“Se le recentissime conclusioni delle scienze naturali si approssimano a un concetto unitario della realta’ , al quale si adattano da un lato gli aspetti di spazio e tempo e dall’altro quelli di causalita’ e sincronicità , cio’ non ha niente a che fare col materialismo. Piuttosto sembra emergere qui la possibilita’ di eliminare l’incommensurabilita’ tra osservatore e osservato”
C.G.Jung
La vera storia della sincronicità comincia con la collaborazione di due grandi pensatori, lo psicologo Carl Jung e il fisico Wolfgang Pauli. Il loro concetto di sincronicità ha avuto origine da un connubio tra i due approcci della fisica e della psicologia. La vita e il lavoro di questi due uomini contiene l’embrione da cui doveva evolversi il concetto di sincronicità, è un fenomeno che ha catturato l’attenzione e la ricerca di C.G.Jung e W.Pauli per più di 30 anni.
Carl Jung
Carl Gustav Jung nacque nel villaggio svizzero di Keswill nel 1875 e, dopo un’infanzia solitaria costellata di malattie e un carattere introverso tendente a sogni e fantasie, diventò uno studente di medicina, estroverso, robusto, amante del bere. Dopo essersi specializzato in psichiatria il giovane Jung cominciò a corrispondere con Freud. Quando, nel 1907 i due si incontrarono l’analista svizzero aveva già dato dei contributi significativi col suo test di associazione verbale e la sua teoria dei complessi. Le loro discussioni furono molto fruttuose tanto che Freud scrisse: “Non potevo sperare in nessuno meglio di te per continuare e completare il mio lavoro”.
Tuttavia, malgrado la loro amicizia, Freud e Jung avevano una visione molto diversa dell’inconscio. Anche il metodo di ricerca era differente perché mentre Freud si basava sulla tradizione scientifica razionale, Jung era più interessato nello spiritualismo, nelle fantasie e nella strana natura delle immagini disegnate e sognate dai suoi pazienti. Mentre Freud sosteneva che la nostra vita inconscia è dominata dagli istinti e dalle repressioni su cui si stende una leggera patina di civiltà, Jung riteneva che la mente inconscia avesse una dimensione creativa nascosta e che non fosse solo guidata da pulsioni sessuali.
Già nel 1909, malgrado fossero ancora molto amici, c’era della tensione che serpeggiava sotto il loro rapporto. Un giorno Freud stava rimproverando Jung per il suo interesse nello spiritualismo e lo metteva in guardia dal rischio di essere sopraffatto dalla “marea nera del fango dell’occultismo”. Jung provò una sensazione di caldo bruciante al diaframma e, allo stesso tempo, i due uomini udirono un forte suono proveniente dalla libreria. Jung suggerì che quello fosse un esempio di “esteriorizzazione catalitica”, in risposta alla reazione scettica di Freud, Jung predisse che sarebbe accaduto un secondo evento e infatti si sentì un altro suono che scosse Freud considerevolmente.
Da quel momento le loro strade divennero sempre più separate fino a che si ebbe la rottura definitiva nel 1912 con le dimissioni di Jung da presidente del congresso psicoanalitico. Dopo la separazione di Jung da Freud seguirono alcuni eventi che sono particolarmente significativi per lo sviluppo dell’idea di sincronicità. Libero di esplorare le sue idea senza l’ombra incombente di Freud, Jung cominciò a lavorare sui tipi psicologici visti come un bilanciamento tra le forze dell’Intuizione, Sensazione, Pensiero e Sentimento e mise a punto i concetti di estroversione e introversione.
Nel mezzo di questa attività che lo portò successivamente a esplorare l’inconscio collettivo Jung cominciò a sentire i primi sintomi di quello che i suoi biografi hanno definito una totale rottura dell’equilibrio mentale di cui riferisce nel suo libro Memorie, sogni e riflessioni. Nei mesi che seguirono il viaggio interiore si fece sempre più profondo nei recessi nascosti della sua mente e, in un sogno, simbolizzò la sua mente come una casa con una cantina nascosta contenente una porta a trappola che portava in una caverna ancora più remota, preistorica. Jung stava cominciando a scoprire un’area profonda e universale della mente, quella che poi avrebbe chiamato l’inconscio collettivo.
