Una delle più incredibili manifestazioni occulte d’Europa è avvenuta – e persiste tuttora – all’inizio degli anni 70 nel piccolo villaggio spagnolo di Belmez de la Moraleda.
Una mattina dell’agosto 1971, Maria Gomez Pereira entrò in cucina e trovò sul pavimento di cemento il disegno di una faccia, il volto di un uomo che urla.
Sembrava dipinto, ma non si riuscì a grattare via la vernice: era come se facesse parte integrale del cemento stesso.
La donna mostrò la figura ai vicini, nessuno dei quali seppe trovare una spiegazione al fenomeno. Poiché l’immagine non poteva essere cancellata, il figlio di Maria, Miguel, spezzò il cemento con un piccone e gettò una colata nuova. A tutti quanti quel volto era sembrato spaventoso.
Una settimana dopo, l’otto dicembre, la faccia era tornata. La notizia si diffuse, e la piccola casa a via Gomez Pereira cominciò ad essere meta di un pellegrinaggio di curiosi. Si decise di conservare l’immagine inesplicabile: il cemento venne tagliato tutt’intorno e la lastra risultante fu appesa in una parete e protetta con una lastra di vetro. Qualcuno suggerì di scavare sotto il pavimento; lo si fece, a circa due metri e mezzo di profondità vennero trovate alcune ossa umane. Del resto, si sapeva già che la casa di Maria, insieme con quelle vicine, era stata edificata in un luogo dove anticamente sorgeva un cimitero.
Un esperto d’arte venuto da Madrid, il professor Camon Aznar, esaminò il volto e lo descrisse come il ritratto di un uomo improvvisamente spaventato da qualcosa, che apre la bocca come per urlare. Aggiunse che era un disegno realizzato con una certa maestria.
Ma le sorprese non erano finite: fra lo sconcerto di tutti, l’espressione “dipinta” prese a modificarsi lentamente, settimana dopo settimana, come se l’urlo silenzioso stesse lentamente erompendo dalle labbra imprigionate nella pietra. Poi, sempre molto lentamente, la figura cominciò a svanire.
Nel frattempo però, un’altra faccia apparve sulla lastra, che era sempre protetta dal vetro.
Poi apparvero altri volti di Belmez.
Il parapsicologo German de Argumosa descrisse il fenomeno come “un eccellente esempio di arte prodotta in modo paranormale”.
Nell’arco di due anni, sulla lastra comparvero non meno di 18 volti, alcuni molto piccoli e quasi sempre di persone che urlavano. Argumosa affermò di aver assistito lui stesso il 9 aprile 1972, al lento formarsi di uno di questi volti, e la sua testimonianza venne confermata da due noti giornalisti spagnoli che erano con lui. Lo stesso Argumosa invitò un celebre parapsicologo, il professor Hans Bender del Freiburg Institute in Germania, ad assistere al fenomeno.
Nel maggio 1972, dopo molte osservazioni, Bender lo confermò come assolutamente autentico, senza possibilità di trucco e aggiunse di aver notato che i volti erano descritti in modi diversi dai singoli osservatori. Da allora, molti altri parapsicologi, da tutto il mondo, hanno studiato i misteriosi volti ed alcuni hanno riferito di aver registrato sul nastro strani rumori, simili a voci soffocate, grida e singhiozzi.
Alla fine del 1970 le immagini scomparvero, per riapparire circa sei mesi dopo e poi scomparire di nuovo. Nessuna spiegazione razionale del fenomeno è mai stata trovata.
– La storia
Correva l’anno 1971, allorchè il mondo del paranormale venne scosso da un’onda d’urto di dimensioni titaniche, le cui influenze sugli eventi futuri sono ancora oggi visibili. La mattina del 23 agosto, Maria Gomez-Camara, abitante di un piccolo centro abitato chiamato Belmez, nella provincia spagnola di Jaen, fu testimone di un misterioso quanto inatteso fenomeno. Sul pavimento della sua casa era apparso qualcosa di molto simile ad un volto umano. Inizialmente, la signora Gomez pensò ad un difetto di pulitura, ma i tentativi di smacchiare le mattonelle furono del tutto invani. La donna mostrò la figura ai vicini, nessuno dei quali seppe trovare una spiegazione al fenomeno.
Poiché l’immagine non poteva essere cancellata ,fu allora che il figlio di Maria, Miguel, spezzò il cemento con un piccone e gettò una colata nuova. A tutti quanti quel volto era sembrato spaventoso. Una settimana dopo, l’otto dicembre, la faccia era tornata. La notizia si diffuse, e la piccola casa a via Gomez Pereira cominciò ad essere meta di un pellegrinaggio di curiosi. Si decise di conservare l’immagine inesplicabile: il cemento venne tagliato tutt’intorno e la lastra risultante fu appesa in una parete e protetta con una lastra di vetro. Qualcuno suggerì di scavare sotto il pavimento; lo si fece, a circa due metri e mezzo di profondità vennero trovate alcune ossa umane.
Del resto, si sapeva già che la casa di Maria, insieme con quelle vicine, era stata edificata in un luogo dove anticamente sorgeva un cimitero. Un esperto d’arte venuto da Madrid, il professor Camon Aznar, esaminò il volto e lo descrisse come il ritratto di un uomo improvvisamente spaventato da qualcosa, che apre la bocca come per urlare. Aggiunse che era un disegno realizzato con una certa maestria.
Le sorprese non erano comunque finite: fra lo sconcerto di tutti, l’espressione “dipinta” prese a modificarsi lentamente, settimana dopo settimana, come se l’urlo silenzioso stesse lentamente erompendo dalle labbra imprigionate nella pietra. Poi, sempre molto lentamente, la figura cominciò a svanire.
