A proposito della cosiddetta ed ormai famosissima “Profezia Maya” del 21 Dicembre 2012, avente ad oggetto una pretesa, e mai provata, fine del mondo, vale la pena di approfondire le motivazioni oggettive, e non certo soggettive, a supporto, che hanno portato alla formulazione di tale catastrofico assunto.
Non si tratta di un inutile e sterile esercizio retorico, bensì della dimostrazione di come taluni argomenti vengano a volte attaccati ed analizzati a 360 gradi, trovando anche il classico “pelo nell’uovo”, mentre altri, come nel caso di detta “profezia” ormai “in scadenza”, vengano più o meno tacitamente condivisi ed accettati, e, come se niente fosse, non commentati e trascurati da gran parte del mondo archeologico pur in presenza di scarse, se non scarsissime argomentazioni probatorie a supporto.
Sembra di ripercorrere la vicenda dell’attribuzione della maggiore piramide di Giza, in Egitto, al faraone Cheope; le prove di tale assunto, a fronte di decine di obiezioni ormai sempre più inspiegabili senza l’ausilio di veri e propri “contorsionismi retorico – archeologici”, consistono nel racconto dello storico Greco Erodoto (vissuto 2.000 anni dopo la data tradizionalmente riconosciuta per l’edificazione di detto colosso) ed in una iscrizione, peraltro rinvenuta solo in un luogo della grande piramide, che attribuisce l’edificio al faraone.
Unico problema è che tale iscrizione è grammaticalmente errata; provate ad immaginare cosa sarebbe successo se si fosse scoperto che un’iscrizione contenente il nome del faraone, considerato una vera e propria divinità, era stata sbagliata. Un qualcosa di inconcepibile, tanto da convincere i più che sia stata realizzata in epoca molto più tarda.
Basta così: altre prove non ce ne sono. Eppure l’archeologia tradizionale non ha dubbi. Le piramidi di Giza sono state edificate dai faraoni. Ebbene, con una metodologia molto simile, si è arrivati a “tollerare”, se non ad appoggiare esplicitamente, la cosiddetta profezia Maya del 21 Dicembre 2012, con tanto di catastrofismi ed allarmismi, e con smentite molto velate se non addirittura assenti.
Profezia Maya, fine del mondo?
Sembra incredibile, ma di fine del mondo i Maya non parlano mai, in nessuna iscrizione, in nessun disegno, in nessuna tradizione orale, e sinceramente non si riesce a capire quale sia stato anche in questo caso, come per la vicenda della piramide di Cheope testè citata, il parametro adottato per evitare la consueta mannaia censoria che solitamente affossa ogni tentativo di interpretare le scoperte archeologiche più innovative.
Dunque, tale presunta profezia Maya fa un tantino sorridere, e ne riparleremo il 22 Dicembre quando, con le solite ineffabili motivazioni dal volto bronzeo, ci verrà detto che non avevamo capito, che la profezia era sbagliata di qualche anno, che è meglio studiare altro e che il pensiero dei Maya forse era stato un tantino travisato. Tempo qualche giorno e su questa profezia, di cui ormai si parla da anni ed anni, calerà un silenzio quasi tombale. Un po’ come la vicenda delle quartine di Nostradamus, famosissime fino a qualche anno fa e prese per oro colato finché non si verificò un errore clamoroso che ne decretò il tragico oblio, una sorta di “damnatio memoriae”.
A fronte di una catastrofica profezia che i soliti esperti avevano interpretato come ineluttabile, non accadde assolutamente nulla. Da allora, tanto automaticamente quanto incredibilmente, di Nostradamus non parla praticamente più nessuno, quasi si trattasse di un fenomeno o di una moda non più in voga o come se, sul famoso personaggio, fosse calata una improvvisa e drammatica sordina.
Eppure Vi assicuro che si trattava di un vero e proprio tormentone: chi è nato negli anni ’60 e ’70 conosce benissimo tale personaggio, il cui nome completo è Michel de Notre Dame, o Nostradamus appunto, vissuto nel sedicesimo secolo, astrologo, farmacista e scrittore, di nazionalità Francese ed autore delle Profezie, raccolte, in rima, in gruppi di un centinaio di quartine per volta. Un solo grave errore gli è stato fatale.
Ma entrando nel merito della vicenda del 21 Dicembre prossimo, che ci interessa proprio per dimostrare come l’analisi delle prove e dei riscontri vada fatto sempre, e non solo in certi casi, ove proviate a studiare le motivazioni scientifiche ed archeologiche di sostegno a detta presunta profezia di fine 2012, restereste allibiti: innanzitutto i Maya, che ancora oggi discendono direttamente da quell’antico popolo, non ne sanno assolutamente niente, e sono persone molto attente alle proprie tradizioni. Addirittura restano a propria volta allibiti quando sentono parlare di fine del mondo.
