Di Gaetano Barbella
La “Matta” è uscita?
C’è un evento inaspettato, non previsto dalle teorie, che ribalta tutte le nostre credenze: la comparsa dell’antimateria. E anche nelle canalizzazioni di Kryon si trova l’annuncio che la ‘matta’, o il ‘jolly’, usando il linguaggio delle carte, sarebbe uscita.
La matta è un imprevisto, una carta che può cambiare tutta la dinamica del gioco, ribaltare le sorti, e penso che in tanti si siano chiesti cosa possa essere questo evento così imprevedibile.
Molte storie ad un tratto vanno incontro a eventi a volte catastrofici causati da fatti imprevisti come questo annunciato a tinte fosche con un beffardo ‘jolly’, la “Matta”, che è il titolo di un articolo del Dott.Gian Piero Abbate pubblicato il 5 luglio 2016 su fisicaquantistica.it. Vedremo che, con sorpresa per il Dott.Gian Piero Abbate, si presenta veramente la “Matta” da lui esorcizzata, ma imprevedibilmente a suo danno. Gian Piero Abbate, dottore in Fisica e teologo, musicista e compositore, esperto di Cabala e Numerologia, è considerato uno dei massimi studiosi nell’attivazione dell’immortalità del corpo fisico. Esperto per la Commissione Europea dal 1980, si occupa di ricerca industriale e, parallelamente, di sviluppo umano.
Di lui Grabovoi ha detto: “Abbate è la persona che a livello mondiale possiede tutte le conoscenze per realizzare concretamente le mie teorie”. Autore di libri, ha pubblicato “I 12 strati dell’immortalità” per la completa attivazione del proprio DNA multidimensionale. Ha collaborato a realizzare le musiche individuando gli algoritmi di conversione dei numeri in note, basandosi sulle antiche conoscenze della Gematria cabalistica e le moderne scoperte della Fisica Quantistica. Ma di Gian Piero Abbate si parlerà più profondamente di lui nel bel mezzo di questo saggio, perché sarà un certo interprete, imprevisto come la suddetta sua “Matta”, a sua insaputa. Accenno ora una parte del suo intervento su fisicaquantistica.it, limitandomi alla parte saliente in stretta relazione alla “Matta” in questione.
«Come fisico e teologo ho sempre sostenuto che non c’è differenza tra spirito e materia e che di conseguenza ogni cambiamento, personale o globale, debba trovare riscontro in eventi fisici, misurabili. D’altra parte questi coinvolgono tutte le componenti di ciò che esiste: materia, antimateria e materia oscura, anche se abbiamo studiato molto solo la prima e ben poco le altre. Ora c’è un evento inaspettato, non previsto dalle teorie, che ribalta tutte le nostre credenze: la comparsa dell’antimateria, in modo massiccio e crescente, sulla Terra.
Abbiamo speso ingenti capitali per produrre dell’antimateria in laboratorio, anche per dimostrare la sua esistenza. Ovviamente, ma non era così ovvio in principio, ogni volta che abbiamo prodotto una particella di antimateria, questa si è annichilita con la sua omologa, producendo quanto previsto. Ma la materia è composta di 12 particelle elementari, e ulteriori 12 antiparticelle costituiscono l’antimateria. Quindi l’antimateria che sta crescendo in totale convivenza con la materia non si annichilisce, perché questo evento avviene solo se le due combinazioni di 12 parti sono identiche, il che statisticamente può accadere, ma è molto raro e irrilevante. Quindi materia e antimateria convivono pacificamente.
Questa improvvisa comparsa e crescita dell’antimateria sulla Terra riguarda ogni corpo fisico esistente, e quindi anche il nostro corpo.
Un elemento importante da considerare, è che per l’antimateria il tempo scorre in direzione opposta al nostro. Questo concetto è certamente difficile da capire per la nostra mente, abituata a un tempo lineare che scorre solo in un verso. E io non ho parole adeguate per esprimere un concetto che è al di fuori della nostra esperienza, ma è come se l’antimateria venisse dal futuro e andasse verso il passato. […]»(1).
