È uno dei monumenti più famosi del mondo, iconico, maestoso, antico. Ha ispirato e ammaliato generazioni e generazioni di persone di tutto il mondo eppure, pochi conoscono il mistero che ci cela dietro la sfinge egizia. Solitamente, a questo punto, gli egittologi smettono di leggere, eppure le prove che la sfinge non è egizia sono semplicemente incontestabili. Ma andiamo con ordine.
La sfinge viene solitamente collocata intorno al 2500 A.C. e la sua paternità a Chefren (Khafra). Questo dato viene riconosciuto bene o male da tutti gli studiosi, eppure qualcosa in questa ricostruzione non torna.
Per prima cosa, inviterei i lettori a cercare una foto della sfinge in cui però si veda nella sua interezza. Solitamente le foto che vediamo sono fatte o in prospettiva o dal basso verso l’altro e mai per l’intera struttura. La prima cosa che chiunque noterà a questo punto è la differenza abissale tra la testa e il corpo dell’opera. Non una differenza piccola o insignificante, bensì enorme, quasi ridicola.
Gli antichi egizi sono stati un popolo notoriamente molto abile nell’edilizia e nella costruzione di monumenti, vedi ad esempio Luxor o Abu Simbel. Opere talmente magnifiche e perfette nelle proporzioni che rende difficile credere ad un errore talmente grossolano ed evidente.
Ma, osservando la sfinge vi è una seconda particolarità che risalta immediatamente all’occhio. Si nota facilmente, infatti, una diversa colorazione delle pietre con cui è composta la testa dell’opera e il corpo. Tale differenza non è da imputare a diversi materiali bensì a diversi stadi di erosione.
Prendiamo per buono quindi l’assunto che la testa sia stata scolpita successivamente alla creazione dell’opera, andando a riscolpire la pietra già esistente per sostituirla con la forma del volto di un faraone.
In questo modo avremo la logica conseguenza che il capo, essendo stato appunto rimaneggiato, risulti più piccolo, in quanto parte della pietra è stata scolpita via per rimodellare la forma originaria.
Ciò ci porta anche ad avere un diverso stato di erosione sulla statua. Infatti, la pietra esterna che formava la testa originaria è stata tolta e quella interna rimodellata, pertanto quest’ultima non era a contatto con gli elementi naturali originariamente.
Ma a cosa dobbiamo questa erosione del corpo? Qui, si cela il primo grande mistero della sfinge. L’erosione presente sul corpo non è dovuta alla sabbia e al vento del deserto. Se così fosse anche la testa, sebbene riscolpita dovrebbe presentare segni tangibili di degrado visto che comunque sarebbe stata esposta agli elementi per migliaia di anni.
Peccato che, dopo diverse analisi, sia risultato che i segni sul corpo della statua ciclopica siano dovuti all’erosione da acqua e non da vento o sabbia. Sì, acqua. In pratica, i solchi presenti sull’opera sono dovuti ad intense ed incessanti piogge che hanno finito per scavare e rimodellare il corpo della sfinge.
Questo potrebbe sembrare strano visto il clima attuale dell’Egitto ma non dobbiamo cadere nel comune errore di credere che il clima sia sempre stato così. Sappiamo, infatti, che migliaia di anni fa, ambienti che ora sono desertici erano rigogliosi e viceversa. L’Egitto è proprio uno di questi esempi e, insieme a buona parte del nord Africa, in passato si presentava come un paesaggio florido e per nulla desertico, un paesaggio in cui piogge incessanti e frequenti erano la norma.
Ma quando l’Egitto possedeva effettivamente questo clima? Ed eccoci giunti al nodo della questione. Il territorio in cui risiede la sfinge era interessato da tali eventi atmosferici in un periodo che varia dal 7.000 al 10.500 A.C.
La nascita della civiltà egizia viene datata intorno al 3.000 3.500 A.C., ciò significa che la sfinge era già lì almeno 4.000 anni prima che nascessero gli egiziani.
Tutto ciò è incontrovertibile visti gli esperimenti e le analisi condotte sui solchi presenti sulla sfinge. Quando questo dato venne alla luce, sorprendendo molti ricercatori, vennero condotti anche altri esperimenti sulla famosa statua. Uno di questi, partendo dal presupposto che la sfinge fosse effettivamente al suo posto 12.000 anni fa, volle verificare la posizione delle stelle in quel periodo e confrontarle con l’opera. Come molti di voi sapranno, le costellazioni e le stelle ingenerale, col passare degli anni, dei secoli e dei millenni, sembrano spostarsi, apparendo in porzioni diversi di cielo. Tale “movimento”, essendo regolare, ci permette di ricostruire i cieli come dovevano apparire secoli o millenni fa.
Quando ciò venne provato in merito alla sfinge si scoprì che, intorno al 10.500 A.C., la costellazione del Leone sorgeva perfettamente a est dell’opera, facendo sì che vi fossero due leoni (uno in cielo e uno in terra) praticamente speculari.
A questo punto, va detto, che le prove sopraelencate portarono allo sdegno di egittologi e storici di tutto il mondo che rinegarono a priori ogni tentativo di non attribuire la sfinge agli egizi. Mi duole dire, da amante di storia, che gli studiosi della materia non sono nuovi a comportamenti del genere, basti pensare a come ridicolizzarono Schliemann quando disse di voler partire per cercare la città di Troia. Cosa che alla fine fece.
A parer mio, l’amore per un popolo, una cultura o un paese, non dovrebbe mai essere d’ostacolo per la verità. Amare l’Egitto e la sua storia millenaria non dovrebbe portare nessuno a negare le evidenze scientifiche, ma purtroppo non è così, almeno ad oggi.
Certamente, se si ammettesse l’inevitabile, la domanda successiva da porsi sarebbe: Ma allora chi ha costruito la sfinge?
Non ho una risposta a questo, ma il quesito è interessante e meriterebbe una vera e propria ricerca. Prima, però, dobbiamo prendere atto che del passato remoto della nostra specie non sappiamo quasi nulla. Ogni anno, nuovi reperti, siti, documenti, ci indicano che la storia umana non è affatto come l’abbiamo sempre studiata. Dobbiamo prendere atto che il passato, il nostro passato, è un libro antico e semi sconosciuto, di cui non abbiamo appena aperto la copertina.