“Non ci sono mostri nel DNA della nostra famiglia”, così Angie Gregg, figlia di Ariel Castro, il rapitore delle tre giovani di Cleveland – Amanda, Georgina e Michelle – ai microfoni della CNN.
Solo ora – dopo il felice epilogo della orribile vicenda che sta tenendo l’America incollata alla TV – la giovane inizia a far luce su alcuni dettagli del comportamento del padre. Ci metteva sempre molto tempo ad aprire la porta, spesso la faceva entrare dal retro quando andava a trovarlo, non si muoveva molto da casa, e – anche quando la figlia si era trasferita in Indiana e lui la andava a trovare – non stava mai fuori casa più di una giornata. E ancora: quando Angie era a pranzo da lui con il marito ogni tanto si assentava senza spiegazioni, la musica sempre a volume alto; insomma elementi che solo oggi appaiono in una luce completamente diversa.
Ma nella sostanza il padre – nonostante la separazione dalla moglie dovuta ai suoi comportamenti gelosi e violenti verso di lei – si era sempre comportato bene nei confronti dei figli e nulla – ma proprio nulla – poteva far riconoscere in lui l’orco che si celava dietro quelle vesti.
“Me lo chiedo senza sosta – prosegue Angie – come poteva essere così bravo con noi mentre aveva strappato delle giovani donne alle loro famiglie, delle ragazzine, figlie anche loro di altri genitori e, nel corso degli anni, non aveva mai sentito dentro di sé un minimo senso di colpa, tanto da fermarsi e lasciarle andare [1]”.
Già, com’è possibile che una persona apparentemente a posto, magari lavoratore e padre esemplare, possa trasformarsi nel ‘mostro’, nell’essere spietato che – totalmente soggetto alle proprie depravazioni – fa degli altri solo oggetto di piacere e di sopraffazione? Cos’è nascosto nell’animo umano talmente profondamente da non far trapelare nulla all’esterno? Sentire oggi Angie parlare davanti ai microfoni fa tornare alla mente tante storie analoghe, in cui parenti, amici o familiari del ‘mostro’ di turno ripetono a macchinetta, increduli e inebetiti dalla sorpresa, “era tanto una brava persona, magari un po’ chiuso, ma chi l’avrebbe mai immaginato…”
“Non ci sono mostri nel DNA della nostra famiglia”, dice bene Angie Gregg, ma allora dove si nasconde il ‘mostro’ dentro l’essere umano?
LA BANALITÀ DEL MALE
Il fatto è che questa domanda – cui dedicò la propria vita Gitta Sereny, autrice dello splendido e terribile In quelle tenebre [2]e Hanna Arendt con il suo La banalità del male [3] – non troverà mai risposta se guardiamo a queste vicende e alla vita umana in genere solo con gli occhi della scienza o della psicologia materialiste.
Magari qualche spiegazione ‘tecnica’ ci arriva, ma sentiamo oscuramente nella nostra anima che quella spiegazione non ci soddisfa; è un sorso d’acqua che non inizia neppure a placare la nostra sete. Abbiamo bisogno di guardare all’uomo da un’angolazione più ampia per poter intuire qualcosa che ci possa far comprendere meglio l’enigma che si nasconde dietro il problema del ‘male’. La ‘banalità del male’ appunto, il male compiuto da insospettabili, il male senza motivazioni apparenti, il male talmente terrificante e contro-natura da lasciare increduli e pieni di orrore al solo pensiero. Per renderci questo enigma comprensibile abbiamo necessità di rivolgere la nostra indagine non solo al periodo che va da nascita a morte del singolo uomo ma anche alla sua evoluzione attraverso varie incarnazioni nonché all’evoluzione dell’umanità nel corso del tempo.
Se lo facciamo ci imbattiamo significativamente in quanto gli allievi degli antichi Misteri apprendevano nel corso del loro discepolato: “Nella tua interiorità, al di là della tua coscienza e della tua memoria, o uomo, tu porti in te qualcosa di distruttivo. Se tu non lo avessi dentro di te non avresti mai potuto sviluppare il pensare, pensare che deve necessariamente permeare il tuo corpo vitale. Ma il corpo vitale, attraversato dalle forze del tuo pensiero, è in certo modo distruttivo nei confronti del corpo fisico. Così quando ti immergi nella tua interiorità con lo stesso stato d’animo con cui ti immergi nella memoria, trovi queste forze distruttive”.
Quello che le antiche scuole iniziatiche insegnavano è che ogni uomo – per poter sviluppare una coscienza pensante – porta, sotto il livello della memoria cosciente, la collera annientatrice, la volontà di distruzione della materia. Eppure oggi nessuna conoscenza ordinaria fa neppur lontanamente ipotizzare un tale elemento, noto alle antiche tradizioni, vale a dire il fatto di avere dentro di noi – tutti, nessuno escluso – questo focolaio di distruzione.
Solo una conoscenza spirituale può far prendere coscienza di questo fatto.
LA PAURA
Cosa avveniva all’antico discepolo dei Misteri quando questa verità occulta gli veniva rivelata? Egli era sopraffatto dal terrore, ma veniva a sapere, al tempo stesso, che il suo compito era quello di fugare questo terrore attraverso un lavoro cosciente su se stesso.
Nel corso dell’evoluzione umana le scuole dei Misteri sono progressivamente scomparse e quel terrore non è stato più portato alla coscienza – e di conseguenza ‘risolto’ – dall’uomo, che ha continuato ad albergarlo dentro di sé nell’inconscio più inaccessibile. Il materialismo dell’uomo attuale ha offuscato la percezione interiore ma non ha certo eliminato la paura, che continua ad agire nelle remote profondità dell’anima. In realtà – ci dicono le rivelazioni dell’occultismo – quel caos, necessario nelle profondità dell’anima, quando viene invece rivolto verso il mondo esteriore diviene il male umano.
