Gli esseri umani sono individui interamente discreti, i loro organismi sono racchiusi dalla pelle e le loro menti racchiuse dal cranio che ospita il cervello? Oppure esistono effettive interconnessioni tra umani e tra gli umani e il mondo in generale? Questo studio suggerisce che l’ultimo assunto possa facilmente essere vero. Nonostante l’evidenza delle “connessioni sottili” non sia nella forma di “dati solidi” incontrovertibili, è tuttavia coerente e significativa. Le scoperte direttamente pertinenti sono generate dalle ricerche sui fenomeni psi e sulla pratica degli psicoterapeuti. Spiegazioni possibili di tali scoperte possono essere ricollegate alle idee di Carl Jung e ora sono seguite nei confini d’avanguardia delle scienze fisiche.
Le Scoperte: Esperimenti PSI
Esperimenti controllati sulle connessioni sottili tra soggetti distanti nello spazio e a volte nel tempo, risalgono agli anni ’30, al lavoro pionieristico con carte e dadi presso la Duke University. Dato che la struttura sperimentale è divenuta sofisticata e i controlli sperimentali più rigorosi, i fisici si sono spesso uniti agli psicologi per eseguire i test. Sono state considerate le spiegazioni in termini di indizi sensoriali nascosti, inganno da parte dei soggetti ed errori sperimentali o incompetenza, ma non bastano per rispondere ai risultati statisticamente significativi.
Il lavoro è iniziato negli anni ’70, quando Russell Targ e Harold Puthoff hanno eseguito alcuni dei meglio conosciuti esperimenti sulle connessioni sottili tra soggetti distanti riguardo il trasferimento di pensieri e immagini.
E’ stata esaminata la possibilità della trasmissione telepatica tra individui, uno dei quali agiva come “trasmittente” e l’altro come “ricevente”. Il ricevente è stato posizionato in una camera sigillata, opaca ed elettricamente schermata, mentre il trasmittente si trovava in un’altra stanza dov’era soggetto a flash di luce ad intervalli regolari. Le macchine elettroencefalografiche (EEG) hanno registrato entrambi i tracciati cerebrali. Come atteso, il trasmittente ha esibito le onde cerebrali ritmiche che accompagnano normalmente l’esposizione a flash luminosi, ma dopo un breve intervallo, il ricevente ha iniziato a produrre gli stessi schemi, anche se non era esposto ai flash e non stava ricevendo segnali percettibili dal trasmittente.
Targ e Puthoff hanno anche condotto esperimenti sulla visione remota. In questi test trasmittente e ricevente erano separati da distanze che precludevano qualsiasi forma di comunicazione. Ad un sito scelto a caso, il trasmittente agiva come “faro”, il ricevente cercava quindi di rilevare quanto osservato dal faro. Per documentare le sue impressioni, il ricevente dava descrizioni verbali, a volte assieme a disegni. Giudici indipendenti hanno poi visto che i disegni combaciavano per una media del 66% delle volte, con le caratteristiche del sito osservato dal faro. (1) Russell Targ e Harold Puthoff, “Information transmission under conditions of sensory shielding,” in Nature, Volume 251, 1974; Russell Targ and K. Harary, The Mind Race, New York: Villard Books, 1984; Harold E. Puthoff and Russell Targ, “A perceptual channel for information transfer over kilometer distances: historical perspective and recent research” Proceedings of the IEEE, Vol. 64, 1976.
Gli esperimenti di visione remota riportati da altri laboratori coinvolgevano distanze da mezzo miglio a migliaia di miglia. Indipendentemente da dove fossero stati eseguiti e da chi, la frequenza di successo era generalmente attorno al 50%, ben oltre la probabilità casuale. I vedenti di maggior successo sembravano quelli rilassati, attenti e meditativi. Riportavano di ricevere una impressione preliminare come una leggera forma che man mano diveniva un’immagine integra. L’immagine era inizialmente una sorpresa, sia perchè chiara che perchè chiaramente altrove. Le immagini possono anche essere trasmesse mentre il ricevente dorme. Per diversi decenni, Stanley Krippner e i suoi associati, hanno eseguito “esperimenti ESP nel sogno” presso il Dream Laboratory of Maimondes Hospital a New York City (2). Gli esperimenti seguivano un semplice ma efficace protocollo. Il volontario, che avrebbe passato la notte al laboratorio, avrebbe incontrato il trasmittente e gli sperimentatori all’arrivo quando gli avrebbero spiegato la procedura. Gli elettrodi venivano quindi collegati alla testa del volontario per monitorare le sue onde cerebrali e i movimenti oculari; non avveniva altro contatto sensorio con il trasmittente fino al mattino seguente. Uno degli sperimentatori tirava i dadi, che in combinazione con un numero casuale, davano un numero corrispondente ad una busta contenente una stampa. La busta veniva aperta quando il trasmittente raggiungeva la sua stanza privata in una zona distante dell’ospedale. Il trasmittente quindi passava la notte concentrato sulla stampa.
Usando i dati presi dalla prima notte che ogni volontario ha speso nel laboratorio, le serie di esperimenti tra il 1964 e il 1969 ha prodotto 62 notti di dati da analizzare. Queste hanno mostrato significative correlazioni tra la stampa selezionata per una data notte e i sogni del riceventi di quella notte. Il punteggio è considerevolmente superiore nelle notti con poche o alcuna tempesta elettrica nell’area e con un’attività delle macchie solari al minimo, ovvero quando il campo geomagnetico della Terra era relativamente indisturbato. Un particolare esempio del contatto e della comunicazione transpersonale viene dal lavoro di Grinberg-Zylverbaum dell’Università Nazionale del Messico (3). In più di 50 esperimenti in cinque anni, Grinberg-Zylberbaum ha accoppiato i suoi soggetti dentro “gabbie di Faraday” a prova di radiazione sonora ed elettromagnetica. Quindi ha chiesto loro di meditare assieme per venti minuti e li ha poi posizionati in gabbie di Faraday separate, dove uno veniva stimolato e non l’altro. Il soggetto stimolato riceveva stimoli ad intervalli casuali in modo tale che solo lo sperimentatore sapesse quando venivano applicati. Il soggetto non stimolato rimaneva rilassato, ad occhi chiusi e veniva istruito a sentire la presenza del partner senza sapere nulla della sua stimolazione.