E qui si esaurisce il tema proposto con l’articolo del dott. Gian Piero Abbate potendo già iniziare a dare una risposta alla sua idea di poter intravedere la “Matta” in questione, e così giungere per esaustione a scongiurare le mosse eventualmente catastrofiche. Ma non senza e verso la fine, un imprevedibile evento in cui la “Matta” ha fatto capolino dandogli la lezione di vita, come già detto.
Ma Gian Piero Abbate, da rinomato scienziato, per quanto gli è sembrato di opporvisi, ha dato retta al 5% della sua mente ritenuta razionale. Anche se a tal uopo non ha mancato di esaminare la cosa in tal senso, infatti ha detto fra l’altro:
«Però potrebbe essere un frutto di quel 5% della nostra mente, che ci condiziona: se non elimineremo questo preconcetto, alla fine ci sarà la grande tribolazione, perché l’avremo creata noi, avendo trasformato questa idea in un pensiero fisso. Attiviamo il restante 95%, anzi, seguiamo quello che la materia bianca già ci rende disponibile ogni giorno. Accogliamo nel giusto modo l’antimateria e i regali che comporta, anche nel corpo fisico.»(2). Infatti dando retta a quel 5% della sua razio, Gian Piero Abbate un giorno è “uscito di casa” in cerca di un lontano guru, Kryon, ottenendo il modo di scrivere e pubblicare alcuni libri, “I 12 strati dell’immortalità” per la completa attivazione del proprio DNA multidimensionale. Ma lo meraviglierà perché da incredulo imprevedibilmente non penserà mai che: “Dio è nei dettagli”.
“Dio è nei dettagli”
Il frammento è il potenziale portatore di forma, forma che crea complicazioni perché appare nella sua frammentazione disperdendosi in mille rivoli. E allora sorge nel ricercatore la risposta di cosa sia il frammento. «Oggetti desueti, dimenticati, frantumati e minuti si pongono nel tema del pensare, interrogando il valore filosofico e letterario del frammento per trovare forme di composizione momentanea in costellazioni di senso capaci di ridefinire, nel gioco dei rimandi, modalità conoscitive e paradigmi temporali, scoprendo di nuovo che “dio è nei dettagli”.
Così leggo sul “frammento” nel bel saggio «Rottami, rovine, minuzzerie: pensare per frammenti» – Edizioni ETS curato da Matteo Mareschini scrittore e giornalista bolognese. Mi par di vedere una vecchia officina meccanica con ammucchiate, qua è là di cianfrusaglie, pezzi di cariatidi di macchine e un anziano meccanico con una tuta bisunta che vi rovista frenetico. Infine raggiante, egli, con un piccolo congegno un pò sporco in mano, si dirige, come illuminato verso una macchina in allestimento per risolvere ciò che occorreva per metterla in moto. È un pezzo introvabile in commercio che ora, come un certo cuore nuovo, fa rivivere un morto.
Ed ecco la metafora delle combinazioni possibili del “divino” per una ricomposizione possibile, frammento incarnato in una nuova “creatura”, dunque con una sua storia preziosa da far progredire. E non quella di un nuovo mondo, ma senza “padre”: questo è il grande pregio del frammento in questione, che fa la differenza. Resta da capire in quale frammento possa risiedere questo “padre”, perché quando lo si trova, allora sì che per il ricercatore la cosa diventa interessante. Egli scopre che esso non è un frammento casuale, una cosa qualunque, perché è un fatto (faict). A questo punto è come il sorgere di una radiosa alba per il ricercatore, perché basta questo fatto per mettere in moto in lui il pensare “per frammenti” come raccomanda Matteo Mareschini nel saggio del “pensare per frammenti”. Come dire “da cosa nasce cosa”.
