Molti di coloro che si accostano alla ricerca nel campo delle risorse umane e del miglioramento della qualità della vita si trovano di fronte alla sfida di integrare in qualche modo la spinta verso il progresso e la brillantezza dell’innovazione scientifica che in ogni settore spinge verso il futuro, con l’enorme ricchezza, in gran parte inesplorata, proveniente da un passato remoto, spesso collocato in un tempo piuttosto indefinito, ma del quale sopravvivono documenti e memorie di immenso fascino e profondità.
Civiltà antiche sparse in punti lontani del pianeta portano all’attenzione di chi ne sa leggere con cura il linguaggio espressivo una saggezza di vita basata sulla capacità, a noi ormai quasi completamente sconosciuta, di integrare ogni aspetto dell’esistenza, di saperla cogliere nella sua unicità, nel rispetto di quell’equilibrio complessivo che meglio di tutto esprime il senso del sacro ed i valori spirituali di tale passato lontano e magico.
Se dal punto di vista della tecnologia e della scienza il progresso appare come un crescendo più o meno lineare, nell’ottica più ampia della conoscenza generale delle dinamiche della vita e degli spazi interiori dell’uomo la storia presenta un andamento evidentemente ciclico con momenti di apice della civiltà e momenti di decadenza. Tale corso viene a volte chiamato alternanza delle epoche e i testi sacri di ogni tradizione ne fanno in qualche modo riferimento.
Questa visione e le documentazioni storiche ed archeologiche, unitamente alla testimonianza portata dai miti e dalle religioni più antiche, compongono il mosaico di un tempo di fioritura dello stile di vita sul pianeta, di un periodo di armonia sociale, di profondità introspettiva e rispetto consapevole dell’armonia cosmica. La collocazione storica di tale epoca è oggetto di controversie e di congetture di vario tipo: appare come un intervallo di quello che viene chiamato neolitico e spesso ci si riferisce ad essa come Età dell’Oro, contribuendo a darne un’immagine mitica ed evanescente. La vita era scandita dai semplici ritmi della natura, ossia il giorno e la notte, l’alternarsi delle stagioni, il passaggio delle costellazioni nel cielo. L’uomo sapeva vivere in armonia perché conosceva tali ritmi. Osservava il cielo e ne prevedeva il tempo, osservava la terra e ne comprendeva le esigenze.
Terra e Cielo, Sole e Luna, erano i compagni con cui condivideva la sua intera esistenza. La Terra rappresentava simbolicamente la madre che lo nutriva, gli dava protezione e sicurezza. Il Cielo simboleggiava il Padre, la divinità, il suo nutrimento spirituale. Dall’unione fra Cielo e Terra nasceva la vita. L’esistenza quotidiana si basava su una componente materiale (la Terra) ed una spirituale (Il Cielo). L’armonia, la pace e la realizzazione derivano da questa unione. Il Cielo e la Terra, uniti fra loro, condizionavano la sacralità della vita dell’uomo e dell’ambiente: la Terra diveniva sacra perché guidata dallo spirito del Cielo che si manifestava attraverso i fenomeni naturali (come la pioggia).
L’uomo antico venerava la Terra e il Cielo che simbolicamente e materialmente rappresentavano l’intera sua esistenza, attraverso forme, rituali, preghiere. La ricerca interiore e la pratica spirituale individuale e collettiva avevano una corrispondenza diretta nella purezza del vivere e nell’espressione di tutte le dimensioni umane. Il desiderio di codificare, spiegare e trasmettere la saggezza acquisita, impulso che venne forse all’inizio del processo di decadenza, diede origine a testi spesso di lettura non facile e a rappresentazioni prevalentemente basate sull’uso del simbolo, utilizzato per la sua capacità di ritrarre in immagini efficaci e in sensazioni istintive l’archetipo dell’armonia e dell’equilibrio insito nell’evoluzione.
