La memoria liquida

acqua
Il dr. Jacques Benveniste (1935-2004).

L’acqua avrebbe la capacità di immagazzinare informazioni e trasferirle alle cellule. Un argomento molto controverso per alcuni, una certezza per altri: queste ricerche, iniziate da Jacques Benveniste, sono volte a dimostrare che l’acqua cosiddetta informata possiede una “memoria” e influisce sul nostro fisico e sul nostro stato psichico. Scopriamo come utilizzare quest’acqua viva e salutare

Ormai è sapere comune il fatto che il nostro corpo fisico è costituito per lo più d’acqua, in percentuali che variano e scemano con l’invecchiamento, come se con l’acqua contenuta nelle nostre cellule e negli interstizi tra di esse se ne andasse a poco a poco anche il flusso vitale. È quindi fondamentale sapere come l’acqua in generale e quella di cui siamo fatti si comporta ed interagisce sia con i processi vitali che con il mondo esterno.

Se andiamo a leggere Wikipedia “informazione dell’acqua”, potremmo sorridere leggendo le avvertenze iniziali che citano: “Le pratiche descritte non sono accettate dalla medicina, non sono state sottoposte a verifiche sperimentali condotte con metodo scientifico o non le hanno superate. Potrebbero pertanto essere inefficaci o dannose per la salute. Le informazioni hanno solo fine illustrativo. Wikipedia non dà consigli medici: leggi le avvertenze”. E prosegue con una serie di citazioni, a partire dagli studi del citato Jacques Benveniste, di pseudo, falso, truffa, non dimostrato, ecc.

La scoperta di Benveniste, così tanto osteggiata ancor oggi, ha dato il via agli studi che molti illustri ricercatori, quali il premio Nobel Luc Montagnier, i noti docenti di fisica Emilio Del Giudice e Giuliano Preparata, nonché il professor Sergio Serrano, hanno poi portato avanti ed i cui risultati non sono così divulgati, malgrado i riconoscimenti da essi ottenuti. Lasciamo al lettore di trarre le conclusioni sulle motivazioni di tanto osteggiamento, dopo aver considerato i fatti che questo articolo si propone di portare a conoscenza.

James Randi, chiamato a invalidare ogni esperimento paranormale, “dimostrò” che la scoperta di Benveniste era stata manipolata.
James Randi, chiamato a invalidare ogni esperimento paranormale, “dimostrò” che la scoperta di Benveniste era stata manipolata.

Le ricerche di Jacques Benveniste
Lo scienziato francese Jacques Benveniste, dottore in medicina e ricercatore allergologo, direttore della ricerca presso l’Istituto Nazionale francese per la Salute e la Ricerca Medica (I.N.S.E.R.M.), si era distinto scoprendo il P.A.F., un’agente scatenante le allergie. Questo gli aveva aperto le porte ad un probabile premio Nobel; la sua fama era ormai conclamata ed aveva persino ricevuto la medaglia d’argento da parte del Centre National de la Ricerche Scientifique, uno dei più prestigiosi riconoscimenti scientifici.

Poi, un bel giorno, terribile per la sua carriera futura, una sua ricercatrice fece un errore di calcolo nella diluizione di un composto di allergeni, che avrebbe dovuto creare una reazione dei globuli bianchi. Malgrado che nell’acqua distillata usata per l’esperimento praticamente non ci fossero quasi allergeni, la reazione era avvenuta comunque e di molto superiore a quelle verificatesi con concentrazioni di molto superiori. Benveniste andò su tutte le furie e chiese alla ricercatrice, Elisabeth Davenas, di ripetere l’esperimento con la stessa diluizione errata, non credendo alle sue affermazioni. Bene, ripetuto il procedimento i risultati furono i medesimi. Da quel momento in poi, provarono con diluizioni sempre più infinitesimali, fino ad arrivare praticamente a zero, cioè ad acqua pura che era solo in partenza entrata in contatto con gli allergeni, ottenendo sempre e comunque risultati coerenti.

Negli anni tra il 1985 ed il 1989 Benveniste portò avanti continui esperimenti con diluizioni sempre più basse, verificando la reazione sugli anticorpi di tipo E, responsabili delle risposte allergiche, trattando l’acqua con un processo di dinamicizzazione, lo scuotimento del liquido, detto concussione, usato anche in omeopatia. Ottenne risultati di cui registrò gli esiti fino ad una concentrazione di uno a dieci alla ventesima! Ben cinque laboratori in Francia, Israele, Italia e Canada furono coinvolti nella verifica dei risultati e tutti confermarono i dati. Ben tredici scienziati pubblicarono congiuntamente i loro studi sulla prestigiosa rivista Nature. Tutto questo non poteva passare inosservato, dato che avrebbe dato la voce al fatto che un prodotto omeopatico, o addirittura l’acqua cosiddetta informata, potrebbe sostituire o perfino superare gli effetti di un farmaco.