In questa area, che dimostrò comune in tutti gli esseri umani, Jung scoprì una varietà di simboli micro-macrocosmici, che chiamò “mandala”, e un certo numero di personalità autonome. Il viaggio nell’inconscio era accompagnato da figure con cui conversava quali Filemone, il vecchio saggio, Anima, la giovane donna che fu da guida spirituale a Simon Magnus, Lao-Tzu, Klingsor, etc. Di Filemone, Jung scrive: “…a volte mi sembrava molto reale, come se fosse una personalità vivente. Continuavo a camminare su e giù per il giardino con lui e per me era quello che gli indiani chiamano un guru….Mi disse cose che non avevo pensato consciamente. E osservai che era chiaramente lui che parlava, non io.”
Queste “visite” raggiunsero il loro culmine nel 1916 quando l’intera casa di Jung era come infestata da delle presenze e, un sabato mattino, il campanello suonò e alla porta non c’era nessuno. “Credetemi, continua Jung, l’atmosfera era molto spessa. Allora sentii che stava per accadere qualcosa. L’intera casa era piena come se ci fosse una folla, totalmente piena zeppa di spiriti. Erano ammassati fino alla porta e l’aria era così spessa che facevo fatica a respirare”. Nelle tre notti successive Jung scrisse, come posseduto da queste entità, I Sette sermoni ai morti, un lavoro scritto in stile profetico, che presenta una cosmologia globale dell’universo materiale e mentale. Nei sermoni il mondo di tutte le cose create, la “creatura” emerge da una situazione precedente ancora indifferenziata, il “pleroma” e il libro stesso diventa una metafora dell’emergenza della coscienza dall’inconscio collettivo, e di quest’ultimo dallo “psicoide”, uno stato che precede la distinzione tra mente e materia.
I Sermoni sono importanti perché contengono, in forma simbolica, molto di quello che poi Jung avrebbe reso esplicito nelle ricerche e negli scritti successivi. Dalle sue ricerche risulta che la mente umana può essere scavata al di là dell’inconscio personale e che, ai suoi livelli più profondi, possiede una struttura ricca di forze dinamiche, configurazioni simmetriche e centri autonomi di energia. Andando ancora più in profondità si incontra il terreno comune da cui sono emersi sia la mente che la materia, un eco di quello che Kammerer definiva come: “un cordone ombelicale che connette pensiero, sentimenti, scienza e arte col grembo dell’universo che li ha generati”.
Che cosa è veramente successo a Jung durante questo periodo di rottura dell’equilibrio mentale? Egli stesso la defini un periodo di “malattia creativa”. Dire che era pazzo non spiega nulla perché il suo viaggio nell’inconscio era tutt’altro che caotico anzi mostrava un consistente ordine interno. Il mondo che Jung aveva scoperto non era pazzo e senza senso ma talmente strutturato che lo psicologo fu in grado di ritornare alla superficie della ‘sanità normale’ portando con se delle profonde intuizioni e delle scoperte che formarono la base del suo lavoro successivo. Questa profonda trasformazione di Jung durante il suo viaggio nella ‘follia’ fu accompagnato da un certo numero di sincronicità, quali l’infestazione degli spiriti e il suono del campanello alla porta, sicuramente importanti per il futuro riconoscimento del fenomeno.
Come Jung ha creato una storia dell’origine della mente dell’universo, così la fisica moderna ha prodotto un mito della creazione della materia a partire dal vuoto indifferenziato o dal big bang primordiale.
Wolfgang Pauli
Pauli nacque nel 1900 a Vienna e pubblicò il suo primo scritto scientifico due mesi dalla fine della scuola superiore. A vent’anni aveva scritto un articolo di 200 pagine sulla teoria della relatività che fu elogiato da Einstein con le seguenti parole, “nessuno che studiasse questo lavoro maturo e magnificamente concepito potrebbe credere che l’autore sia un uomo di 21 anni.
Ci si chiede cosa dovremmo ammirare di più … la comprensione psicologica dello sviluppo delle idee, la sicurezza della deduzione matematica, la profonda visione fisica, la capacità di presentazione.” Le conversazioni di Pauli con Heisenberg spianarono la strada per la teoria quantistica e, ad alcuni mesi dalla scoperta di Heisenberg, Pauli aveva applicato la nuova teoria per calcolare lo spettro dell’atomo di idrogeno. Le sue successive discussioni con Bohr aiutarono a formulare l’interpretazione di quella teoria.
Il suo famoso Principio di Esclusione spiega perché c’è struttura nell’universo. Elettroni, protoni ed altre particelle chiamate fermioni sono governate da un principio di asimmetria, che significa che non possono essere tutti nello stesso stato quantistico. Questa restrizione dà inizio alla differenziazione del mondo materiale in uno di vari elementi chimici. Dall’altra parte, le particelle bosone sono governate dal principio della simmetria che permette loro di aggregarsi in un singolo stato coerente, com’è il caso dei laser, dei superconduttori e dei superfluidi.
