Non è certo un segreto che le guerre dell’età moderna si vincono con le parole prima ancora che con le armi. Il potere e il suo megafono, ovvero i media, hanno da tempo imparato a ‘condensare’ in alcune parole-chiave dei concetti che attivino automaticamente nella popolazione delle reazioni prestabilite.
Una sorta d’ipnosi collettiva programmata.
di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)
Houston, 24 Settembre 2014 – La riduzione di concetti complessi a slogan o parole-chiave è il segreto per il controllo delle masse.
“Talvolta – afferma Gustav Le Bon nel suo La psicologia delle folle – le parole più mal definite, sono quelle che fanno più impressione. Come, ad esempio, le parole: democrazia, socialismo, eguaglianza, libertà, ecc il cui senso è così vago che non basterebbero dei grossi volumi a precisarlo. E, tuttavia, alle loro sillabe è unito un magico potere, come se contenessero la soluzione di tutti i problemi. Queste parole sintetizzano diverse aspirazioni incoscienti e la speranza della loro realizzazione. La ragione e la discussione non potrebbero lottare contro certe parole e certe formule…suoni vani, la cui utilità principale è quella di dispensare colui che le adopera dall’obbligo di pensare”[1].
Questa ‘condensazione’ di concetti – come abbiamo visto in maniera inequivocabile negli ultimi anni – ha consentito la completa e magistrale realizzazione della falsificazione della parola. Dalla capacità di evocare magicamente delle reazioni viscerali mediante certe parole-chiave, alla tentazione di alterare – quando non ribaltare – il significato delle parole stesse, il passo è stato breve. Partiamo dalla parola guerra.
L’asserzione ‘la guerra è pace’ di orwelliana memoria, che settant’anni fa poteva apparire come una stravaganza di un romanzo di fantasy, è divenuta oggi il mantra dei governi quando si tratta di far guerra senza dichiararla e senza aver nulla da temere da parte dell’opinione pubblica. Ecco che una guerra di aggressione, illegale secondo il diritto internazionale, diventa “guerra di liberazione”.
Quando, poi, nel Paese che si vuole invadere, vi sono delle particolari situazioni di guerra civile – di fatto create ad arte – che portano a palesi massacri della popolazione, l’aggressione si trasforma, magicamente, in “missione umanitaria”. Le devastazioni incontrollate di truppe mercenarie addestrate e armate per rovesciare governi legittimamente eletti, che gettano il Mediterraneo nel caos e nella guerra civile, si trasformano, come per incanto, in ‘Primavere arabe’. I soldati che occupano e bombardano Paesi sovrani vengono definiti dai media “truppe alleate”, mentre, per converso, coloro che cercano di difendere il proprio Paese dagli invasori sono, senza mezzi termini, “terroristi”.
Ma veniamo ai giorni nostri, alla nuova ‘Crociata’ contro l’Isis, o sedicente ’Stato Islamico’, e cerchiamo di capirne di più dalle parole e dai progetti di chi questa crociata ha inventato, vale a dire il nostro Premio Nobel per…la Pace, Barak Obama. La prima domanda che verrebbe da fare – se ancora volessimo dare un senso al termine legalità – è: ma questa guerra è legale? Quello che salta all’occhio, esaminando gli ultimi statement, veri e propri ‘discorsi alla nazione’ di Obama, è che si è cercato di rendere impossibile – tramite una studiatissima scelta delle parole – la discussione sulla legalità o meno di questa ennesima aggressione a stelle e strisce.
Nell’ultimo statement di martedì 23 Settembre, nel quale ha annunciato le incursioni aeree sulla Siria, il presidente ha evitato qualsiasi riferimento alla propria autorità legale a ordinare questi attacchi, lasciando a un anonimo portavoce della Casa Bianca l’onere di riferire al New York Times che l’autorizzazione per le incursioni in Siria è desumibile dall’Authorization of Use of Military Force (AUMF) del 2001 – che era stato destinato ad Al-Qaida – nonché dalla dichiarazione di guerra del 2002 contro l’Iraq di Saddam Hussein.
Che significa ciò esattamente ?
Significa niente di meno che l’autorità legale ottenuta dalla presidenza USA quasi 13 anni fa – finalizzata all’aggressione nei confronti di Al-Qaida o all’invasione dell’Iraq – oggi viene utilizzata per invadere, bombardare, distruggere qualsiasi altro Paese. Bene, dopo la parola legale, passiamo ad analizzare un’altra parola e l’uso che se ne fa.
