R. Mallett e J. Magueijo, due menti, due geniali teorie e molti punti in comune.
Ronald L.Mallett (Ph.D) è un professore di fisica ed insegna all'Università del Connecticut, negli Stati Uniti. La sua notorietà è dovuta quasi esclusivamente ad un progetto (da lui stesso voluto e portato avanti da lungo tempo), per la realizzazione di una “Macchina del Tempo”.
João Magueijo è anch'egli un fisico teorico nonché assistente (l'equivalente di un professore di ruolo negli Stati Uniti) all'Imperial College di Londra. La sua notorietà è dovuta essenzialmente all'ipotesi (da egli stesso sostenuta) che la velocità della luce non sia costante nell'Universo; da questa premessa ha elaborato una serie di teorie legate ai concetti di Relatività Speciale e Generale, che assieme prendono il nome di VSL (l'acronimo si traduce in: Varying Speed of Light).
di Fausto Intilla
oloscience.com
Con queste parole, R. Mallett dà forma all'introduzione dell'articolo pubblicato su “Physics Letters” l'otto maggio del 2000 ed intitolato: “Il Campo Elettromagnetico debole, della Radiazione Elettromagnetica in un anello laser”:
Il Campo Gravitazionale dovuto al flusso circolare di una radiazione elettromagnetica, che emerge da un anello laser unidirezionale, è definito risolvendo le equazioni lineari di campo di Einstein, ad ogni punto interno dell'anello laser.
Le equazioni di spin della teoria Generale della Relatività vengono in seguito usate per studiare il comportamento di un neutrone al centro dell'anello laser. Si rileva quindi che tale particella manifesta il fenomeno conosciuto con il nome di trascinamento dei sistemi di riferimento (frame-dragging) inerziale.
Detto in parole povere, la radiazione elettromagnetica di un raggio laser circolare dovrebbe deformare lo spazio-tempo all'interno dell'anello stesso di luce , e di conseguenza provocare il frame-dragging (spostamento laterale) del neutrone.
Nello stesso articolo, Mallett ci fa osservare anche che nella meccanica classica newtoniana è soltanto la materia a generare il campo gravitazionale; ed una delle conseguenze quindi più interessanti della teoria della Relatività Generale è la predizione che anche la luce è da ritenersi una “fonte di gravità”.
Il campo gravitazionale di un raggio di luce non circolare fu studiato molti anni fa da Tolman (e ciò fu fatto usando un'approssimazione del campo debole, per le equazioni di Einstein del campo gravitazionale). Tolman poi determinò l'accelerazione di una particella stazionaria, nelle vicinanze del raggio di luce. Ciò che egli scoprì, fu che l'accelerazione di tale particella era due volte più grande di quella ipotizzata sulla base della teoria di Newton per il campo gravitazionale di un'asta (barra) compatta di simile lunghezza e densità. Questo sembrò implicare che, in qualche modo, la luce forse è molto più “efficace” della materia nel generare un campo gravitazionale.
Tutto il lavoro di Mallett sulla possibilità di manipolare lo spazio-tempo è da intendersi quindi come un epilogo (una generalizzazione) di vecchie teorie ed esperimenti inerenti al campo gravitazionale, con l'introduzione del concetto di “flusso circolare di radiazione elettromagnetica”.
L'apparato sperimentale di Mallett, grazie agli ultimi ritrovati nel campo della tecnologia laser, è in grado di generare un intenso, coerente e continuo flusso circolare di luce. Facendo i dovuti calcoli relativistici, nell'ipotesi di un neutrone rotante stazionario, posto esattamente al centro dell'anello laser, Mallett scopre che una delle sue equazioni ha esattamente la “forma” richiesta per definire il “frame-dragging” nella teoria generale relativistica della gravitazione.
È risaputo ormai da parecchio tempo che la soluzione di Stockum per la metrica esterna di un cilindro di polvere rotante infinitamente lungo contiene linee temporali chiuse. Il lavoro di Mallett dimostra che anche le curve temporali chiuse intervengono in un cilindro di luce rotante infinitamente lungo. Tali curve potrebbero condurre un'ipotetica particella nucleare nel passato.
Una delle obiezioni più “importanti” che Mallett ricevette in relazione ai suoi postulati, pubblicati su “Physics Letters”, fu quella del matematico e studente di cosmologia Ken Olum. Quest'ultimo dichiarò che in ogni caso, anche se tutte le equazioni relativistiche di Mallett (inerenti allo spazio-tempo all'interno dell'anello di luce laser) risultavano corrette, l'energia necessaria per distorcere lo spazio-tempo dovrebbe essere sproporzionatamente ed infinitamente grande; e considerando la tipologia dei laser che vengono usati oggigiorno, tale anello dovrebbe avere un diametro addirittura maggiore di quello dell'Universo osservabile.