In generale sono stati applicati un centinaio di stimoli, flash di luce, suoni o brevi, intense ma non dolorose scosse elettriche all’indice e all’anulare della mano destra. L’EEG di entrambi i soggetti è stato quindi sincronizzato ed esaminato per potenziali “normali” evocati nel soggetto stimolato e potenziali “trasferiti” nel soggetto non stimolato. I potenziali trasferiti non sono stati rilevati nelle situazioni di controllo dove non c’erano soggetti stimolati o quando uno schermo evitava la ricezione dello stimolo dal soggetto stimolato (come flash di luce) o anche quando i soggetti accoppiati non avevano interagito in precedenza. Tuttavia, in situazioni sperimentali con soggetti stimolati ed interazione, i potenziali trasferiti apparivano costantemente nel 25% dei casi. Un esempio particolarmente significativo è stato fornito da una giovane coppia, innamorata. I loro tracciati EEG rimanevano strettamente sincronizzati nell’esperimento, testimoniando la loro sensazione di unità profonda. In modo limitato, Grinberg-Zylberbaum ha potuto replicare i suoi risultati. Quando un soggetto esibiva i potenziali trasferiti in un esperimento, solitamente li esibiva in esperimenti seguenti.
Un esperimento relativo ha mostrato il livello di armonizzazione degli emisferi destro e sinistro della neocorteccia del soggetto. Nell’ordinaria coscienza di veglia, i due emisferi, quello orientato al linguaggio, il razionale “cervello sinistro” del pensiero lineare e l’intuitivo “cervello destro”, esibivano schemi d’onda scoordinati e divergenti in modo casuale nell’elettroencefalogramma. Quando i due soggetti entravano in uno stato di coscienza meditativo, questi schemi divenivano sincronizzati e in profonda meditazione i due emisferi si ritrovano in uno schema quasi identico. In meditazione profonda non solo il cervello sinistro e destro dello stesso singolo soggetto, ma anche il cervello sinistro e destro di diversi soggetti manifestavano identici schemi. Gli esperimenti con fino a dodici soggetti simultanei, mostravano una sincronizzazione impressionante delle onde cerebrali del gruppo intero (4).
Nei recenti anni passati, esperimenti come questi sono stati confermati da centinaia di altri. Questi dati forniscono evidenza significativa che segnali identificabili e coerenti sono trasmessi nel cervello di una persona quando una seconda persona, specialmente se entrambe sono legate emotivamente, sta meditando o se viene stimolata a livello sensorio o si tenta di comunicare col soggetto intenzionalmente (5) (vedere Larry Dossey, Recovering the Soul: A Scientific and Spiritual Search, New York, Bantam 1989; Healing Words: The Power of Prayer and the Practice of Medicine, Harper San Francisco, 1993; W. Braud and M. Schlitz, “Psychokinetic influence on electrodermal activity,” Journal of Parapsychology, Vol. 47, 1983; Mario Varvoglis, “Goal-directed- and observer-dependent PK: An evaluation of the conformance-behavior model and the observation theories,” The Journal of the American Society for Psychical Research, 80 (1986); R. Rosenthal, “Combining results of independent studies,” Psychological Bulletin, 85(1978); C. Honorton, R. Berger, M. Varvoglis, M. Quant., P. Derr, E. Schechter, and D. Ferrari, ‘Psi-communication in the Ganzfeld: Experiments with an automated testing system and a comparison with a meta-analysis of earlier studies.’ Journal of Parapsychology, 54 (1990).)
La connessione interpersonale oltre i confini sensoriali, può avvenire anche all’esterno dei laboratori, avviene in modo particolarmente frequente tra gemelli identici. In molti casi un gemello sente il dolore provato dall’altro ed è consapevole dei traumi e delle crisi, anche se l’altro si trova dall’altro lato del mondo. A parte il “dolore dei gemelli”, anche la sensibilità di madri e amanti è notevole: sono innumerevoli le storie di madri che hanno percepito la situazione di grave pericolo in qui si trovavano i figli o un loro avvenuto incidente. La connessione interpersonale non è limitata ai gemelli, a madri e amanti: il tipo di legame creato da una relazione tra terapeuta e paziente sembra già sufficiente. Molti terapeuti hanno notato che, durante una sessione, percepiscono le memorie, i ricordi, gli atteggiamenti e le associazioni che sono al di fuori della loro personale esperienza e personalità. A volte queste percezioni risultano indistinguibili dai ricordi, dalle sensazioni e dai sentimenti degli stessi terapeuti, solo più tardi, riflettendo, capiscono che non sono parte della loro esperienza diretta, ma di quella dei pazienti.
Sembra che nel corso della relazione terapeutica, alcuni aspetti della psiche del paziente vengano proiettati nella mente del terapeuta. In quel luogo, almeno per un tempo limitato, si integrano con la psiche del terapeuta e producono una consapevolezza di alcuni dei ricordi, delle sensazioni e delle associazioni del paziente. Conosciuta come “identificazione proiettata”, il trasferimento può essere utile nel contesto della terapia: può permettere al paziente di vedere quello che prima era elemento di dolore, in modo più obiettivo, come se appartenesse a qualcun altro. Inoltre sembra possibile la trasmissione di effetti corporei da un individuo all’altro. Trasmissioni di questo tipo sono conosciute come “telesomatiche”: consistono in cambiamenti fisiologici scatenati nella persona obiettivo, dai processi mentali di un’altra (6).
La distanza tra gli individui interessati, non sembra fare differenza. William Braud e Marilyn Schlitz hanno condotto centinaia di test che riguardano l’impatto delle immagini mentali dei trasmittenti, sulla fisiologia dei riceventi, che erano distanti e inconsapevoli di essere obiettivo di tali immagini. I ricercatori dichiarano che le immagini mentali del trasmittente possono “raggiungere” e causare, nella fisiologia del ricevente a distanza, effetti paragonabili a quelli che i processi mentali di una persona causano sul suo corpo. Le persone in grado di influenzare le proprie funzioni corporee sono solo leggermente più efficaci di quelle che tentano di influenzare la fisiologia di altre persone distanti. Su molti casi comprendenti un grande numero di individui, la differenza tra influenza remota e auto-influenza è stata quasi insignificante: l’influenza “telesomatica” da parte di una persona distante è quasi efficace quando l’influenza “psicosomatica” della stessa persona.
