Sono trascorsi ormai più di quattro secoli, da quando il padre della scienza moderna, Galileo Galilei, alimentava in sè stesso l’idea che il “libro della Natura” debba essere scritto in linguaggio matematico; e prima di lui, in epoche ancora più remote, tanti altri filosofi si cimentarono su tale questione, che oggi sembrerebbe essere un dato di fatto inoppugnabile, più che una scelta convenzionale dettata da ragioni pratiche e da ciò che la Natura ci concede di osservare, in piccola parte, attraverso la sperimentazione scientifica.
Siamo passati da una visione statica e meccanica dell’Universo, definita dalle leggi di Newton, ad una visione dinamica e probabilistica definita dapprima dalle leggi di Boltzmann, ed in seguito da quelle molto più complesse e “paradossali” della meccanica quantistica. Nel mondo dell’infinitamente piccolo (dove ogni grandezza fisica si avvicina sempre più alla scala di Planck), tutto si riduce a mera statistica; Schrödinger arrivò a porsi addirittura la seguente domanda: “Potrebbe l’energia essere un concetto puramente statistico?”, per poi giungere alla seguente conclusione: “Nessun sistema che noi osserviamo ha un valore energetico perfettamente determinato, anzi non dobbiamo nemmeno ammettere una cosa simile nelle immagini da noi inventate per descrivere ciò che ‘succede’. Perchè nessuna cosa che partecipi a ciò che ‘succede’, ha un’energia ben definita. Non parla ciò a favore della mia tesi, che l’energia, proprio come l’entropia, è un concetto statistico? Ogni manifestazione di fatti fisici, che secondo la concezione classica dovrebbe aver luogo in o fra sistemi d’energia ben definita, è invece rappresentata quantisticamente da funzioni di stato che non dipendono dal tempo solo per un fattore esponenziale immaginario con una singola frequenza, ma per una sovrapposizione di alcuni, di regola di moltissimi termini di tale specie, estesi a un insieme discreto e continuo di frequenze, benchè questo possa essere limitato a una regione ristretta dello spettro. Solo così si può ottenere una rappresentazione di qualche cosa che ‘succede’, un’evoluzione nel tempo”.[1]
Nella prima metà del secolo scorso, in ambito scientifico, si fece strada quindi un nuovo modello della realtà, un nuovo paradigma, che ammetteva esplicitamente l’insondabilità della Natura, nel campo dell’infinitamente piccolo. Ma una visione della realtà di natura statistica/probabilistica, deve pur sempre poggiare su solide basi logico-matematiche, per poter essere definita nel migliore dei modi; è attraverso delle quantità espresse simbolicamente, comparate, suddivise, fattorizzate e analizzate in ogni minimo dettaglio, che possiamo farci un’idea di come tendenzialmente “si muova” la realtà fisica in cui viviamo e dei suoi aspetti più rilevanti. Neppure i teoremi di incompletezza di Gödel, all’inizio degli anni Trenta, riuscirono a sminuire l’enorme importanza che attribuiamo alla matematica, nel definire qualsiasi concetto fisico (sia nel mondo dell’infinitamente piccolo, che in quello dell’infinitamente grande). Il fatto che determinate “verità” logico-matematiche non siano dimostrabili, non ha fermato le menti più brillanti della storia della fisica, a cercare sempre nuovi orizzonti, soprattutto nel campo dell’infinitamente piccolo; emersero così teorie molto complesse ma affascinanti come la gravità quantistica a loop (LQG), la teoria quantistica dei campi (QFT) e la teoria delle stringhe (attualmente la più in voga in ambito accademico). L’obiettivo finale di questa disperata corsa ad ostacoli (a volte facilmente superabili, a volte un po’ meno [2]), iniziata verso la fine degli anni Settanta, è quello di giungere ad una sorta di “Teoria del Tutto”, in grado di spiegare ogni cosa del nostro Universo.
