La moria delle api: perché?

 

In molti paesi europei è stato registrato un inquietante fenomeno: la diminuzione del numero di api, questi preziosi imenotteri.

“La Svizzera si risveglia in primavera con il 25% in meno di api. La mortalità di questo prezioso insetto è salita da un fisiologico 10% a oltre il 20%-25% nel periodo 2003-2006, secondo quanto dichiarato da Jean-Daniel Charrière, collaboratore scientifico presso la stazione di ricerca agronomica di Liebefeld-Posieux.

Anche se per la primavera del 2007 la situazione sembra essere migliorata, l’esperto sottolinea che, se non si riuscirà a limitare stabilmente la diminuzione delle colonie, la situazione potrà… alterare l’ecosistema. Le api sono, infatti, insetti preziosissimi per l’impollinazione di moltissimi vegetali, soprattutto piante da frutta, ma anche peperoni, zucche, colza o girasoli.

Nei casi in cui la diminuzione del patrimonio di api non sarà compensata da un ripopolamento per opera degli apicoltori, non si possono escludere ripercussioni sulla produttività in svariati settori dell’agricoltura”, afferma Theo Nicollerat, presidente della società ticinese di apicoltura (STA).

Il fenomeno non è un caso isolato e anzi ha raggiunto proporzioni catastrofiche negli Stati Uniti, dove l’entità della moria – con punte del 60-70% – ha allarmato gli apicoltori e gli agricoltori-.

Quali possono essere le cause di questa diminuzione del numero delle api? Ricercatori tedeschi, britannici e statunitensi concordano nell’attribuire la moria ai campi elettromagnetici irradiati dalle antenne della telefonia mobile e dai cellulari: si è notato, infatti, che “Le api si rifiutavano di ritornare nell’arnia, non appena un telefono cellulare veniva collocato nei dintorni. Ciò spiegherebbe perché alcuni alveari siano stati trovati quasi completamente vuoti, con api disorientate e destinate a morte certa.

Le conseguenze sono di enorme portata, vista l’importanza fondamentale di questi insetti per l’impollinazione delle specie vegetali e per la conservazione dell’habitat naturale. Einstein stesso avvertì che, se le api fossero scomparse, agli esseri umani non sarebbero rimasti che quattro anni di vita.

Il noto etologo Giorgio Celli considera plausibile la spiegazione che considera l’effetto delle onde elettromagnetiche, ma ritiene che a provocare questa falcidia siano stati specialmente i pesticidi usati in agricoltura. Credo che, sebbene, come assodato, insetticidi ed anticrittogamici siano nocivi alla flora ed alla fauna, il colpo di grazia alle api sia stato inferto dalle onde elettromagnetiche. Non è un caso se le antenne della telefonia mobile sono proliferate in questi ultimi anni un po’ dappertutto: spesso queste installazioni sono mimetizzate o nascoste nei modi e nelle strutture più impensabili, altre volte sono collocate su lastrici solari di edifici privati, in parchi, campi sportivi, addirittura all’interno di cimiteri, in numero comunque eccessivo rispetto alle esigenze di telecomunicazione. È stato poi constatato che la loro disposizione ravvicinata è antieconomica e consuona con l’obiettivo di diffondere radiazioni non ionizzanti in modo da danneggiare in modo deliberato la salute delle persone. Non si dimentichi poi che questi campi elettrodinamici sono adoperati anche per il controllo mentale (onde ELF ed ULF – H.A.A.R.P.).

Non escluderei che il decremento del numero delle api sia dovuto non solo alle radiazioni non ionizzanti, ma anche alle sostanze diffuse con le scie chimiche e biologiche (metalli vari, batteri, virus): non è un caso se, in Svizzera il problema si è aggravato nel periodo 2003-2006, arco di tempo durante il quale la Confederazione elvetica, come moltissimi altri stati nel mondo, ha subito un feroce attacco chimico di cui si cominciano a vedere le tristi, funeste ripercussioni.

Come spesso avviene, il binomio elettromagnetismo-scie chimiche si rivela micidiale.

R. Crawford, Bee colony collapse, 2007
Redazione di Etleboro, Quando gli errori sono più di una coincidenza, 2007
Rossella Gigli, Il G.S.M. distrugge le api, 2007 in freshplaza.it