Le Scoperte: l’esperienza di Grof con gli stati alterati di coscienza
Complementari agli esperimenti psi riguardanti l’abilità della mente umana di penetrare oltre i limiti della personale esperienza sensoriale, sono le scoperte dei moderni psicoterapeuti. L’evidenza pertinente viene chiaramente dal lavoro di Stanislav Grof. Ripassando le scoperte raccolte nel corso di tre decenni, Grof ha suggerito che la cartografia standard della mente umana dev’essere completata da elementi aggiuntivi. Al dominio “mnemonico-biografico” della psiche, dovremmo aggiungere il dominio “perinatale” e “transpersonale”. Il dominio transpersonale, sembra, può mediare la connessione tra la nostra mente e praticamente ogni parte e aspetto del mondo fenomenico (7).
L’esperienza di Grof deriva dal lavoro con stati “alterati” e non ordinari della coscienza (ASCs), indotti nei suoi pazienti sia da droghe psichedeliche, che da respirazione olotropica. Gli ASCs abbracciano una larga parte della psiche umana, gli stati della coscienza normale nei periodi in cui siamo svegli, sono solo la punta dell’iceberg. Come notato da William James oltre un secolo fa, “La nostra normale coscienza da svegli…è solo un tipo speciale di coscienza, divise da schermi, si trovano forme potenziali di coscienza totalmente differenti. Possiamo vivere senza sospettarne l’esistenza, ma con gli stimoli richiesti, a tocco si trovano tutte lì nella loro completezza” (8). I popoli delle culture “primitive” e classiche sapevano come applicare gli stimoli necessari, alcune tribù, come i Kung Bushmen del deserto di Kalahari, possono entrare negli stati alterati, in tutti allo stesso tempo.
In molte parti del mondo, popoli antichi combinavano canti, respirazioni, percussioni, danze ritmiche, digiuni, isolamento sociale e sensoriale e persino specifiche forme di dolore per indurre gli stati alterati. Le culture native dell’Africa e dell’America pre-Colombiana, usavano questi stati nelle procedure sciamaniche, nelle cerimonie di guarigione e nei riti di passaggio. Le culture dell’Asia li usavano in vari sistemi di yoga, Vipassana o Buddismo Zen, Vajrayana Tibetano, Taoismo e Sufismo. Le culture semitiche li usavano nella Cabalah, gli antichi Egizi nelle iniziazioni di Iside e Osiride. I Greci classici nei Baccanali e nei riti di Attis e Adone e nei misteri Eleusini. Fino all’avvento della civiltà industriale occidentale, quasi tutte le culture stimavano questi stati per le profonde esperienze che permettevano, per i poteri di guarigione personale e per il contatto e la comunicazione che rendevano possibile (9).
Oggi, all’apice delle scienze contemporanee, la ricerca degli stati alterati di coscienza diviene accettata come parte legittima di una nuova disciplina conosciuta come “ricerca della coscienza”. La comprensione che sale in superficie, come notato da Charles Tart, è che gli stati alterati tendono a rendere più evidente la connessione tra noi e con il nostro ambiente. Le registrazioni di Grof dei rapporti verbali dei suoi pazienti chiariscono bene tutto questo (10). In l'”esperienza dell’unità duale”, un paziente in ASC, prova un indebolimento e dei confini dell’ego corporeo e un senso di fusione con un’altra persona in uno stato di unità. In questa esperienza, nonostante la sensazione di essere fuso con un altro individuo, il paziente mantiene consapevolezza della propria identità. Quindi, nell’esperienza di “identificazione con altre persone”, il paziente, mentre si trova in una esperienza di fusione con un altro, prova un senso di completa identificazione, fino al punto di perdere consapevolezza della propria identità.
L’identificazione è totale e complessa, comprende l’immagine corporea, le sensazioni fisiche, le reazioni e le attitudini emotive, i processi di pensiero, i ricordi, l’espressione facciale, i gesti e le maniere tipiche, le posture, il movimento e persino le caratteristiche vocali. L'”altro” (o gli altri) possono essere in presenza o meno del paziente, può essere parte dell’esperienza infantile del soggetto, dei suoi antenati o persino di una sua vita passata. Nelle esperienze di “identificazione di gruppo e coscienza di gruppo”, troviamo una ulteriore estensione della coscienza e di fusione dei confini dell’ego. Piuttosto che identificarsi con persone singole, il paziente prova il senso di divenire un intero gruppo di persone che condivide alcune caratteristiche razziali, culturali, nazionali, ideologiche, politiche o professionali. La profondità, la portata e l’intensità di questa esperienza possono raggiungere proporzioni straordinarie: le persone possono percepire la totalità della sofferenza di tutti i soldati morti sul campo dall’inizio della storia, il desiderio dei rivoluzionari di tutte le ere di rovesciare il tiranno o l’amore, la dolcezza e la dedizione di tutte le madri verso i propri figli. L’identificazione può essere diretta a gruppi sociali o politici, al popolo di interi paesi o continenti, a tutti i membri di una razza o a tutti i fedeli di una religione.
L'”identificazione con animali” va oltre la dimensione transpersonale umana: coinvolge una completa e realistica identificazione con i membri di varie specie animali. L’esperienza può essere autentica e convincente, inclusa l’immagine corporea, le specifiche sensazioni fisiologiche, gli istinti, le uniche percezioni dell’ambiente e le corrispondenti reazioni emotive. La natura e la portata di queste esperienze, le distinguono da quelle umane ordinarie, spesso trascendono la portata della fantasia e dell’immaginazione. Con minor frequenza, l'”identificazione con piante e processi botanici” avvengono anch’esse. A volte i pazienti hanno una esperienza complessa del divenire un albero, un fiore selvatico o da giardino, una pianta carnivora, un’alga, il plancton dell’oceano, una cultura batterica o un batterio individuale. Nella più coinvolgente esperienza di “unità con la vita e tutta la creazione”, un individuo espande la propria coscienza fino ad abbracciare la totalità della vita sul pianeta, inclusa l’umanità e tutta la flora e la fauna della biosfera. Invece di identificarsi con un organismo vivente, il paziente si identifica con la vita stessa come fenomeno cosmico.