La visione di Pauli dell’importantissima simmetria in natura lo portò anche a predire il neutrino, venticinque anni prima che fosse scoperto sperimentalmente. Da parte sua, Max Born, credette che Pauli fosse uno scienziato più grande di Einstein. Però il nome di Pauli non è mai stato molto conosciuto al pubblico in generale come gli altri giganti della scienza degli ultimi trecento anni. Il motivo è che Pauli preferì lavorare dietro le quinte proponendo nuove idee e fornendo commenti critici in conversazioni, lezioni e lettere. Nella sua personalità Pauli fu un po’ un paradosso. Mentre alcuni si riferirono a Pauli come “la coscienza della fisica” altri lo soprannominarono “il tremendo Pauli” e “la frusta di Dio” a causa dei suoi commenti brutali e severi durante i seminari. Riferendosi ad un articolo di un collega, ad esempio, disse, “Questo non è corretto. E non è nemmeno sbagliato. Pauli era molto attaccato a sua madre che si suicidò nel 1927 quando scoperse che suo marito aveva una relazione. Da questo punto in avanti la vita di Pauli cadde a pezzi.
Il suo matrimonio con una cantante di nightclub durò solo alcune settimane. Iniziò a bere sempre più e divenne aggressivo nei bar al punto di essere buttato fuori. Finalmente a trent’anni consultò Carl Jung che lo trovò “un individuo estremamente unidirezionale il cui inconscio era divenuto turbato ed attivato; così si proiettava su altri uomini che gli apparivano come suoi nemici … divenne molto solitario … iniziò a bere … litigare … fu picchiato”.
Nella tipologia junghiana, Pauli era il tipo di pensatore la cui funzione dei sentimenti era stata così repressa e non riconosciuta che ora minacciava di esplodere e di travolgerlo. Jung trovò Pauli così “stracolmo di materiale arcaico” che, non volendo influenzare o “contaminare” questo materiale in alcun modo, lo indicò ad un collega, Erna Rosenbaum, per l’analisi dei sogni. La Rosembaum si era appena laureata perciò Jung sapeva che non avrebbe “interferito” col suo paziente. Ed invero durante i cinque mesi di analisi Pauli riportò centinaia di sogni eccezionali. Aveva aperto un dialogo con i più profondi livelli della sua mente inconscia e, a sua volta, aveva iniziato ad insegnargli. L’incontro di Pauli con l’inconscio culminò in una visione di una tale sublime armonia – l’Orologio del Mondo – che produsse qualcosa di simile ad una conversione religiosa nel fisico. Questo sogno espresse la misteriosa armonia del cosmo e nel suo simbolismo unì due mondi – rappresentati da dischi rotanti.
Verso il 1935 Pauli sognò che Einstein venne da lui e gli disse che la teoria quantistica era unidimensionale ma che la realtà era bidimensionale. Pauli doveva accettare una nuova dimensione della realtà ed egli credette che la dimensione mancante fosse l’inconscio ed i suoi archetipi. Jung aveva proposto gli archetipi come princìpi strutturali della mente inconscia ma Pauli ora affermava che essi erano anche i princìpi sottostanti per le strutture ed i processi nel mondo fisico. A questo proposito intraprese un programma di ricerca per sviluppare quello che definì un “linguaggio neutro”, uno che si fosse applicato ugualmente bene alla fisica come alla psicologia.
Collaborò con Jung sul lavoro di quest’ultimo sulla sincronicità (il “principio di connessione acasuale” di Jung o la “connessione significativa). Indipendentemente iniziò a studiare il modo in cui l’archetipo della Trinità aveva influenzato Keplero nella sua formulazione delle leggi del movimento planetario. Ma Pauli stava ora facendo altri sogni in cui una “donna esotica” gli andava a far visita. Pauli credeva che lei fosse la sua anima. Iniziò a capire che la questione più importante era “la mancanza dell’anima nella moderna concezione scientifica del mondo”. Lo “spirito della materia”, credeva, era stato negato per 300 anni ed ora stava lottando per la resurrezione. Era guidato da una visione del ritorno dell’anima nel mondo. Mentre aveva parlato con pochissime persone del suo nuovo lavoro, una volta disse al suo assistente, H.B.G. Casimir, “Credo di sapere cosa succederà. Lo so esattamente. Ma non lo dico agli altri. Perciò sto facendo piuttosto teoria a cinque dimensioni della relatività benché non ci creda veramente. Ma so cosa succederà. Forse te lo dirò qualche altra volta.”
