La bestia di terra dell’Apocalisse di Giovanni e il suo numero seicentosessantasei

Introduzione

Con questo saggio si prosegue uno studio sull’Apocalisse di Giovanni, sviluppato in un mio articolo dal titolo “Missione Uomo – La porta stretta dell’Apocalisse di Giovanni.

Il nuovo tema proposto si incentra sul mistero che avvolge il versetto 13,18 dell’Apocalisse, in particolare sul «numero della bestia […] seicentosessantasei».

Apocalisse di Giovanni
Figura 1: Signorelli. Duomo di Orvieto. Cappella San Brizio. Particolare Predica e fatti dell’Anticristo.

Traggo dal suddetto mio articolo alcune nozioni introduttive che spiegano sommariamente lo scopo del libro dell’Apocalisse, poiché è stato continuamente considerato come profezia della fine del mondo, invece non è propriamente così che va interpretato.

In questo libro sacro, presente e futuro sono come uniti fra loro, e anche se è tutto scritto al futuro, il suo scopo è verosimilmente rivolto al presente, cioè si parla del futuro per parlare del presente. E poi occorre chiedersi che senso ha una così lunga e complicata disamina escatologica, come questa del libro dell’Apocalisse in esame, tutta orientata su un percorso che ci presenta una serie di fatti sulla presunta fine del nostro mondo, quando la stessa cosa è annunciata nella sua cruenta catastroficità dall’apostolo Matteo nel suo Vangelo 24,1-48? Quasi a vederla come fatti reali del nostro pianeta, a differenza della descrizione analoga prodotta nel libro dell’Apocalisse di Giovanni che è espressa in modo simbolico.

Notare che, se il libro dell’Apocalisse è stato suggerito a Giovanni da un angelo su incarico di Gesù, come di un passamano, il Vangelo di Matteo è stato invece suggerito direttamente da Gesù.

Non mi dilungo su questo tema della destinazione del libro dell’Apocalisse, rimandando il lettore al saggio suddetto “Missione Uomo – La porta stretta dell’Apocalisse di Giovanni, dove viene spiegato in modo particolare ogni cosa che conduce alla persuasione che in realtà non si tratta di fatti profetici sulla fine del mondo e altro che vi attiene naturalmente, pur mostrando connotazioni che caratterizzano in modo spirituale la fine del mondo.

Altra cosa importante è la comprensione della catechesi legata a questo mistero sulla «bestia» che è di «terra» rifacendoci ancora a quanto spiegato nel citato mio articolo che riprendo per intero.

La porta stretta dell’Apocalisse di Giovanni

Figura 2: Bessarabia. XVIII sec. La pecora smarrita.

Una cosa nuova mai posta sul conto dell’Apocalisse di Giovanni evangelista, una “porta stretta” che si lega alla nota parabola della “Pecora smarrita di Gesù” raccontata nel Vangelo secondo Matteo (18,12-14) e nel Vangelo secondo Luca (15,3-7).

Leggiamo la parabola di Luca per intravedervi il nesso in questione:

«Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.»

A prima vista è arduo capire dove e come trovare il supposto nesso sulla “porta stretta” nel libro dell’Apocalisse in questione, anche se dal punto di vista della catechesi evangelica è noto l’insegnamento ivi riposto.

Sul conto dell’Apocalisse giovannea, cominciamo col dire, che il fatto di definirla “stretta“, al punto da non riuscire rintracciarla, è perché non si medita che attraverso di essa deve poter entrare il male e uscire puro e immacolato, il bene, e andiamo oltre.

Ora facciamo riflessioni sull’immagine sopra esposta dove si vede il Buon Pastore, nelle vesti del Signore Gesù, che porta sulle spalle, con sé pieno di gioia, la  ritrovata pecora smarrita del suo gregge, e poi ritorna là dove era partito. Ma per far questo, egli si è dovuto recare in un luogo impervio in cui ha trovato la sua pecora che conviveva con altre bestie poco rassicuranti. Non è stato facile per lui strapparla da quel luogo, ma, se dapprima la sua pecora era ostile a seguirlo, poi di buon grado si è lasciata prendere per far poi rientro al lontano gregge.

