Il percorso storico dell’astronomo Claudio Tolomeo, il geocentrismo e le sue “previsioni astrologiche”.
Fu la versione araba del nome greco, poiché tale era la sua esposizione iniziale, a renderlo famoso: L’Almagesto, in arabo “il grandissimo”, è certo per importanza e implicazioni una delle opere più famose dell’antichità.
Ed è per merito di questo trattato astronomico che conosciamo Claudio Tolomeo (100 d.C. – 175 d.C.), opera di sicuro pregio speculativo sulla quale si basò per più di un millennio la concezione dell’universo conosciuto, inteso questo come cinematica e collocazione spaziale dei pianeti nello spartito del sistema solare, Sole compreso.
La teoria geocentrica, forse meglio nota come concezione aristotelico-tolemaica, a onor del vero storico risultò essere postuma a una antecedente formulazione, sempre di carattere speculativo e interpretativo, prodotta dal pensiero di Aristarco di Samo il quale, ben quattro secoli prima, aveva visto nell’eliocentrismo la giusta spiegazione della struttura del sistema solare (eliocentrismo che venne in seguito confermato da Seleuco di Seleucia). La feroce antitesi tra le due vedute avrebbe condizionato gli eventi storici per molti secoli a venire.
Tolomeo astronomo e astrologo
Ma Tolomeo non era solo astronomo, era anche astrologo, e in questa veste diede la paternità a un testo, vero e proprio mattone fondatore e documento di riferimento per i seguaci dell’antica arte dei Caldei: ebbene, il Tetrabiblos, ovvero i quattro libri sulle “previsioni astrologiche”, era per l’appunto una sorta di “quadrivio” scritto nel II secolo d.C., considerato termine essenziale dell’astrologia tropica.
Opera meravigliosa questa che, se da un lato non nega i legami con le derivazioni di carattere interpretativo derivate dall’antica scuola misterica babilonese e dall’antica scuola divinatoria egiziana, dall’altro non nasconde sottese ispirazioni alle dottrine pitagoriche attraverso le quali ne media le conclusioni tendenzialmente più esoteriche.
Della vita di Tolomeo poco si sa, oltre al fatto che fu impegnato nella sua attività scientifica ad Alessandria d’Egitto per circa quarant’anni.
La prima opera, che è anche la maggiore e quella che esercitò la più grande influenza, venne chiamata da Claudio Sintassi matematica: secondo quanto in essa affermato i cieli sono sferici e ruotano verso occidente compiendo un giro ogni giorno attorno ai poli celesti. Sempre nella stessa Tolomeo trattò i modelli planetari dal punto di vista geometrico: i vari circoli che formavano le parti di ogni modello altro non erano che linee matematiche, tracciate presumibilmente su superfici sferiche. Tolomeo però non prese in considerazione l’esistenza fisica di queste sfere, limitandosi a tracciare le linee circolari.
In un’opera successiva, le Ipotesi planetarie, il suo punto di vista mutò radicalmente: le superfici sferiche acquistarono una realtà tangibile. Il limite estremo dell’universo concreto era costituito dalla reale superficie delle stelle fisse, a una distanza di 20.000 raggi terrestri dalla Terra immobile, posta al centro di questa sfera finita. Il primo e più importante limite interno a questa sfera (a una distanza di 33 raggi terrestri dalla Terra) confinava nella zona sublunare le creature mortali legate al globo terracqueo.
Nella zona translunare, compresa tra i 33 e i 20.000 raggi terrestri, le sfere dei sette pianeti ruotavano continuamente senza attrito e senza lasciare alcuno spazio vuoto. «In natura, il vuoto, o qualsiasi cosa senza un significato e senza uno scopo, è inconcepibile», amava sentenziare. Al limite esterno della sfera composta dalla Luna, a 64 raggi terrestri, comincia la sfera di Mercurio che finisce a 166 raggi terrestri, dove comincia la sfera di Venere.
In questa maniera, secondo lo schema “atlantideo”, l’esterno, o la superficie convessa, della sfera di ogni pianeta coincideva con il confine interno, o superficie concava, del pianeta successivo, e così fino alla superficie convessa di Saturno la quale confinava con la sfera delle stelle fisse (il Sole era posto, secondo tale schema, nell’orbitale posto tra Venere e Marte).
Tolomeo e l’idea di un cosmo privo di vuoto
Possiamo facilmente evincere da quanto poc’anzi esposto come, nell’idea cosmologica di Tolomeo, non fosse presente il vuoto. Ogni pianeta possiede una “forza vitale” che ne promuove il movimento insieme agli oggetti ad esso legati: è il pianeta stesso a mantenere in moto la sua sfera eccentrica a raggio deferente. Un’altra opera importante, l’Analemma, della cui versione originale greca rimangono pochi frammenti, ma che venne tradotta in latino quando la stessa era ancora integra, sottoscrive come la posizione del Sole nel cielo può essere definita in qualsiasi ora del giorno e a qualsiasi latitudine geografica, come la base per la costruzione di una meridiana.
Brevemente, il metodo consiste nella proiezione ortogonale dei punti e degli archi della sfera celeste sopra tre piani fissi perpendicolari fra loro: il meridiano, l’orizzonte e il piano verticale. Gli angoli risultanti potevano essere letti dallo strumento con un procedimento simile a quello usato oggi in nomografia. Come abbiamo già visto in esordio, il Tetrabiblos, rappresenta il suo trattato sistematico e sistemico di astrologia: attraverso di esso Tolomeo sottolinea la facoltà che l’astronomia possiede di “prevedere” i movimenti futuri dei corpi celesti.
Partendo dall’innegabile potere che il calore solare ha di far crescere i raccolti e dagli effetti esercitati dal moto lunare sul flusso e il riflusso delle maree terrestri, Claudio concordò con gli antichi “colleghi” egizi che «la causa degli eventi, generali e particolari, è da ricercarsi nel moto dei pianeti, del Sole e della Luna».
Pensava ed era convinto di essere stato il primo a fondare un’astrologia scientifica su sicure fondamenta matematiche e astronomiche, liberandola dalle superstizioni popolari, dalla ritualità mistica e dalle pratiche magico-occultistiche. Forse cercava solamente, con un atto al contempo illuso e disilluso, di riscattare una disciplina da sempre fascinosa ma pur sempre vista con diffidenza, rendendola scevra da qualsivoglia critica di ordine epistemico e ontologico. Una sorta di atto catartico il suo, liberatorio, che cercò di emendare con un gesto solenne le colpe cumulative di una disciplina perseguitata.
Tolomeo e Galileo e l’astrologia come arte di comprensione dell’universo
Davvero singolare e certo non privo di stupore, il constatare quanto i due fautori più celebri di discipline antitetiche quali eliocentrismo e geocentrismo, Galileo (e Aristarco di Samo) da una parte, Tolomeo (e Aristotele) dall’altra, fossero accomunati da un interesse, una passione, più vivo e fulgido che mai: quello dell’astrologia, vista e concepita questa come metodologia di studio dell’uomo ben distante dalla “cialtrona ciarlataneria” di insulsi prestigiatori, ma vicina e affine a una vera arte di comprensione dell’universo e del creato.
Emanuele Cangini
scienzaeconoscenza.it