Parlando degli antichi simboli condivisi da differenti culture antiche, dobbiamo sicuramente fare un accenno al simbolo comunemente noto come Caduceo. L’origine mitologica del simbolo lo fa risalire al mito di Ermes (il dio Mercurio dei Romani), figlio di Zeus e della ninfa Maia, il quale, sul monte Citerone, si imbattè in due serpenti che combattevano tra di loro. Quando Ermes, per porre fine alla lotta, gettò tra i due contendenti la verga d’oro regalatagli da Apollo, i due rettili vi si attorcigliarono immobilizzandosi: era nato il Caduceo, successivamente ornato con le ali dei calzari del dio greco.
Il Caduceo è uno dei simboli più antichi della storia dell’umanità, comune a civiltà diverse, lo troviamo per esempio a Cartagine presso i Fenici, gli Hittiti, gli Ebrei, gli Egiziani.
La sua immagine, raffigurante due serpenti attorcigliati in senso inverso intorno ad una verga ornata d’ali, è stata rinvenuta, oltre che nei templi greco-romani, su tavolette indiane dell’antica civiltà vedica e altrove. Il reperto archeologico più anticoè una coppa appartenuta al re Guda della città mesopotamica di Lagash, alla confluenza dei fiumi Tigri ed Eufrate, sulla quale è nitidamente inciso il simbolo.
Il termine caduceo deriva dal greco Karkeion (araldo, messaggero) e rappresentava il simbolo di Ermes o Mercurio,messaggero degli dei, che lo esibiva come simbolo per dirimere le liti. Ma prima che a Mercurio, il magico bastone venne attribuito come emblema a Ermete Trismegisto, mitico progenitore dell’arte magica tradizionale, intesa come sintesi del sapere universale in ogni sua applicazione: medicina, legge morale, filosofia, religione, scienze naturali, matematica, etc. Il mito di Ermete risale alla più remota civiltà egizia, ripreso poi dalla mitologia greca che ne trasse il dio Hermes poi divenuto Mercurio con i Romani.
Omero nell’Iliade (canto XXIV) descrive così l’uso che fa Hermes del Caduceo: “La bacchetta mediante la quale il dio incanta al suo piacere gli occhi dei mortali o sveglia coloro che dormono. Negli Inni omerici (III,529) il caduceo ermetico è detto “aureo”, ed ha la virtù di fascinare gli occhi dei mortali e di addormentarli, di attrarre i morti dagli inferi, di cambiare in oro gli oggetti toccati. È simbolo di prosperità e di pace anche presso i Romani.
Di questo simbolo si parla anche nella bibbia sempre con il nome di “Caduceo” come bastone di Aronne fratello di Mosé.
In lingua greca vuol dire “araldo di pace”. Ancora oggi il pastorale degli archimandriti, che è a forma di T, termina con due serpenti che si affrontano, talvolta sormontati da una croce.
È evidente che qualcosa di esoterico ancora sussiste nell’Ortodossia, ma nel tempo il vecchio simbolo ha in alcuni casi subito delle modifiche cambiando sia struttura che significato. Per la Chiesa Romana per esempio ha perso il simbolismo antico delle grandi Iniziazioni, ed è stato sostituito dal pedum (il pastorale romano) che ha cima ricurva alla maniera del pastore.
Nel suo “Symbolisme Hermétique“, Oswald Wirth identifica i due serpenti attorcigliati sulla verga d’oro alle correnti di polarità contraria del grande agente magico, conosciuto dagli occultisti sotto il nome di Luce Astrale. L’Iniziato deve saper captare queste forze, allo scopo di utilizzarle a tempo e luogo per dominare la Natura e ottenere effetti che il volgo ritiene miracolosi. Nei riti massonici e cristiani esoterici si attirano con la mano sinistra le forze diffuse nel Tempio (Etere, Mercurio dei Filosofi), e con la mano destra le si concentrano su se stessi (coagulazione e fissazione del Mercurio).