Si è capito ora perché la “porta“, in questione, cioè il varco che separa le bestie estranee a quel provvido pastore, da quelle del suo gregge, è stato definito “stretto“. Non perché era fisicamente stretto, ma perché in questo varco è avvenuto tutto il processo di “trasformazione” (di “trasmutazione” se si valutano le stesse cose in termini alchemici) del “malsano” della “pecora smarrita” in un corrispondente relativo “buono“. Si capisce che, con la “pecora smarrita“, si parla in modo traslato dell’uomo. Ma non basta, perché vi è dovuto corrispondere un “sacrificio” da parte di quel Pastore nel mettere da parte la sua dignità per avere a che fare con delle bestie del male onde recuperare la sua pecora. Egli, che in realtà è il Signore Gesù, ha dovuto introdurre nella “pecora smarrita” (l’uomo peccatore) la “vita” per bilanciare la “morte” causata dal fatto di aver fatto lega col malsano dell’ambiente in cui si è trovata.

Insomma per riassumere si capisce che la «bestia» dell’Apolisse di Giovanni e la «pecora smarrita» evangelica e poi l’uomo stesso in perdizione, nonché una parte dell’umanità segnata dal numero della «bestia», sono la stessa cosa. E di conseguenza la «porta stretta» evangelica è tutta racchiusa nella descrizione del versetto:

«Faceva sì che tutti piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e nessuno poteva comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.». (Ap 13,16-18)

Ma dopo aver fatto tutte queste osservazioni dal punto di vista del cristianesimo, con il parallelo con la “porta stretta” evangelica, non manca un convincente appoggio esaminando il supposto processo del mistero riposto del “tutto” del suddetto versetto 13,16-18 dell’Apocalisse in studio, con l’Alchimia.

Ed è in tal modo che ci si convince che veramente lo scopo del libro dell’Apocalisse giovannea è l’esatta descrizione della “Grande Opera” come quella degli Alchimisti per giungere a ottenere l’Elisir di lunga vita. E la “porta stretta” non è altro che l’Atanor degli alchimisti.

Attesa di Primavera in una profezia di Nostradamus

Figura 3: Immagine tratta da Li tre libri dell’arte del vasaio, opera di un alchimista del 1500, Cipriano Piccolpasso.

L’illustrazione accanto, in cui si vede una colomba che cerca di sollevare una pietra cui è saldamente legata, fa parte di Li tre libri dell’arte del vasaio, opera di un alchimista del 1500, Cipriano Piccolpasso1. Egli è stato anche architetto, storico, ceramista, e pittore di maioliche, italiano.

L’immagine rappresenta il simbolo dell’unità della materia, la cui difficoltà del processo alchemico per ottenerla, trapela dal filatterio in cui vi è iscritta la parola IMPORTUNUM.

La colomba, segno di sublimazione alchemica, rappresenta l’azione dello spirito sulla materia, un ruolo importante della seconda opera del Magistero Alchemico. In modo traslato all’Apocalisse di Giovanni, lo Spirito è l’Agnello, e la materia e la «bestia di terra». Tuttavia il solido legame che unisce lo spirito alla pietra, lascia intendere che questa, nel trattenerla, incide nel processo con la sua azione specifica, la forza di gravità, propria della materia.   È ben chiaro così che venendo meno questa forza, il prodotto della sublimazione s’invola, vanificando così il lavoro dell’alchimista, e questo non ha senso che avvenga. Ecco lo scopo del legame che unisce i due per la cosiddetta  coniunctio oppositorum.

La croce in alto indica l’atanor, ossia il crogiuolo (sinonimo di croce appunto), strumento dell’Arte del Fuoco, ovvero la Via Secca.

Più da vicino la pietra e la colomba rappresentano lo solfo e mercurio alchemico (la salamandra e la remora) che si azzuffavano dilaniandosi.

