Il terzo grande evento della vita del Maestro commemorato dal Vesak è il suo parinibbana o trapasso. La storia degli ultimi giorni della vita del Buddha è narrata con particolari vividi e commoventi nel Mahaparinibbana Sutta. Dopo un attivo ministero di quarantacinque anni, all’età di ottanta anni il Buddha si accorse che la sua fine era vicina. Perfino sul letto di morte, rifiutò di indicare un successore, ma disse ai monaci che il Dhamma stesso sarebbe stato la loro guida, dopo la sua morte. Ribadì ai discepoli, sopraffatti dal dolore, l’inflessibile legge secondo cui l’impermanenza domina su tutti i fenomeni condizionati, incluso il corpo fisico di un illuminato. Invitò i suoi discepoli a chiedere chiarimenti sulla dottrina e sul sentiero, e trasmise loro l’urgenza di impegnarsi diligentemente per raggiungere lo scopo. Poi, perfettamente tranquillo, trapassò nell’“elemento Nibbana, non lasciando alcuna traccia della sua esistenza condizionata”.
Tre mesi dopo la morte del Buddha, cinquecento dei suoi discepoli illuminati tennero una conferenza a Rajagaha, con l’intenzione di raccogliere i suoi insegnamenti e preservarli per i posteri. Questa compilazione di testi trasmise alle future generazioni una versione codificata della dottrina, su cui fare affidamento come guida.
Durante i primi due secoli dopo il parinibbana del Buddha, la sua trasmissione religiosa continuò lentamente a propagarsi, anche se la sua influenza rimase per lo più confinata al Nordest dell’India.
In seguito, nel III sec. a.C., si verificò un evento che mutò le sorti del Buddhismo e lo mise nella posizione di affermarsi come religione universale. Il re Asoka, terzo sovrano della dinasta Maurya, dopo una sanguinaria campagna militare che lasciò sui campi di battaglia migliaia di persone uccise, si convertì appassionatamente al Buddhismo, per dare sollievo alla sua coscienza addolorata. Intravide nel Dhamma l’ispirazione per una politica sociale costruita sulla giustizia invece che sull’uso della forza e dell’oppressione, e proclamò la sua nuova politica in forma di editti, inscritti su rocce e colonne disseminate sulla superficie del suo impero. Pur seguendo il Buddhismo personalmente, Asoka non cercò di imporre la propria fede agli altri, ma promosse la diffusa concezione indiana del Dhamma come legge di giustizia, che reca felicità e armonia nella vita quotidiana ed una rinascita positiva dopo la morte.
Sotto il suo patrocinio, i monaci tennero un concilio nella capitale del regno, in cui decisero di inviare missioni buddhiste attraverso il subcontinente indiano e oltre, fino alle regione confinanti. La più fruttuosa di esse, nei termini della storia buddhista posteriore, fu la missione a Sri Lanka, condotta dal figlio di Asoka, il monaco Mahinda, che fu presto seguito dalla figlia di Asoka, la monaca Sanghamitta. I due principi portarono a Sri Lanka la forma theravada di Buddhismo, ancora oggi predominante.
In India, l’evoluzione del Buddhismo avvenne in tre fasi successive, che sono diventate le sue tre principali forme storiche. Il primo stadio vide la diffusione dell’insegnamento originario e la frammentazione dell’ordine monastico in circa diciotto scuole, discordanti su questioni dottrinali di importanza secondaria. Di esse, l’unica a sopravvivere fu la scuola theravada, che già prima si era radicata in Sri Lanka e probabilmente anche in altre zone dell’Asia sudorientale. Qui poté fiorire in relativo isolamento, al riparo dai cambiamenti che stavano interessando il Buddhismo nel subcontinente.