Ciò nonostante nella sua mezza età iniziò a diventare depresso. All’età di 47 anni ebbe il primo di una serie di sogni preoccupanti in cui un “persiano” lo andava a trovare. Nella prima occasione lo straniero arrivò portando delle lettere. Voleva entrare nell’università di Pauli e studiare ma non gli era concesso. Quando iniziò a parlare a Pauli con voce acuta Pauli gli chiese se fosse la sua ombra. “No,” disse lo straniero, “tu sei la mia ombra”. Pauli gli chiese se voleva studiare fisica. Il visitatore disse che non riusciva a comprendere il linguaggio di Pauli e Pauli non avrebbe compreso la fisica nel suo linguaggio. Ma avrebbe aiutato Pauli portandogli una sedia perché non c’era una sedia nello studio di Pauli. Pauli avrebbe dovuto lasciar andare le sue illusioni. “Ha molte donne ma ce ne può essere soltanto una.” Ripensando al sogno Pauli si rese conto che il suo tentativo di un matrimonio mistico era stato troppo accademico.
Sempre più Pauli si sentì diviso nella sua vita. I suoi sogni avevano mostrato la direzione in cui avrebbe dovuto muoversi, però gli mancava il coraggio di cambiare. Iniziò a far visita all’assistente di Jung, Maria von Franz, e formò una relazione che ebbe un profondo significato spirituale per lui. Perseverò nell’analisi dei suoi sogni però, secondo von Franz, “non voleva arrendersi alle richieste dell’inconscio e soffrirne le conseguenze.” Nella scienza il calore è la chiave di trasformazione.
Come metafora si applica ugualmente all’alchimia come pure alla psicoterapia. I processi entro una storta alchemica sono rispecchiati da quelli dell’incontro terapeutico. Solo il calore, che sale con l’amore, scongelerà “gli incidenti ghiacciati della vita” come dice la junghiana Beverly Zabriski. Attraverso questo dialogo con l’inconscio e le sue proiezioni nel mondo della fisica, come pure i suoi tentativi di riconciliare materia e spirito nel mondo, Pauli stesso stava facendo lavoro alchemico. Però l’oro alchemico non apparì mai. Eros era sempre stato assente dalla sua vita. Verso la fine della sua vita al fisico fu concesso un sogno finale. Una donna gli insegnerà a suonare il pianoforte. Lei prende un anello dal suo dito e lo dà a lui. Gli dice che quest’anello unirà i due mondi perché è l’anello della sua scuola di matematica. È “l’anello di i.” Il significato di quest’anello è che in matematica “i” sta per quelli che sono conosciuti come numeri immaginari. Assieme ai numeri reali essi creano un piano bidimensionale.
Sincronicità ed ESP
Un fenomeno altrettanto interessante che può definirsi, in qualche modo, analogo alla sincronicità, è l’ESP (percezione extra-sensoriale, fenomeni chiamati in generale col termine PSI da una lettera dell’alfabeto greco), problema di non facile soluzione per la difficoltà di tracciare una linea netta di demarcazione tra le frodi, i piccoli trucchi, l’auto inganno e gli esperimenti scientifici. Negli anni ’40 divennero famosi, in USA, gli esperimenti di psicocinesi dei coniugi Rhine (indovinare le carte, influire sul lancio dei dadi), cui lo stesso Jung attinse per approfondire la sua ricerca. Il principio della causalità, da parte sua, venne detronizzato all’inizio del ventesimo secolo in seguito alle rivoluzionarie scoperte della fisica.
Basti pensare al Principio di Indeterminazione di Heisenberg secondo il quale è impossibile “fissare” la conoscenza delle particelle elementari perchè si presentano come onde o come corpuscoli a seconda di ciò che si vuol osservare: velocità o posizione. Oppure al neutrino, particella, tanto difficile da “catturare” perchè, praticamente, non ha nessuna proprietà fisica: non ha massa, non ha carica elettrica, non ha campo magnetico. Il paradosso, l’astrattezza e la vaghezza d’interpretazione, sono gli elementi che accomunano il “psi” del fisico e il “psi” del parapsicologo. Ma torniamo al discorso di partenza, cioè alla sincronicità che Jung studiò col contributo del fisico W. Pauli, il “padre spirituale” del neutrino. Oltre a Freud, che intese la telepatia come sistema arcaico di comunicazione tra gli individui, biologi, matematici e filosofi si sono occupati del problema, avanzando riflessioni ed ipotesi che mettono in discussione il concetto stesso di “caso”.
