È possibile che il nuovo paradigma invocato da Einstein e da tanti altri grandi scienziati per spiegare in termini classici la meccanica quantistica richieda di considerare la realtà come una grande mente che immagina l’universo?
“La scoperta della teoria quantistica ha posto alla scienza un nuovo compito: quello di scoprire una nuova base concettuale per tutta la fisica” (Albert Einstein)
Cominciamo questa storia un po’ da lontano, partendo da quelle posizioni filosofiche alla “Kant” che vedono la realtà indipendente da noi e inconoscibile alla nostra ragione. In pratica ciò che noi percepiamo non sarebbe la realtà com’è veramente ma piuttosto come la nostra mente è in grado di descriverla con le sue forme “a priori”. Si tratta giustappunto di teorie filosofiche, e come tali non poggiano su dimostrazioni rigorose.
Allora cambiamo il nostro punto di vista e assumiamo quello ben più affidabile della scienza e chiediamoci se la posizione di Kant sia dimostrabile. Ad una prima analisi ciò che sappiamo oggi sul funzionamento del cervello sembrerebbe avvalorare la suddetta tesi, in quanto tutto quello che sperimentiamo della vita, e quindi del mondo interno ed esterno a noi, è sempre e comunque riconducibile agli impulsi nervosi che la nostra mente elabora e trasforma nelle nostre percezioni coscienti. In questi termini quando annusiamo un fiore, quello che conosciamo non è realmente il profumo di quel fiore, ma la percezione che la nostra mente crea in risposta agli impulsi nervosi generati dal senso olfattivo.
Kant aveva dunque ragione? La realtà esterna alla mente è veramente indipendente da noi, e non potremo mai conoscerla?
Ebbene, e questo potrebbe sorprendere alcuni, la risposta è no, un secco no. Le ragioni di questa risposta sono varie e molteplici, e non appartengono al regno vago delle teorie filosofiche bensì al mondo concreto della scienza perché chiama in causa fenomeni osservabili e ripetibili.
Per esempio è un fatto osservabile e ripetibile che gli esseri viventi, e in primis noi esseri umani, sappiamo interagire con la realtà, e quindi sappiamo come procurarci il cibo, come evitare i pericoli, come curare le nostre ferite e via discorrendo. Questa mia affermazione è di una banalità disarmante, e questo in effetti vuole essere, perché di fatto niente è più banale di una verità che abbiamo sotto gli occhi da quando siamo nati. Non lasciamoci quindi ingannare dall’apparente semplicità di questo discorso e traiamone le corrette conseguenze logiche.
Come può essere che la nostra mente ci permetta di sopravvivere a contatto con la realtà, se questi due mondi fossero realmente disgiunti e senza alcun legame tra loro? L’unica spiegazione possibile è che il funzionamento della realtà si sposi piuttosto bene con quello della mente umana.
Ma soffermiamoci adesso su un aspetto più specifico che chiama in causa i fondamenti stessi della logica. Quando gli scienziati si relazionano con la realtà c’è sempre una caratteristica che non possono fare a meno di riconoscerle, ed è quella di essere coerente, intendendo con ciò l’impossibilità che possa esistere al suo interno qualcosa che risulti contraddittorio alla nostra mente. Così se per la nostra mente risulta contraddittorio che un oggetto possa muoversi nello stesso istante in due direzioni opposte, possiamo essere certi che neppure nella realtà un simile evento potrà aver luogo. Ebbene, ed è qui la domanda a cui ciascuno di noi dovrebbe cercare di rispondere, se davvero la mente e la realtà fossero due mondi disgiunti, perché mai un oggetto concreto ed esistente dovrebbe essere impossibilitato ad andare nello stesso istante in due direzioni opposte? D’accordo la mente umana non è neppure in grado di concepire una simile eventualità, ma per l’appunto questo è un limite della mente umana, e non vi è alcun motivo che debba essere un limite anche per la realtà, sempre che siano veramente due mondi disgiunti e senza alcun legame tra loro.