Di solito da un fatto, da un’esperienza, ne nasce un’altra e poi ancora un’altra e così via. Nel lavoro letterario curato da Mareschini c’è appunto questa fonte che sgorga da un “frammento”, cosa da poco, ma al punto da concepire una grande verità e dire nel suo lavoro, “Dio è nei dettagli”. Ecco tutto questo dar pregio, ai frammenti di Matteo Mareschini mi induce, come mi è consueto, a recarmi a “casa” del dott. Gian Piero Abbate, che si trova a Pordenone, attratto dai particolari suoi “frammenti”. Ma prima di giungervi, ci giro intorno, passando per un piccolo borgo della Sicilia, Tipoldo poco distante da Messina, ma è sempre casa nostra, l’Italia.
Fatto è che mi attrae continuamente, direi dal 1997, l’idea che le mappe di quasiasi luogo della terra siano dei “frammenti”. La mappa di una città, apparentemente un groviglio (ordinato) di linee a profusione, è un crittogramma che si può decifrare per trarvi immagini che, a volte, sono così evidenti da ritenerle pareidolie, non avendo modo di spiegarle, una distorsione della visione. Invece non è così.
L’e-mail di un intraprendente ingegnere di Messina
studioso di un orologio solare
Tutto ha inizio da una e-mail dell’ing. Giacomo Guerrera di Messina, pervenutami l’11 febbraio 2022 che riporto di seguito.
Egr. Gaetano Barbella
Studioso e Scrittore
Ho letto alcune sue cose, ma molto superficialmente, tuttavia ho percepito il suo “Peso” culturale e scientifico. Mi chiamo Giacomo Guerrera, per professione ingegnere, libero professionista a Messina.
Mi permetto disturbarla pensando che la domanda che le farò possa rientrare, anche se indirettamente, nelle sue conoscenze e mi farebbe piacere avere un suo parere .
Per un caso ho notato nel centro abitato di un piccolo villaggio montano del messinese, che si affaccia sullo stretto di Messina, questo piccolo manufatto a forma pressoché quadrangolare dal lato di circa 7,00 metri. Questo minuscolo manufatto presenta un impianto architettonico particolare come vede. I ruderi del piccolo manufatto a pianta quadrangolare di circa 53 m 2 , sorgono alla quota di m. 430,00 s.l.m.; appena al margine del centro abitato di Tipoldo (Me), e guardano a Sud. Catastalmente ricadono al F. 166 di Messina alla p.lla 23. La memoria popolare fa risalire questo fabbricato ad oltre 200 anni orsono; per certo si racconta sia stato parzialmente demolito nel terremoto del 1908. Penso sia stato sempre un fabbricato ad un solo piano fuori terra, ed allo stato di fatto non è altro che un rudere parzialmente distrutto.
A sinistra: vista dall’alto da Google maps del rudere di Tipoldo, a destra vista lato ovest dello stesso rudere.
In questo frattempo, ma a tempo perso, ho svolto qualche modestissimo studio, ho fatto qualche grafico, ho letto qualcosa, non ho trovato esempi di analoghi fabbricati. A mio avviso, qualcosa di similare, nella funzionalità solare potrebbe riconoscersi nel castello siciliano di Menfi. Molto sinteticamente le dico l’idea che mi sono fatto :
per me, specificatamente, e per il particolare impianto architettonico del manufatto edilizio, trattasi di un orologio orizzontale, meglio di un “hemicyclium”, dove le linee orarie e diurne si riproducono sulle sue pareti verticali ed i percorsi del Sole stanno ad indicare l’ora locale. Tale orologio è stato ricavato con la soppressione del vertice d’occidente del quadrato circoscritto, (del manufatto edilizio), e lo spigolo ovest è stato sostituito con una quarta parte di un settore cilindrico convesso. Descrittivamente mi è sembrato di riconoscere una analogia architettonica con un manufatto di cui si parla in scritti arcaici che dicono di un orologio orizzontale.
Sul tema mi sono già confrontato con uno scrittore siciliano di storia federiciana medievale, ed ho chiesto a qualche altro studioso di meridiane; non avendo conferme sulla mia tesi. Mi piacerebbe avere un Suo punto di vista, ovviamente anche critico.
