Il finale non sarà una grande sorpresa per chi ha seguito tutte le puntate precedenti della storia, ma ormai è chiaro che quella trovata da BICEP2 non era la prova dell’esistenza di onde gravitazionali primordiali.
Per l’ufficialità e i dettagli tecnici bisognerà aspettare la settimana prossima, quando uscirà su Physical Review Letters l’articolo che riporta i risultati dell’analisi congiunta dei dati di BICEP2 e di Planck (aggiornamento: il preprint è già disponibile sulla pagina di BICEP), ma la conclusione è ormai di dominio pubblico (non si capisce quanto volontariamente, visto che oggi una pagina con l’annuncio è stata rimossa dopo essere circolata per qualche ora sul web).
Tirando le somme: quando a marzo dello scorso anno BICEP2 ha annunciato di aver misurato il segnale di polarizzazione nella radiazione cosmica di fondo ha ritenuto, sulla base dei dati disponibili e dei modelli teorici, che esso non potesse essere attribuito alla contaminazione della polvere della nostra galassia, e lo ha interpretato come causato da onde gravitazionali prodotte negli istanti iniziali dell’universo.
I dati di Planck raccolti nella stessa regione di cielo e analizzati in seguito hanno invece mostrato che l’emissione della polvere galattica è più che sufficiente a spiegare quanto osservato da BICEP2: se le onde gravitazionali ci sono, sono ben nascoste e per stanarle in futuro bisognerà guardare con maggiore accuratezza.
Insomma, alla fine ne sappiamo più di prima, il che è sicuramente un bene. Col senno di poi, però, si può dire con serenità che certi eccessi comunicativi (torna alla mente il video di Linde che stappa lo champagne) potevano essere evitati. Visto che la ricerca non finisce qui, al prossimo giro bisognerà stare più attenti.