaframma e, allo stesso tempo, i due uomini udirono un forte suono proveniente dalla libreria. Jung suggerì che quello fosse un esempio di “esteriorizzazione catalitica”, in risposta alla reazione scettica di Freud, Jung predisse che sarebbe accaduto un secondo evento e infatti si sentì un altro suono che scosse Freud considerevolmente.
Da quel momento le loro strade divennero sempre più separate fino a che si ebbe la rottura definitiva nel 1912 con le dimissioni di Jung da presidente del congresso psicoanalitico.
Dopo la separazione di Jung da Freud seguirono alcuni eventi che sono particolarmente significativi per lo sviluppo dell’idea di sincronicità. Libero di esplorare le sue idea senza l’ombra incombente di Freud, Jung cominciò a lavorare sui tipi psicologici visti come un bilanciamento tra le forze dell’Intuizione, Sensazione, Pensiero e Sentimento e mise a punto i concetti di estroversione e introversione.
Nel mezzo di questa attività che lo portò successivamente a esplorare l’inconscio collettivo Jung cominciò a sentire i primi sintomi di quello che i suoi biografi hanno definito una totale rottura dell’equilibrio mentale di cui riferisce in Memorie, sogni e riflessioni. Nei mesi che seguirono il viaggio interiore si fece sempre più profondo nei recessi nascosti della sua mente e, in un sogno, simbolizzò la sua mente come una casa con una cantina nascosta contenente una porta a trappola che portava in una caverna ancora più remota, preistorica. Jung stava cominciando a scoprire un’area profonda e universale della mente, quella che poi avrebbe chiamato l’inconscio collettivo.
In questa area, che dimostrò comune in tutti gli esseri umani, Jung scoprì una varietà di simboli micro-macrocosmici, che chiamò “mandala”, e un certo numero di personalità autonome. Il viaggio nell’inconscio era accompagnato da figure con cui conversava quali Filemone, il vecchio saggio, Anima, la giovane donna che fu da guida spirituale a Simon Magnus, Lao-Tzu, Klingsor, etc. Di Filemone, Jung scrive: “…a volte mi sembrava molto reale, come se fosse una personalità vivente. Continuavo a camminare su e giù per il giardino con lui e per me era quello che gli indiani chiamano un guru….Mi disse cose che non avevo pensato consciamente. E osservai che era chiaramente lui che parlava, non io.”
Queste “visite” raggiunsero il loro culmine nel 1916 quando l’intera casa di Jung era come infestata da delle presenze e, un sabato mattino, il campanello suonò e alla porta non c’era nessuno.
“Credetemi, continua Jung, l’atmosfera era molto spessa. Allora sentii che stava per accadere qualcosa. L’intera casa era piena come se ci fosse una folla, totalmente piena zeppa di spiriti. Erano ammassati fino alla porta e l’aria era così spessa che facevo fatica a respirare”. Nelle tre notti successive Jung scrisse, come posseduto da queste entità, I Sette sermoni ai morti, un lavoro scritto in stile profetico, che presenta una cosmologia globale dell’universo materiale e mentale. Nei sermoni il mondo di tutte le cose create, la “creatura” emerge da una situazione precedente ancora indifferenziata, il “pleroma” e il libro stesso diventa una metafora dell’emergenza della coscienza dall’inconscio collettivo, e di quest’ultimo dallo “psicoide”, uno stato che precede la distinzione tra mente e materia.
Come la fisica moderna ha prodotto un mito della creazione della materia a partire dal vuoto indifferenziato o dal big bang primordiale così Jung ha creato una storia dell’origine della mente nell’universo.
I Sermoni sono importanti perché contengono, in forma simbolica, molto di quello che poi Jung avrebbe reso esplicito nelle ricerche e negli scritti successivi. Dalle sue ricerche risulta che la mente umana può essere scavata al di là dell’inconscio personale e che, ai suoi livelli più profondi, possiede una struttura ricca di forze dinamiche, configurazioni simmetriche e centri autonomi di energia. Andando ancora più in profondità si incontra il terreno comune da cui sono emersi sia la mente che la materia, un eco di quello che Kammerer definiva come: “un cordone ombelicale che connette pensiero, sentimenti, scienza e arte col grembo dell’universo che li ha generati”.
Che cosa è veramente successo a Jung durante questo periodo di rottura dell’equilibrio mentale? Dire che era pazzo non spiega nulla perché il suo viaggio nell’inconscio era tutt’altro che caotico anzi mostrava un consistente ordine interno. Il mondo che Jung aveva scoperto non era pazzo e senza senso ma talmente strutturato che lo psicologo fu in grado di ritornare alla superficie della ‘sanità normale’ portando con se delle profonde intuizioni e delle scoperte che formarono la base del suo lavoro successivo. Questa profonda trasformazione di Jung durante il suo viaggio nella ‘follia’ fu accompagnato da un certo numero di sincronicità, quali l’infestazione degli spiriti e il suono del campanello alla porta, sicuramente importanti per il futuro riconoscimento del fenomeno.
Wolfgang Pauli
Wolfgang Pauli era nato nel 1900 da una famiglia bene di Vienna. Suo padre era professore di biochimica all’università di Vienna e sua madre aveva ricevuto una educazione artistica. Da piccolo Pauli era bravo a scuola ma aveva paura delle favole. A diciott’anni si iscrisse all’università di Monaco dove, due anni più tardi incontrò Heisenberg.
