Nascosta in una vallata nella remota Himalaya si dice ci sia Gyanganj, la terra per gli immortali.
Chiamata Shambala, Shangri-La o Siddhashram, i credenti affermano che sia il celeste regno che modella il nostro destino.
Fu durante un’incontro improvvisato con degli intellettuali e dei ricercatori presso la casa a Delhi del poeta Punjabi Amrita Pritam, in India, che Sai Kaka rivelò disinvoltamente:
“Sono stato a Gyanganj numerose volte durante l’ultima decade.”
O meglio egli è stato portato lì ogni volta da un saggio per istruzione spirituale ed immortale.
Questa istruzione deve essere di alto livello per i 50 e più, che il barbuto e bianco vestito Sai Kaka ha fin’ora insegnato a chiunque lo avesse approcciato. L’uomo da Sangli nello stato Indiano sud-occidentale del Maharashtra, che studiò con Swami Muktananda e Nisargadatta Maharaj, è sempre in movimento avendo scelto di non entrare in un ashram o in un’organizzazione.
Quando viene messo in discussione, egli risponde in puro Hindi che Gyanganj esiste su un differente piano, una più alta dimensione, una shambala. Ma, che sì, su un livello grossolano ha una locazione parallela in posti conosciuti sulla terra. Così, c’è un territorio segreto nel nostro centro, che è improbabilmente sfuggito a tutte le osservazioni geografiche? Un posto che fornisce l’ambiente e le opportunità perfette per un’evoluzione spirituale? Un posto da cui migliaia di esseri saggi immortali e perfetti pianificano l’evoluzione della razza umana, anzi, di tutti gli esseri senzienti?
Nella profonda terra realtà empirica o solo cattiva fantascienza?
Bene, la credenza che un tale posto esista, camuffato e secluso da qualche parte nella profondità dell’Himalaya, è filtrata attraverso le tradizioni Indiane e Tibetane. Ci sono moltissimi riferimenti contemporanei a ciò, così come testimoni alla stregua di Sai Kaka che dichiarano di esserci stati.
La credenza di una remota vallata di immortali sembra essere a capo della sua immortalità. In Tibet, questa terra leggendaria di illuminazione spirituale è conosciuta come Shambala, un termine Sanscrito che per i Tibetani significa “la sorgente della felicità”. Non è il paradiso in terra ma un regno mistico che sorveglia i più sacri ed antichi insegnamenti del mondo, incluso il Kalachakra (Ruota del Tempo), il pinnacolo della seggezza Buddista.
I Buddisti rintracciano Shambala a Gautama Buddha il quale si dice avesse assunto la forma della deità Kalachakra prima della sua morte e che abbia rivelato i suoi più alti insegnamenti ad un gruppo di adepti e dei nel sud dell’India. Tra questi vi era il Re Suchandra, il primo re di Shambala, che scrisse dei sermoni e se li riportò con sè. Svariati testi Buddisti forniscono istruzioni per trovare Shambala, anche se le direzioni non sono chiare. Si presume che solo gli esperti Yogi la troveranno.
Il regno è nascosto nella nebbia delle nevi di montagna e può essere raggiunta solo volandoci su con l’aiuto dei siddhi o poteri spirituali. Il racconto di James Hilton, “L’Orizzonte perduto”, parla del remoto regno di Shangri-La, ispirato dalla leggenda di Shambala. Shangri-La ha cominciato allora a significare un remoto, bellissimo, immaginario posto dove la vita rasenta la perfezione; un’utopia, in breve.
Shambala non era un frutto dell’immaginazione per Madame Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica. Ella la considerava la dimora dei mahatma o degli adepti spirituali, nelle montagne del Tibet, Mongolia ed India. Loro vivono attraverso i secoli in varie incarnazioni, perpetuando la conoscenza delle passate, più spiritualmente avanzate, civilizzazioni come gli Egizi ed i Greci, a lo insegnano agli allievi meritevoli.
Uno di quegli adepti, Koot Hoomi (o Kuthumi Baba, dell’età di almeno 500 anni) era il guru della Blavatsky. In India, questa segreta, sacra terra è conosciuta come Gyanganj o Siddashram. Riferimenti a Gyanganj o ad ashram segreti possono essere trovati nelle scritture Induiste come il Ramayana di Valmiki ed il Mahabharat. il guru Nanak la chiamava Sach Khand.
Più vicini al nostro tempo, Paramahansa Yogananda, nella sua celebrata “Autobiografia di Uno Yogi” scrive dell’incontro con il guru del guru del guru, Mahavatar Babaji, un’immortale di lunga età che appare sempre giovane e continua a vivere nella sezione Himalayana dello Badrinath. Babaji è anche apparso a qualche altro avanzato ricercatore e si pensa che sia connesso con Gyanganj.
Per comprendere il racconto di Gyanganj, Sai Kaka ci dirige verso le scritture di Gopinath Kaviraj che morì nel 1976. Un ex preside dell’Università Statale di Sanscrito di Benares, Kaviraj scrisse un libro intitolato Siddahbhoomi Gyanganj, che èstato tradotto dal Bengali in Hindi e pubblicato recentemente da Bharatiya Vidya Prakashan.