L’esperienza in ASCs può anche andare oltre la sfera della vita: può includere i fenomeni microscopici e macroscopici del mondo inorganico. Nell'”esperienza della materia e dei processi inorganici”, i pazienti riportano una identificazione con le acque dei fiumi e degli oceani, con varie forme di fuoco, con la terra e le montagne e con le forze delle catastrofi naturali come le tempeste elettriche, i terremoti, i tornado e le eruzioni vulcaniche. I pazienti possono identificarsi con materiali specifici, come diamanti e altre pietre preziose, cristalli di quarzo, ambra, granito, ferro, acciaio, mercurio, argento e oro. Le esperienze si estendono nel micromondo e possono comprendere la struttura dinamica delle molecole e degli atomi, i moti Browniani, i legami interatomici, le forze elettromagnetiche e le particelle subatomiche. Grof conclude che ogni processo nell’universo osservabile obiettivamente in stato ordinario di coscienza, può essere vissuto soggettivamente in stato alterato.
Le dimensioni cosmiche delle esperienze in stato alterato, possono comprendere tutto del pianeta Terra. Nella “coscienza planetaria”, la coscienza del soggetto si espande alla sostanza geologica della Terra col suo regno minerale e la sua biosfera con tutte le forme di vita. La Terra nella sua interezza sembra essere un complesso organismo orientato verso la sua evoluzione, integrazione e auto-realizzazione. Nelle “esperienze extraterrestri”, una ulteriore forma di coscienza espansa, vengono inclusi altri corpi celesti e processi astronomici. Il soggetto può vivere il viaggio verso la luna, il sole, altri pianeti, stelle e galassie, può sperimentare l’esplosione delle supernove, la contrazione delle stelle, le quasar e le pulsar, persino il passaggio dentro i buchi neri. L’esperienza può avvenire nella forma di semplice osservazione di tali eventi o nel divenire quegli stessi avvenimenti, vivendoli intimamente, come essendo parte dell’evento. Nella forma più ampia e rara, di questa esperienza, l'”identificazione con l’intero universo fisico”, il soggetto sente la propria coscienza abbracciare tutto il cosmo. Tutti questi processi vengono percepiti come parte dell’organismo e della psiche del sistema-universo.
In aggiunta alle forme estese spazialmente della coscienza, troviamo le esperienze di OBE (extracorporee), chiaroveggenza, chiaroudienza e telepatia. Ancora più rilevanti per i nostri propositi, sono le esperienze che riguardano lo spostamento nel tempo. Le esperienze di spostamento temporale vanno da quelle “embrionali e fetali”, dove il soggetto ricorda il periodo intrauterino come feto, alle “esperienze ancestrali” con l’identificazione nei propri antenati biologici, alle “esperienze razziali e collettive”, dove l’identificazione è con i membri della propria razza o a volte dell’intera razza umana (che ricorda l'”inconscio collettivo” di Jung di cui diremo altro più avanti), fino ad arrivare alle “esperienze di incarnazioni passate”. La caratteristica essenziale di queste ultime è un senso convincente di ricordare qualcosa di già avvenuto. I soggetti mantengono il proprio senso di individualità e personalità, ma si percepiscono in forma diversa, in altro luogo e tempo e altro contesto. In questo tipo di esperienze, la nascita dell’individuo appare come punto di trasformazione, dove il numero di vite multiple compone la vita bio-psicologica dell’individuo.
Secondo Grof, le memorie che affiorano in esperienze di incarnazione passata, condividono con altre esperienze transpersonali, la capacità di fornire accesso istantaneo e diretto all’informazione su alcuni aspetti del mondo. Se le cose stanno così, tutte le divisioni e i confini nell’universo sono illusori e arbitrari, in ultima analisi esiste solo la coscienza cosmica (11). Quale spiegazione possiamo dare per i vari e coerenti fenomeni evidenziati dagli esperimenti psi controllati e dal lavoro di Grof e altri psicoterapeuti con pazienti in stato alterato di coscienza? Qual’è la natura della “coscienza cosmica”, o di un fattore similare, che connetterebbe la nostra psiche con il mondo in senso ampio?
Carl Jung, affascinato da questo aspetto apparentemente esoterico della psiche umana, ha tentato di fornire una spiegazione in termini di realtà superiore o profonda che connetterebbe le menti umane tra loro e con la realtà fisica. Egli venne portato a questo concetto tramite un confronto dei processi inconsci in individui con i miti, le leggende e le storie di una varietà di culture in vari periodi della storia. Jung scoprì che i ricordi individuali e il materiale collettivo conteneva temi comuni. Questo lo spinse a postulare l’esistenza di un aspetto collettivo della psiche: l'”inconscio collettivo”. I principi dinamici che organizzano questo materiale sono “archetipi”. Gli archetipi non sono rappresentabili in sè, ma hanno effetti che rendono possibile la visualizzazione: questi sono le immagini e le idee archetipe (12). L’archetipo come tale è un fattore psicoide che appartiene all’invisibile, all’estremo ultravioletto dello spettro psichico. Esso non appare, in sè, capace di raggiungere la coscienza”(13).
Mentre nel reame dello spirito, nell’estremità superiore, “ultravioletta”, dello spettro psichico, gli archetipi sono organizzatori dinamici delle idee e delle immagini, nell’estremità “infrarossa” dello spettro invece, la psiche biologica e istintiva influenza la fisiologia dell’organismo, unendosi alle sue condizioni chimiche e fisiche. Come notato da Jung, “…la posizione dell’archetipo sarebbe localizzata oltre la sfera psichica, analogamente alla posizione dell’istinto fisiologico, che è radicato immediatamente nell’organismo e, con la sua natura psicoide, forma il ponte verso la materia in generale (14). Jung formulò il suo concetto dell’archetipo in collaborazione con Wolfgang Pauli. Jung rimase colpito dal fatto che la sua ricerca nella psiche umana l’avesse portato all’incontro con tali “irrapresentabili” archetipi, come la fisica quantistica aveva portato all'”irrapresentabile”, le micro-particelle dell’universo fisico, le entità la cui completa descrizione sembra impossibile.