Le risposte ufficiali non tardarono a farsi sentire e, come possiamo verificare ancora oggi, Beneviste fu accusato di essere un ciarlatano e le accuse nei suoi confronti arrivarono fino a mettere in dubbio la sua sanità mentale. Lasciò l’I.N.S.E.R.M. ma non si diede per vinto; si rivolse ad un ente privato, la DigiBio, che acconsentì a finanziare i suoi successivi studi e, in particolare, a sviluppare un’intuizione che aveva maturato durante gli studi sulla memoria dell’acqua: esaminare il modo in cui le molecole comunicano all’interno della cellula vivente. La teoria di Descartes, comunemente fin qui accettata, è ancora quella secondo la quale due molecole si scambiano informazioni quando sono simili e quando “casualmente” si incontrano, negando la possibilità che possano esserci interazioni a distanza.

Nella cellula normale una molecola di proteina si trova a “nuotare” in mezzo a diecimila molecole d’acqua, come una manciata di palline in una piscina.

Le probabilità che si incontrino sono troppo basse e casuali per giustificare le reazioni che avvengono puntualmente e la loro velocità di risposta. L’ipotesi formulata da Benveniste fu che esse avessero una loro frequenza caratteristica e che questa frequenza venisse veicolata dall’acqua. Portando avanti gli studi di Fritz Albert Popp, nel 1991, in collaborazione con il Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica di Medudon, riuscì a dimostrare che le molecole parlano tra di loro attraverso un linguaggio di frequenze oscillanti. In uno dei suoi esperimenti più eclatanti, Beneviste dimostrò che un segnale può essere registrato su di un computer, trasferito su di un supporto digitale e spedito dall’altra parte del mondo, per informare, una volta riprodotto, una cellula!

La ricerca continua: Luc Montagnier
Altrettante critiche sono state mosse al premio Nobel Luc Montagnier, quando ha incominciato a convalidare quanto sopra esposto. Da un‘intervista a Del Giudice riportiamo quanto da lui detto a riguardo: “Montagnier ha lunga dimestichezza con i virus e il DNA: è premio Nobel per la medicina proprio per queste sue competenza sperimentali. Montagnier pone in una provetta in acqua delle sequenze di DNA batterico; e poi – molto importante – diluisce via via con acqua.

Il professor Luc Montagnier, che ha proseguito gli studi di Benveniste.
Il professor Luc Montagnier, che ha proseguito gli studi di Benveniste.

Una bobina prende i segnali elettromagnetici provenienti dalla provetta. Prima cosa importante è il fatto che più si diluisce più aumentano i segnali elettromagnetici! Quindi è l’acqua a regolarne l’intensità. Quali frequenze? Lo stabilisce il DNA. Infatti, l’acqua può oscillare su un grande numero di frequenze, ma è il partner con cui l’acqua se la sta facendo in quel momento che stabilisce quali. Ma lui è andato oltre, e infatti la seconda parte dell’esperimento è quella più sconvolgente. Ebbene, cosa succede? Questi segnali vengono inviati ad un secondo recipiente con pura acqua distillata e, per evitare dubbi di contaminazione, la cosa è stata fatta anche per via telematica a centinaia di km di distanza.

Gli sperimentatori aggiungono a quell’acqua pura le sostanze necessarie alla strutturazione del DNA, adenina, timina, citosina e guanina, più i necessari catalizzatori, le polimerasi, ecc… e cosa succede? Dopo circa venti ore compare fisicamente lo stesso tipo di DNA da cui era stato estratto il segnale!!!” Per quanto riguarda il professor Del Giudice, recentemente scomparso, in uno studio congiunto con il professor Giuliano Preparata, dimostrò che gli atomi e le molecole componenti l’acqua creano “domini coerenti” (termine che indica il fatto che questi esibiscono un comportamento collettivo all’unisono), similmente a quello che fa la luce nel raggio laser e si uniformano su una singola lunghezza d’onda.

Queste singole lunghezze d’onda, poi, tendono ad informarsi in presenza di altre molecole, immagazzinandone e trasportandone la frequenza in modo che possa essere letta a distanza, indipendentemente dal fatto che la molecola informatrice sia presente o meno. Che dire? Il professor Sergio Serrano afferma di aver terminato la registrazione delle frequenze di tutti i principi attivi dei farmaci e dei rimedi naturali, di averli codificarti in un computer e di essere in grado di poter informare acqua potenziata a scopo curativo.

Gli ultimi studi (e non è finita)
Vorremmo terminare la parte informativa con un accenno a studi diversi ed altrettanto interessanti come quelli del dottor Masaru Emoto, sulla modificazione dei cristalli e, quindi, sulla disposizione dei pacchetti di molecole (cluster) di acqua esposta a frequenze musicali o più semplicemente, a sentimenti espressi con scritte o parole o preghiere. In Italia Masaru Emoto ha collaborato con il medico italiano Massimo Citro, di Torino.

Il dr. Massimo Citro è stato il primo scienziato al mondo che è riuscito a trasferire tramite circuiti elettronici le proprietà dei farmaci.
Il dr. Massimo Citro è stato il primo scienziato al mondo che è riuscito a trasferire tramite circuiti elettronici le proprietà dei farmaci.