A questo punto Mallett, a sua difesa, fece osservare questo: l'energia richiesta per la distorsione dello spazio-tempo diminuisce, quand'anche (contemporaneamente) la velocità del fascio di luce laser diminuisce. Egli propose quindi, come soluzione al problema, di far passare il raggio di luce laser attraverso una “sostanza” che ne diminuisse la velocità; ma anche in questo caso ricevette delle dure critiche da parte del fisico J. Richard Gott, che a tal proposito gli fece osservare quanto segue:
La luce viaggia molto più lentamente attraverso l'acqua che non attraverso lo spazio vuoto, ma ciò non significa che tu invecchi molto più lentamente mentre fai del nuoto subacqueo o che è più facile distorcere lo spazio-tempo sott'acqua.
Ed ecco che a questo punto cominciano ad apparire assai interessanti le ipotesi-teorie di Magueijo, sulla variabilità della velocità della luce.
In sintesi, il fisico portoghese propose una modificazione della Relatività Speciale, nella quale un'energia fisica, come ad esempio l'energia di Plank, unisce la velocità della luce come invariante, a dispetto di una completa Relatività di strutture inerziali, in accordo con la teoria di Einstein per le basse energie. Questa nuova teoria dovrebbe, in linea di principio, trovarsi in accordo con la Relatività Speciale, quando il campo gravitazionale è debole, se non addirittura assente; e in esperimenti che proverebbero la natura dello spazio-tempo su scale di energia molto più piccole dell'Energia di Plank.
Tali considerazioni portano immediatamente alla seguente domanda: in quali strutture di riferimento, la lunghezza e l'energia di Plank rappresentano delle “soglie” per il nuovo fenomeno?
Supponiamo che vi sia una scala di lunghezza fisica che misuri la dimensione delle strutture spaziali negli spazi-tempi quantistici, quali la zona ed il volume discreti previsti vicino alla gravità quantistica (loop quantum gravity). Se questa scala è la lunghezza di Plank, in una struttura inerziale di riferimento, la relatività speciale suggerisce che può essere differente nella struttura di un altro osservatore: un'implicazione diretta della contrazione di Lorentz-Fitzgerald.
Senza addentrarmi ulteriormente in dettagli tecnici, cercherò ora di presentare in parole povere ciò che si evince da tutte le ipotesi e le considerazioni di Magueijo, affinché sia possibile intuire, anche per i meno esperti in materia, le varie analogie e interconnessioni con le teorie di R. Mallett.
Riducendo il tutto veramente all'osso, possiamo affermare che (sulla base delle ipotesi di Magueijo) variando la velocità della luce, nemmeno l'energia “immagazzinata” nel vuoto rimane immutata (costante).
Detta così, in tutta la sua semplicità, sembrerebbe una cosa da nulla; ma a livello teorico, da un punto di vista quantistico-relativistico, le implicazioni che tale considerazione comporta nella questione sollevata da Ronald Mallett, sulla possibilità (secondo lui quasi scontata) di manipolare lo spazio-tempo attraverso dei fasci circolari di luce laser, sono davvero enormi.
In base ai miei parametri di giudizio, in un discorso di questo tipo, entra sicuramente in causa quella parte della fisica ancora ignota, le cui basi sarebbero da ricercare nell'ormai famosa teoria di gauge di Weyl (da tempo, a mio avviso, ingiustamente lasciata in “disparte”) che si prefiggeva di trovare una sorta di unificazione tra campo magnetico e gravitazionale, al fine di farli apparire come delle semplici “proprietà geometriche” dello spazio-tempo.
Non dimentichiamo che sulla base della teoria quantistica dei campi, quando le energie delle eccitazioni dei campi raggiungono energie cofrontabili con la massa di Planck, non è più possibile trascurare gli effetti della gravità. A questo punto subentra quindi una limitazione teorica, poiché, in base alla teoria di Einstein, dovremmo tener conto della deformazione dello spazio-tempo, ma questo porterebbe ad un'inconsistenza matematica nel calcolo delle ampiezze di probabilità. Le varie estensioni della teoria dei campi che sono state proposte per risolvere tale problema (teoria delle stringhe, extra-dimensioni spaziali, discretizzazione dello spazio tempo), da un punto di vista fenomenologico, non hanno finora fornito alcun risultato incoraggiante.
