Nel segno dell’arte: Leonardo e i Maestri Sordi

Vergine delle Rocce (Louvre)
Nell’immagine: particolare delle mani della prima versione della Vergine delle Rocce. Dipinto a olio su tavola trasportato su tela (199×122 cm) di Leonardo da Vinci, databile al 1483-1486 e conservato al Musée du Louvre di Parigi.

Leonardo riserva sorprese in ogni aspetto delle sue creazioni: rappresentazioni dell’inconscio collettivo, radicate nella misteriosa simbologia medioevale, ma proiettate dall’intelletto in un futuro che tale ancora rimane anche per noi. Qui si racconta come, in particolare dal 1842 durante e dopo il suo periodo milanese, si possano “vedere le voci” delle figure umane e divine dei suoi dipinti, quali: la Vergine delle rocce, il Cenacolo e la Gioconda, e come abbiano appreso a parlare.

Nel 1486 Leonardo da Vinci dipinge “La Vergine delle Rocce” in collaborazione con i fratelli de Predis, tra i quali operava il miniaturista sordo Cristoforo. E la firma in Lingua dei Segni: linguaggio universale di remotissime origini. Uno studioso americano, Joseph Castronovo recentemente scomparso, sostiene che la mano sinistra della Vergine segna l’iniziale allo specchio del mancino Leonardo, la destra dell’Arcangelo Uriel ha la configurazione “D” di “Da” e quella del Salvatore segna la “V” di Vinci.

Insieme compongono le iniziali dell’autore in dattilologia moderna: L.D.V. Seguendo tale ipotesi potremmo ancora immaginare un livello di comunicazione più profondo, direttamente derivante dalla traslitterazione delle iniziali in: “Lex Dei Vincit”, come chiave di lettura del dialogo tra i personaggi del quadro. Giacché questi comunicano tra di loro con la postura del corpo e l’espressione del viso, ma le inequivocabili parole di tale messaggio, criptate in dattilologia ed espresse in lingua dei segni, sono affidate alle mani.

La mano destra della Vergine sulla spalla del piccolo Giovanni Battista lo incoraggia, inclinando il corpo verso suo figlio, a preparare la via del Salvatore sulla terra. La sua mano sinistra configurata nella parola segno “Bambino”, poco sopra il grembo illuminato, si tende a proteggerlo: «Questo bimbo è frutto del mio grembo e del Santo Spirito. E il mio amore veglierà sul compimento del suo destino terreno». E amore e tenerezza esprimono anche i suoi occhi rivolti verso il basso, insieme a dolore.Tra la sua mano protettrice e il capo di Yešu si frappone, infatti, nell’indice teso di Uriel, il Disegno di Dio sulla terra: terribile per una madre.

Uriel, “luce di Dio”, misteriosa figura di Angelo del giudizio, seduto sulla destra rappresenta il regno dei cieli, gli occhi di Dio sul mondo. La sua mano sinistra sostiene il piccolo Yešu «questo bimbo appartiene al cielo», afferma, mentre i suoi occhi rivolti all’orizzonte dell’universo osservante, e la mano destra a indicare il Battista ci raccontano: «Per salvarli, il Padre suo lo ha inviato tra gli uomini, ecco colui che lo annuncerà!».

Il piccolo Giovanni inginocchiato, nell’adorazione dovuta al Divino, e proteso verso il Cristo con le mani giunte in preghiera, conferma le parole dell’Arcangelo e dichiara la sua fede: «Sì, io riconosco in te, Uomo e Dio, il Messia, a Te rivolgo la mia preghiera di salvezza per tutta l’umanità». Yešu, appoggiato con la mano sinistra alla madre terra, e attratto verso il cielo da Uriel, gli risponde con la mano benedicente: «Io vero uomo e vero Dio, nel nome del Padre mio, in verità ti dico che la tua fede vincerà».

Osservando l’opera nel suo insieme possiamo intendere, finalmente, un estremo livello di rappresentazione simbolica. Una luce intensa, la luce della creazione, proviene dall’orizzonte e ne sfuma il profilo, all’inizio di un aspro percorso in un paesaggio di sublime scenografia “dantesca”: nell’oscurità e nella sofferenza che hanno accompagnato, attraverso acque e rocciose asperità, il cammino dell’umanità prima del Cristo. Nell’intensa musicalità ritmata sugli elementi del paesaggio, ora una nuova luce, proveniente dal futuro, illumina le figure di primo piano in un ambiente vitale, ricco di essenze vegetali, tanto minuziosamente rappresentate da evocare gli aromi della terra fertile.

È la luce della salvezza: sulla stretta via dell’estremo sacrificio aperta tra le rocce di un precipizio, sul bordo del quale appare seduto Yešu. In questo scenario il canto delle persone si leva come un inno a Dio.

L’imposizione della mano della Vergine sopra il capo del Bambino, oltre al significato di “ Leonardo ”, “Lex” e Amore, richiama anche l’Inno “Veni Creator Spiritus”.

La mano di Uriel, celeste creatura, in posizione centrale, significa, “Da”, Deus, Disegno divino. Ma il suo indice puntato corrisponde sia al Padre normativo sia alla singolarità dell’unico Dio, e prima di tre persone consustanziali.

La mano del Sacro bambino configurata come lettera “V”, rappresenta “Vinci”, Vincit, Vero, Verità, ma anche le due dita levate indicano in lui la seconda Persona del Figlio di Dio. Ecco allora che l’adorazione del Battista, diretta alle tre mani ravvicinate e riunite dal suo sguardo nel mistero della fede, appare rivolta alla Trinità: Spirito, Padre e Figlio. E questa costituisce la suprema ispirazione Divina che, al di sopra di Leonardo e con lui, firma l’opera sua.

Franco Sarbia

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