Nel ringraziarla anticipatamente porgo distinti saluti
Giacomo Guerrera
La mia risposta all’ing. Giacomo Guerrera
Ho letto attentamente la sua relazione sul rudere di Tipoldo a forma quadrangolare che risulta dalla pianta di Google maps, di forma irregolare sul lato ovest, che a suo parere somiglia ad un orologio solare. In verità non sono erudito su tali orologi, ma ho trattato questo argomento scrivendo alcuni alcuni saggi sulla gnomonica. Ci penserò su e poi le farò sapere. È insolito constatare ipotetiche forme di orologi solari del genere “hemicyclium”, come lei ha supposto. Tali da rientrare nella considerevole dimensione della lunetta risultante dalla pianta del rudere, come se fosse – mettiamo – il risultato di ombre solstiziali per effetto dell’analemma di Vitruvio.
Peraltro per altri strani versi, la casualità, o l’acasualità intesa dallo psicanalista Carl Gustav Jung, a volte permette di suggerire altri generi di connessioni con l’orologio immaginato da lei. Per dire che la sua idea può anche non risultare sostenibile, ma potenzialmente è tale da condurre a concezioni di ordine esoterico sul conto – mettiamo – del luogo dov’è dislogato il suo supposto orologio solare. E il fatto di essersi rivolto a me, uno studioso tra l’altro, di argomenti esoterici, può essere che Tipoldo riserba delle sorprendenti rivelazioni in tal senso. Ed è la mia inclinazione esoterica a permettermi di intravedere già cose che ad altri è raro che siano disposti ad averne coscienza.
Per esempio immagini curiose, molto spesso rivelatrici di fatti storici legati ad una mappa di città o località in genere. E andando a curiosare, tramite Google maps, la mappa di Tipoldo vi ho subito intravisto un uomo con un saio da religioso, col volto rivolto ad una piccola donna seduta. Ma è un modo per capire che è nel suo pensiero che questo sta avvenendo. Si nota in cima al suo capo, a mo’ di bernocolo, quel rudere dell’orologio solare, un suo cruccio da esplicarsi. Al polso di quest’uomo si nota un vistoso orologio là dov’è collocata la chiesa di San Giuseppe di Tipoldo. Vi ho intravisto un messaggio che l’orologio al suo polso sembra dare, cioè un fatto da realizzarsi ad una certa ora, naturalmente risalente all’orologio solare.
Debbo dire che è interessante il tema da svolgere che lei mi propone di svolgere e che per lei si limita all’orologio solare, ma per me va oltre in relazione ad una possibile configurazione di una cartografia dalla mappa di Tipoldo di Messina. A questo punto mi darò da fare per tale scopo nell’intento di scrivere poi un saggio, perché il tema da svolgere, appena descritto per sommi capi, è meritevole di essere raccontato ed essere anche pubblicato in rete, includendo anche la sua e-mail e renderla pubblica, naturalmente previo suo consenso.
A risentirci,
Gaetano Barbella
La planimetria del rudere dell’Hemicyclium di Tipoldo
La concezione degli Equinozi si basa sul fatto che il casolare diroccato conferma la linea mediana est-ovest con in due spigoli laterali, mentre quelli nord-sud non sono sull’effettiva verticale nord-sud. E poi, si tratta dell’Equinozio di Primavera, e non di Inverno, per la presenza del segno dell’Ariete rilevata sulla cartografia di Tipoldo, come si vedrà.
Dunque il manufatto del rudere di Tipoldi fungerebbe da orologio solare, come sembrerebbe suggerire la finestra della vista lato ovest, mostrata in precedenza, attraverso la quale possono confluire il raggi del sole provenienti dall’est, grosso modo. Questo, anche se sul retro c’è il casolare ora diruto a ostacolare i raggi del sole. Dunque i solstizi e gli equinozi possono essere segnati oltre la finestra, per terra o su una parete opposta. Ancora meglio se la finestra è dotata di uno stilo verticale sul suo asse per generare l’ombra.
La planimetria sopra mostrata a destra, (fig. 3) così facendo sarà più un calendario con le sue ombre, che un orologio, poiché oltre mezzogiorno il sole supera la finestra e non genera l’ombra richiesta per le ore pomeridiane. Si ha modo così di rilevare i mesi dell’anno segnati per terra o su un muro antistante la finestra. Insomma, potenzialmente è possibile intravedere nel supposto orologio solare una sorta di segnatempo, almeno fra solstizi ed equinozi, un calendario, come già detto.