In Oriente il simbolo dei due serpenti attorcigliati alla verga trova riscontro nelle due correnti, Pingala e Idâ che si avvolgono al Merudanda: la prima è di colore rosso, calda e secca, paragonata al Sole e allo Zolfo alchemico, mentre la seconda, Idâ, è fredda e umida come il Mercurio alchemico e viene correlata alla Luna per il suo argenteo pallore.
Il caduceo è costituito da un bastone dotato di due ali e simboleggia il primato dell’intelligenza che si pone al di sopra della materia per poterla dominare per mezzo dell’intelligenza; i due rettili che si accoppiano sono visti come il simbolo della polarità del bene e del male tenuta in equilibrio dal Dio che ne controlla la forza. Essi sono attorcigliati in senso inverso fino alla sommità e posti l’uno di fronte all’altro. In questo intreccio il serpente maschio, di ascendenza solare, è posto a destra, mentre quello femmina, di ascendenza lunare, è posto a sinistra.
Il caduceo indica la capacità di conciliare tra loro gli opposti, creando armonia tra elementi diversi come l’acqua, il fuoco, la terra e l’aria.
Per questo motivo ricorre frequentemente anche in alchimia, quale indicazione della sintesi di zolfo e mercurio. Riferito all’Universo, indica la capacità di dominare il caos e di porre ordine in esso, creando armonia tra le diverse tendenze che ruotano intorno all’asse del mondo (Axis mundi). Metafisicamente, rappresenta la discesa della materia primordiale nella materia grossolana. Riferito al corpo umano, indica il potere taumaturgico di colui che è in grado di portare armonia in un organismo malato.
Nei giorni nostri lo vediamo spesso usato al posto del bastone di Asclepio, associando il caduceo con la medicina, specialmente negli Stati Uniti. Il simbolo è invece usato in Italia come emblema dell’Ordine dei Farmacisti, anche se storicamente i due simboli ebbero significati distinti. Secondo alcuni autori, sia il bastone di Asclepio, con un serpente attorcigliato, sia il caduceo di Hermes, con due serpenti, deriverebbero dall’antico metodo, tuttora in uso, di estrazione dai tessuti sottocutanei della femmina adulta di Dracunculus medinensis (metodo diffuso in molte regioni rurali dell’Africa e del Medio Oriente) per arrotolamento su un bastoncino; l’operazione, che poteva durare giorni, doveva essere eseguita da medici molto esperti, perché il verme non si rompesse durante l’estrazione.
Il Caduceo è presente anche nell’iconografia cinese dei draghi alati (che a differenza di quelli occidentali hanno accezione positiva e sono simbolo di benessere), nella leggenda azteca di Quetzalcoatl (il Dio che rinasce in forma di serpente piumato), nella filosofia indiana (dov’è associato all’albero della vita) e nell’esoterismo buddista (che accomuna il sacro bastone all’asse della terra).
È significativo che anche l’insegnamento tantrico ponga il simbolo in relazione ai meccanismi sia dell’universo sia del corpo umano: in quest’ottica, i due serpenti rappresentano la forza primordiale (Kundalini) che si leva dal fondo della schiena per innalzarsi su per la spina dorsale attraverso i vari chakra, fino alla fontanella del cranio, sede dell’energia pura da cui scaturisce lo spirito evolutivo dell’uomo.
Secondo la cultura orientale il caduceo illustra chiaramente il concetto base del Corpo sottile. Le vorticose energie ascendenti dei serpenti producono un vortice di potenza che viene usato nel Tantra per la trasformazione personale. I due serpenti sono associati con le immense energie solari e lunari e rappresentano la parte destra e sinistra del corpo. Si intersecano tra di loro e attraversano in continuazione il Grande Fiume centrale.
Secondo una variante del mito il Caduceo rappresentato con due serpenti avvolti a spirale, è la rappresentazione fisica del bene e del male presenti nell’intero mondo, tenute in equilibrio dalla bacchetta del dio Ermes (oppure Asclepio), che ne controlla l’equilibrio.
Il Doppio Serpente, fra le immagini archetipiche, è tra le più antiche e diffuse. La ritroviamo nell’incisione sopra la coppa libatoria del re Mesopotamico Gudea (2000 a.c.), nell’immagine del caduceo alchemico, in quella del caduceo ermetico, compare dipinta su un altare azteco, mirabile esempio di arte precolombiana (xv sec).
