La questione dell’etere nelle teorie e negli esperimenti di Nikola Tesla rimane, a tutt’oggi, un campo di indagine inesplorato
Nikola Tesla nella prima parte della sua vita partì da ricerche altamente innovative ma accettabili dal sistema, in quanto largamente redditizie poiché di immediato utilizzo pratico, per approdare nella seconda parte della sua vita a ricerche di valenza ben più elevata che avrebbero potuto sconvolgere il mondo e gli equilibri su cui esso si basava. Fu proprio durante la seconda parte della sua vita che lui si trovò ad aprire porte che non erano mai state aperte da nessuno prima d’allora. La ragione di ciò era che Tesla, nel corso di suoi cruciali esperimenti sull’elettricità scoprì qualcosa che nemmeno lui si sarebbe mai immaginato. Questo qualcosa, che improvvisamente emerse per caso in forma di effetti strani, lui lo battezzò “etere”.
Una sostanza che pervaderebbe tutto l’universo e che, se stimolata opportunamente, potrebbe fornire energia ovunque e in qualunque momento. Purtroppo queste sue scoperte avvennero proprio in un periodo in cui un famoso esperimento, quello dei fisici Michelson e Morley, e una nuovissima teoria, quella della relatività di Albert Einstein, avevano messo fuori causa sul piano accademico l’esistenza dell’ipotetico etere. Allora Nikola Tesla si trovò da solo a combattere una sua battaglia il cui scopo era di contrastare quello che lui ritenne un paradigma sbagliato in quanto generato da problemi mal posti, da esperimenti manipolati al puro fine di confermare le vecchie teorie, e da una teoria come quella della relatività, che secondo Tesla era minata alla base da un vizio di impostazione nonostante la sofisticata formalizzazione matematica con cui essa era presentata.
Ma perché esistevano differenze di impostazione tra lui e i suoi colleghi del tempo? La ragione è semplice. I suoi contemporanei basavano il loro lavoro agganciandosi a quanto era già scritto nei libri di testo e negli articoli tecnici del tempo e sottoponendosi al giudizio collegiale dei colleghi per ottenere un consenso. E quel consenso mirava esclusivamente a perpetuare il sapere del tempo: la teoria della relatività di Einstein, per quanto in sé nuovissima, doveva in qualche modo agganciarsi alla precedente meccanica classica per stabilirne un logico continuum evolutivo. Era sui calcoli dei predecessori che bisognava far evolvere il libro della fisica e non tanto su un’osservazione più diretta e imparziale dei fenomeni naturali. Nikola Tesla agiva in maniera completamente differente.
Lui prima di costruire castelli in aria, magari raffinatissimi dal punto di vista della formalizzazione matematica, desiderava esplorare la realtà spingendo ai massimi livelli le sue esperimentazioni, compiendo un test dopo l’altro per vedere come effettivamente la natura rispondeva alle sue stimolazioni. Dopodiché prendeva nota dei risultati, di tutti i risultati e non solo di quelli che gli facevano comodo per comprovare le sue teorie. Questo metodo, completamente sperimentale, lo portava a sondare la natura in profondità registrando minuziosamente le fenomenologie riscontrate, incluse le anomalie che le accompagnavano. Mentre i suoi colleghi ignoravano deliberatamente le anomalie e cercavano di farle sparire dai loro calcoli, Tesla ne prendeva nota e cercava di elaborare su di esse delle nuove congetture.
Fu nel periodo passato sia a Colorado Springs che a Long Island che Tesla scoprì certe fenomenologie che lo portarono a formulare la sua ipotesi sull’etere e da essa la possibilità di estrarre energia libera in grandi quantità. Presso questi laboratori egli effettuò i primi esperimenti di trasmissione di potenza elettrica senza fili, usando il suo famoso “trasmettitore di amplificazione”, un derivato ultrapotenziato della sua ben nota bobina che gli aveva permesso di produrre la corrente alternata.
Questo strumento si basava sul principio di inviare forti emissioni di energia elettrica alla Terra sintonizzandosi con la sua frequenza di risonanza. In tal modo la Terra stessa avrebbe “risuonato elettricamente” come la grancassa di un violino. L’onda avrebbe raggiunto il centro della Terra e poi avrebbe rimbalzato verso la strumentazione di Tesla la quale pompava in continuazione energia amplificando l’onda di ritorno.
Nei piani di Tesla, questa energia sarebbe dovuta essere poi ritrasmessa tramite la ionosfera a vari ricevitori che la raccoglievano. Non risultano prove documentate che lui fosse effettivamente riuscito in questo intento, ma è invece confermato che con questo sistema di trasmissione elettrica senza fili egli riuscì comunque ad accendere una gran quantità di lampadine situate a 40 chilometri di distanza. Il sistema dunque funzionava, ma evidentemente non incontrava i favori dei magnati del tempo i quali non approvavano in alcun modo questo metodo di elettrificare il mondo, perché si scontrava con il business da loro stessi costruito su sistemi più convenzionali basati sulla trasmissione di energia elettrica con uso di fili. Certamente la corrente alternata di Tesla, che si propaga a grande distanza usando cavi sottilissimi, andava benissimo a questo scopo, proprio perché creava profitto.
Ma il sistema senza fili era fuori discussione. Tesla, che aveva capito il gioco, cercò di mascherare il suo laboratorio come un centro per sperimentazione sulla radio e la telegrafia, ovvero per la telecomunicazione. In realtà a lui interessava la trasmissione di grande potenza elettrica in tutto il mondo. E infatti, quando si accorsero che questo era il suo scopo, i magnati gli tagliarono i fondi. Da quel momento in poi, Tesla non ebbe più finanziamenti da nessuno, se non per piccoli progetti che gli servivano giusto per sopravvivere, e passò il resto della sua vita a riflettere sugli esperimenti che aveva condotto a Colorado Springs e a Long Island, cosa che lo portò ad elaborare diverse teorie a dir poco rivoluzionarie, a loro volta associate a progetti inventivi ancora più innovativi.
Più o meno tutti questi progetti avevano come minimo comune denominatore la supposta esistenza del fantomatico etere e la possibilità di estrarre energia da esso.
Ma in che modo arrivò a questa conclusione? Purtroppo Tesla in merito alla questione dell’etere non aveva lasciato articoli tecnici di tipo accademico, cosa che peraltro gli sarebbe stata impedita dal potere accademico che nella seconda parte della sua vita si scagliò contro di lui. Invece scrisse le sue osservazioni prevalentemente su diari e appunti, dai quali gli scienziati eredi di Tesla hanno poi cercato, ai giorni nostri, di estrarre informazione per proseguire gli esperimenti sull’energia libera e per derivare modelli teorici basati sui risultati ottenuti.
Massimo Teodorani
Tratto da Tesla, lampo di genio di Massimo Teodorani, Macro Edizioni, 2005.
Massimo Teodorani
Tesla Lampo di Genio