Spesso era nella costruzione degli edifici, un tempio, una casa, un semplice circolo di pietre, che si tentava di riflettere il legame tra macrocosmo e microcosmo, tra l’eterno ed il qui ed ora, di segnare i movimenti del sole, della luna, delle stelle e delle costellazioni. L’uomo stesso, abitando le proprie costruzioni, si sentiva protetto e sicuro, in relazione con il volere naturale, che considerava divino. Egli viveva la propria dimensione personale come un riflesso dell’ordine complessivo, come espressione di un’unica essenza.
Osservando, studiando e comparando i resti archeologici degli edifici eretti da popoli antichi provenienti dalle più remote regioni della terra non possiamo fare a meno di notare la cura e la perizia con cui conoscenze raffinate sulle dinamiche della natura venivano riversate nell’armonia tridimensionale delle costruzioni. Dai circoli di pietre eretti dai Celti ad immagine delle dinamiche dei cicli astronomici, ai templi immensi che gli antenati dei Maya, degli Inca e degli Aztechi edificarono con l’uso di abilità tecnologiche tuttora incomprensibili, ovunque troviamo tracce della trasposizione di conoscenze astronomiche nell’architettura, come un messaggio lasciato ai posteri, e non ancora del tutto compreso, attraverso un codice capace di resistere al tempo e fondato su una profonda e sorprendente familiarità con l’universo circostante.
L’esempio più significativo di tale antica perizia è sicuramente rappresentato dalla grande piramide di Giza in Egitto che, con i suoi strani corridoi e le sue enigmatiche stanze costituisce l’oggetto geometrico più famoso della Terra. Letteralmente geometria significa “misura della Terra” e la piramide funziona come una meridiana incredibilmente esatta, un osservatorio stellare, uno strumento di rilevamento topografico del territorio e un magazzino per pesi e misure standard. Nel progetto sono inscritte misurazioni della Terra altamente precise, dati astronomici dettagliati e semplici lezioni di geometria.
L’investimento immenso che alcuni di tali progetti senza dubbio dovettero richiedere in termini di tempo, di risorse e di pianificazione è di per sé indice del valore che assumeva in passato la relazione tra macrocosmo e microcosmo, il contatto tra umano e divino espresso nel corpo, nella materia. Anche lo studio delle abitudini di popolazioni che hanno mantenuto, per isolamento geografico, uno stile di vita fortemente basato sul rispetto della natura, rivela l’abitudine, mantenuta per tradizione, di edificare ed organizzare l’ambiente secondo una logica legata all’armonia degli elementi e delle fasi della vita.
In Africa, ad esempio, presso la popolazione dei Dogon il villaggio viene ancora oggi costruito su una pianta che ha la forma umana (vedi figura 1); questa consuetudine di usare il corpo come luogo in cui Terra e Cielo (Sole e Luna) si uniscono è antichissima, è nel corpo infatti che tale contatto si realizza.
I punti centrali del villaggio sono posizionati nei chackra principali, cioè nei punti energetici fondamentali del corpo. Così, nel chackra del loto, simbolo di illuminazione, viene costruita la fucina del fabbro, simbolo del fuoco. La testa è la piazza del paese mentre nel chackra della gola vivono gli anziani, portatori delle parole di saggezza e di guida. Nel chackra del cuore vivono gli abitanti del villaggio mentre nelle mani, ad equa distanza, vivono le donne mestruate (che vivono la fase della purificazione). Gli altari per le celebrazioni sono ai piedi mentre in corrispondenza degli organi sessuali e riproduttivi (il chackra della sessualità) vengono posizionati l’altare di fondazione (a forma fallica) e il frantoio delle olive (che simboleggia l’organo femminile).
I diversi momenti della vita coesistono nello stesso tempo ed esprimono un ventaglio di manifestazioni energetiche differenti che trovano equilibrio e perfezione nella mutua interazione.
In modo molto simile (figura 2) il popolo dei Fali in Camerun costruisce ancora oggi i villaggi su una pianta umana suddivisa in quattro parti: la testa, il tronco, gli arti superiori e quelli inferiori. Ancora una volta la forma umana viene usata come base per l’organizzazione armonica della vita.