Addirittura in una miniatura (x sec.) raffigurante Adamo ed Eva, nell’immagine di un serpente a due colori che si attorciglia intorno al tronco di un albero. Come rappresentazione della Kundalini che si innalza avvolgendosi lungo i sette chakras.
Per quanto riguarda la presenza dei serpenti va ricodato che gli antichi, come narra Plinio, davano al serpente intelligenza e sentimenti particolari, tanto che certi serpenti di Soria non offendevano quelli del paese mentre erano terribili contro i forestieri. Quest’animale era tenuto dagli antichi in grande considerazione per la sua vita misteriosa e sotterranea, per la sua capacità di secernere veleni mortali e per la sua grande velocità pur senza organi motori, nonché per la sua capacità di ipnotizzare le sue prede. Il serpente è simbolo di potenza: lo troviamo sulla testa dei re d’Egitto, come ornamento e simbolo insieme. Inoltre, il Caduceo è un simbolo che veniva rappresentato sui monumenti egiziani costruiti prima di Osiride: astronomicamente la testa e la coda dei due serpenti rappresentavano i punti dell’eclittica in cui il Sole e la Luna si incontrano, quasi in un abbraccio.
Nella Bibbia il serpente possedeva una doppia valenza, aspetto ambiguo tra i valori simbolici di vita e morte, fecondità e tentazione. Mosè aveva un bastone con serafino in bronzo attorcigliato dotato di poteri tali da consentire di ridare vita ai moribondi. Nel libro dei Numeri è riportato che il popolo di Israele, per l’insofferenza a cibarsi di manna nel deserto, fu punito da Dio con il morso di serpenti velenosi. Dietro mediazione di Mosè, poi Dio stesso suggerì un rimedio:”Fatti un serpente, e mettilo sopra un’asta: e accadrà che, chiunque sia morso, se lo guarda vivrà. E Mosè fece un serpente di rame, e lo mise su un’asta, e accadde che, se un serpente aveva morso qualcuno, quando questi osservava il serpente di rame restava in vita” (Num. 21:8-9). Si sviluppa così la prerogativa duplice del caduceo: il bastone inteso come mediatore e il bastone che salva dal male e dal pericolo ridonando la vita a chi era in procinto di perderla.
E’ leggittimo pensare alla reminiscenza di un contatto con esseri anguiformi: tale interpretazione è stata propugnata da vari studiosi. Credo, però, che, se concentrassimo l’attenzione non tanto sul serpente, i cui significati sono numerosi ed anche antitetici, ma sul materiale con cui fu costruito, il bronzo (o rame), e su come questi materiali sono stati impiegati, si potrebbero scoprire interessanti correlazioni, ad esempio con l’oro che secondo la Torah, rivestiva sia all’interno sia all’esterno, il legno di cedro con cui era stata costruita l’Arca dell’Alleanza. Il collegamento con l’Arca è individuabile pure in una tradizione, secondo la quale in origine la cassa conteneva un serpente, poi l’effigie di un dio serpente. Questo animale ricorda, per i suoi movimenti sinuosi e repentini, la folgore. Quindi è lecito pensare che si tratti di manufatti che hanno lo scopo di operare con la corrente…
Nelle antiche scritture e nelle rappresentazioni figurative di molte cultura, appare sovente il caduceo che, per il genere umano rappresenta l’antenna di comunicazione con “DIO” che è l’universo ordinato.
Si racconta che Dio disse a Mosè di avvolgere sul suo bastone dei fili di rame intrecciato, ma Mosè essendo un uomo poco pratico ed ammalato affidò il compito al fratello, il grande sacerdote Aronne. Il bastone di Aronne, che era vetusto di anni e consunto dall’uso, dopo tale operazione, germogliò improvvisamente e fece dei prodigi al cospetto del faraone. Questi con lo stesso artifizio riusci a replicare, coi sui maghi, lo stesso prodigio di far intrecciare due serpenti in un bastone alato.