Schopenhauer, parlando di armonia e connessione nella vita di ogni individuo, sostiene che la causalità è soltanto uno dei principi che governa il mondo. La natura degli “eventi convergenti” va ricercata, secondo A. Koestler, in una “tendenza integrativa” universale che, al di là di un principio causale, mira a riunificare la conoscenza parcellizzata. Sembrerebbe quindi che la seriazione e la sincronicità sono le risultanti archetipiche della fondamentale unità di tutte le cose, e che le ESP siano le più alte manifestazioni del potenziale integrativo della materia vivente. Secondo Jung “…soltanto la radicata convinzione dell’onnipotenza della causalità crea difficoltà alla comprensione e fa apparire impensabile che possano verificarsi o esistere eventi privi di causa….” Ma tali eventi esistono (anche se, perlopiù, distratti come siamo, non ci facciamo caso e li trascuriamo) e sembrano assomigliare a degli ordinamenti, “atti creativi” facenti parte di un universo complesso e misterioso di “creatio continua”, al di là di una nostra possibile comprensione intellettuale.
Tra le ultime formulazioni teoriche in merito, è importante evidenziare il pensiero di Jean Charon, eminente fisico contemporaneo. Charon descrive l’”onda psi” come un movimento ondulatorio di ogni particella elementare che permette lo sguardo sul mondo esterno, quindi una visione piccola e ristretta di un piccolo “pezzetto” di Universo ma, contemporaneamente, permette alla particella di contemplare anche il suo mondo interno, in rapporto anche al passato e alla memoria. Questo dà luogo alla scelta di uno specifico comportamento, tra un insieme di scelte possibili; tale scelta è agita come comportamento unico ed evolutivo in solidarietà con il Cosmo intero. Guardando all’organismo (il corpo materiale) come ad un insieme di particelle elementari, possiamo distinguere il Pensiero (l’Io) che funziona razionalmente per fornire comportamenti possibili, e lo Spirito (il Sè) che, come Centro Universale di Coscienza, rappresenta il Tutto e, attraverso il “non-volere”, tende a scegliere (almeno, così crede l’Io…) il comportamento più adatto all’evoluzione.
Scopo ultimo di Ragione e Intuizione è la dilatazione, l’accrescimento della coscienza, in una visione onnicomprensiva ed universale. D’altra parte è pur vero che “… i processi del sistema inconscio sono ‘fuori dal tempo’, cioè non sono ordinati nel tempo, non mutano col trascorrere del tempo. Il rapporto col tempo riguarda il sistema della coscienza” (S.Freud). Forse è per questo che, soprattutto nel pensiero occidentale, così intriso di razionalismo e determinismo, è difficile ammettere una complementarietà tra uomo e cosmo, e che esista un livello di realtà “altro” che esula dal principio di causalità. Ma l’odierna fisica atomica ci conduce ad una visione del reale assai simile alla visione intuitiva dei mistici orientali, sicchè i fenomeni sincronistici non sembrano più così oscuri dal momento che spazio e tempo formano un continuum, materia ed energia sono intercambiabili, osservatore ed osservato interagiscono e formano un tutt’uno.
Definizione di Sincronicità e commenti:
Concetto coniato da Jung per indicare la significativa coincidenza o corrispondenza:
- a) di un accadimento psichico e di uno fisico, senza che vi sia una relazione causale tra uno e l’altro. Tali fenomeni sincronicistici avvengono, per esempio quando vicende interne ( sogni, visioni, presentimenti) trovano corrispondenza nella realtà esterna: l’immagine interiore o il presentimento si sono dimostrati <>.
- b) di sogni, pensieri, immagini interiori, ecc… simili o uguali che hanno luogo contemporaneamente in luoghi diversi.
Per chi volesse sperimentare con la propria esperienza il concetto di sincronicità, in questa sede si evidenzia che non si ancora giunti ad una opinione scientifica accettata unanimemente, il fenomeno è ancora materia di dibattito, secondo i detrattori non risponde, allo stato attuale delle cose, alla cosiddetta ripetibilità sistematica tipico del laboratorio; nell’esperienza, il probabile sperimentatore noterà che non si tratta di mettere il termometro in un vaso d’acqua oggi e l’indomani di ripetere la stessa misura; comunque sia è possibile incrementare il range statistico di questi eventi.