“In realtà sono stato il primo scienziato al mondo che è riuscito a trasferire all’acqua le informazioni di un farmaco non omeopatico”, ci dice il dr. Citro. “Nel 1990 (prima di Benveniste, di Montagnier e di Emoto) ho scoperto il modo di registrare nell’acqua le proprietà terapeutiche di molti medicinali chimici senza doverli somministrare. Senza farmaco”, ci dice lo scienziato, che ha chiamato la sua scoperta TFF (Trasferimento Farmacologico Frequenziale).

“Ma c’è solamente il suo “codice”, ovvero l’insieme d’informazioni che codificano quella sostanza, e le cellule rispondono come se si trattasse del farmaco vero”. Dal 1992 Citro ha condotto esperimenti con Benveniste (al quale ha insegnato la tecnica di trasferimento), con Popp, con Emoto e con altri, fino a Montagnier (che a sua volta aveva appreso la tecnica da Benveniste), del quale ha riprodotto l’esperimento del 2009. I lavori di Citro sono riportati in The Basic Code of the Universe (USA, 2011, prefazione di Ervin Laszlo).

John Wilkes, inventore delle “flowforms”.
John Wilkes, inventore delle “flowforms”.

Da ultimo, ma non certo meno importante, citiamo qui Rudolf Steiner, che già negli anni a cavallo tra lo scorso e l’attuale secolo, nei suoi studi di biodinamica, ipotizzò che si potesse dinamizzare l’acqua attraverso un semplice processo di vorticizzazione e caduta. Tali studi sono poi stati portati avanti da John Wilkes, che fin dagli anni ’50 vi si dedicò in collaborazione con famosi scienziati, quali Theodor Schwenk e George Adams, arrivando a comprendere come il movimento dell’acqua fosse in stretto rapporto con sua rigenerazione e rivitalizzazione. Nel 1970 cominciò a costruire le sue flowforms: fontane e strutture volte ad organizzare il fluire dell’acqua in modo armonico per migliorarne le qualità organolettiche. Dal primo impianto ufficiale per la fitodepurazione delle acque, realizzato negli anni ’80 nella cittadina svedese di Jarna ad oggi, di questi bellissime installazioni ne sono statue realizzate a migliaia in tutto il mondo.

La nostra acqua. Che fare?
Per nostra acqua dobbiamo distinguere tra quella già presente nell’organismo e quella che assumiamo quotidianamente. Per quanto riguarda l’acqua presente tra e dentro le nostre cellule, sembrerebbe ormai chiaro che essa è costantemente influenzata da tutto ciò che di vibratorio ci circonda: le onde elettromagnetiche, quelle radio, la musica, le frequenze che un ambiente o altri individui ci passano.

Una delle fontane flowform, ideate da Wilkes.
Una delle fontane flowform, ideate da Wilkes.

Che uso facciamo di questa conoscenza? Di solito trattiamo l’argomento con superficialità, mentre dovremmo fare molta attenzione. In certi paesi nordici, per esempio, lo Stato fornisce gratuitamente una speciale vernice per isolare gli ambienti dalle emissioni Wi-Fi esterne: d’altronde basta accendere il computer e vedere quanti dispositivi ci raggiungono solo nella nostra abitazione, per rendersi conto della portata del fenomeno! Altro capitolo riguarda l’acqua che beviamo. Che sia del rubinetto o di bottiglie di vetro o plastica poco importa: anche nella migliore delle ipotesi trasporta informazioni pessime!

Allora, per prima cosa dovremmo disinformarla e dinamizzarla. Per fare questo è sufficiente dotarsi di uno o più imbuti; li si può mettere in sequenza, legandoli tra di loro uno sotto l’altro, oppure ripetere almeno tre volte l’operazione. Se si travasa l’acqua da una bottiglia all’altra usando questo accorgimento, vedrete che il liquido vorticizza nell’imbuto e, di conseguenza, cambia la vitalità dell’acqua e, apportando energia, concorre alla cancellazione della disposizione dei cluster di cui è composta. Seconda operazione: re-informazione.

Sulla bottiglia ultima in cui conservare l’acqua, che dovrebbe preferibilmente essere di vetro, con un pennarello da vetro oppure con un’etichetta, scriviamo parole come: amore, pace e tutto ciò che pensiamo positivo. Esistono in commercio oggi molte acque già preparate, ma sono davvero molto dispendiose. Potete fare una prova voi stessi della differenza, assaggiando in due bicchieri diversi le due acque, quella trattata e quella no… davvero interessante, non trovate? Da qui le possibilità di re-informazione sono infinite, buona sperimentazione a tutti!

Per saperne di più:
Libri: Jacques Benveniste: La mia verità sulla memoria dell’acqua (Macro edizioni).
Massimo Citro e Masaru Emoto: La scienza dell’invisibile (Macro edizioni).

Daniela Ghirardi
karmanews.it
Crediti immagine d’anteprima: shutterstock

Video. Sulle ricerche del professor Del Giudice