Come abbiamo visto la rappresentazione di un archetipo ha nel simbolo il suo linguaggio fondamentale, l’unico in grado di coglierne e comunicarne l’essenza in modo immediato e completo, poiché fa uso, come modalità espressiva, dell’analogia piuttosto che della logica lineare. I simboli hanno la caratteristica di trascendere le differenze culturali e storiche, poiché risiedono nella struttura stessa della psiche umana, nella sua stessa radice fisiologica e sensoriale.
Il simbolo è come una matrice ed il suo studio è imprescindibile nella ricerca degli universali.
Studiamo l’unione tra Cielo e Terra, tra umano e divino. L’Essere nella sua forma più pura, quando ha superato l’identificazione con gli stimoli, ma ancora non è sfociato nella trascendenza impersonale ed immobile che conoscerà solo quando avrà maturato la capacità di accoglierla, si trova in un punto di equilibrio molto preciso, un punto mediano equidistante dal corpo, cioè dagli stimoli, e dall’ “Oltre”.
Questo punto si trova all’interno della natura e da esso l’Essere emana in modo in completo, portando a compimento la propria espressione nell’esistenza. L’emanazione di tale punto possiamo dire che assume simbolicamente la forma di un quadrato. Tale rappresentazione astratta è basata sull’osservazione delle dinamiche del cosmo che hanno nel numero quattro e nell’immagine dei quattro lati uguali ed opposti a due a due un elemento ordinatore di base. Quattro sono i punti cardinali, cioè le direzioni che appaiono nell’orizzonte umano come interazione del cielo e della terra: sopra e sotto, nord e sud sono coppie di opposti sul piano verticale, sinistra e destra, ovest ed est lo sono su quello orizzontale.
Quattro sono i pilastri fondamentali dell’universo fisico, cioè tempo, spazio, materia ed energia, così come quattro sono le coordinate stesse dello spazio-tempo di cui abbiamo coscienza ordinaria. Jung affermò che la psiche si esprime come entità intera di opposti in equilibrio e la nozione di interezza appare universalmente soddisfatta dalla rappresentazione di una quaternità, in special modo se inscritta in un cerchio. Il cerchio è l’espansione di un punto, l’essenza che emana dal centro dà forma alla circonferenza. Nel suo essere senza inizio e senza fine il cerchio rappresenta l’Infinito, l’Assoluto, la Perfezione, ma si stabilizza nel quadrato. Il quadrato è il segno distintivo dell’ordine, della finalità della vita in espansione e della perfezione al di là della vita e della morte.
Quadrare il cerchio, inscrivere o circoscrivere un quadrato significa unire l’essenza e la forma, il cielo e la terra, l’eterno con il qui ed ora. Nella filosofia cinese, il principio maschile yang è rappresentato da un cerchio bianco e quello femminile yin da un quadrato nero. Nell’I Ching, il libro dei mutamenti, la vita ed il divenire vengono espressi attraverso sessantaquattro esagrammi. La leggenda racconta che intorno al 3000 A.C. un leggendario re della Cina, Fu Hsi, trovò il modo di esprimere l’unione cosmica con l’uso di trigrammi che ritraggono la combinazione dei due elementi opposti di base: Yang, il maschile e Yin, il femminile. Figurativamente il principio Yang è dato da una linea continua ——- mentre lo Yin, che è cedevolezza, è una linea spezzata — —.
I significati più comuni attribuiti ai principi universali sono:
- Yang: positivo, attivo, maschile, creativo, luce, giorno, caldo, duro, asciutto, estate, sole
- Yin: negativo, passivo, femminile, ricettivo, scuro, notte, freddo, soffice, umido, inverno, ombra.
La combinazione fra il maschile e il femminile, il giorno e la notte, il caldo e il freddo, dà origine a quattro ulteriori combinazioni che rappresentano le stagioni.
Infine, combinando le stagioni con l’uomo stesso (il maschile e il femminile) si ottengono otto trigrammi (figura 4).