Come? Innanzitutto comprendendo teoricamente la definizione riportata, in secondo luogo porre una attenzione critica al proprio flusso mentale, questo può essere discorsivo – immaginativo nella condizione di veglia oppure onirico quando si dorme. In questo contesto sarebbe opportuno tenere un diario aggiornato dei propri sogni, e fare attenzione alle proprie immagini mentali quando ad esempio siamo assorti a contemplare una situazione interiore, verificare quindi se è possibile collegarle a delle coincidenze nello stato di veglia. Tali esperienze consistono nel verificarsi simultaneo di due diversi stati psichici, due eventi (interni e/o esterni) legati da un significato, ma non da causalità. Tali coincidenze si dicono “significative” dove la “connessione” prescinde dal tempo, dallo spazio e dai rapporti causa-effetto. Jung ha descritto 3 tipi di sincronicità: nel primo vi è coincidenza tra contenuto psichico ed un evento esterno; nel secondo vi è un sogno o una visione che coincide con un evento distante nello spazio. Nel terzo, una persona ha un sogno o una visione di qualcosa che deve avvenire e che poi, di fatto, si verifica.
Una delle testimonianze più note sul fenomeno è quella riportata da Jung nell’esperienza con una paziente. La donna, che si trovava in un momento terapeutico decisivo, stava raccontando un sogno nel quale ella riceveva in dono uno scarabeo d’oro. Nel frattempo Jung sentì un rumore alle sue spalle, come se qualcosa urtasse contro la finestra: era uno scarabeo che cercava di entrare nella stanza buia. Lo scarabeo, simbolo per eccellenza di rinascita, “entrato” nel momento analitico più idoneo, riuscì ad infrangere la barriera difensiva della donna che, ancorata ad una statica razionalità, non era riuscita, fino a quel momento, ad evolvere.L’esperienza psicologica, in questo caso divenuto famoso, ha assunto pregnanza grazie all’affiorare di parallelismi simbolici che Jung, almeno in un primo tempo, collegava all’inconscio collettivo ed agli archetipi.
Di seguito annotiamo una esperienza dello psichiatra a titolo di esempio…
“Subito dopo questa fantasia…un’altra immagine emerse dall’inconscio, sviluppandosi da quella di Elia. Le diedi il nome di Filemone. Filemone era un pagano, ma avvolto in un’atmosfera Egizio Ellenistica, con una coloritura gnostica. La sua immagine mi si presento per la prima volta nel sogno seguente. C’era un cielo azzurro, ma sembrava il mare. Sembrava che le zolle si allontanassero l’una dall’altra e lasciassero scorgere l’acqua azzurra del mare. Quest’acqua però era però il cielo azzurro. Improvvisamente dalla destra giungeva librandosi nell’aria, un essere alato. Era un vecchio con corna taurine.
Portava un mazzo di quattro chiavi tenendone una come se fosse sul punto di aprire una serratura. Era alato, e le sue ali erano come quelle di un martin pescatore, con i loro caratteristici colori. Non riuscendo a capire questa immagine onirica, la dipinsi per meglio vederla. Nei giorni in cui ero occupato a dipingere trovai nel mio giardino, presso la riva del lago, un martin pescatore morto! Ero sbalordito, poiché solo assai di rado capita di vedere uccelli del genere nei dintorni di Zurigo.”
Un ultimo commento…
“Non si può affermare con sicurezza che ciò che sembra verificarsi nell’inconscio collettivo di un singolo individuo, non si verifichi anche in altri individui o esseri viventi o cose o situazioni. Quando sorse nella coscienza di Swedemborg la visione di un incendio a Stoccolma, il fuoco stava infierendo sulla città, senza che l’una cosa avesse un rapporto in qualche modo dimostrabile o anche solo pensabile con l’altra. Non vorrei tuttavia impegnarmi a mostrare il rapporto archetipico in questo caso. Accennerò tuttavia al fatto che la biografia di Swedemborg riporta certi eventi che gettano una luce singolare sul suo stato psichico. Bisogna ammettere c’era in lui un abbassamento della soglia di coscienza, abbassamento che permetteva di accedere alla “conoscenza assoluta”. L’incendio di Stoccolma si verificò in un certo modo anche in lui.”
Per saperne di più:
- “Ricordi, sogni, riflessioni.” – C.G. Jung – BUR Biblioteca Universale Rizzoli
- “La sincronicità” – C.G. Jung – Bollati Boringhieri