Questi due principi “abitano” il vaso alchemico e la lebbra che affligge la Materia Prima, più che identificarsi con il fisso o con il volatile, col corpo o con lo Spirito, risiede nella loro mancata integrazione, nella loro separazione. L’alchimista, quindi, non potendo rinunciare né all’uno né all’altro, deve riuscire ad amalgamare e fondere insieme Spirito e Corpo, realizzando la coniunctio oppositorum. Gli opposti devono prima lottare divorarsi ed uccidersi a vicenda perché la loro unione possa realizzarsi. Questa operazione ha due aspetti, quello del costringere la terra corporea e pesante ad elevarsi verso le regioni dello Spirito e quello consistente nell’obbligare lo Spirito ad abbandonare iCieli filosofici”, ove può spaziare liberamente, costringendolo a discendere nelle regioni più pesanti e condizionate dai vincoli terrestri perché possa vivificare rivitalizzare e “rendere consapevole” il corpo.

È una sorta di primavera che ad un certo punto attende l’esperto e paziente vasaio in trepido “ascolto“, come Leo, uno dei tanti alchimisti, in “Avviamento all’Esperienza del Corpo Sottile2: «Noi dobbiamo cercare di avvertire accanto ad ogni impressione sensoria una impressione che la accompagna sempre, che è di genere del tutto diverso risonanza in noi della natura intima, sovrasensibile delle cose e che ci penetra dentro silenziosamente.» E cosicché lo Spirito Universale sovrasensibile si rispecchia nella sensorialità umana ed è così che, accanto a quella abituale, verrà a crearsi un nuovo tipo di sensazione. Fino a quel momento, vi sarà il fervore occulto del prepararsi alla rinascita: ci si troverà in una situazione analoga a quella dei  primi incerti giorni  successivi  all’equinozio,  nei  quali  la  natura  sembra,  pur  operosamente,  ancora  in  “Attesa  di Primavera”.3

Ma la Natura è provvida perché, in mancanza della “sensorialità” interiore, di cui parla l’alchimista Leo che l’avverte del sopraggiungere della vagheggiata “Primavera“, ha predisposto che ad essa si sostituiscano altre “primavere” i cui fiori sbocciano, per esempio, attraverso profezie, come questa tratta dalle Centurie di Nostradamus, per esempio:

Nostradamus II-27

«Le divin Verbe sera du ciel frappé,
Qui ne pourra proceder plus avant:
Du reserrant le secret estoupé,
Qu’on marchera par dessus et davant.»

«Il divin Verbo sarà dal cielo chiuso,
Che non potrà procedere più avanti:
Rinchiudendo il segreto dischiuso,
Che marcerà per disotto e davanti.»

Questa quartina prelude ad una nuova realtà alchemica trasmutatoria che annuncia la nota “resurrezione dei corpi” promessa da Gesù attraverso i Vangeli. Il «divin verbo» è lo “Spirito” che finalmente pervade il “Corpo” e lo integra, perché diventi “Pietra filosofale” (v. la “colomba” e la “pietra” del vasaio di Cipriano Piccolpasso). Il suo “segreto” si “dischiuderà” per “disotto“, ossia nel “Corpo” e sarà “visibile” come una “primavera“.

E non mancano di rinforzo illuminate profezie sacre come quella dell’Apocalisse di Giovanni, a testimonianza che è parola di Gesù ossia del «divin Verbo».

«Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco: colui che lo cavalcava si chiamava <Fedele> e <Verace>: egli giudica e combatte con giustizia.» Ap 19,11)

«E non vi sarà più maledizione.
Il trono di Dio e dell’Agnello
sarà in mezzo a lei
e i suoi servi lo adoreranno;
vedranno la sua faccia
e porteranno il suo nome sulla fronte.» (Ap 22,3-4)

Ed ora entriamo nel nuovo tema sull’Apocalisse di Giovanni in trattazione, incominciando dalla questione sulla comprensione della decifrazione del numero 666 della bestia che ci prefiggiamo di penetrare. Da come è posto il versetto che vi attiene, sembra di intuire che il mistero del libro sacro in studio, sia racchiuso in questo numero. Insomma capire questo è come se si illuminasse tutta l’opera scritturale di Giovanni.