La fonte delle informazioni principale di Kaviraj era il suo guru, Swami Vishudhananda, un Bengali che si trasferì a Benares, una sacra città dell’India. Si crede che Vishudhananda abbia soggiornato molte volte a Gyanganj dove apprese il Surya Vigyan o scienza solare. Il Surya Vigyan gli diede il potere di manifestare oggetti o trasformare un oggetto in un altro manipolando i raggi del sole.
Nella sua Autobiografia, Yogananda descrive il suo incontro con Vishudhananda a Calcutta e testimoniando la sua caratteristica di creare ogni tipo di profumo a richiesta nell’aria. Paul Brunton nel suo libro “La ricerca nei segreti dell’India” scrisse che non solo testimoniava che Vishudhananda creava i profumi, ma che ridiede la vita ad un uccellino.
Il Dr.Narayan Dutt Shrimali, un astrologo-tantrico-guru con base a Jodhpur che pubblica Mantra-Tantra-Yantra Vigyan, un mensile Hindi, afferma che fece i suoi sadhana nel Siddhashram, dove il suo nome era Nikhileshwarananda. E’ lì che acquisì i suoi occulti poteri. Più in là il suo guru gli disse che volevano che tornasse alla sua vita familiare e che spargesse la saggezza di Siddhashram. Le letture che egli pubblica promettono che la sua iniziazione è il passaporto per Siddhashram. Ad ogni modo egli rifiuta di rivelare ulteriori dettagli sul suo collegamento con Gyanganj.
I racconti su Gyanganj di Shrimali e Kaviraj sono similari. Essi la allocano grossmodo su di un’altipiano nel nord del Kailash-Mansarovar in Tibet. Copre un’area di molti chilometri quadri ed è contorniata da laghi (o fossati) di acqua cristallina. C’è un ponte levatoio curvo che collega Gyanganj al nostro mondo. Alla fine di questo ponte levatoio c’è un congegno che permette di sollevarlo quando richiesto. Questo congegno si utilizza per mezzo del Surya Vigyan. Kaviraj nomina molti altri posti, sparpagliati nell’India, del territorio di Gyanganj.
L’area delle rive del fiume Alaknanda è dove vagano i siddha. L’alveo di Mandakini è anche molto misterioso: giganti spirituali attraverso i secoli hanno osservato celestiali vedute. Così, l’intera regione da Rishikesh a Kailash e da Yamunotri a Nandadevi è terra dei siddha. Nel Bihar, molti siddha Buddisti frequentano la montagna dello Giridhkoot. Il Nilgiris e la Srisailam nel sud dell’India sono anche conosciute come rifugio di segreti ashram.
Le colline di Arunachala nel Tamil Nadu, dove Ramana Maharishi creò il suo ashram, è un altra terra dei siddah. Nella zona occidentale, Girnaur ha visto l’attività dei siddha. Sono inclusi lì gli insegnamenti nelle arti e nelle scienza inclusa la medicina, il rasayan shastra, la musica e l’astrologia. Gli Indiani, ovviamente, non hanno il monopolio su Gyanganj. Persone da altre parti del mondo vivono lì inclusi molti lama Tibetani.
Sai Kaka aggiunge che Gyanganj agisce su tutti e tre i livelli: “A livello spirituale, fa funzionare l’universo. A livello celestiale, gli elementi terra e acqua sono assenti, abilitando una forte attività. A questo livello, Gyanganj impatta su molti piani e sugli esseri che sono lì. Sul piano più grossolano,” prosegue, “i siddha di Gyanganj forniscono una guida agli esseri umani per iniziare i cambiamenti nella spiritualità ed anche nelle questioni sociali. Supponi che un ricercatore sia bloccato da qualche parte nel suo percorso, potrebbe essere guidato nella forma di un’intuizione, o qualche kriya innescato nei suoi corpi sottili o il suo guru sia ispirato a fare il necessario.”
Sai Kaka argomenta dalla sua esperienza e dalla sua conoscenza di Gyanganj affermando che va tutto bene indipendentemente da ciò che sta accadendo negli affari umani. “Prima la sofferenza nel mondo mi rendeva emotivo, mi addolorava e mi riempiva di compassione. Ora realizzo che giusto e sbagliato, buono e cattivo esistono su un piano relativo della mente, dell’intelletto e dell’ego e sono l’interazione delle tre guna. Dal punto di vista di Dio, c’è la nondualità. La creazione e la dissoluzione sono parti del continuo flusso.”
Sebbene non ci possa essere nessuna evoluzione in un flusso, Sai Kaka ammette che Gyanganj è coinvolta nella trasformazione della coscienza del mondo. Forse con una coscienza collettiva in aumento, Gyanganj sarà sempre più manifesta e facilmente accessibile agli esseri umani.
Per coloro che non vorrebbero visitare il posto dove gli immortali vivono.
By Parveen Chopra
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