Secondo la leggenda bibblica Mosè aprì le acque del mar morto con quel bastone caduceo, che quando veniva battuto o sulla roccia faceva sgorgare acqua pura dalla roccia viva. Un bastone prodigioso che Dio o chi per lui ha voluto fosse interloquitorio coll’ordine dell’universo e che è il più antico, primordiale simbolo della rozza comunicazione tra l’universo e gli animali viventi. Il simbolo rappresenta in se stesso una simmetria bilaterale pari e contraria che andrebbe interpretata come riordino del caos universale, l’autentica comunicazione di Dio con le intelligenze da lui dispensate alle forme viventi. Il povero Shmitt a distanza di migliaia di secoli riprodusse la “caduceus coil”, una riproduzione efficiente di riordino di ciò che abbiamo perso coi nostri pensieri in ogni frazione di millesimi di secondo in pensieri ordinati spesso recepiti sotto forma telepatica da altri individui che fanno parte di quella stessa intelligenza. Pensieri che involontariamente o volontariamente trasmettiamo e comunichiamo e che viene volgarmente interpretata come forma di magia.
Nella leggenda biblica si trova un’altro passo di un bastone parzialmente scortecciato (a formare un caduceo?) che Dio chiese a Giacobbe di costruire e gettare nella fonte dove si sarebbero abbeverate le pecore pregne, facendo in modo che le stesse pecore vedessero quel bastone. Quelle pecore pregne che avevano visto quel bastone immerso nell’acqua partorirono agnelli chiazzati che spettavano a Giacobbe mentre gli agnelli bianchi al suocero Labano. Con questo stratagemma pare che nascessero tutti agnelli chiazzati. Ora trattiamo questi eventi tratti da testi antichisimi quindi prendiamo il racconto nel suo complesso per il suo valore semantico non certo per la sua scientificità.
Su una statuina in oro, raffigurante il Faraone Ramsete II, così come in alcune incisioni della cultura fenicia, cartaginese, greca e romana, si può osservare una strana sfera sormontata da due “antenne”, che per l’archeologia tradizionale svolgerebbe una “funzione esclusivamente rituale”. Va ricordato, tuttavia, che sia presso i Sumèri (epopea di Gilgamesh) che presso i Romani (il dio Mercurio) la “sfera con le antenne” veniva stilizzata nel caducéo, il magico bastone con due serpenti avvinghiati, che consentiva ai possessori di accedere ad altri “mondi” e ad altre “dimensioni”. Per questi motivi, Mario Pincherle ha ipotizzato che il caduceo fosse in realtà una “bussola pelasgica” , così come appare in alcune raffigurazioni provenienti dall’antico recinto cartaginese di Tanit e oggi ricostruita con materiali moderni, perfettamente funzionante.
L’interpretazione del caduceo come strumento di navigazione, (una vera e propria bussola ante litteram), deriva dall’interpretazione di alcuni reperti, come per esempio una stele Cartaginese, dove troviamo il Caduceo montato come strumento di navigazione a prua di una nave punica. Dalla struttura della nave raffigurata sembra poter dedurre che essa è databile tra il V e il IV secolo a.C, avendo la prua ricurva in avanti e il ponte molto alto, come nelle navi di quel periodo. Il rostro posto davanti ai paramezzali farebbe poi pensare ad una vera e propria trireme da guerra. Ma quel che più ci interessa è la ‘sfera’ sormontata da una sorta di ‘corna’ e munita di due ‘nastri ‘ fluttuanti al vento.
Secondo l’interessante ipotesi avanzata da Pincherle, la ‘sfera’ rappresentava un sensibilissimo ‘giunto girevole’ che permetteva la rotazione dell’elemento magnetico della bussola, una vera e propria ‘calamita’, le cui ‘espansioni polari’ erano raffigurate appunto come ‘corna’.La sfera munita dell’elemento sensibile al campo magnetico terrestre poteva, sotto l’effetto del vento, trascinare in deriva di qualche grado la bussola ma veniva riportata nella corretta posizione proprio grazie ai due nastri avvolti a spirale sul calamo, l’asse meccanico della bussola, che agivano come molla di ritorno..