Il “passamano”

Di buona lena riprendiamo la questione interrotta sulla comprensione della decifrazione del numero 666 della bestia.

La prima idea, cominciando dall’inizio della sua stesura, si rifà ad un certo “passamano“, e spiego: Gesù incarica un angelo di rivelare i fatti escatologici dell’Apocalisse all’evangelista Giovanni, quasi a suggerire di poter continuare su questa linea e così rivelare le stesse cose ma in modo diverso, più evolute, con un successivo “passamano“, come di un processo da continuare nello stesso modo. Cioè Giovanni “in spiritosuggerisce a sua volta ad un altro profeta, questa volta più avanti nel tempo.

Ora se così fossero andate le cose di questo mistero, allora perché non pensare che possa essere il noto profeta e astrologo Michel Nostradamus, il destinatario in merito?  Dunque può essere qui che si delineano i fatti dell’Apocalisse correlati a altrettanti fatti sul piano terreno, come per farvi fare un passo avanti nel tempo per la comprensione. Metà delle profezie di Nostradamus sono state già svelate, ma restano senza spiegazioni le rimanenti ed è in questa sede che si legano i fatti dell’Apocalisse.

– Perché ho pensato a questa ipotesi?

Perché con Nostradamus si cominciano a maturare i tempi per permettere all’uomo di essere instradato alla comprensione dei fatti dell’Apocalisse, se correlati a una certa parte delle profezie di Nostradamus, facendo riferimento a una sua precisa profezia, la seguente quartina 61 della centuria VI:

«La grande pista incisa avvolta ne mostrerà,
Forse che alla metà le maggior parte della storia:
Cacciato dal regno, longo aspro apparirà,
Che al fatto bellico ciascuno lo vorrà credere.»

Esaminando la traduzione delle profezie in esame – mettiamo – quelle che Renucio Boscolo ha fatto nel suo libro “Centurie e Presagi di Nostradamus” (Edizioni Meb), la prima «metà della della maggior parte della storia» del secondo verso arriva al 1972. Ed è da qui, all’incirca, che si presume che si comincia a preparare il tempo per l’apparizione del «longo aspro» del terzo verso e si intuisce che si tratta della «bestia di terra» del numero seicentosessantasei, che tutti hanno interpretato come l’Anticristo. Ma come va stimata questa presunta “apparizione“, come quella di una persona fisica o che?

Traggo da internet un articolo a riguardo “L’incarnazione di Ahrimane” di Claudio Gregorat (secondo le concezioni dell’Antroposofia di Rudolf Steiner), pubblicato il 3 gennaio 2017 da Luigina Marchese4.

Qui si fa distinzione sulle incarnazioni di Lucifero, il Cristo e Ahrimane che sono apparse sulla terra presumibilmente secondo questo ordine:

  • Lucifero si incarna sotto la Reggenza di Oriphiel, intorno al 2500 – 2300 a.C.;
  • il Cristo  si incarna sotto la reggenza di Oriphiel;
  • Ahrimane si dovrebbe incarnare sotto la Reggenza di Oriphiel entro il 2200 – 2400, in senso speculare a quella di Lucifero.

Oriphiel è l’Arcangelo di Saturno.

E dunque non entro la presente Reggenza di Michael, quale Difensore della Cristianità,  cioè dal 1879 al 2233: ma nella seguente Reggenza di Oriphiel, dal 2200 al 2400 circa, diciamo, per ipotesi, entro il 2300. Ora, questa data fa ben parte dell’”inizio” del terzo millennio! Potremmo ora sostenere tale possibilità con una certa sicurezza, considerando anche l’aspetto geografico.