Ma è proprio nel campo dell’infinitamente piccolo (in cui si opera con la QFT, la LQG e la teoria delle stringhe) che la matematica, subdolamente, può ingannare le nostre menti dandoci l’illusione che tutto possa essere suddiviso, modellato, misurato e definito esattamente come avviene in ambito macroscopico; in cui la nostra esperienza percettiva non può far altro che confermare l’assoluta validità delle leggi fisico-matematiche (seppur di natura statistica e contestuali), che descrivono la realtà fisica in cui viviamo. Solo a ciò che è ponderabile, possiamo dare una forma ben definita; e solo tutto ciò che ha forma ed estensione nello spazio ben definite, si può descrivere con esattezza in termini matematici, poichè è la geometria dello spazio-tempo, a dare concretezza a ciò che viene descritto in termini matematici (o meglio a dare concretezza alla matematica stessa, quando viene applicata alla realtà fisica!). Non dovrebbe sorprenderci più di quel tanto dunque, ad esempio, il fatto che la teoria delle stringhe possa condurre ad un numero infinitamente grande di possibili modelli fisico-matematici (quasi certamente, mai sperimentalmente dimostrabili). Infinitamente elevato è il numero dei modelli concepibili, poichè infinitamente elevato è il numero dei parametri di base che si possono adottare. Un altro punto dolente è il fatto che la maggior parte delle teorie quantistiche, poggino le loro basi su background fissi, ovvero su modelli di spazio-tempo non dinamici; e questo oggi, alla luce di quanto scoperto per via sperimentale sulle onde gravitazionali, non è più un problema che possiamo tranquillamente sottovalutare ed accantonare, in attesa di “tempi migliori”.
Su scale prossime a quella di Planck, non ha più senso parlare di spazio, tempo e forme della natura, tutto si riduce a mere ipotesi probabilistiche e modelli astratti matematici, privi di riferimenti geometrici dinamici che come ora sappiamo, sono di fondamentale importanza per dare concretezza a qualsiasi legge matematica, che si voglia applicare alla nostra realtà fisica. Ciò che probabilmente scopriremo, in futuro, attraverso la sperimentazione scientifica (ad alte energie), saranno “parti integranti” di una sorta di semi “Teoria del Tutto”, che non arriveremo mai a decodificare nel suo insieme, poiché è proprio nell’uso stesso che facciamo della matematica, che sta il nocciolo del problema. I più importanti progressi scientifici e tecnologici che ancora ci attendono, nel futuro, si baseranno su leggi fisico-matematiche di natura statistica-probabilistica, di una semplicità disarmante. Ma la cosa che più ci sorprenderà, sarà la loro effettiva validità in contesti di una complessità tale, che oggi vengono immaginati solo nell’ambito della fantascienza.
Se pensiamo ad esempio a come alcuni algoritmi assai semplici (di tipo ricorsivo e iterativo) relativi alla successione di Fibonacci, siano in grado di definire molte delle forme che ritroviamo in natura, non possiamo far altro che stupirci di fronte all’inattesa ed incredibile semplicità con cui a volte la realtà prende forma attorno a noi. Una semplicità a tratti imbarazzante, poiché trae origine da algoritmi che a loro volta possono essere compresi praticamente da chiunque, nella loro “assurda” ma elegante banalità. Il rasoio di Occam sembrerebbe rivelare tutta la sua forza, nei contesti più insoliti della realtà, su cui in genere pochissime persone, pongono la loro attenzione in cerca di nuove “verità”.
La matematica affascina soprattutto chi la conosce veramente a fondo e la sa usare; ovvero tutti coloro che alla fine da essa si lasciano sopraffare (gli stringhisti appartengono indubbiamente a tale categoria di persone; quarant’anni di ricerche nel campo della teoria delle stringhe, ne sono la dimostrazione).
Tuttavia, sarà solo attraverso la fisica sperimentale che capiremo, in futuro, se la natura della realtà fisica sia supersimmetrica oppure no; fino ad allora, stringhisti e teorici di ogni altra categoria, possono solo continuare a divertirsi formulando teorie sempre più bizzarre e “surreali”, nell’attesa che i più audaci, compiano le dovute verifiche sperimentali. Sapere se la natura ultima della realtà sia composta da stringhe o particelle, o da bit di informazione, non è e non sarà mai di fondamentale importanza, per il nostro progresso scientifico e tecnologico.
