Molti studiosi si chiedono se Voyager sia oggi giunto al parossismo della disinformazione. Tralasciando la palese eristica filocattolica e ideologicamente di parte (mandarinismo d’altronde solito nei confronti di alcune istituzioni religiose), viene da chiedersi quale incerto esempio di esegesi storiografica abbiano seguito i conduttori della trasmissione di Rai 2; domanda legittima che sovviene a partire dai presunti citati martirî avvenuti sotto Cesare Nerone all’interno dell’anfiteatro Flavio, quando invece è notoriamente risaputo che la realizzazione di quest’ultimo fu decisa da Vespasiano nel 71 CE, ben dopo la morte di Nerone sovvenuta nel 68 (anacronismi simili sono ampiamente diffusi anche nelle testimonianze evangeliche).
Dei sette autori storiografici latini che descrivono il grande incendio di Roma scoppiato nel 64 sotto Nerone – si vedano Tacito, Annales 15.44; Svetonio, Nero 38; Cassio Dione, Historia Romana LXII, 16-18; Plinio il Vecchio, Naturalis historia XVII, 5 in un passo che però è corrotto; pseudo Senaca, Octavia 831-832; Eutropio, Breviarium ab Urbe condita VII, 14 – non solo Tacito è l’unico autore a riportare “l’eccezionalità” di tali martirî, stranamente sottaciuti nelle altre “testimonianze”, ma il paragrafo nel quale viene descritto l’episodio – peraltro fortemente sospetto di interpolazione! – non riporta affatto Simone apostolo come vittima di tali persecuzioni, né tantomeno cita il martirio dell’apostolo Paolo!
La mancanza di una corretta informazione in proposito è gravata dal fatto che l’esistenza di questi personaggi, erroneamente considerati “storici”, ovvero intesi come uomini realmente vissuti, è a dir poco problematica e ampiamente contesa, sebbene sia stata volutamente lasciata intendere come certa e scontata da parte dei redattori della trasmissione.
Paolo Orosio (375 – 420 ca.), storico e presbiterio cristiano, nella sua opera Historiarum adversos paganos, al libro VII, 7 nel narrare gli accadimenti avvenuti sotto Cesare Nerone, descrive anch’egli l’episodio dell’incendio di Roma del 64 in modo piuttosto particolareggiato, riferendone la durata (sei giorni e sette notti), le reazioni di Nerone (il quale si mise a cantare la caduta di Troia in veste citaredica, mirando il fuoco dall’alta torre di Mecenate) e le misure di ricostruzione (un milione di sesterzi annuali a cui si devono aggiungere i beni di numerosi senatori espropriati dei propri averi); ma non ricollega, all’infausto incendio, le persecuzioni di Cristiani da parte di Nerone, sebbene poche righe più tardi le descriva, ma solo dopo aver concluso la narrazione dell’incendio.
Nella sua opera Orosio fa continuo riferimento a Tacito (cfr. Historiarum adversos paganos, VII, 24; VII 27) e alle sue opere (cfr. Hist. adv. paganos VII, 10; VII, 19), tanto da citarne spesso il contenuto (cfr. Hist. adv. paganos VII, 3); tali riferimenti sono la prova che Orosio teneva in costante riferimento i resoconti annalistici di Tacito. La mancata menzione nell’opera di Orosio dell’ingente martirio di Cristiani avvenuto sotto Nerone, potrebbe dunque essere indicazione della non storicità dell’accaduto, la cui narrazione nelle opere di Tacito potrebbe essere stata tardivamente inserita da fonti postume all’autore, tendenzialmente filocristiane.
Partendo da queste constatazioni e tenendo presente che l’analisi filologica del capitolo 15.44 degli Annali di Tacito ci permette di identificare detta testimonianza nell’ambito delle fonti documentali “dipendenti”, ponendo in discussione l’effettivo valore storiografico della stessa, viene da chiedersi in base a quale documentazione oggettiva gli storici di Rai 2 avallino la storia di queste discusse persecuzioni, ben sapendo che molte di esse non furono nemmeno persecuzioni di Cristiani seguaci del Cristo neotestamentario, ma di Giudei “messianisti” (in greco “Christiani”) che del messia davidico attendevano ancora l’avvento.
Alessio De Angelis
studioso e ricercatore neotestamentario