  • Lucifero si incarnò in Cina verso il 2500-2300, quindi in Oriente
  • Cristo si incarnò in Palestina nell’anno 0, quindi nel Centro
  • Ahrimane si dovrebbe incarnare, verso il 2300 (?) in Occidente, in America.

Si forma così l’immagine di una bilancia, il cui fulcro è posto in Palestina.  E l’osservazione geografica della Terra, dimostra che la Palestina – gli egittologi sostengono essere la Piramide di Cheope – si pone esattamente al “centro” fra continenti e mari ad Oriente ed altrettanti continenti e mari ad Occidente; le stesse superfici a destra ed a sinistra di essa.

Anche questa riflessione è pur sempre una supposizione. Purtuttavia, essendo il ritmo degli Eventi Mondiali soggetto a ritmi ricorrenti, offre una certa possibilità di avvicinarsi alla realtà. Come pure la considerazione che il Cristo è nato ed ha agito ponendosi al centro della Terra, in quanto “Spirito della Terra” stessa.

Altro particolare, su cui riflettere, il numero 666 in questione espresso in lettere e non in cifre più facile da vedere e memorizzare, ma per una ragione ben precisa come ora si capirà.

Ecco che l’enigma del numero seicentosessantasei della bestia dell’Apocalisse, se scomposto in sei cento e sessanta, e sei cento e sei, indirizza alle Centurie (cento) di Nostradamus VI-60 e VI-6.

La prima parla di un Principe tradito (il Principe del mondo: Satana); la seconda parla del segno di una stella che predispone la morte della “città grande” (la “grande prostituta“). Questa stella, Nostradamus la chiama “estoile chevelue“, cioè  “stella barbuta“, ed è presumibilmente il virus Covid-19 meglio noto come coronavirus che sta tenendo in scacco il mondo intero. Infatti l’aspetto di questo virus sembra una sferabarbuta“.

Quasi a mostrare il segno che si è al tempo giusto per stare al passo delle profezie dell’Apocalisse in studio.

Seicentosessantasei può essere scomposto anche in sei cento e sessantasei per indirizzare alla Centuria VI-66 che parla della scoperta di un sepolcro di un grande Romano cui seguirà un terremoto. Tutti questi dati, riferentesi a quartine, cinquine e sestine, raccolte in Centurie sono il punto di partenza per vedere legate fra loro, attraverso numeri e nessi, a tutte le altre profezie per costituire un resoconto coerente.

Riepilogando sono possibili due casi,
VI Centuria, quartina 60, e VI Centuria, quartina 6
oppure,
VI Centuria, quartina 66.

Primo caso della decifrazione di 666

Nostradamus Centuria VI, quartina 60

«Le Prince hors de son terroir Celtique
sera trahy, deceu par interprete:
Ruan, Rochelle par ceux de l’Armoirique
Au port de Blaue par moyen et prestre.»

«Il Principe fuori del territorio Celtico
sarà tradito, deluso per l’interprete
Ruan, Rochelle, per quelli dell’Armorica
Al porto di Blayle decaduti per mezzo prete.»

È un messaggio in codice diretto al futuro per chi vivrà al tempo giusto perché cominciano ad attuarsi i fatti preconizzati nell’Apocalisse di Giovanni, che la quartina VI-6 successiva perfeziona. Ricordo che si tratta messaggi crittografici basati spesso su giochi di parole privi, a volte, di razionalità.

Ruan, Rochelle, come in molti altri casi simili non riguardano le relative città, ma le loro iniziali che in questo caso sono R.R. E qui altra prodezza interpretativa per capire che si tratta del noto acronimo delle poste per significare ricevuta di ritorno. Dunque è un messaggio, naturalmente per quelli dell’Armorica, proseguendo la frase, ed è la Bretagna, la terra dei Celti, ossia dei Galli, che compaiono in un’altra quartina nostradamica che vedremo poi, come voler “comunicare” criptamente va tutto O.K..