L’unica cosa che possiamo fare, per allargare i nostri orizzonti, è scomporre il “libro della Natura” in tante piccole parti, che possiamo decodificare attraverso le leggi della matematica; ovvero attraverso formule ed algoritmi che possono rivelarsi idonei, solo ed esclusivamente per delle piccole parti di un Tutto, che non potremo mai conoscere in ogni suo minimo dettaglio. Le costanti di natura che definiscono la realtà fisica in cui viviamo, molto probabilmente differiscono da altre costanti di natura, appartenenti ad altri Universi che non conosciamo e che non potremo mai conoscere.
Alcuni matematici di fama mondiale, sono convinti che il Sacro Graal della fisica lo otterremo nel momento in cui riusciremo a dimostrare concretamente e in ogni minimo dettaglio, l’ipotesi di Riemann (la cui funzione Zeta riveste una notevole importanza nel campo della fisica). Io in ogni caso ne dubito fortemente; poichè anche qualora si riuscisse a dimostrare tale ipotesi ormai più che centenaria, avremmo solo identificato una parte di una realtà infinitamente più complessa.
Se ad ogni principio regolatore della realtà, corrisponde una rottura spontanea di simmetria, definirne i contorni attraverso una simbologia che per sua stessa natura non può apparire slegata dai più elementari elementi/concetti di simmetria, probabilmente non è il modo più appropriato per indagare a fondo nella natura ultima della realtà in cui viviamo. Il punto è che non abbiamo altra scelta; dobbiamo fidarci sempre della matematica, poichè è l’unico mezzo di cui disponiamo, per analizzare tutto ciò che la nostra mente può immaginare e che difficilmente, a parole, riuscirebbe a spiegare.
Fausto Intilla,
19 dicembre 2016
[1] E. Schrödinger, L’immagine del mondo, Bollati & Boringhieri, Torino, 1987, pp. 371-372.
[2] Si pensi ad esempio al problema degli infiniti, risolto ricorrendo ad un escamotage matematico, che prese il nome di rinormalizzazione (un insieme di tecniche per trattare gli infiniti che emergono nel calcolo delle quantità fisiche).
Fausto Intilla (6 febbraio 1972), inventore-divulgatore scientifico, è di origine italiana ma vive e lavora in Svizzera (Canton Ticino). I suoi libri più noti sono: “Fisica dell’Invisibilità. Metamateriali e tecnologie del futuro“, “L’esperimento di Afshar” e “Fisica dell’Informazione, ultima frontiera della scienza“, tutti pubblicati dalla Aracne Editrice (Roma). Altri volumi meno recenti sono: “Dio = mc2. Oltre l’Universo Olografico” (eBook), “La funzione d’onda della Realtà” (eBook) e “Verso una nuova scienza di confine” (eBook), tutti pubblicati dall’editore Lampi di Stampa(Milano). Nel campo delle invenzioni invece, il suo nome è legato alla “Struttura ad albero”, una delle più note strutture anti-sismiche per ponti e viadotti brevettata in Giappone e negli Stati Uniti. Il suo indirizzo di posta elettronica è: f.intilla@bluewin.ch.
Nel campo della ricerca sull’interazione tra psiche e materia, Intilla ha collaborato inoltre allo sviluppo di alcune teorie ed esperimenti, con alcuni membri del P.E.A.R (Princeton Engineering Anomalies Research), il cui laboratorio si trova nel New Jersey, USA. Le ricerche in questo ambito scientifico, da parte del Dr. Roger D. Nelson e colleghi, dopo la chiusura dei laboratori del PEAR, si sono trasferite qui: ICRL. In questo istituto, da diversi anni a questa parte, le ricerche sono rivolte verso il “Global Consciousness Project”.