Jung concluse, “quando l’esistenza di due o più irrapresentabili viene assunta, c’è sempre la possibilità, che tendiamo a sorvolare, che può non essere questione di due o più fattori, ma di uno solo” (15). Il singolo fattore sottostante agli irrapresentabili della fisica e della psicologia, può essere lo stesso sottostante alle sincronicità indagate da Jung: coincidenze significative che legano in una connessione acausale i mondi fisici e psicologici. Il fattore comune che sarebbe alla base e connetterebbe questi mondi, venne chiamato “unus mundus” da Jung. La fondamenta dell’unus mundus è “..la molteplicità del mondo empirico che poggia su una unità sottostante e che non esistono due o più mondi fondamentalmente diversi affiancati o amalgamati assieme” (16).
Come riassunto da Charles Card, “I reami della mente e della materia, psyche e physis, sono aspetti complementari della stessa realtà trascendentale, l’unus mundus. Gli archetipi agiscono come schemi dinamici fondamentali le cui varie rappresentazioni caratterizzano tutti i processi, che siano mentali o fisici. Nel reame della psiche, gli archetipi organizzano immagini ed idee. Nel reame del fisico, essi organizzano la struttura e le trasformazioni di materia ed energia e rispondono anche all’ordinazione acausale. Gli archetipi agiscono simultaneamente nei reami di psiche e del fisico, spiegando i momenti dei fenomeni sincronistici” (17). Jung collega le connessioni sottili degli eventi sincronistici che coinvolgono la psiche di diversi individui o la psiche di una persona e il suo ambiente fisico, ad una realtà sottostante che emerge nella forma archetipale. La realtà fondamentale, l’unus mundus, è in sè non psichica o fisica: si trova sopra o sta oltre, la psiche e il fisico.
Verso una Spiegazione: Il Vuoto Quantistico
Il concetto di Jung punta verso una via fruttuosa della ricerca: una realtà più profonda che connette mente e mente, ma anche mente e materia. Questo approccio dovrebbe entrare nel flusso corrente della ricerca sulla coscienza. Al presente, molti ricercatori cercano una spiegazione degli eventi mentali principalmente in termini di processi fisici nel cervello. Gli eventi mentali da spiegare dovrebbero però includere non solo il funzionamento del cervello individuale, ma alla luce delle scoperte degli esperimenti psi e degli psicoterapeuti, anche le connessioni sottili che legano i cervelli umani tra loro e con il mondo. Sembra come se mondo e cervello, cosmo e coscienza, siano interconnessi da una informazione continua, un campo che conserva e trasmette. (18) (vedere The Interconnected Universe. World Scientific, Singapore and London, 1995; The Whispering Pond. Element Books, London and New York, 1996 (in stampa).)
Tale campo non può essere postulato ad hoc, la scienza deve rispettare la legge posta da William of Occam nel 14° secolo: le entità non vanno moltiplicate oltre necessità. Nuove entità, che possono anche essere forze o campi, possono solo essere postulate quando il farlo risulta il modo più semplice, economco e razionale per spiegare un dato set di scoperte ed osservazioni. Un campo che costituisce la più semplice, economica e razionale spiegazione alle scoperte può esistere: David Bohm, come questo stesso autore, suggerì che fosse l’ancora parzialmente incompreso “campo di punto zero” (ZPF), che sembra presente nel vuoto quantistico. Di seguito esploreremo cosa si sa di questo campo del vuoto, cosa si ipotizza su esso e come potrebbe spiegare le sottili interconnessioni dette in precedenza.
Conoscenza ricevuta riguardo al vuoto
Nella fisica quantistica il vuoto quantistico è definito come lo stato più basso di energia di un sistema le cui equazioni obbediscono alle meccanica ondulatoria e alla relatività speciale. Esso è molto più dello stato di un sistema in realtà. Si tratta di un vasto campo di energia che non è elettromagnetico o gravitazionale in senso classico, nemmeno nucleare. Diversamente, è la fonte originante delle forze elettromagnetiche, gravitazionali e nucleari conosciute e dei campi. Essa è la fonte stessa della materia. Le definizioni tecniche del vuoto quantistico, puntano ad un mare continuo di energia in cui le particelle di materia sono sottostrutture specifiche. Secondo i calcoli di Paul Dirac, tutte le particelle in stato di energia positiva hanno controparti d’energia negativa (ad oggi tali “antiparticelle” sono state scoperte sperimentalmente per ogni particella conosciuta).
Il campo di punto zero del vuoto quantistico è un “mare di Dirac”: un mare di particelle nello stato di energia negativa. Queste particelle non sono osservabili e i fisici le chiamano “virtuali”. In effetti non sono finte per nulla. Stimolando gli stati negativi di energia dello ZPF con sufficiente energia, una particolare regione di questo mare può essere “calciata” nello stato reale (osservabile) di energia positiva. Questo è il processo detto di creazione di coppia: dal vuoto emerge una particella di energia positiva (reale), con una particella negativa (virtuale) che rimane in esso. Quindi il mare di Dirac è ovunque, l’universo osservabile fluttua sulla superficie. Il vuoto quantistico contiene una densità estrema di energia. John Wheeler la stimò in 10^94 gr/cm^3 e questa è superiore a tutta la materia dell’universo. A confronto di questa densità d’energia, l’energia del nucleo di un atomo, il pezzo di materia più energetico nell’universo conosciuto, sembra minuscola: “solamente” 10^14 gr/cm^3. Il vuoto stesso è non materiale: le energie di punto zero, che secondo David Bohm, eccedono tutte le energie legate nella materia per 10^40 volte, si trovano in stato negativo. Questa è fortuna, perchè se non lo fossero, l’universo collasserebbe istantaneamente in una dimensione inferiore al raggio di un atomo. (Questo deriva da E=mc^2, la relazione d’equivalenza massa-energia di Einstein: l’energia corrisponde a massa e la massa significa gravitazione).
Dato che il mondo “reale” della materia, ovvero energia legata in massa, è molto meno energetico del vuoto, l’universo osservabile non è un condensato solido che fluttua sopra il vuoto, ma come un insieme di bolle in esso sospeso. In termini di energia, il mondo materiale non è una solidificazione del vuoto quantistico, ma una sua diluizione.