Basterebbe già questo, ma andiamo avanti. La profezia è stata “desunta ed interpretata” da una poco leggibile frase incisa su una lapide, frantumata in più parti, e scolpita nel 600 circa dopo Cristo, a Tortuguèro in Messico, nello Stato di Tabasco; in essa si afferma che finirà un ciclo in una determinata data. Detto ciclo altro non è che la fine del calendario, come da noi accade il 31 Dicembre di ogni anno. Solo che per i Maya i cicli erano più lunghi ed esistevano vari calendari. Ma di fine del mondo, statene certi, non ne parla nessuno, e men che meno l’iscrizione.
L’incisione risale ad un periodo della storia Maya ormai recente e ben circoscritto ai soli anni del VII° secolo dopo Cristo; possibile che i Maya “precedenti” non ne sapessero nulla al pari dei loro discendenti, che fino ad oggi non ne hanno fatto più parola ? Strano davvero che un argomento così importante come la fine del mondo sia stato circoscritto ad una lapide rotta in più punti e localizzata temporalmente al solo 600.
È credibile che i tantissimi popoli venuti a contatto con i Maya, tra cui Toltechi ed Aztechi, non ne abbiano più saputo, e quindi tramandato, assolutamente nulla? Certamente no. Ma ciò che lascia interdetti e che, come si suol dire, “taglia la testa al toro” è la vicenda dell’individuazione della data nel 21 Dicembre 2012.
Ovviamente i Maya usano ed usavano uno, anzi, vari calendari molto diversi dal nostro. La “correlazione di data” tra i calendari Maya ed il nostro viene effettuata con un sistema che di scientifico ha davvero ben poco e la prova consiste nel fatto che di tali “correlazioni” ne sono state elaborate così tante (decine e decine, tutte ovviamente diverse tra loro), e tutte collegate a fatti o ad eventi più o meno mitici, da aver creato una confusione, o meglio una specie di caos, davvero notevole.
Non esiste un solo avvenimento grazie al quale sia possibile stabilire un riscontro, o una correlazione di date appunto, tra calendari Maya e calendario da noi utilizzato che possa fregiarsi di una qualche specie di incontestabilità. Si è anche detto, da più parti, che i Maya sapessero prevedere le eclissi di sole con precisione millimetrica; anche questo è inesatto in quanto tale Popolo si è limitato a stabilire un criterio di massima secondo cui, solo grazie al verificarsi di determinate condizioni sarebbe stato conseguentemente possibile prevedere un’eclissi. Ma, si badi bene, non hanno mai scritto che in una determinata data XXX, cosa che ci avrebbe davvero permesso di raffrontare i vari calendari, si sarebbe verificato il tale evento, o meglio la tale eclissi.
Da tutto ciò deriva che la data del 21 Dicembre 2012 è stata “elaborata” e non certo ricavata con precisione.
Alla luce di tutto ciò, come mai non si è provveduto da subito ad analizzare i fatti come abbiamo fatto in queste pagine? Ecco perché affermiamo che se l’archeologia deve essere sempre e solo scienza esatta, lo sia sempre, e non solo a volte. Ma vi rimando ben volentieri al 22 Dicembre di quest’anno, affinché possiate valutare voi chi aveva ragione. State pur certi che dal 22 Dicembre nessuno parlerà più di fine del mondo, almeno per qualche mese.
Sarà interessante rileggere tutte le teorie catastrofiste e fantascientifiche elaborate in questi mesi, anzi, in questi anni. Personalmente ho avuto la fortuna di poter parlare, in Germania, con un discendente di quell’antico popolo; mi ha confermato che di fine del mondo i Maya non hanno mai parlato. Anzi, la fine del ciclo di un calendario presuppone una grande festa, in quanto inizia un nuovo ciclo e non certo un nuovo Mondo. È tempo che l’archeologia diventi finalmente “reale o realistica”, superando un tradizionalismo che comincia a dare evidenti segnali di stanchezza, soprattutto a fronte di scoperte e di Teorie sempre più innovative e sempre meno attaccabili da chi rifiuti a priori ogni novità.
Evitare a tutti i costi di analizzare nuovi fatti e nuove prove arroccandosi dietro posizioni ormai indifendibili è deleterio per tutti. L’archeologia “realistica” va basata su fatti certi, su dati verificabili da tutti e su una logica che eviti di sfociare nell’assurdo. Dato che su moltissimi episodi o eventi della storia è estremamente difficile, se non quasi impossibile, avere prove certe, è fondamentale che dati e fatti, combinati ed uniti in una sorta di amalgama alla logica più granitica, possano sopperire alle prove mancanti.
Comprendo la chiusura di chi voglia solo prove concrete e la rispetto, ci mancherebbe altro: solo che laddove la logica unita a dati e fatti, pur in mancanza di prove certe, cominci a farci debordare pericolosamente verso il baratro dell’assurdo ove ignorata totalmente, l’archeologia realistica potrà essere ben d’aiuto all’archeologia tradizionale, dal momento che, restando comunque agganciata ai fatti e ad una logica ferrea appunto, eviterà il proliferare di una dannosa sorta di archeologia “soggettivistica”, spesso basata su vere e proprie supposizioni, a volte bizzarre per davvero, da evitare assolutamente in quanto nulla hanno a che fare né con la Storia né con l’Archeologia.
Fabio Garuti