- Il Cielo (fermezza, creatività, forza, potere)
- Il Lago (gioia, apertura, piacere, soddisfazione, eccesso)
- Il Fuoco (illuminazione, chiarezza, intelligenza, dipendenza, attaccamento)
- Il Tuono (risveglio, movimento, attività, scuotimento, crescita)
- Il Vento (effetti gentili, piccoli sforzi, lavoro penetrante)
- L’Acqua (misterioso, profondo, significativo, pericoloso, difficile)
- La Montagna (immobile, in riposo, che medita, tranquillo)
- La Terra (cedevole, ricettivo, rispondente, devoto, sottomesso).
L’immagine simbolica dell’ottagono, composto dagli otto trigrammi contrapposti per evidenziare la dualità dell’universo (Cielo-Terra, Acqua-Fuoco, Lago-Montagna, Vento-Tuono), è intermedia tra quadrato e cerchio (figura 5).
La stessa immagine può assumere un significato simbolico differente e rappresentare il divenire ciclico della vita, della crescita e della decadenza (figura 6).
Combinando gli otto trigrammi fra di loro si ottengono i 64 esagrammi, ognuno con il suo specifico significato che esprime un momento particolare della vita. L’I Ching, il libro dei Mutamenti, è la rappresentazione dell’esistenza; attraverso le sue immagini simboliche gli antichi cinesi interpretavano la realtà quotidiana, comprendevano gli accadimenti e prevedevano il futuro, consapevoli che tutto si svolge sempre in armonia con la natura, il Cielo e la Terra, il Sole e la Luna.
Nelle chiese greco ortodosse, così come in quelle celtiche, il quadrato, cioè la croce, e il cerchio sono uniti in una configurazione che rappresenta l’unione di tutte le cose nella grandezza divina. La prevalenza del quattro, della quaternità, della tetrade e del cerchio che tutto racchiude nell’organizzazione del pensiero e del comportamento umano è presente un po’ ovunque. Un esempio che ebbe una grande influenza sulle teorie sviluppatesi in occidente è quello presentato dal filosofo greco Empedocle nel quinto secolo a.C. Secondo Empedocle il mondo è composto da una tetrade di elementi distinti ed opposti, aria, acqua, terra e fuoco, che si compongono, si congiungono e si separano. Nella cultura cristiana quattro sono gli evangelisti e quattro le virtù cardinali (fortezza, giustizia, prudenza e temperanza).
Nella mitologia scandinava quattro nani, chiamati come i punti cardinali, sono responsabili di reggere il cielo. Il concetto di tetrade come espressione dell’unità dell’essenza e dell’equilibrio dell’esistenza si riflette nell’alternarsi delle quattro stagioni e nelle quattro fasi fondamentali della vita umana. Quattro sono i mattoni fondamentali del codice genetico, del DNA, e cioè i quattro nucleotidi che si differenziano per la presenza di quattro diverse basi azotate: adenina, timina, citosina e guanina.
Nella cultura indiana, che pone le sue radici nell’antica tradizione vedica, moltissimi aspetti del quotidiano nascono come espressione dell’equilibrio tra umano e divino, poiché il senso del sacro è parte integrante, non solo accettata ma imprescindibile, dell’esistenza quotidiana in modo molto più accentuato che in occidente, dove razionalità, specializzazione e progresso tecnologico hanno recato un crescente allontanamento dalla visione della vita nella sua totalità, nella sua ciclicità e nell’equilibrio complessivo che integra l’interesse personale stemperandolo e trascendendolo.
L’architettura sacra indiana è ancora oggi dominio dei sompura, gli architetti saggi, istruiti alla conoscenza dei Veda e dei testi sacri, depositari di tutto il sapere necessario per erigere costruzioni in cui veramente il Cielo tocchi la Terra, in cui l’ambiente trasporti l’aspirante, il ricercatore, lo yogi nell’incontro con il divino. Nell’architettura indiana quadrato e cerchio si coordinano a partire dall’altare vedico del fuoco e la costruzione dei templi prende forma da questo equilibrio e trae le misure dalle proporzioni dell’uomo. Il tempio è la sede del sacrificio, che è commisurato all’uomo poiché è l’uomo che lo compie. Il corpo umano stesso è la sede del sacrificio, il corpo è il tempio in cui si realizza l’unione con il divino. Allo stesso modo, il crocefisso cristiano, al di là di ogni possibile significato storico, pone al centro del quadrato l’uomo ed il suo sacrificio.
