NICER a caccia di stelle di neutroni

NICER a caccia di stelle di neutroni
stella di neutroni
Crediti: Casey Reed – Penn State University (Wikimedia Commons)

di Sara Turriziani (scientificast.it)

Le hanno soprannominate simpaticamente gli zombi del cosmo. Sono le stelle di neutroni, residui lasciati dalla morte di stelle molto più massicce del Sole che, terminato il combustibile nucleare, collassano inesorabilmente per la loro stessa gravità, originando un particolare tipo di supernova – ve ne avevamo parlato.

Perché zombi? Una stella di neutroni brilla anche se è tecnicamente “morta”, nel senso che al suo interno non avvengono nuovi processi di generazione di energia: essa, infatti, irradia a causa della sua temperatura superficiale estremamente alta, residuo della sua formazione in seguito a un’esplosione di supernova, e a causa della presenza di campi magnetici stellari divenuti particolarmente intensi, proprio in seguito al collasso gravitazionale. Inoltre, occasionalmente, una stella di neutroni si appropria del materiale di un’altra stella, se questa si trova a passare abbastanza vicina.

Si tratta di oggetti molto peculiari, in cui la materia si trova in uno stato così denso e sottoposto a pressioni estremamente elevate che non siamo in grado di riprodurre nei laboratori sulla Terra. Gli scienziati ipotizzano che in queste condizioni la materia si comporti in maniera nettamente diversa da quella “ordinaria”, da cui il nome materia “esotica”, e hanno sviluppato diversi modelli teorici per descriverla. Per darvi un’idea, un cucchiaino di stella di neutroni peserebbe un migliaio di milioni di tonnellate sulla Terra!

Per studiare in dettaglio le caratteristiche della materia in condizioni così estreme e mettere alla prova i modelli teorici proposti finora, la NASA ha appena lanciato la missione NICER – Neutron-star Interior Composition Explorer. Partita alla volta della Stazione Spaziale Internazionale il 3 giugno 2017, a bordo del Cargo CRS-11, il primo in cui viene ri-usata una capsula Dragon. Lanciata nello spazio da un razzo Falcon 9 della Space X, la capsula Dragon ha raggiunto la stazione spaziale ed è stata agganciata dal braccio robotico il 5 giugno. La missione NICER è ora in attesa di essere estratta dalla capsula (11 giugno) per essere finalmente installata sul modulo ELC – ExPRESS Logistics Carrier – e diventare operativa il 13 giugno.

Al centro uno specchio per misurare i raggi X della missione NICER, a destra e sinistra due moduli ottici. (immagine della NASA)

La missione utilizza specchi a incidenza radente per misurare l’emissione delle sorgenti cosmiche nella banda X, specchi di cui vi avevamo parlato. Grande poco più di un frigorifero, NICER ha ben 56 moduli ottici, a ciascuno dei quali è associato un rivelatore al silicio raffreddato a -60°C, in grado di misurare con estrema precisione energia e tempo di arrivo dei fotoni X. La configurazione modulare è stata scelta proprio perché permette di raggiungere una risoluzione temporale e spettroscopica ideale per misurare l’emissione delle stelle di neutroni nei raggi X “soffici”, ossia tra 0.2 e 12 keV. Ciascun modulo ottico è composto a sua volta da una serie di 24 specchi sottili e leggeri, nidificati uno dentro l’altro, in modo da aumentare l’area in grado di focalizzare i fotoni X sul rilevatore.

Ma che cosa possiamo effettivamente scoprire misurando la radiazione nella banda X proveniente dalla stelle di neutroni? Una stella di neutroni emette su tutto lo spettro elettromagnetico, ma nella banda X avvengono fenomeni fisici particolarmente interessanti, che permettono di sondare le condizioni della materia all’interno della stella stessa. Tra questi si annoverano, per esempio, le esplosioni termonucleari, generate quando si accumula sulla superficie della stella di neutroni abbastanza materiale strappato da una stella che le orbita vicino in un sistema binario; inoltre, movimenti sussultori sulla superficie, analoghi ai terremoti sulla Terra, generando onde sismiche particolarmente energetiche che emettono nelle bande X e gamma. Le osservazioni di NICER ci forniranno anche misure più accurate della massa e del raggio delle stelle di neutroni. Inoltre, lo strumento può essere usato per studiare altre sorgenti note emettere nella banda X, come galassie e buchi neri.

In realtà, i contributi di NICER non finiscono qui, ma la possiamo definire una missione “2 in 1”, perché si propone anche di dimostrare la fattibilità di una nuova tecnica di navigazione spaziale chiamata XNAV – X-ray Navigation – facendo uso delle pulsar. Le pulsar sono stelle di neutroni rotanti che possiamo immaginare come una sorta di fari cosmici: in pratica, una pulsar emette radiazione dai suoi poli magnetici, per cui, quando durante una rotazione questa radiazione punta nella nostra direzione, dà origine a un segnale breve e intenso che si ripete periodicamente, detto emissione “pulsata”. La velocità di rotazione delle pulsar tende a rallentare nel tempo e si è visto che i pulsatori più stabili sono le cosiddette pulsar a millisecondo, ovvere delle trottole spaziali velocissime, che, come suggerisce il nome, compiono un giro ogni millisecondo.

La regolarità di queste pulsazioni è tale che possiamo considerare questi oggetti dei veri e propri orologi cosmici e tra le altre cose NICER si propone di misurare la stabilità della loro rotazione su tempi scala lunghi, ossia mesi e anni. Tutto sicuramente interessante, ma cosa c’entra questo con la navigazione spaziale? Per secoli, i marinai hanno solcato gli oceani della Terra utilizzando un sestante per navigare in base alle posizioni delle stelle nel cielo. Poi sono arrivati i radar e il GPS. Immaginate ora una futura missione spaziale che naviga verso Marte e oltre sfruttando come riferimento i segnali ricevuti dalle pulsar. Fantascienza, forse? Alla NASA pensano di no, per cui hanno deciso di implementare nella missione NICER anche il progetto SEXTANT – Station Explorer for X-ray Timing and Navigation Technology.

L’obiettivo è verificare per la prima volta l’affidabilità di alcuni algoritmi di navigazione che calcolano la posizione del satellite basandosi sui tempi di arrivo dei fotoni X emessi dalle pulsar: in pratica, l’idea è di usare le pulsar come analoghi degli orologi atomici che si usano per il GPS. Questa tecnologia è in fase di sviluppo ma potenzialmente rivoluzionaria nell’ambito dell’esplorazione del cosmo: infatti, una missione spaziale interplanetaria, in grado di sfruttare un simile sistema di navigazione, sarebbe in grado di calcolare la sua posizione in maniera autonoma, indipendentemente dal DSN – Deep Space Network – che permette attualmente alla NASA di osservare e comunicare con i satelliti interplanetari. Il DSN, pur essendo il sistema di telecomunicazioni più sensibile al mondo, ha lo svantaggio di essere un sistema Terra-centrico, come l’universo tolemaico o lo stesso GPS, per cui le soluzioni di navigazione proposte dal DSN diventano sempre meno precise man mano che ci si allontana verso i confini del sistema solare. Un ulteriore vantaggio dato dall’uso delle pulsar in banda X sta nel fatto che è possibile costruire telescopi X molto più leggeri e compatti rispetto alle antenne radio usate per le telecomunicazioni.

In conclusione, NICER è una missione davvero promettente. Rimanete pertanto sintonizzati su Scientificast per aggiornamenti sui futuri risultati!

Bibliografia:
nasa.gov
nasa.gov
gameon.nasa.gov
ntrs.nasa.gov