Oggi, il Theravada, discendente del Buddhismo originario, è prevalentemente praticato in Sri Lanka, Birmania, Thailandia, Cambogia e Laos. A partire dal I sec. a.C. circa, emerse gradualmente una nuova forma di Buddhismo, che i suoi sostenitori chiamarono Mahayana, il Grande Veicolo, in contrasto con le scuole precedenti, che furono definite Hinayana o Piccolo Veicolo. I mahayanisti elaborarono il concetto di “carriera del bodhisattva”, ritenuto a questo punto l’ideale buddhista universale, e proposero un’interpretazione radicale della saggezza come visione profonda nella vacuità o suññata (skt. shunyata), la natura ultima di tutti i fenomeni. Le scritture mahayana hanno ispirato profondi sistemi filosofici, formulati da pensatori brillanti quali Nagarjuna, Asanga, Vasubandhu e Dharmakirti. Ai comuni devoti i testi mahayana parlavano di buddha e bodhisattva celesti, che potevano venire in aiuto del fedele. Nella sua fase iniziale, nel corso dei primi sei secoli dell’era cristiana, il Mahayana si propagò in Cina e da lì in Vietnam, Corea e Giappone. In queste terre il Buddhismo indusse la nascita di nuove scuole, più congeniali alla mente estremo-orientale rispetto all’originale indiano. La più nota tra esse è il Buddhismo Zen, oggi ampiamente rappresentato in Occidente.
In India, probabilmente verso l’Ottavo secolo, il Buddhismo conobbe l’evoluzione in quella che è la sua terza forma storica, chiamata Vajrayana, il Veicolo di Diamante, basato su testi esoterici noti come Tantra. Il Buddhismo vajrayana accolse le prospettive dottrinali del Mahayana, ma le arricchì di rituali magici, simbolismi mistici, e complesse pratiche di yoga, concepite per accelerare la via verso l’Illuminazione. Il Vajrayana si diffuse dall’India settentrionale al Nepal, al Tibet e alle altre regioni himalayane; oggi è il tratto dominante del Buddhismo tibetano.
Aspetto considerevole della diffusione del Buddhismo nel corso della sua lunga storia è la sua capacità di conquistarsi il favore di intere popolazioni ricorrendo esclusivamente a mezzi pacifici. Il Buddhismo si è sempre diffuso con i suoi precetti e il suo esempio, mai con la forza. Lo scopo della propagazione del Dhamma non è stato quello di convertire, ma di mostrare ad altri la via verso la pace e la felicità autentiche. Ogni volta che gli abitanti di una nazione o di una regione hanno adottato il Buddhismo, questo è divenuto per loro fonte di uno stile di vita completo, molto più che una semplice religione. Ha ispirato grandi opere di filosofia, letteratura, pittura e scultura, comparabili a quelle di qualsiasi altra cultura. Ha modellato istituzioni sociali, politiche ed educative; è stato di guida a governanti e cittadini; ha dato forma alla morale, ai costumi e alle convenzioni che regolano la vita dei suoi seguaci. Mentre le espressioni particolari della civiltà buddhista differiscono ampiamente, dallo Sri Lanka, alla Mongolia, al Giappone, esse sono tutte pervase da una sottile ma inconfondibile fragranza che le rende distintamente buddhiste.
Nel corso dei secoli, in seguito alla scomparsa del Buddhismo in India, gli aderenti alle varie scuole buddhiste sono vissuti in totale isolamento gli uni dagli altri, a stento consapevoli della reciproca esistenza. Ma sin dalla metà del XX sec., tuttavia, buddhisti appartenenti a tradizioni eterogenee hanno incominciato ad interagire ed hanno imparato a riconoscere la comune identità buddhista. In Occidente, attualmente, per la prima volta dopo il declino del Buddismo indiano, coesistono nella medesima regione geografica seguaci dei tre principali “veicoli”. Questa stretta affiliazione potrà portare a risultati ibridi e forse a stili di Buddhismo ancora nuovi, diversi da tutte le forme tradizionali. Il Buddhismo in Occidente è ancora troppo giovane per permettere predizioni a lungo termine, ma possiamo essere certi che il Dhamma è qui per restarvi ed interagirà con la cultura occidentale, per contribuire, si spera, al reciproco arricchimento.