Il fatto che la logica funzioni, e si dimostra di funzionare piuttosto bene visto che è alla base di tutta la scienza e di tutta la tecnologia che ci circonda, è nei fatti un’ulteriore prova inconfutabile del profondo legame tra il funzionamento della mente e quello della realtà.
Ma compiamo un altro passo in avanti, in questo caso decisivo per comprendere come stiano veramente le cose. Anche questa volta porremo la nostra attenzione su un fenomeno osservabile e ripetibile, tenendoci ben distanti da ipotesi astratte dal vago sapore filosofico. Mi riferisco alla nostra capacità di immaginare un universo che dal punto di vista qualitativo sia del tutto simile a quello nel quale viviamo. Se trascuriamo i limiti quantitativi della nostra mente e quindi la nostra incapacità di immaginare un universo completo in tutti i suoi dettagli, ecco che potremo ricreare nella nostra fantasia intere galassie, stelle, pianeti ed esseri viventi. Niente paura, anche in questo caso sono ben consapevole di affermare qualcosa di estremamente banale, ma ancora una volta siamo di fronte a una banalità dalle conseguente sconcertanti.
Per capire a cosa mi riferisco dobbiamo provare a pensare all’immaginazione in modo imparziale, come se non l’avessimo mai posseduta e ne avessimo soltanto sentito parlare. Se così fosse dubiteremmo certamente della sua esistenza, convinti che non possa esistere al mondo niente di più straordinario di qualcosa che sia in grado di simulare l’intero universo.
E in effetti è davvero straordinario constatare come qualcosa di così semplice e banale come quello che siamo in grado di immaginare, possa funzionare come l’intero mondo della nostra esperienza sensibile. Come è facile da intuire, che la mente umana possa creare delle “cose” che funzionano nello stesso identico modo di quelle che crea la realtà è un fatto che non può essere etichettato come banale coincidenza, nè esaurirsi con un semplice moto di sorpresa o sconcerto, ma è qualcosa che rimanda a profonde e inesplorate implicazioni. Nel nostro caso queste implicazioni costituiscono proprio il punto d’arrivo del discorso che siamo venuti facendo. In pratica possiamo affermare che se la mente e la realtà non sono due mondi totalmente estranei tra loro è proprio perché posseggono il medesimo funzionamento creativo.
In questi termini il rapporto tra la mente e la realtà è come quello che intercorre tra due persone che parlano la stessa lingua: possono usarla per esprimere concetti differenti senza che ciò impedisca loro di continuare a capirsi. E questo è esattamente quello che avviene tra la nostra mente e la realtà, le quali pur dotate dello stesso funzionamento creativo lo impiegano per diversi fini: la realtà per creare un universo che in ogni momento sia regolato da precise leggi fisiche, la nostra mente per creare i nostri pensieri, i nostri ricordi, le nostre emozioni, insomma tutto quello che ci serve per svolgere le nostre attività quotidiane.
Ecco finalmente spiegata la ragione del perché la nostra mente, pur disgiunta dal resto della realtà e a tutt’altre faccende affaccendata, risulta comunque in grado di farci interagire con l’ambiente esterno. È un discorso davvero affascinante, e come ogni cosa che abbia davvero fascino, non è fine a se stesso. E infatti posso annunciare con estrema serietà che, per quanto possa sembrare inverosimile, l’equivalenza creativa tra la mente e la realtà conduce proprio a quella nuova base concettuale così strenuamente invocata da Einstein e da tanti altri grandi scienziati.
Non è dunque un caso che servendomi di questa equivalenza io sia riuscito non solo a spiegare in termini classici la meccanica quantistica ma sia di fatto stato capace di fornire una soluzione ai principali misteri dell’universo, non ultimo quello dell’esistenza di Dio.
D’Alfonso Nicola
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