Il Calderone rituale di Gundestrup

Il Calderone rituale di Gundestrup

Gundestrup-0A-500Il Calderone rituale di Gundestrup è un manufatto celtico ritrovato nel 1891 in una torbiera dell’Himmerland, nello Jutland in Danimarca. Datato alla fine del II secolo a.C., è costituito da un insieme di 13 pannelli d’argento di finissima fattura che l’hanno reso un importante e discusso oggetto. Si pensa che non sia un prodotto locale ma forse un trofeo o un offerta rituale dei Cimbri, la sua fabbricazione viene ipotizzata nella regione del basso Danubio, corrispondente all’incirca in Bulgaria. E’ attualmente conservato presso il Museo Nazionale di Copenhagen.

Costituito da un insieme di 13 pannelli d’argento – di cui 5 rettangolari interni, 7 quadrati esterni (è andato perduto un ottavo pannello) e uno circolare che costituisce il fondo – di 42 cm di altezza, un diametro di 69 cm. e un peso di 9 chilogrammi.

Non è un prodotto locale e si pensa che sia stato portato in Danimarca, come trofeo e offerta rituale, forse dai Cimbri, i quali intorno al 110 a.C. subirono una sconfitta da parte dei romani e una parte di loro emigrò verso il nord, stanziandosi nell’Himmerland, proprio la zona del ritrovamento del calderone;[1] ma il luogo di fabbricazione viene ipotizzato – scartata ormai una precedente attribuzione alla Gallia centrale – prevalentemente nella regione del basso Danubio, corrispondente all’incirca all’attuale Bulgaria. Se infatti lo stile e la tecnica della lavorazione – altorilievo di argento parzialmente dorato – è riconosciuta come trace, i motivi delle rappresentazioni sono soprattutto celtici; la spiegazione di questa mescolanza di motivi può essere data dalla coesistenza, in quella regione, di tribĂš celtiche – gli Scordisci – e della Tracia – i Triballoi.

Il calderone era un oggetto di comune uso domestico presso i Celti, ma la decorazione preziosa del calderone di Gundestrup rivela il suo utilizzo rituale.

Nella piastra del fondo è raffigurato un sacrificio mentre quelle del contorno interno sviluppano il mito della nascita di un dio e in quelle esterne i sacrifici che propiziano i raccolti e le nascite.

In un pannello è rappresentato il dio Cernunnos, dalle corna di cervo, signore degli animali e delle forze della natura, mentre con una mano tiene il serpente dalla testa di ariete, simbolo della fertilitĂ  e con l’altra offre in dono il torquis, un collare, ornamento tipico dei nobili Celti. Accanto al dio, a sinistra, ancora un cervo e un toro, gli animali sacrificali, alla sua destra è la lupa, mangiatrice d’uomini, e poi un uomo che cavalca un delfino e animali reali e fantastici, come grifoni alati, elefanti e felini, soggetti poco frequentati dall’arte celtica e diffusi invece nell’area del mar Nero. In un’altra placca è rappresentato Taranis, il dio della ruota, che tiene in mano il suo simbolo ed ha al fianco un guerriero con un elmo munito di corna, identificato con l’eroe celta Cuchulainn, e ancora animali fantastici.

In un altro pannello ancora è raffigurato un sacrificio umano al dio Teutates, nel quale la vittima viene annegata in una botte. Un’altra interpretazione vuole vedervi invece un rito religioso di altra natura, una specie di battesimo o la rinascita di guerrieri morti mediante l’immersione nel calderone «magico»: secondo le leggende celtiche, in un calderone si può ottenere la moltiplicazione dei raccolti, come nel calderone dell’abbondanza di Dagda, o si può ottenere una conoscenza universale gustandone il contenuto. Tali virtù sono del resto da avvicinare a quelle delle sorgenti benefiche e anche il Graal della leggenda di re Artù non è che la rappresentazione cristianizzata del calderone dell’abbondanza e della conoscenza.

Gli artefici del calderone, sorprendentemente, evidenziano contatti culturali che si estendevano per 6000 chilometri, dai balcani fino all’India settentrionale e quindi alcune divinitĂ  raffigurate si possono definire panculturali; questo fatto spiega la presenza della raffigurazione di una dea accompagnata da elefanti al bagno rituale (divinitĂ  indiana Lakshmi).

Le placchette sono state sagomate partendo da un foglio metallico, grazie a temprature, e quindi i rilievi sono stati decorati con vari strumenti, tra i quali i punzoni.

 

Bibliografia

  • G. Herm, Il mistero dei Celti, Milano 1975
  • Il calderone di Gundestrup”, di Tomothy Taylor, pubbl. su “Le Scienze (Scientific American)”, num.290, ott.1992, pag.64-70
  • O. Klindt-Jensen, The Gundestrup Bowl — a reassessment, Antiquity XXIII
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  • G. S. Olmsted, The Gundestrup version of TĂĄin BĂł Cuailnge, Antiquity L
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  • C. Eluere, I Celti, “barbari d’Occidente, Electa/GallimardMilano, 1994 ISBN 88-445-0053-1
  • M. Hope, I Celti, Milano 1999