Nel frattempo però, un’altra faccia apparve sulla lastra, che era sempre protetta dal vetro. Poi ne apparve un’altra ed un’altra ancora. Il parapsicologo German de Argumosa descrisse il fenomeno come “un eccellente esempio di arte prodotta in modo paranormale”.
Nell’arco di due anni, sulla lastra comparvero non meno di 18 volti, alcuni molto piccoli e quasi sempre di persone che urlavano. Argumosa affermò di aver assistito lui stesso il 9 aprile 1972, al lento formarsi di uno di questi volti, e la sua testimonianza venne confermata da due noti giornalisti spagnoli che erano con lui.
Lo stesso Argumosa invitò un celebre parapsicologo, il professor Hans Bender del Freiburg Institute in Germania, ad assistere al fenomeno. Nel maggio 1972, dopo molte osservazioni, Bender lo confermò come assolutamente autentico, senza possibilità di trucco e aggiunse di aver notato che i volti erano descritti in modi diversi dai singoli osservatori. Da allora, molti altri parapsicologi, da tutto il mondo, hanno studiato i misteriosi volti ed alcuni hanno riferito di aver registrato sul nastro strani rumori, simili a voci soffocate, grida e singhiozzi.
Alla fine del 1970 le immagini scomparvero, per riapparire circa sei mesi dopo e poi scomparire di nuovo. Nessuna spiegazione razionale del fenomeno è mai stata trovata.
In seguito al materializzarsi di altre facce , in punti diversi dell’abitazione,il fenomeno divenne ben presto oggetto di interesse da parte dei cittadini, tanto che, ogni domenica, folle di pellegrini si accalcavano fuori dalla casa, arrivando a picchi di 20000 persone, nonostante Belmez contasse 2000 abitanti circa. I volti vennero, così, associati ad un caso di apparizione mistico-religiosa, e l’eco di tale evento si diffuse a livello interazionale, al punto che, negli anni successivi, numerosi studiosi del paranormale profusero le proprie energie nel tentativo di trovare una spiegazione plausibile.
Il mito dei volti di Belmez
Con il trascorrere del tempo, la frenesia provocata da un simile fenomeno scemò, e di Belmez non restarono che vecchie storie. A più di trent’anni di distanza, il ricordo di quanto accaduto quella mattina del 1971 viene perduto e la verità, tramandata in tutto il mondo, si tramuta in leggenda metropolitana. Finchè, nel 2004, una nuova luce si riaccende attorno al caso. La notizia della morte di Maria Gomez fu motivo d’interesse per tutti coloro che, per anni, si sono dedicati al fenomeno, ma la cosa più importante è che nuove scoperte paiono far tornare in vita il mito dei volti. Infatti, la S.E.I.P. (Societad Espagnola per le Investigationes Parapsicologicas) annuncia la scoperta di una nuova casa, nella quale si verificano le misteriose apparizioni.
Tale abitazione è quella in cui Maria Gomez abitò da giovane. Il sindaco della cittadina, a causa del rinnovato scalpore che l’accaduto aveva prodotto, ordina di effettuare degli scavi sotto il pavimento della prima casa (quella del 1971), nel tentativo di scoprire qualche indizio. E le sue aspettative non rimangono deluse: l’abitazione e quella ad essa adiacente, sono state costruite su un antico cimitero dell’undicesimo secolo.
L’analisi dei volti non rileva alcuna traccia di pigmenti o tempere artificiali, nè tantomeno di vernice, il che sembrerebbe escludere l’ipotesi che i volti siano stati dipinti. A rafforzare tale tesi, il fatto che le facce appaiono gradualmente anche dopo che l’autorità cittadina sigilla la casa per qualche tempo. Si fa strada, così, una seconda ipotesi, ossia quella spiritica, in base alla quale le facce non sarebbero altro che le emanazioni psichiche delle persone sepolte nel cimitero. Ma questa interpretazione non tiene conto, però, di ciò che si è verificato nell’altra casa, scoperta dalla S.E.I.P., e in cui è stato allestito una sorta di museo.
Qui, infatti, non è presente alcun cimitero, pertanto sembra che l’unica connessione fra i due casi sia proprio la signora Maria Gomez. I sostenitori dell’autenticità dei volti avanzano una terza ipotesi: quella secondo cui la donna sarebbe stata un’inconsapevole tramite, una specie di medium che ha attivato il fenomeno nei luoghi in cui ha vissuto.
– Realtà o finzione?
È possibile che il fenomeno sia soltanto nella testa delle persone? Che delle semplici macchie vengano scambiate dal cervello per volti umani? Questa quarta spiegazione lascia, tuttavia, molto a desiderare, perchè è evidente che le immagini di Belmez non possono essere un semplice prodotto della fantasia. Ma, allora, qual’è la verità? Un piccolo particolare balza all’occhio. Tutte le indagini condotte sui volti sono andate in cerca soltanto di tracce di pigmenti o vernice, ma potrebbe essere un’altra la causa di tutto: il nitrato al cloruro d’argento.
Questi particolari sali, infatti, avrebbero consesso ai volti la facoltà di apparire gradualmente, come ampiamente testimoniato, perfino anche molti giorni dopo essere stati disegnati. Come descritto, l’afflusso di pellegrini era notevole ogni domenica e molti tornavano da Belmez con immagini-ricordo dei volti. A questo punto la domanda sorge spontanea: quali elementi chimici vengono usati dai fotografi per sviluppare le pellicole? La risposta è: nitrato e cloruro d’argento!
A sostenere l’ipotesi del falso, il fatto che, dopo la morte del fotografo, la forma dei volti è mutata: i contorni che prima apparivano netti ora sono più approssimativi. Che sia tutto opera di un fotografo opportunista?