Il Dott. Carlo Ventura, insegnante alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Bologna, che copre nella Bioscience Institute la figura di direttore scientifico, ha parlato di cellule staminali e delle loro applicazioni. Le cellule staminali pluripotenti possono dar luogo virtualmente a tutti i tipi cellulari. I contesti clinici dove poter usare queste cellule sono variegati, anche se -a suo dire- l’approccio terapeutico da introdurre è quello di “medicina riparativa”, piuttosto che la più blasonata “medicina rigenerativa”: la prima è una realtà raggiunta in molti contesti, la seconda è invece un sogno da raggiungere in un futuro sicuramente non prossimo. Una linea di ricerca su cui si stanno muovendo attualmente è l’integrazione delle cellule staminali con l’ambiente (citoscheletro, e così via). Sulla superficie delle cellule ci sono vibrazioni che cadono da 0.9 e 1.8 kHz: riusciamo quindi a sentire i suoni che fanno queste cellule in diverse condizioni di coltura. Al cambiare di tipo di differenziamento cambia anche il tipo di suono: ci si aspetta quindi che ci sia una certa dualità, in fase attualmente di studio. Solo dopo si potrà andare a parlare di tissue engineering e di eventuale “rigenerazione”.
La cellula staminale mesenchimale è molto plastica e capace di differenziarsi: con alcune tecniche è possibile marcare una popolazione di mesenchimali adulte, così da capire il destino di questa cellula quando viene impiantata nel topo, dando luogo a una proporzione consistente di apparati.
Esempi in fase di studio sono la neurogenesi e cardiogenesi, anche se sono da considerarsi una problematica assai complessa. C’è una bassa resa differenziativa di queste cellule, inoltre la capacità di aggiustare un tessuto da staminale non è solo da inquadrare nella capacità di differenziarsi. Per rigenerare devo ricostruire con alta fedeltà/resa un tessuto e ora non siamo in grado di farlo bene; una cellula staminale differenziandosi in modo terminale nel tessuto, non sappiamo se possa anche differenziarsi in quel tessuto. È possibile magari fare rimodellamento inverso di un tessuto vascolarizzato, per indurre la formazione di nuovi vasi (gemmazione), ma pure il delivery delle cellule: più del 95% in un tessuto viene perso. L’effetto riparativo sarebbe minimo se non ci fosse rilascio di fattori trofici; la staminale si integra nel tessuto, sente l’esigenza del tessuto ricevente e adatta il secretoma cellulare a ciò che incontra. Attualmente si vede un aumento della frazione di eiezione circa per il 2%; se dal 1% si passa al 17% importa poco, dovremmo arrivare almeno al 40%-45%.
Nei laboratori seguiti dal medico si induce la trascrizione di geni cardiogenetici, con resa del processo differenziativo: bisogna fornire nuovi vasi (vasculogenesi), ma questo processo normalmente è a bassa resa, tuttavia con esteri misti di acido HBR aumenta moltissimo. Oltre il 40% di cellule mesenchimali diventano endoteliali. In un esperimento, il miocardio infartuato mostrava un recupero più importante se le cellule mesenchimali venivano prima trattate con HBR (acido butirrico e ialuronico). Inoltre, cosa da non sottovalutare, il topo non ha manifestato rigetto utilizzando cellule umani: questo significa che, allo stato dell’arte, il ricevente le percepisce come self.
Fonte: bioblog.it