Speculazioni sul vuoto
una sottile linea divide quanto si conosce e si accetta sul vuoto quantistico e quanto ancora è ipotetico e controverso. Qui rivediamo esplorazioni di rilievo: quelle che riguardano interazioni tra il mondo osservabile della materia ed energia e le energie del vuoto di punto zero. Sappiamo che il mondo della materia e il vuoto quantistico interagiscono. Per esempio, in certe condizioni le energie del vuoto di punto zero, agiscono sugli elettroni che orbitano attorno al nucleo atomico. Gli effetti avvengono quando gli elettroni “saltano” da uno stato di energia all’altro: i fotoni che emettono esibiscono il cosiddetto Lamb-shift (spostamento di frequenza dal valore normale). Le energie del vuoto creano anche una pressione di radiazione su due piastre metalliche molto ravvicinate. Fra le piastre, alcune lunghezze d’onda del vuoto vengono escluse, riducendo così la densità d’energia rispetto al campo esterno. Questo crea pressione, conosciuta come effetto Casimir, che spinge a contatto le due piastre.
Possono esistere altre interazioni. Alcuni anni fa il fisico ungherese Lajos Jánossy assegnò “effetti relativistici” (come il rallentamento degli orologi con accelerazione vicina alla velocità della luce o l’aumento di massa degli oggetti a tali velocità) all’interazione degli oggetti nel mondo reale, con il campo dell’energia del vuoto. Vicine alla velocità della luce, le particelle di materia degli oggetti sfregano contro le particelle di forza (bosoni) del vuoto e questa frizione rallenta i loro processi e incrementa la loro massa. In questo concetto lo ZPF del vuoto è un campo fisico che interagisce con gli oggetti che si muovono nello spazio e nel tempo. Correntemente un altro teorico ungherese, László Gazdag, ha sviluppato il concetto di Jánossy in una “post teoria della relatività” (19): ]“Superfluid mediums, vacuum spaces” Speculations in Science and Technology, Vol. 12,1, 1989; and “Combining of the gravitational and electromagnetic fields, ibid., Vol. 16,1, 1993.
Nella sua teoria il campo dell’energia del vuoto ha le proprietà di un superfluido. Si sa che nell’elio superfreddo, ogni resistenza e frizione cessa, esso quindi passa attraverso fessure molto ristrette e capillari senza perdita di momento. Viceversa, gli oggetti si muovono attraverso il fluido senza trovare resistenza. (Dato che anche gli elettroni si muovono attraverso esso senza resistenza, i superfluidi sono anche superconduttori.) Quindi, in un certo senso, un superfluido superconduttore non si “trova lì” per gli oggetti e gli elettroni che si muovono attraverso esso, non ottengono informazione sulla sua presenza. Questo potrebbe spiegare perchè noi e gli strumenti più sensibili, non registriamo la sua presenza.
Nell’interpretazione di Gazdag della teoria della relatività di Einstein, la formula celebrata descrive il flusso di bosoni nello ZPF superfluido. Questo flusso è ciò che determina la struttura geometrica dello spaziotempo e quindi la traiettoria dei fotoni e degli elettroni del mondo reale. Quando le particelle di luce e materia si muovono uniformemente, lo spaziotempo è Euclideo, quando sono accelerate, lo ZPF interagisce col loro moto. Quindi lo spaziotempo appare curvo. (Come notato dal fisico russo Piotr Kapitza, in un superfluido solo quegli oggetti che si muovono senza frizione sono in moto costante quasi uniforme. Se un oggetto è fortemente accelerato, si creano vortici nel mezzo e questi vortici producono resistenza: la classica superficie degli effetti dell’interazione).
La ricerca di frontiera della fisica conferma la nozione di base sottostante a questi assunti. Il lavoro corrente segue un suggerimento dei fisici Paul Davies e William Unruh a metà degli anni ’70. Davies e Unruh, come Jánossy e Gazdag, hanno basato il loro argomento sulla differenza tra velocità costante e moto accelerato nel campo di punto zero del vuoto. Il modo a velocità costante esibirebbe lo spettro del vuoto come isotropico (uguale in tutte le direzioni), mentre il moto accelerato produrrebbe una radiazione termica che apre la simmetria direzionale. L'”effetto Davies-Unruh” è troppo piccolo per essere misurato con strumenti fisici, ha quindi spinto gli scienziati a capire se il moto accelerato nel campo del vuoto produrrebbe effetti incrementali. Questa attesa ha avuto frutti. E’ risultato che la stessa forza inerziale potrebbe nascere dalle interazioni in questo campo.
Nel 1994 Bernhard Haisch, Alfonso Rueda e Harold Puthoff hanno fornito dimostrazione matematica per cui l’inerzia può essere considerata una forza di Lorentz basata sul vuoto (2). La forza ha origine a livello sub-particellare e produce opposizione all’accelerazione degli oggetti materiali. Il moto accelerato degli oggetti attraverso il vuoto produce un campo magnetico e le particelle che costituiscono gli oggetti vengono deflesse da questo campo. Più grande è l’oggetto e più particelle contiene, quindi maggiore è la deflessione e l’inerzia. L’inerzia è quindi una forma di resistenza elettromagnetica che nasce negli stati accelerati dalla distorsione del campo di punto zero del vuoto (altrimenti superfluido).
Oltre all’inerzia, anche la massa sembra prodotto dell’interazione del vuoto. Se Haisch e collaboratori hanno ragione, il concetto di massa non è fondamentale o necessario in fisica. Quando le cariche elettriche senza massa del vuoto (i bosoni che compongono il campo di punto zero superfluido) interagiscono con il campo elettromagnetico, oltre il già noto limite di energia, la massa viene effettivamente “creata”. Quindi la massa può essere una strutturata forma condensata di energia del vuoto. Se la massa è un prodotto dell’energia del vuoto, così è la gravitazione. La gravità, come sappiamo, è sempre associata alla massa, in obbedienza alla legge dell’inverso del quadrato (si riduce in modo proporzionale al quadrato della distanza tra masse gravitanti). Quindi se la massa è prodotta nell’interazione con lo ZPF, allora anche la forza associata alla massa dev’essere così prodotta. Questo, tuttavia, significa che tutte le caratteristiche fondamentali che normalmente associamo alla materia, sono prodotti dell’interazione nel campo del vuoto: inerzia, massa e gravità.