La relazione tra cerchio e quadrato viene espressa inscrivendo o circoscrivendo il quadrato al cerchio o in modo ancora più significativo attraverso la quadratura del cerchio, cioè la costruzione di un cerchio e un quadrato equiestesi o isoperimetrici (di uguale area o uguale perimetro). Le dimensioni del quadrato, cioè i suoi lati, sono le proporzioni dell’uomo ideale in posizione eretta e con le braccia aperte, per il quale la distanza tra le mani è uguale all’altezza. Questa immagine, che ritroviamo anche nella cultura cinese, ricorda inequivocabilmente il disegno dell’uomo di Leonardo da Vinci (figura 7).
E’ straordinario notare che, se inserissimo la Terra in un quadrato e tracciassimo un cerchio con perimetro uguale a quello del quadrato, quel perimetro definirebbe il diametro della Luna con un’esattezza del 99.9 per cento. Dunque la Terra e la Luna quadrano perfettamente il cerchio. Il mandala, cioè la rappresentazione simbolica di struttura geometrica, che nella tradizione vedica esprime la manifestazione del divino nell’esistenza è il Vastupurusha Mandala, il quadrato fondamentale ad immagine del quale viene edificato ogni tempio.
Il significato del simbolo risiede nella parola sanscrita stessa che lo definisce:
- VASTU: è la dimora, il sito dove viene rappresentata l’unione.
- PURUSHA: è l’uomo cosmico, il Principio Universale
- MANDALA: è la pianta, la forma geometrica.
Attraverso il Vastupurusha Mandala si rappresenta il Divino che prende dimora sulla Terra. Poiché il tempio è considerato il luogo di tale incontro e di matrimonio fra la Terra e il Cielo esso deve avere forma quadrata. Anche gli edifici destinati agli altri scopi della vita quotidiana erano fondati sulle simmetrie del mandala, poiché l’esistenza in ogni suo aspetto tende a riflettere l’ordine divino. Nel grande mandala quadrato ogni lato rappresenta uno dei punti cardinali fondamentali e gli angoli corrispondono ai punti cardinali secondari (figura 8).
I lati poi sono suddivisi in 8 oppure 9 quadrati dando origine ad una rappresentazione geometrica rispettivamente formata da 64 (8×8) oppure 81 (9×9) quadrati più piccoli. Il più usato dei Vastupurusha Mandala, ha un perimetro di 32 quadrati minori, numero basilare poiché nasce dal prodotto di 8, che sono tutti i punti cardinali, e 4 che sono le direzioni fondamentali.
Al centro del Mandala è Brahma, dio della creazione.
Ad ognuno dei quadrati minori viene poi assegnata una divinità, così come agli otto punti fondamentali vengono associati gli otto pianeti un tempo conosciuti e le stelle principali di otto dei Naksatras, costellazioni o case attraversate dalla luna durante il suo corso mensile. Nate dal contatto del cielo e della terra, derivate dal moto apparente del sole, le otto direzioni sono presiedute da un pianeta e dalla sua divinità reggente. I poteri terrestri nello spazio sono determinati dal poteri celesti nel tempo.
Il mandala è pertanto il luogo in cui vengono rappresentati i cicli del sole e della luna: il numero complessivo delle divinità residenti nei quadrati del perimetro è la somma di 4, che sono i pianeti che dominano i punti equinoziali e solstiziali del ciclo solare, e 28 che sono le fasi lunari. All’interno del Mandala trovano posto anche 12 Adytias, anch’essi signori del ciclo delle eclissi: al termine di ogni ciclo delle eclissi i moti del sole e della luna tornano a collimare. Nel Mandala si realizza l’unione del Sole e della Luna nel suo significato astronomico e yogico.