Una interpretazione fuori dal coro ma che vale la pena di considerare rispetto alla simbologia del caduceo la troviamo nel concetto di terza forza. I due serpenti rappresentano le due forze contrapposte che generano la terza forza e il caduceo è il mezzo in grado di intercettarla. Questa energia che sembra nascere spontaneamente dal nulla, che sembra quindi avere una valenza divina, ha affascinato i popoli antichi e ha fatto nascere la mitologia legata ai poteri del caduceo.
Secondo la tradizione ebraica il “verme divino” era considerato un attrezzo di origine celeste; raramente veniva affidato agli umani; ad essi il Signore “dovette trasmettere saggezza e conoscenza perché fossero in grado di eseguire i lavori”. Di esso il trattato Abot, che fa parte del Talmud babilonese, ci dice che fu creato da Dio nei sei giorni della creazione del mondo e che venne portato dal cielo agli uomini dal “guardiano del cielo Ashmedai” (un Vegliante poi demonizzato con il nome di Asmodeo), e che Mosè lo utilizzò nel deserto per costruire l’Efod, il pettorale di Aronne (munito dei misteriosi Urim e Tummim di cui si parla nel secondo capitolo).
Lo Shamir era custodito nel Tempio di Gerusalemme (e prima, prevedibilmente, nell’arca dell’alleanza); secondo lo Zoar, spaccava e tagliava ogni cosa, tant’è che “per la costruzione del Tempio di Gerusalemme, grazie al suo utilizzo, durante i lavori, non si udì rumore di martelli, scalpelli, picconi o di altri utensili (1 Re 6,7 e Talmud babilonese). Come un moderno strumento laser, effettivamente, non produceva rumore; adoperato per tagliare e forare, se ne conoscevano di diverse grandezze. Re Salomone ne cita uno piccolo “come un chicco di grano”. Questa tecnologia rivoluzionaria andò peraltro perduta. Nel trattato Mishnajot si dice che “quando il Tempio di Gerusalemme fu distrutto, lo Shamir sparì…”
>Nelle mitologie della Mesopotamia, dell’Egitto e della Grecia, l’albero, con il serpente accanto o attorcigliato ad esso, era l’Albero della Vita della Grande Madre Dea, e il serpente era la sua forma manifesta nel tempo, che ininterrottamente muore e si rinnova, simile alla luna che esce dalla sua ombra come il serpente sguscia dalla sua pelle. Su entrambi i lati di questo Albero della Vita, Axis Mundi, siedono o si ergono, in numerose opere d’arte, le incarnazioni femminili e maschili di questo mistero centrale: la dea stessa in riconoscibile forma umana, e il suo consorte, che, come il serpente e la luna, muore suo amante e rinasce suo figlio, in un rituale raffigurante il processo continuo alla base dei cicli visibili di vita e morte.
Nella Figura sopra, la femmina seduta è la Dea Madre sumera dell’Età del Bronzo e il serpente in spire verticali dietro di lei è l’immagine del suo potere rigenerativo. Dall’altro lato dell’albero, in identica postura, siede il figlio-amante, detto “Figlio dell’Abisso: Signore dell’Albero della Vita”, il cui ruolo di fecondatore della fonte di vita è rappresentato dalle corna taurine sulla sua testa.
Poiché il serpente e il toro posti ai due lati del sigillo sono entrambi immagini delle manifestazioni di vita e morte incarnate dalla dea, si crea un’autentica immagine speculare, di unificazione degli opposti in un’unica visione. Inoltre, sia la madre che il figlio-amante tendono la mano verso il frutto che pende dall’Albero della Vita, offrendo contemporaneamente i doni, lei dell’immortalità e lui dell’illuminazione. E’ la storia perenne del matrimonio sacro di zoe ebios, rappresentato in molteplici forme – Inanna e Dumuzi, Ishtar e Tammuz, Iside e Osiride, Afrodite e Adone, Cibele e Attis –, tutte immagini di riconciliazione e di affermazione.
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Roberto Volterri
Archeologia dell’Impossibile