Indagando sul «porto di Balyle» si scopre che certi progetti della duchessa di Berry per l’erede al trono di Francia, il Principe, saranno “traditi” perché è fatta prigioniera, appunto “Al porto di Blayle” nel 1833. Il «mezzo prete» sta per “pastore protestante“: i protestanti  presero possesso di questo porto nel 1568. Probabilmente si tratta di una chiave per legarla in modo avverso al progetto del citato «Principe» considerato che siamo in piena area del numero 666 della «bestia di terra». Perciò in modo traslato è il Principe del mondo, cioè Satana.

Ricordo questa citazione dell’Apocalisse di G. (Ap 13,11):

«Vidi poi salire dalla terra un’altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago.». Quindi la presenza del «mezzo prete» è coerente, e lo è solo per metà perché poi ci si renderà conto che la «bestia di terra» diventerà l’«Agnello» ed ecco che anche la «sapienza» che vi si lega, da  “falsa”  (dei protestanti) che era diventa veritiera.

E proseguendo nell’interpretazione della N. VI-60:

Al Principe, contrapposto al territorio Celtico, cioè i Galli,  non gioveranno le lettere del grande Profeta giunte in mano sbagliate, “l’interprete“, di cui si parla nella quartina di N. II-36 che segue:

«Du grand Prophete lees lettres seront prinses,
Entre les mains du thiran deviendront,
Frauder son Roy seront ses enterpronses,
Mais ses rapines bien tost le troubleronr.»

«Del grande Profeta le lettere saranno prese,
Tra le mani del tiranno giungeranno,
Per frodare il suo Re, saranno le sue imprese,
Ma le sue rapine bentosto lo rovineranno.»

Nostradamus Centuria VI, quartina 6

«Apparoistra vers Septentrion
Non loing de Cancer l’estoille chevelue
Suze, Sienne, Boece, Eretrion,
Mourra de Rome grand, la nuict disparue.»

«Apparirà verso il Settentrione
Non lungo del Cancro la stella barbuta:
Susa, Siena, Boemia, Eretrion,
Morirà di Roma la grande, la notte, dissolta.»

Si tratta di un segno che da l’avvio all’interpretazione della quartina Centuria VI, quartina 60 che vi precede, quella della R.R., cioè la ricevuta di ritorno, un messaggio di intesa, come se fra le forze inferiche della «bestia» vi fosse un “infiltrato“.

Viene in mente un racconto del filosofo austriaco Rudolf Steiner, fondatore dell’Antroposofia, che si sofferma sulla forza solare cristica che si distacca dal Sole per far parte della forza lunare di Ahrimane. Si tratta del dio Jahvè che contrasta le intenzioni antispirituali di Ahrimane, cioè Satana. Ahrimane vuol dire dunque Morte spirituale.5

«Morirà di Roma grande, la notte dissolta».Roma grande” va intesa in due modi.

– Primo, come Amore, l’anagramma che vi corrisponde comunemente accettato. E allora cosa vi è più grande dell’Amore? Niente, perché con Amore germoglia la vita e senza di lei tutto muore. Pertanto non potendo assolutamente morire, chi muore al suo posto? Si dissolve la Morte legata alla notte, cioè viene a mancare per opera e virtù della “stella barbuta”, «l’estoille chevelue»!

– Secondo come la «città grande» (Ap 17,18), la  «grande prostituta» (Ap 17,1), e così si dissolve la Morte confermando l’altra versione interpretativa.

Infine per il terzo verso «Susa, Siena, Boemia, Eretrion», Nostradamus ricorre, come già è avvenuto per il caso precedente della quartina di N. VI-60, alle iniziali maiuscole che nel nostro caso sono tre città, ma non di Eretrion di cui non si sa nulla. Ma per Erection il significato può essere costruzione, erezione, montaggio. Tutte  parole che sembrano legate a una possibile macchina. Nasce l’idea di puntare l’attenzione sulle iniziali SSB, l’acronimo relativo alle iniziali delle tre città suddette. Di qui nulla di tanto arduo che far la relativa ricerca su Startpage.com, ottenendo questo risultato con due possibili acronimi fra i diversi:

  • Siluro San Bartolomeo – sommergibile tascabile italiano
  • Submersible Ship Ballistic: sigla HCS per identificare il sottomarino convenzionale lanciamissili balistici.