L'ipotesi di Everett (o “interpretazione a molti mondi”) impone numerose restrizioni al procedimento di quantizzazione. Tale ipotesi suggerisce anche di imporre particolari restrizioni alle condizioni inerenti alla funzione d'onda dell'Universo; restrizioni che non appaiono naturali nelle altre interpretazioni. Secondo queste ultime, l'Universo odierno è costituito da un unico “ramo” generato nel lontano passato dalle forze a cui è dovuta la riduzione della funzione d'onda. Di conseguenza, nelle interpretazioni diverse dall'ipotesi di Everett gli effetti quantistici della gravità consistono, almeno attualmente, nel generare piccole fluttuazioni attorno a un Universo essenzialmente classico.
Questo punto di vista della cosmologia quantistica (sviluppato in profondità da J.V.Narlikar) porta a modelli cosmologici distinti da quelli suggeriti dall'ipotesi di Everett. Un'analisi dettagliata di ciò che un osservatore vedrebbe mostra che vi sono delle differenze tra i modelli basati sull'ipotesi originale di Everett e quelli di Narlikar, anche se al giorno d'oggi l'evoluzione sarebbe descritta con ottima approssimazione da un Universo di Friedmann classico in entrambi i casi.
I due tipi di modelli differiscono enormemente in prossimità della singolarità iniziale, e ciò può portare a differenze osservabili tra quelli basati sull'ipotesi di Everett e quelli basati sulla riduzione della funzione d'onda. L'esistenza di queste differenze permette di ovviare alla critica principale mossa all'ipotesi di Everett dai suoi oppositori; critica esposta in modo molto conciso da Shimony:
Dal punto di vista di qualunque osservatore – o più esattamente,dal punto di vista di ogni “diramazione” di un osservatore – la diramazione del mondo da lui osservata si evolve in modo stocastico. Poichè tutte le altre diramazioni sono inaccessibili alle sue osservazioni, l'interpretazione di Everett ha esattamente lo stesso contenuto empirico – nel senso più ampio possibile – di una teoria quantistica modificata in cui sistemi isolati di tipo opportuno subiscono occasionalmente “salti quantici” che violano l'equazione di Schrödinger. Pertanto Everett ottiene l'evoluzione continua dello stato quantistico globale al prezzo di una violazione estrema del principio di Occam (…)
L'ipotesi di Everett però non viola il principio di Occam.
Quando il sistema osservato è piccolo, l'Universo, inteso nel senso corrente di tutto ciò che esiste, non si scinde. Solo l'apparato di misura si scinde. Se decidiamo che è l'Universo a scindersi, esso consiste di tutti gli Universi classici permessi dal dominio in cui la funzione d'onda dell'Universo non è nulla. Solo in apparenza, quindi, questa è una violazione del principio di Occam; poichè uno dei problemi presenti a livello classico consiste nel considerare il fatto evidente che tra tutti i punti dello spazio dei dati iniziali delle equazioni di Einstein, uno solo è stato “realizzato”.
È un problema comune a tutte le teorie classiche. A livello classico, per risolvere questo problema si devono porre le condizioni iniziali sullo stesso piano delle leggi fisiche. Si devono inoltre introdurre ulteriori leggi fisiche per implicare la riduzione della funzione d'onda. Adottando l'ipotesi di Everett non si deve invece ricorrere a nessuna legge nuova, perchè in questo caso tutti i punti nello spazio dei dati iniziali corrispondono a Universi classici realmente esistenti. In definitiva, quindi, la cosmologia fondata sull'ipotesi di Everett amplia l'orizzonte ontologico per “risparmiare” sulle leggi fisiche.
Applicare l'interpretazione di Copenhagen alla cosmologia quantistica (e, dal punto di vista dinamico, il collasso della funzione d'onda da essa postulato) appare quindi addirittura ridicolo. È assai probabile che in un futuro, a mio avviso non troppo lontano, l'ipotesi di Everett (interpretazione a molti mondi) sostituirà sia quella statistica che quella di Copenhagen.
[u]Libri[/u]:João Magueijo, «Più veloce della luce», Rizzoli 2003 [u]Sitografia[/u]:
* en.wikipedia.org/wiki/Jo%C3%A3o_Magueijo
* arxiv.org/PS_cache/hep-th/pdf/0112/0112090.pdf
* en.wikipedia.org/wiki/Ronald_Mallett
* physics.uconn.edu/~mallett/Mallett2000.pdf
* physics.uconn.edu/~mallett/Mallett2003.pdf