Il ricercatore che voglia avvicinarsi alla soluzione di questo enigma scopre allora che la sorgente del male è in tutti noi, dietro la nostra vita delle rappresentazioni. Questa scoperta getta anche luce sul fatto che a volte noi stessi ci sorprendiamo a pensare pensieri che non ci appartengono, che non ‘sentiamo’ nostri, o a provare sentimenti di odio o di gelido disprezzo per persone che magari erano amiche sino al giorno prima. Se procediamo più a fondo nella ricerca scopriamo che, nascosto sotto il nostro volere, il nostro impulso all’azione, vi è un focolaio di malvagità. Scopriamo che se determinate forze – invece di rimanere addormentate nel nostro volere – dominassero la coscienza, se agissero coscientemente, ci porterebbero alla malvagità, farebbero di noi dei ‘mostri’, appunto.
Ora se noi vogliamo approfondire la conoscenza di queste forze non ci dobbiamo rivolgere agli effetti esteriori, ma dobbiamo indagare il principio del male all’interno della nostra individualità, dove si esprime nei nostri pensieri, sentimenti o azioni.
Dunque comprendiamo qualcosa del male non tanto indagando sulle azioni ma sulle ‘inclinazioni’ alle azioni. Se lo facciamo attraverso una profonda esperienza interiore scopriamo che “non esiste crimine alcuno sulla Terra verso il quale ogni uomo non abbia una inclinazione inconsapevole, indipendentemente dal fatto che nell’uno o nell’altro individuo tale inclinazione al male porti all’azione malvagia, in quanto questo fatto dipende da tutt’altri fattori rispetto all’inclinazione stessa [4]”.
In realtà in noi il male, la malvagità, riesce a emergere dall’inconscio e divenire motivo all’azione nel momento in cui noi – in rapporto anche al nostro karma – mettiamo a tacere il nostro essere spirituale, quando viviamo una esistenza in cui gli impulsi, le soddisfazioni, il senso stesso della nostra vita, sono proiettati esclusivamente sulla realtà della materia.
BENE ROVESCIATO
ll male non è altro che bene rovesciato.
Se quegli istinti che portano all’odio, all’assassinio, alla violenza, allo stupro, alla menzogna fossero diretti a sviluppare forze superiori – invece che venir diretti sul piano fisico – sarebbero forze evolutive.
In realtà viene invertito il piano su cui si esprimono.
“Abbiamo così il crimine, in quanto l’uomo lascia sprofondare la sua natura migliore, non la peggiore, nel fisico-corporeo, che, come tale, non può essere cattivo, e ivi sviluppa quelle proprietà che non appartengono alla corporeità fisica, ma alla parte spirituale. Perché possiamo noi uomini essere malvagi? Perché possiamo essere esseri spirituali! Perché l’uomo deve avere le proprietà che possono renderlo malvagio, altrimenti non potrebbe mai innalzarsi al Mondo spirituale [5]”.
Certamente difficile far agire in sé questi pensieri, in particolare quando gli echi di eventi così orribili come quello di Cleveland sono ancora nell’aria.
Eppure appare evidente come l’intera visione di tali eventi – e di innumerevoli altri analoghi – possa e debba radicalmente cambiare se riusciamo – se pur minimamente – a prendere in considerazione questo impulso a voler comprendere l’essere umano nella sua totalità di essere impermanente e non solo confinato al periodo tra nascita e morte. Di essere inserito in una evoluzione più ampia, in cui Potenze luminose e tenebrose sono attive, dentro e fuori di noi. Ma se ci si riesce – se pur minimamente – nasce allora quel senso di corresponsabilità che – trasformando l’orrore e la conseguente condanna di certi eventi in conoscenza – può farci incamminare su una via di autoconoscenza e portare a un differente influsso dei nostri pensieri e sentimenti sul mondo reale, influsso di cui abbiamo oggi disperato bisogno.
(corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)
[1] [2] [3] [4]Rudolf Steiner, Lo studio dei sintomi storici[5]Rudolf Steiner La Scienza dello Spirito, un bene per la vita
Piero Cammerinesi: Giornalista e ricercatore italiano indipendente, ha vissuto e lavorato per anni negli Stati Uniti.
Editore e pubblicista in Italia per tre decenni, ha studiato e lavorato in Italia, Germania e USA.
Dopo un percorso di studio sul pensiero filosofico orientale antico, si è laureato in Filosofia, proseguendo gli studi in Germania, dove ha vissuto e insegnato.
Da sempre molto legato all’esoterismo ed alla cultura orientale ha seguito dapprima le lezioni e conferenze di Krishnamurti e gli insegnamenti di alcuni Yogin, fino all’incontro con Massimo Scaligero e con l’esoterismo occidentale.
Autore di articoli e saggi, ha tradotto dal tedesco opere di Rudolf Steiner, Gustav Meyrink e Judith von Halle.
Nel 2016 ha pubblicato con l’Editore Bonanno il volume “Storia di un incontro, Rudolf Steiner e Friedrich Nietzsche“.
Il nome del suo sito liberopensare.com intende sottolineare l’indipendenza da qualsiasi dottrina, corrente o organizzazione esteriore, riconducendo ogni possibile ‘appartenenza’ alla Via del Pensiero di cui Massimo Scaligero è stato insuperato maestro.