Questi due acronomi sembrano legarsi coerentemente al sistema della macchina Enigma dei nazisti della passata guerra mondiale, con cui sembrano dialogare di nascosto l’ipotetico infiltrato steineriano della «bestia», con le forze solari del Cristo, cioè Jahvè che può accostarsi alla figura di Saturno. Tanto è che la quartina III-91 di N. celebra la sua rinascita:

«L’arbre qu’estoit par log temps mort sechè,
Dans una nuict viendra à reverdir:
Cron Roy malade, Prince pied estaché,
Criant d’ennemis fera voile bondir.»

«L’albero che stava lungo tempo morto secco,
In una notte verrà rinverdire
Crono re malato, Principe in piedi eretto
Timore di nemici, farà volo bonificare.»

«Crono re malato» è Saturno, ovvero l’argomentato “infiltrato” steineriano «Yahwè».

«L’estolille chevelue» della quartina N. VI-60

Figura 4: Immagine del coronavirus.

E se fosse «l’estoille chevelue», cioè  la stella barbuta, il segno del virus Covid-19, meglio noto come coronavirus che sta tenendo in scacco il mondo intero? Infatti, osservando l’illustrazione relativa accanto, l’aspetto di questo virus sembra una sfera “barbuta”.

La Covid-19 – conosciuta anche come malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2 o malattia da coronavirus 2019 o anche morbo da coronavirus 2019 – è una malattia infettiva respiratoria causata dal virus denominato SARS-CoV-2 appartenente alla famiglia dei coronavirus. I primi casi sono stati riscontrati durante la pandemia di COVID-19 del 2019-2020. Al 13 luglio 2020 il suo tasso apparente di letalità è del 4,4%.

Rinforza questa ipotesi il fatto che l’estoille chevelue appare a settentrione, cioè nella parte alta del corpo, cioè i polmoni.

Riflettendo su «l’estoille Chevelue», sembra legarsi alla quartina di Nostradamus VI-96 che è questa:

«Sur le millieu du grand Monde la Rose
Pour nouveaux faicts sang public espandu:
A dire vray on aura bouche close,
Lors au besoing viendra tard l’attendu.»

«Sopra la metà del grande Mondo la Rosa
Per nuovi fatti di sangue pubblico sparso:
A dire il vero si avrà la bocca chiusa,
Allora il bisogno verrà tardi l’atteso.»

«la Rosa» si lega chiaramente a «l’estoile cevenue» per verosimiglianza del virus Covid-19 cui vi corrisponde ad una rosa appunto;
il «grande Mondo» è  «la città grande» (Ap 17,18)  simbolo della grande prostituta che «la bestia e i dieci re […] spoglieranno e la lascieranno nuda, ne mangeranno le carni e la brucieranno col fuoco» (Ap 17,16-17);
il «sangue pubblico sparso» è il sangue dei moltissimi morti a causa del covid-19;
«verrà tardi l’atteso» si lega ad un’altra quartina di Nostradamus, la II-45:

«Trop le ciel pleure l’Androgyn procree,
Pres de ciel sang humanin respandu:
Par mort trop tard gran peuple recree,
Tard  et tost vient le secours attendu.»

«Troppo a Cielo piange l’Androgino procreato,
nello spazio celeste sangue umano versato:
per la morte troppo tardi il grande popolo ricreato,
tardi e così viene il soccorso atteso.»

1 gianfrancobertagni.it/materiali/alchimia/piccolpasso
2 Introduzione alla Magia, a cura del Gruppo di UR, vol. I, cap. III, pag. 72, Edizioni Mediterranee.
3 liberaconoscenza.it/commenti..20versetto..2051
4 L’incarnazione-di-arimane
5 Rudolf Steiner: “il movimento occulto nel secolo diciannovesimo e il mondo della cultura” (Editrice antroposofica-Milano)