A questo punto, occorrerebbero dei rilevamenti accurati sul posto per capire fino a che punto spingere l’indagine sulla reale possibilità che il manufatto circolare con la finestra sia servito effettivamente per rilevare dati attraverso la gnomonica. Ma non credo che si possa giungere a provare questo scopo, piuttosto, se la sorte ha voluto coinvolgermi in questa ricerca, non posso che portarla avanti a mio modo essendo incline allo studio esoterico, in questo caso, come peraltro già rilevato, all’indagine della mappa di Tipoldo di Messina, prendendo spunto dalla planimetria del rudere sopra mostrato, supposto “segnatempo”. Di questo già ne ho fatto cenno e infatti approfondendone la visione ho potuto disegnare una cartografia che ora mostro di seguito.
L’ora di San Giuseppe di Tipoldo di Messina
Nella cartografia che segue (fig. 4) è di scena un mistico che non si conosce. Egli è seduto su un anfratto calcareo con le gambe cavalcioni. Il santo con l’aureola mostra di essere in accordo con una vergine coronata, anch’essa con l’aureola, dalle sembianze delle Madonne nere e il suo manto è quello della bandiera italiana.
Ma l’accordo fra i due sta avvenendo nella sua interiorità di lui. Nel mentre egli, con la mano sinistra cerca di frenare l’irruenza di un essere simile ad un guerriero. Questi indossa un elmo simile ad uno scafandro che lo accosta ad un essere del mondo astrale noto in alchimia che, come si sa, è di natura mercuriale. Infatti questo mondo gli alchimisti lo chiamato “mare astrale”. Il santo ha un bernoccolo sul capo, simile ad un sole nascente da cui propaga la luce dell’aureola.
È il tempo dell’equinozio di primavera segnato da una sorta di orologio solare al posto del bernoccolo. Di qui si ripresenta tutta la spiegazione del presunto orologio solare del casolare diruto esaminato in precedenza, al posto del bernoccolo. Il santo ha al polso un orologio che corrisponde, sulla mappa di Tipoldo, alla Chiesa di San Giuseppe situata in via Giardini (come da Google Maps).
Questa chiesa ha preso il posto per il culto del Cristianesimo in seguito alla dismissione per il culto di un’altra Chiesa posta a nord del villaggio di Tipoldo, in via San Giuseppe a causa del crollo del tetto avvenuto nel 1970 e da allora non è stato ricostruito. Il benefico evento della nuova Chiesa dà il titolo a questa cartografia che è intitolata appunto “L’ora di San Giuseppe” e vale come buon auspicio.
In quanto ai tempi nuovi di rinascita tutto dipenderà dall’accordo con l’italica vergine coronata aureolata, che dovrà dare disposizione al santo perché trattenga il guerriero armato astrale in modo che non causi più danni al genere umano. Il dito indice del mistico segna una direzione per far capire qualcosa che si vedrà nella prossima cartografia e dà una spiegazione definitiva dell’atteso evento benefico alla cartografia di Tipoldo appena mostrata.
L’ora di un misterioso segno
di un irredendo Ariete cosmico
Nella cartografia (fig. 4) precedente si è visto un mistico con l’aureola che tiene a bada un guerriero armato che qui si vede in evidenza. Di nuovo, (fig. 5) si nota in basso la comparsa del segno dell’Ariete, peraltro indicata dal dito dell’ignoto mistico con l’aureola. L’Ariete veste le insegne della bandiera italiana, come la vergine coronata. Lo scenario si correla anche ad un famoso avvenimento storico locale.
Il passaggio delle truppe garibaldine dalla città di Messina viene solitamente menzionato marginalmente nei testi di storia contemporanea, ma a Torre Faro, la punta estrema della Sicilia a nord, si può ben dire, che le sorti della nuova Italia dipese tutto dal passaggio dello stretto in questo punto. Era il periodo fra il 20 luglio ed il 18 agosto del 1860, un tempo che favorì Garibaldi e i suoi verso il continente. Nessuno potè vederlo ma l’Ariete della nuova Italia stava di lì a poco per essere stampato per terra a Tipoldo con quelle due casupole della cartografia, per un oggi, forse radioso.
