Il ritorno del monococco, grano anti celiachia

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Celiachia: l’istituto sperimentale per la cerealicoltura (Cra) di S.Antangelo Lodigiano ha riportato in coltivazione questa antica varietà, monococco, povera di glutine che aiuta a prevenire l’intolleranza.

Sviluppare varietà di grano povere di glutine per evitare di scatenare reazioni oltre la soglia patologica, grazie allo studio di proteine che bloccano o attenuano l’azione del glutine. E’ questo il lavoro che si sta facendo all’Unità di ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali di Roma del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentale in Agricoltura (Cra), ente deputato a creare le sinergie per l’innovazione a vantaggio del mondo agricolo.

“Il fondamentale contributo del Cra ha consentito di isolare una sostanza in grado di contrastare l’effetto tossico del glutine nei soggetti celiaci – dichiara il presidente del Consiglio di ricerca, Giuseppe Alonzo – un risultato dovuto alla capacità dei ricercatori di perseguire anche fini pratici mentre effettuano ricerca di base”.

La celiachia, spiegano dal Cra, può manifestarsi a qualunque età, colpisce in maggior misura le donne e ha come unico trattamento efficace una dieta senza prolamine o, come si dice comunemente, senza glutine.

Nei circa 60 anni passati dalla scoperta del glutine come fattore alimentare scatenante della celiachia, è stato accertato che occorre superare una determinata soglia affinché un individuo geneticamente predisposto sviluppi questa patologia; soglia che dipende dalla quantità di glutine ingerito ma anche dal suo grado di tossicità.

In altri termini, la celiachia non è una patologia genetica inevitabile, ma piuttosto una forma di intolleranza alimentare modulata nella sua insorgenza e nella sua gravità, dalla predisposizione genetica e dall’ambiente (quantità e qualità del glutine, stress, gravidanza, malattie ecc).

“Per questa ragione ha senso lavorare per sviluppare varietà di grano povere di glutine, cioè incapaci di scatenare reazioni oltre la soglia patologica – spiega Norberto Pogna, ricercatore del Cra-Unità di ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali – le nostre ricerche hanno riguardato vari aspetti della celiachia, dimostrando che tra le sostanze tossiche sono comprese anche alcune proteine fino ad ora mai prese in considerazione, come anche la presenza in alcune varietà di grano duro a partire dall’Adamello, ma anche tenero, segale e grano monococco, di sostanze che bloccano o attenuano l’azione del glutine”.

Per quanto riguarda le prospettive terapeutiche – sottolinea il ricercatore – è stato dimostrato che eliminando alcune proteine da una varietà di grano tenero è possibile ridurre significativamente le conseguenze causate dall’intolleranza al glutine. Per millenni – spiega ancora Pogna – è stato il principale cereale coltivato nell’area mediterranea, per essere poi gradualmente sostituito da frumenti più produttivi, come il farro e il grano tenero e il duro.

“Questo antico grano, riportato recentemente in coltivazione dai ricercatori del Cra – Istituto Sperimentale per la cerealicoltura a Sant’Angelo Lodigiano e del Cra-Qce di Roma – conclude Pogna – potrà svolgere un ruolo nella prevenzione della celiachia e, verosimilmente, nella cosiddetta sensibilità al glutine, altra forma di intolleranza molto più diffusa che riguarda circa il 10% della popolazione, ma fortunatamente meno grave”.

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