Pauli poteva essere spietato nelle sue critiche perché aveva una visione profonda della fisica e la sua intuizione era in grado di cogliere immediatamente false tracce, argomenti insostanziali o errori di ipotesi. Per questa ragione il giovane studente venne soprannominato “la frusta di Dio” e “Il terribile Pauli”. Einstein stesso non rimase immune dalle sue critiche. Tuttavia quando il giovane produsse un libro rivista sulla teoria della relatività Einstein scrisse:
Nessuno che legga questo lavoro maturo, concepito con largo respiro, potrebbe credere che l’autore sia un uomo di 21 anni. Ci si chiede se ammirare di più la comprensione psicologica dello sviluppo delle idee, la sicurezza dell’esposizione matematica, la profonda intuizione fisica, o la sicurezza delle critiche.
Pauli divenne poi interessato alla teoria dei livelli atomici e ai tentativi di Niels Bohr di creare una teoria quantistica. Da studenti, Pauli e Heisenberg trascorsero molte ore insieme criticando le teorie esistenti e cercando nuovi approcci. Infatti successivamente Heisenberg scrisse che queste passeggiate furono i momenti più importanti dei suoi studi.
Quando, nel 1925, Heisenberg uscì con la sua teoria della meccanica quantistica, Pauli lo seguì, alcuni mesi dopo, con una teoria dell’atomo di idrogeno che convinse molti fisici che la meccanica quantistica era corretta. Solo recentemente è stata riconosciuta l’entità dei contributi significativi di Pauli alla nascita della nuova teoria quantistica.
Di tutti i contributi di Pauli alla fisica il più noto è il principio di esclusione (due elettroni non possono occupare lo stesso orbitale atomico a meno che non abbiano spin (rotazione) opposto), un principio quantistico che ha un notevole interesse per il concetto di sincronicità.
La sincronicità, come suggeriremo in questo testo, nasce dalla struttura di fondo che soggiace l’universo piuttosto che dal tira e molla della causalità che normalmente associamo agli eventi della natura. Per questa ragione la sincronicità chiamata da Jung un “principio di connessione acausale”, è esattamente quello che propone Pauli col suo principio di esclusione.
Pauli sostiene che a livello quantistico la natura è coinvolta in una danza astratta (senza alcuna causa materiale) e che tutte le particelle elementari possono essere divise in due gruppi, a seconda del tipo di danza che eseguono. Elettroni, protoni, neutroni e neutrini ecc. (fermioni) formano un gruppo che compie una danza antisimmetrica mentre, un altro gruppo di particelle quali i mesoni e i fotoni (bosoni), compiono una danza simmetrica.
Nel caso delle particelle antisimmetriche risulta che questa danza astratta ha l’effetto di tenere sempre separate le particelle con la stessa energia. Questa esclusione delle particelle dallo spazio di un’altra non è il risultato di nessuna forza, cioè non è un atto causale nel senso normale del termine, ma è il risultato di quel movimento astratto delle particelle prese nel loro insieme, che chiamiamo antisimmetria.
Quindi la struttura soggiacente della danza collettiva ha un effetto profondo sulle singole particelle. Per esempio è il principio di esclusione che fa sì che gli elettroni, in un atomo, si dispongano in una serie di livelli di energia che poi rende gli atomi distinguibili a livello chimico. Ed è il principio di Pauli, manifestato nella sua forma simmetrica, che è al lavoro nell’intensa luce coerente del laser e nei superconduttori.
Così il contributo più famoso di Pauli alla fisica è nella scoperta di una struttura astratta che si nasconde dietro la superficie della materia atomica e determina il suo comportamento in un modo non causale. E’ in questo senso che il principio di Pauli forma un parallelo con il principio di sincronicità.
Nonostante il suo interesse per la simmetria interiore, la vita di Pauli era caduta in un grave stato di disordine. Nel 1928, quando insegnava fisica teoretica a Zurigo, le sue lezioni erano confuse e la sua lingua critica diventava sempre più sarcastica e offensiva. Durante gli anni di questo insegnamento, la mamma di Pauli si avvelenò e lui sposò una cantante di cabaret che lo lasciò qualche settimana dopo. Da quel momento Pauli iniziò a bere pesantemente e a litigare anche nei locali pubblici. Molto vicino al crollo nervoso cercò un aiuto professionale e visitò lo studio di Jung. Le annotazioni segrete di Jung dicevano di questo paziente:
“E’ un uomo di cultura, unidirezionalmente intellettuale. Il suo inconscio si è confuso e attivato; così proietta sé stesso sugli altri uomini che gli appaiono essere nemici e lui si sente terribilmente solo perché sembra che tutti siano contro di lui..'”e ancora: “Ha vissuto in un modo unilateralmente intellettuale e naturalmente aveva certi desideri e anche bisogni. Ma non aveva nessuna chance con le donne, perché non era in grado di differenziare nessuna sensazione.
Così diventa pazzo con le donne e, naturalmente, queste non hanno pazienza con lui”. Jung scoprì che Pauli era totalmente pieno di idee e pensieri arcaici e, non volendo influenzare i suoi sogni e immagini, lo indirizzò da uno dei suoi studenti che lavorò con il fisico per i successivi cinque mesi. Nel suo studio dei tipi psicologici Jung dedusse che ogni persona è il risultato di un equilibrio tra polarità.
Nitamo Federico Montecucco