Esoterico ed Exoterico
L’esoterico, l’interno, ha bisogno dell’exoterico, dell’esterno, per promuovere il suo sottrarsi alla vista.
La Spada è simbolo della guerra santa: ma quest’ultima può essere essenzialmente una lotta interiore con cui Cristo viene a «portare la Spada».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.» (Mt 10,34-11,1)
La Spada è anche luce e lampo: nella tradizione templare è un frammento della Croce luminosa.
Nell’Alchimia, la Spada è equiparata al Crogiolo dell’Alchimista. La Spada di Vishnu (importante divinità del pantheon induista), che è fiammeggiante, è simbolo di Conoscenza pura ed eliminazione dell’ignoranza.
Così come appare nella iconografia classica, la spada dell’Arcangelo Michele Specularmente, dato che l’esoterico, l’interno, ha bisogno dell’exoterico, dell’esterno, per promuovere il suo sottrarsi alla vista, il suo essere celato, nel simbolismo della Spada, la lama costituisce l’esoterico e il fodero, la guaina protettrice, l’exoterico. E così è con lo scenario della due cartografie di Tipoldo di Messina: la spada che brandeggia il misterioso mistico aureolato di Tipoldo (che sembra tenere a bada con la mano il guerriero astrale) e il suo fodero, l’Hemicyclium del casolare diruto, il bernoccolo del santo mistico dell’orologio di San Giuseppe.
A Pordenone la Latomìa Italia Turrita da rigenerare
Latomìa
Latomìa, particolare tipo di cava di pietra ad uso carcerario; in senso figurato, occulto, misterioso, esoterico, iniziatico.
«Tutti voi avete sentito parlare, e la maggior parte conosce direttamente, le Latomie di Siracusa. Opera grandiosa, magnifica, dei re e dei tiranni, scavata interamente nella roccia ad opera di molti operai, fino a una straordinaria profondità. Non esiste né si può immaginare nulla di così chiuso da ogni parte e sicuro contro ogni tentativo di evasione: se si richiede un luogo pubblico di carcerazione, si ordina di condurre i prigionieri in queste Latomie anche dalle altre città della Sicilia(3).» (Cicerone nelle Verrine parla delle latomie).
Ed ecco la Turrita Italia disunita, mettiamo del 1412-1454, dei suoi tanti staterelli in lotta fra loro. Il XV fu un secolo in cui vi fu un lungo periodo di guerre che interessò l’intera penisola e fu segnato dai ripetuti tentativi degli Stati italiani più forti di estendere la propria egemonia, come, per esempio, la città di Firenze, che mirava a estendere tutto il proprio dominio su ogni stato Toscano, a parte la Repubblica di Lucca che riuscì a mantenere l’autonomia fino al XIX secolo. Il regno di Napoli, poi, fu scosso da una lunga crisi dinastica iniziata nel 1435 con la morte dell’ultima regina angioina, Giovanna II, e conclusasi solo nel 1442 con la vittoria di Alfonso V d’Aragona, che ebbe la meglio sul rivale Renato d’Angiò.
Tante torri sul capo della povera Italia! Con la presentazione della cartografia di Pordenone della fig. 7 si entra nel vivo di questo saggio in cui appare in primo piano un essere dalle sembianze di una donna ma con una testa abnorme con un grosso naso simile a quello dei pappagalli. Ma già da questo particolare ci si rende conto che non si tratta del nostro mondo reale di viventi ma di quello astrale dove, presumibilmente avvengono i fatti descritti in modo emblematico nell’ambito dell’Alchimia. Quindi lo scenario della fig. 7, per certi versi, non è diversa da quelle contemplate dagli alchimisti come allegorie.