Riguardo alle interazioni in scala completa tra le energie del vuoto e il mondo micro e macro dell’energia-materia, il lavoro di un gruppo di fisici russi ha un significato particolare. Anatoly Akimov, G.I. Shipov, V.N. Binghi e collaboratori, hanno sviluppato una teoria sofisticata che chiamano “vuoto fisico”. Nella loro teoria il vuoto è un vero campo fisico che si estende nell’universo: esso registra e trasmette le tracce delle micro particelle e degli oggetti macroscopici (21). Anatoly Akimov, “Heuristic discussion of the problem of finding long- range interactions. EGS- Concepts.” Center of Intersectoral Science, Engineering and Venture, Non- Conventional Technologies (CISE VENT), Preprint No. 74, Moscow 1991.
La teoria, che al tempo della stesura di questo testo non è stata pubblicata al di fuori della Russia, è importante e affascinante, abbastanza da meritare ulteriori dettagli. Nelle teorie standard, le proprietà energetiche del vuoto quantistico sono in genere considerate nel contesto dell’elettrodinamica quantistica. Questo contesto da forma a matematica elegante e relativamente semplice. Però tali formule, benchè molto sofisticate, possono sviare: possono non fornire la migliore spiegazione della realtà fisica. L’elettrodinamica stocastica, per esempio, produce una matematica più “confusa”, ma la sua descrizione del mondo reale si avvicina meglio agli assunti realistici sulla natura della realtà. In ogni caso, l’elettrodinamica quantistica, come altre teorie scientifiche, può sempre essere riconsiderata o estesa.
I fisici russi non esitano a fare questo passo. Prendono spunto da un lavoro iniziale di Einstein. In una trattazione, G.I. Shiphov ha mostrato che in accordo col programma Clifford-Einstein della geometrizzazione dello spaziotempo, il vuoto può essere descritto non solo in termini della curvatura di Riemann (quadri-dimensionale), ma anche in termini di torsione di Cartan. Negli anni ’20, studi di Albert Einstein ed E.Cartan, misero le basi della teoria che venne poi conosciuta come ECT (Einstein-Cartan Theory). L’idea venne in origine da Cartan, che all’inizio del secolo ipotizzò su campi generati dalla densità del momento angolare. Questa idea venne poi elaborata indipendentemente da diversi fisici Russi, inclusi N. Myshkin e V. Belyaev. Essi affermano di aver scoperto le manifestazioni naturali dei campi torsionali durevoli.
Al presente Akimov e il suo gruppo considerano il vuoto quantistico come un mezzo che trasporta onde di torsione universali. Il campo di torsione riempe tutto lo spazio isotropicamente, incluso il componente materiale. Possiede una struttura quantizzata inosservabile in stati non-disturbati. Tuttavia, le violazioni della simmetria del vuoto e l’invarianza, creano differente, e in principio osservabili, stati. La teoria del campo di torsione prende forma diversa del modello originale del “mare di Dirac” con elettroni e positroni: il campo dell’energia del vuoto è visto come un sistema di pacchetti d’onda rotanti di elettroni e positroni (piuttosto che come mare di coppie di elettroni e positroni).
Dove i pacchetti d’onda sono incorporati, il campo è elettricamente neutrale. Se le rotazioni (spin) dei pacchetti incorporati hanno segno opposto, il sistema è compensato non solo in carica, ma anche in spin classico e momento magnetico. Tale sistema è detto “phyton”. Raggruppamenti densi di fitoni si dicono essere approssimati ad un modello semplificato del campo del vuoto fisico. Quando i fitoni sono compensati in spin, il loro orientamento nell’insieme è arbitrario. Quando però una carica q è fonte di disturbo, l’azione produce una polarizzazione di carica del vuoto, come prescritto dalla elettrodinamica quantistica. Quando una massa m è fonte di disturbo, i fitoni producono oscillazioni simmetriche lungo l’asse dato dalla direzione del disturbo.
Il vuoto quindi entra in uno stato caratterizzato dall’oscillazione dei fitoni lungo la loro polarizzazione di spin longitudinale, questo è interpretato come campo gravitazionale (campo-G). Il campo gravitazionale è caratterizzato da onde longitudinali, non può essere schermato, in accordo con l’osservazione e gli esperimenti. Quindi il disturbo di m produce il campo-G, come il disturbo q produce il campo elettromagnetico. Akimov e colleghi vanno oltre. Seguendo la tesi avanzata da Roger Penrose, rappresentano le equazioni del vuoto nella forma spinore e quindi ottengono un sistema di equazioni spinori nonlineari, dove due componenti spinori rappresentano i potenziali dei campi di torsione. Queste equazioni possono descrivere particelle quantistiche e classiche, cariche e neutrali. Esse permettono che il vuoto quantistico sia disturbato non solo da carica e massa, ma anche dal classico spin. In questo evento i fitoni orientati nella stessa direzione dello spin del disturbo, mantengono il loro orientamento. Quelli opposti alla rotazione della fonte, si invertono, quindi la regione locale del vuoto transita in uno stato di polarizzazione di spin trasversale. Questo forma un “campo spin” (campo-S), visto come condensato di coppie di fermioni.
Come risultato, Akimov e colleghi, vedono il vuoto come mezzo fisico che può assumere vari stati di polarizzazione. Data la polarizzazione di carica, il vuoto si manifesta come campo elettromagnetico. Data la polarizzazione da materia, esso si manifesta come campo gravitazionale. Data la polarizzazione di spin, il vuoto si manifesta come campo spin. Tutti i campi fondamentali conosciuti alla fisica corrispondono a specifici stati di polarizzazione del vuoto. Quindi la suddetta “teoria dei campi di torsione del vuoto fisico” può affermare che tutti gli oggetti, dai quanti alle galassie, creano vortici nel vuoto. I vortici creati dalle particelle e altri oggetti materiali sono portatori di informazione, che legano gli eventi fisici quasi-istantaneamente.
La velocità di gruppo di queste “onde di torsione” è dell’ordine di 109 volte C, un miliardo di volte la velocità della luce. Dato che non solo gli oggetti fisici, ma anche i neuroni nel nostro cervello creano e ricevono onde di torsione, non solo le particelle sono “informate” della mutua presenza (come nei famosi esperimenti EPR), ma anche gli umani possono essere informati: il nostro cervello è una “trasmittente/ricevente di campi di torsione”. Questo suggerisce una spiegazione fisica non solo alla non-località quantistica, ma anche alla telepatia, alla visione remota e ad altri effetti telesomatici discussi sopra (22).