È il turno della parola civili.
Ora, il Pentagono oggi comunica di essere certo che non vi siano delle perdite tra i civili, e ciò nonostante alcuni credibili reportage che dimostrano il contrario[2], ma il punto è che la Casa Bianca ha pensato bene di ridefinire la parola civili,[3]in modo da poter annientare chiunque e dovunque con i suoi droni. Così i civili vivi si trasformano in…militanti morti.
Dovunque un drone annienta gruppi di persone la retorica dei media americani si riempie la bocca della parola militanti.
Ma come è avvenuta questa trasformazione?
Semplicissimo: Obama ha deciso di considerare, nelle zone soggette ad attacchi aerei o di droni – e di conseguenza denominare – tutti i maschi in età di combattere come combattenti o militanti, secondo svariate fonti ufficiali, a meno che “non ci sia una esplicita prova dei servizi di intelligence che dimostri, in modo postumo, la loro innocenza”[4]. Ve li immaginate gli 007 della NSA che vanno a intervistare i morti ammazzati dai droni per sapere se erano civili o militanti?
Ora passiamo alla parola imminente.
Sempre ieri, martedì 23, il nostro Obama ha annunciato anche degli attacchi contro il gruppo Khorasan, una succursale di Al-Qaida secondo lui. Ma chi ne aveva mai sentito parlare? E come si è arrogato l’autorità per aggredirli? Semplice: grazie alla parola imminente.
Infatti, nelle dichiarazioni del nostro Nobel per la Pace, questi signori stavano pianificando un imminente attacco contro gli Stati Uniti. Imminente è la parola magica; basti ricordare che è la chiave di volta dell’autorizzazione che Obama si è auto-erogato per uccidere qualsiasi persona – anche se cittadino americano – in qualsiasi parte del mondo. Ecco la dichiarazione d’intenti per poter aggredire chiunque e dovunque: “A fronte di qualsiasi imminente minaccia di attacco nei confronti degli Stati Uniti, questi non hanno necessità di avere prove certe che avrà luogo nel prossimo futuro un determinato attacco in particolare nei confronti di cittadini americani”[5].
Dunque imminente può significare tutto e niente, come volevasi dimostrare. Altra parola interessante, che ricorre insistentemente nei proclami della Casa Bianca è truppe di terra. Ora il presidente, per non urtare la popolazione – che non vuole più vedere i propri figli tornare nei body bag – ha pensato bene di rassicurare la gente che nelle nuove crociate non ci saranno truppe di terra in Iraq o Siria. Il fatto – non esattamente trascurabile – è che in Iraq le truppe di terra già ci sono con i 1600 – sempre a voler credere ai dati ufficiali – esperti militari presenti sul territorio. Si tratta di truppe scelte inserite nelle élite combattenti irachene o comunque attive nelle incursioni mirate contro i militanti.
Come fare per uscire dall’impasse?
Semplice, anche in questo caso; basta cambiare l’accezione di personale combattente. Ed ecco che, miracolosamente, con la nuova definizione, fresca di conio, il personale combattente resta fuori dal concetto di truppe di terra… Elementare, Watson!
Per concludere, quando leggete i giornali o guardate i telegiornali, attenzione alle parole.
Tramite il loro uso – e abuso – si manipolano le coscienze e si altera il rapporto concetto-parola che è alla base del pensiero che utilizziamo nella nostra vita. E se, per rassicurare quelli che ancora hanno qualche sprazzo di autonomia, i media o i governanti affermano che stanno dicendo la verità, beh, allora state certi che hanno già trasformato anche il senso della parola verità. Scriveva Rudolf Steiner quasi un secolo fa: “Quando si vuole ottenere un determinato risultato nel mondo, risultato che deve rappresentare l’opposto della regolare direzione dell’evoluzione dell’umanità, ebbene, allora gli si dà, per così dire, un nome che significa il contrario. L’umanità deve imparare a non credere ciecamente ai nomi”[6].
Guarda guarda, un nome che significa il contrario…dice niente?
[1] Gustav Le Bon, La psicologia delle folle [2] [3] [4] [5] [6] Rudolf Steiner, conferenza dei Stoccarda del 21 settembre 1920 (O.O.197)