La figura che più di altre colpisce l’attenzione è la donna tutta nera che sembra rappresentare la Latomia Italia Turrita poiché sul capo vi sono tre vistose torri in “disaccordo” fra loro. Altro riferimento a convalida è il becco ricurvo coriaceo adatto per triturare sostanze dure, infatti i pappagalli che hanno il becco ricurvo e coriaceo, si nutrono tra l’altro di noci e simili.
Di qui il legame con la Latomìa, luogo di espiazione di carcerati in cave di pietra e il fatto che la donna è tutta nera: l’alchimia ci dice che si tratta della materia prima da depurare iniziando dalla fase dell’Opera al Nero detta Nigredo. La donna è dunque la nota Madonna Nera degli alchimisti e la vediamo sulla sinistra della fig. 6 che si erge, quasi da equilibrista sull’estremità di una sorta di barca che è poi un grosso vassoio tenuto nella mano destra di un uomo appena visibile sulla destra.
È in sembianze di servitore, diremo un cameriere, anche lui si destreggia reggendo con la mano destra un grosso vassoio e con l’altra mano un uovo da cui è spuntato un certo pulcino appena nato in forma umana e munito di corona sul capo. Questa sorta di cameriere è, di certo, il mistico aureolato della carta di Tipoldo della fig. 3 che relazione con un piccola figura femminile, intravista come l’Italia Turrita.
E qui occorre meditare su questa figura di cameriere, di servitore, perché dal vangelo di Matteo (17, 22:23) ci viene la spiegazione su questo stato servile di quel santo di Tipoldo cartografico.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma il Maestro non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?».
Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Ora si è capito tutto sul quel santo di Tipoldo che si fa cameriere tramite l’allegoria di Pordenone della fig. 6 e ci mostra, sollevandolo, il bambino adagiato sull’uovo appena dischiuso. Ci aiuterà l’alchimia a spiegare questa figura in cui il pulcino è un piccolo re, un Rebis, il risultato della Terza Opera, che ha qui il suo inizio. Consiste essenzialmente in una Grande Cottura dell’Embrione o Rebis all’interno dell’Uovo Filosofale, in cui questo “germe” è stato “covato” fino a giungere alla sua perfetta maturità e a dare origine alla Pietra Filosofale.
Vediamo il piccolo re, l’Embrione o Rebis (o Zolfo Filosofico) ottenuto al termine della Seconda Opera, che ha la funzione di Principio Maschile (è chiamato anche Zolfo Rosso) che offre il guscio minerale salino alla Latomia Italia Turrita, il Mercurio Comune o Dissolvente che svolge la funzione di Principio Femminile (verrà chiamato anche Zolfo Bianco, intendendo con questo termine la parte di Mercurio che si fisserà progressivamente nella Cottura). Il pezzo di guscio in offerta è a forma di una scarpa e, naturalmente, quale risultato dell’opera delle nozze alchemiche della Luna col Sole, l’Italia Turrita con quel cameriere-servitore, è la nuova Italia regale in forma mercuriale.
L’italia Turrita, ovvero il Principio femminile, mostra con le mani i due risultati dell’opera alchemica che hanno preceduto la suddetta Terza Opera, la Prima cosiddetta al Nero (Nigredo), con la sinistra, e la Seconda cosiddetta al Bianco (Albedo), con la destra. L’Opera al Nero è mostrata a un incaricato sulla spalla del “cameriere-servitore”, l’alchimista che gestisce le fasi dell’opera. Resta lo scenario in basso, sul piano appena arcuato della barca sul cui margine si erge l’Italia Turrita, in cui notiamo un cavallo con accanto una figura misteriosa con un cappuccio che le ricopre il capo e poi un uomo che sopporta un grosso masso sul capo e con la mano destra regge il bordo della barca.
In particolare si vede il cavallo che alza lo zoccolo della zampa destra per dare un colpo violento sul terreno. Notare che l’Italia Turrita ha sul petto un ferro di cavallo, a mo’ collier, e così legare le due cose. L’essere col cappuccio sembra avere fra le mani qualcosa che sta osservando. Per spiegare questo secondo scenario occorre far capo al Mito di Er in relazione alle tre Moire mitologiche che sarà l’argomento del prossimo capitolo.