Onde di torsione superluminali e durevoli
“Fantasmi di torsione” metastabili, generati dall’interazione da torsione-spin, possono persistere persino in assenza degli oggetti che li hanno generati. L’esistenza di questi fantasmi è stata confermata da esperimenti di Vladimir Poponin presso Institute of Biochemical Physics of the Russian Academy of Sciences.[23] (vedi P.P.Gariaev, K.V. Grigor’ev, A.A. Vasil’ev, V.P. Poponin and V.A. Shcheglov, “Investigation of the fluctuation dynamics of DNA solutions by laser correlation spectro- scopy,” in Bulletin of the Lebedev Physics Institute No. 11- 12, 1999, pp. 23- 30; V.P. Poponin, “Modeling of NLE dynamics in one dimensional anharmonic FPU- lattice”, Physics Letters A.)
Poponin, che ha ripetuto l’esperimento presso l’Heartmath Institute in USA, ha posizionato un campione di DNA in una camera a temperatura controllata e l’ha sottoposto al laser. Poponin ha scoperto che il campo elettromagnetico attorno alla camera esibiva una struttura specifica, più o meno come si attendeva, ma ha scoperto anche che questa struttura persisteva dopo la rimozione del DNA dalla camera irradiata con laser: lo stampo del DNA nel campo continua ad essere presente quando il DNA non è più lì. Poponin e i suoi collaboratori concludono che l’esperimento mostra che una nuova struttura di campo è stata sviluppata dal vuoto fisico. Questo campo è estremamente sensibile, può essere eccitato da energie vicine allo zero. L’effetto fantasma è una manifestazione, affermano, di una sottostruttura del vuoto ignorata.
Teorie come quelle qui descritte, predispongono ad un grosso balzo nella visione scientifica del mondo: le basi fisiche dell’universo acquisiscono un ruolo attivo nelle loro funzioni e nei loro processi. La vita, persino la mente, è manifestazione della costante e sottile interazione dei pacchetti d’onda conosciuti classicamente come “materia” con il sottostante campo fisico del vuoto di punto zero. Se l’immagine emergente del mondo va completata, dobbiamo evolvere una esplicita ipotesi per descrivere le dinamiche di base della gamma di interazioni materia-vuoto. Nell'”ipotesi dell’interazione del vuoto (QVI)” di questo autore, il campo di energia non-classico del vuoto (consistente in propagazione di onde scalari ed elettromagnetiche), registra il comportamento dello spaziotempo e l’evoluzione dei sistemi di materia-energia nella forma di fronti d’onda interferenti.
Gli schemi d’interferenza conservati formano un campo di informazione olografico accessibile a sistemi con uno schema stereodinamico isomorfico verso i sistemi che producono tali schemi. Il processo applicabile può essere descritto come trasformazioni di Fourier (più esattamente Gabor). Quindi i sistemi di materia-energia che vanno dalle strutture quantistiche a quelle atomiche, molecolari, cellulari e multicellulari, inclusi i cervelli umani, decodificano (“leggono”) l’informazione codificata da loro e dai sistemi analoghi (“letto dentro”) nel campo. Dato che i fronti d’onda si sovrappongono in dimensioni multiple, il ZPF del vuoto agisce come olocampo che conserva e trasmette informazione universale, interconnettendo i sistemi e questi con i sistemi secondari (parti interne) e i sovrasistemi (ambienti esterni) (24).
Conclusioni
Gli incredibili fenomeni psi che vengono da esperimenti controllati e le altrettanto incredibili scoperte degli psicoterapeuti non possono essere definiti solo chimere, frutti di una fertile immaginazione indisciplinata. Le scoperte sono parte della manifestazione della coscienza umana: un’entità i cui domini subconsci si estendono molto oltre i confini del cervello e dell’organismo individuale. Le scoperte possono essere reali, ma la loro accettazione richiede un modo per legarle con i contesti della conoscenza. Finchè non abbiamo un legame concepibile tra una anomalia e il paradigma che incornicia la conoscenza nel campo pertinente, l’anomalia rimarrà solo questo: una cosa paradossale, incompresa, relegata allo scaffale posteriore dell’establishment scientifico.
Il riconoscimento di un legame concepibile, tuttavia, farebbe una grande differenza, potrebbe aprire percorsi fattibili di analisi concettuale, di formulazione teorica e test sperimentale. Per questa ragione ipotesi di interazione cervello-cervello e cervello-universo ( o in altri termini, coscienza-coscienza e coscienza-mondo), necessitano serio scrutinio, per avere significato intrinseco, consistenza con le osservazioni e un legame con i contesti conosciuti su cui basare spiegazioni. Nel qui discusso caso, la validazione scientifica delle scoperte sarebbe un bonus aggiuntivo. Non solo introdurrebbe maggior coerenza nella nostra immagine del mondo, legando le scoperte in precedenza anomale della ricerca sulla coscienza con la nostra conoscenza del mondo fisico, ma introdurrebbe anche maggior coerenza nei nostri affari umani. Come spesso evidenziato da osservatori acuti, molte delle nostre malattie sono dovute al senso di separazione e alla mancanza di empatia con i nostri fratelli umani e con i reami non umani (nelle società moderne, come detto da Woody Allen, “la natura ed io siamo due”). Il riconoscimento scientifico delle nostre più profonde connessioni tra esseri umani e con l’ambiente naturale, potrebbe avere un impatto importante sui media e quindi sulle attitudini della gente.
T.S.Eliot chiese, “Quali sono le radici che stringono, quali rami crescono da questa immondizia pietrificata? Figlio dell’uomo non puoi dirlo, perchè conosci solo un mucchio di immagini rotte..“
Forse l’esplorazione dei nostri legami sottili e tra umani e natura, potrebbe farci conoscere più di immagini spezzate. Potrebbe aiutarci a riconoscere lo “schema che connette” di Bateson: lo schema sottile di collegamento presente nel cosmo e nella biosfera e in modo simile nel nostro cervello e nella nostra coscienza.
Ervin Laszlo
The International Society for the Systems Sciences
and The Club of Budapest
Tradotto da Richard per Altrogiornale.org