Tutti i numeri appena visti hanno a che fare con la precessione degli equinozi e mostrano in modo inequivocabile la conoscenza che gli antichi avevano del cielo e dei suoi moti.La precessione ha un ciclo di 25.929 anni. Questo numero può essere come prodotto di 64*81*5; i primi due numeri indicano i mandala di 64 o 81 quadrati, mentre il 5 è il numero di un Samvatsara, un ciclo di cinque anni lunisolari.
Il Vastupurusha mandala è così il palcoscenico su cui è tracciato, mentre si attua, il movimento del sole e della luna, il loro corso ineguale, il loro incontro, la loro riconciliazione ed il nuovo inizio verso un’ulteriore coincidenza. Tale ineguaglianza, tale imperfezione sono la causa dell’esistenza. Se così non fosse, se tutto fosse coincidenza, la vita sarebbe riassorbita nella perfezione, nell’infinito. Eccoci ad una considerazione di vitale importante per comprendere la visione Vedica dell’esistenza e del suo principio divino: l’imperfezione stessa che è la causa dell’esistenza del mondo è alla base di tutte le previsioni astrologiche e di tutti i calcoli astronomici. C’è sempre un resto, qualcosa che rimane.
Questo resto, che deriva dal concludersi di un ciclo, da inizio al nuovo ciclo. La vita si conclude nella morte e riparte dalla vita stessa. Il nome Vastu significa si residenza, ma anche residuo, resto. Il Vastupurusha Mandala rappresenta pertanto il ciclo della vita, della sua conclusione, la morte, e della sua rinascita, all’infinito e per sempre.
– L’Ordine della Vita
Dalla saggezza degli antichi popoli è stato possibile sintetizzare un percorso di studio dei principi della vita. La ricerca fin quì esposta ha dimostrato chiaramento che i saggi antichi conoscevano la natura dell’esistenza ed i principi del suo funzionamento. Grazie a brillanti ricercatori, dall’oriente all’occidente, oggi è a nostra disposizione un corpus di insegnamenti che affrontano le tematiche più importanti dell’esistenza, dalla nascita fino alla morte.
Un percorso quindi molto completo, rivolto a tutti coloro che desiderano migliorare se stessi e la propria vita pur rimanendo immersi nel mondo contemporaneo. La nostra esperienza personale ci conferma che è veramente possibile vivere oggi con valori appartenenti ad un epoca passato di grande splendore. Il nostro impegno è diretto in tale direzione ed è nostro desiderio sostenere coloro che aspirano ad una vita più elevata ed in amornia con la natura che ci circonda.
Il primo passo di questo percorso è il Mandala della Vita, trentadue affascinanti lezioni che introducono altrettanti aspetti dell’esistenza. Attraverso lo studio e soprattutto il lavoro pratico nel corso di circa un anno la vita personale trova il suo equilibrio e la persona comincia a sperimentare un senso di pace e di serenità sia interiore che esteriore.
Il passo successivo e più complesso è Ordine ed Energia Vitale, un percorso strutturato in cinque livelli in cui si affrontano temi fondamentali dell’esistenza, sia materiale che spirituale. La meta è l’elevare la vita su una scala di valori superiori, appartenenti alla saggezza ed al mondo antico ma ancora oggi completamente attuali.
Completare l’intero percorso dell’Ordine della Vita significa cambiare radicalmente se stessi e, di riflesso, la propria esistenza.
Da migliaia di anni l’uomo si interroga sul significato dell’esistenza; contrariamente alla tendenza di vedere la vita come priva di un ordine, siamo convinti che non sia il caos a governare l’universo ma che ci sia un Ordine che progressivamente si sta attuando. Sta ad ognuno di noi scegliere se allinearsi e contribuire ad esso, oppure resistergli o negarlo, producendo però sofferenza e dolore.
La scienza dell’architettura indiana
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I segreti indiani della bioarchitettura
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