E’ di pochi giorni fa la notizia che i cinesi sarebbero andati sulla luna a piantare germogli di cotone.
Apprendo ora con profonda tristezza che il germoglio è morto.
Ero piccolo quando andammo per la prima volta sulla luna. Già alle elementari mi ponevo alcune domande, ed ero sicuro che da grande forse avrei capito. Mi domandavo come facessero ad atterrare su un punto (uno) sulla luna, e dichiarare solennemente “non c’è vita sulla luna”. Ma non potrebbero esserci altre forme di vita invisibili ai nostri occhi? Non potrebbero esserci esseri che si sono nascosti al nostro arrivo, magari sotto terra? Esseri capaci di vivere in circostanze climatiche totalmente diverse dalle nostre? Poi gettavo nel dimenticatoio quelle domande. Loro sono scienziati – pensavo – sapranno bene quello che dicono; da grande capirò.
Poi divenni grande, iniziai a ragionare e capii che era l’arroganza degli scienziati a decretare che non ci fosse vita; perché un minimo di buon senso basterebbe per capire che possono esistere migliaia di forme di vita diverse dalle nostre, ancorché noi non possiamo vederle. Ma la scienza purtroppo non va a braccetto col buon senso, quando se ne fa di essa una religione. Poi sono venuti i documentari di Mazzucco, e ho capito che la storia della luna è proprio una balla. Allora, quando sento che un trabiccolo spaziale cinese è andato sulla luna, e ha piantato un germoglio di cotone, pur non avendo certezza che sia una balla, mi viene istintivamente da ridere, e mi sorgono queste domande:
Normalmente per piantare qualcosa ci vuole un terreno adatto; basta poco per mandare tutto in tilt e lo sa bene chi pianta vasi in giardino, dove basta il minimo errore per far morire tutto. Ora, il cotone è una pianta tropicale, ma che clima e che terreno ci sarà mai sulla luna (dove pare che la temperatura scenda anche sotto a -100 gradi)? E il concime? E lo stallatico? Mah.
E gli studi che dimostrano che l’amore del giardiniere per la propria pianta influisce sulla crescita? Quanto amore può dare un robottino spaziale? Ma in fondo queste sono teorie newagiane… la scienza non può dar retta a queste sciocchezze. Sono solo domande eh? Non sono né un agricoltore, né uno scienziato, e quindi non posso dare giudizi. L’anno scorso mi si sono gelate tutte le piante di Aloe perché le ho lasciate sotto zero, quindi come agricoltore valgo pochino, e l’unico anno che ho piantato un orto, con l’aiuto del mio amico Valerio, ho fatto morire metà delle piante.
Mi piace tra l’altro pensare che sulla luna ci siamo andati. L’autore che amo di più è Ray Bradbury, con i suoi racconti lirici e fantastici, e lo spazio ha da sempre esercitato su di me un fascino misterioso, come credo alla maggior parte delle persone. Ma quando leggo (fonte Ansa) che con questa messa a coltura del germoglio di cotone è stato fatto “un passo fondamentale per testare la possibilità di coltivare frutta e verdura su altri pianeti per il sostentamento delle future colonie umane nello spazio“, francamente mi viene da ridere.
Non so perché mi viene da ridere. Forse perché penso ai documentari di Mazzucco sulla luna. Forse perché ormai ci raccontano talmente tante balle in ogni campo che sono un po’ prevenuto. Forse perché mi viene automaticamente da pensare che i cinesi ci copiano tutto; allora siccome noi siamo andati ufficialmente sulla luna, loro dovevano essere i primi a fare qualcosa, e quindi hanno voluto essere i primi a piantare il cotone; poi magari si sono accorti della cazzata e hanno annunciato che il germoglio è morto. Non lo so.
Fatto sta che voglio crederci, a questa storia dei germogli lunari. E voglio credere che pianteremo anche patate (lo dice sempre, con molta serietà, l’Ansa). E finché non verrà qualcuno, con prove alla mano, a dimostrare che pure questa è una bufala, ci crederò. Però non so… più leggo questa storia dei germogli e più mi viene da ridere.
Questa storia mi ricorda quando, da piccolo, facevo fare i compiti al mio fratellino. Era in prima elementare, stava compilando una pagina di A, con molta accuratezza e precisione, e con una lentezza che mi faceva venire da ridere per la tenerezza. A un certo punto mi accorsi che, sul quaderno, cadevano delle lacrime.
“Perché piangi Andrea?”, gli chiesi.
“Perché tu ridi di me”, rispose.
Io mi sentii in colpa e immaginando il suo stato (non poteva certo capire a quell’età la differenza tra un riso di tenerezza e affetto, e un riso di scherno) gli dissi: “No Andrea, non rido di te, rido perché penso a un mio amico che mi ha raccontato una barzelletta; tu continua pure a scrivere, che sei molto bravo”. Lui, sollevato, continuava a disegnare A, impiegando qualche minuto per ogni A. A me continuava a scappare da ridere. Dopo un po’ vedo che Andrea continua a piangere e gli chiedo nuovamente perché piangeva, se sapeva che non ridevo di lui. E mi dette questa spiegazione:
“Vedi, io ci credo che tu non ridi di me. Ma se tu continui a ridere, a me sembra che tu ridi di me, e mi viene da piangere lo stesso”.
Lo rassicurai, lo sbaciucchiai, e non risi più. E appresi anche una profonda lezione, quella per cui i bambini “sentono” le balle, anche se non sanno razionalizzare quello che sentono. E per questo non bisognerebbe mai mentire loro, altrimenti finiscono per provare una scissione tra il sentito e la razionalità.
Ecco. Di fronte a tanti scienziati, non posso certo replicare. Mi sento come mio fratello a 6 anni però. Mi viene da ridere. Loro dicono che è tutta vera questa storia dei germogli, io quindi ci credo (chi sono io per smentirli), e dovrei pure essere triste perché il germoglio è morto (in fondo è un essere vivente, e chi se ne frega se hanno sempre detto che sulla luna non può esserci vita e ora invece pretendono di piantarci germogli), ma a me viene da ridere lo stesso.
Noi persone infantili siamo fatti così. Abbiamo una scissione tra la razionalità e ciò che sentiamo. Razionalmente mi dico che il germoglio l’abbiamo piantato. a livello di sensazione, mi viene da ridere. Penso alle mele lunari, alle fragole su Marte, ai kiwi su Venere, e mi viene da ridere.
Paolo Franceschetti
Paolo Franceschetti: Avvocato. Docente. Autore di libri in materia giuridica, esoterica, spirituale.