I monti Gamburtsev Restano uno dei più grandi enigmi della storia.
Non si tratta di un altipiano: ci sono picchi di 4mila metri e valli. Ma resta ancora misteriosa la loro formazione.
Missione compiuta. I membri del progetto internazionale AGAP (Antarctica’s Gamburtsev Province), partiti nel novembre scorso per raggiungere il cuore dell’Antartide e studiare le misteriose montagne subglaciali Gamburtsev sono rientrati alla base. Con una straordinaria messe di dati che permetterà di svelare la natura e l’origine di una catena di monti grande quanto le Alpi, sepolta sotto quattromila metri di ghiaccio. Uno dei più grandi enigmi della Terra.
I MISTERIOSI MONTI DELL'ANTARTIDE – I monti Gamburtsev sono stati scoperti nel 1958 da una spedizione sovietica e per mezzo secolo sono rimasti un grande punto interrogativo sulla mappa dell’Antartide. Le ipotesi sulla loro origine sono diverse: si tratta di un massiccio vulcanico come l’Hoggar in Algeria? oppure di un altipiano come le Lesotho mountains in Sudafrica? o ancora: sono il risultato di collisioni avvenute circa 360 milioni di anni orsono nel supercontinente Gondwana di cui faceva parte l’Antartide orientale? I dati erano troppo scarsi per svelare l’enigma.
Poi, all’approssimarsi del quarto Anno polare internazionale (che si concluderà il primo marzo dopo 24 mesi di intensa attività scientifica nell’Artico e nell’Antartide) è stata organizzata una grande spedizione internazionale con la partecipazione di Americani (finanziati dalla National Science Foundation), Inglesi del BAS, Australiani, Cinesi, Tedeschi e Giapponesi. Uno dei temi dell’Anno polare era infatti l’esplorazione dei territori sconosciuti, in particolare nel continente Antartico.
E' UNA CATENA SIMILE ALLE ALPI – Che cosa hanno “visto” i membri di AGAP? “Non è un altipiano, ma una vera e propria catena di dimensioni e di aspetto simile alle Alpi, con picchi e valli incredibili modellate da processi pluviali e glaciali”, racconta Fausto Ferraccioli, geofisico genovese, responsabile del team di ricercatori del British Antarctic Survey“. Come ha fatto una catena cosi’ grande ad essere preservata dall’erosione, è un mistero. Forse la calotta di ghiaccio si è formata rapidamente”. Ora – ha aggiunto Ferraccioli – la sfida è quella di analizzare la mole di dati raccolta e di capire che cosa è accaduto. I dati permetteranno di produrre una nuova mappa della topografia subglaciale, che servirà ai modellisti per stabilire nuovi modelli sulla genesi delle calotte di ghiaccio.
Lucia Simion
Fonte: http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/09_febbraio_24/montagne_antartide_spedizione_b400f1a6-0267-11de-adb7-00144f02aabc.shtml