Buchi neri allineati – Studiati 65 getti da altrettante radio galassie

Buchi neri allineati – Studiati 65 getti da altrettante radio galassie
Rappresentazione artistica di una radio galassia - Studiati 65 getti
Rappresentazione artistica di una radio galassia. Crediti: Dana Berry (STScI)

I dati d’un recente studio in banda radio pubblicato su MNRAS sembrano indicare che i getti provenienti dalla regione centrale delle galassie osservate si dispongono in una direzione preferenziale. «La scoperta è potenzialmente molto interessante, ma occorrono conferme sperimentali», commenta Marcello Giroletti dell’IRA di Bologna.

Nel corso delle ultime decadi sono stati sviluppati molti studi rivolti alla mappatura dell’orientamento nello spazio delle galassie. Nel caso in cui fosse possibile individuare una direzione preferenziale, questo dato avrebbe implicazioni importanti sull’origine e l’evoluzione delle galassie, e ci permetterebbe di comprendere meglio la struttura a larga scala dell’Universo.

Un team composto da due ricercatori dell’Università di Città del Capo e della provincia del Capo Occidentale, in Sud Africa, ha condotto uno studio su 65 getti appartenenti ad altrettante radio galassie raccolte in una specifica regione dell’Universo, scoprendo che una buona parte di esse tende ad allinearsi lungo una direzione comune. Lo studio è stato pubblicato di recente sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

La scoperta consisterebbe nella prima misura di un allineamento dei getti di galassie in una porzione di spazio di dimensioni inferiori a 300 milioni di anni luce.

Tale scoperta è il frutto di una campagna osservativa durata tre anni, durante i quali il Giant Metrewave Radio Telescope (GMRT), che si trova in India, ha raccolto immagini dettagliate nella banda radio della regione chiamata ELAIS-N1.

mappa radio profonda che copre la regione ELAIS-N1
Un’immagine della mappa radio profonda che copre la regione ELAIS-N1, dove sono presenti getti di galassie che sembrano allinearsi in una direzione comune. I cerchi bianchi nell’immagine a sinistra indicano le galassie con un orientamento simile. Credit: A. R. Taylor

Siccome i getti vengono prodotti dai buchi neri supermassicci al centro delle galassie e sono orientati nella direzione del loro asse di rotazione, una spiegazione logica per questo allineamento potrebbe risiedere in un orientamento simile delle galassie ospiti, affermano i ricercatori.

«Dal momento che questi buchi neri non sanno l’uno dell’altro, né hanno modo di scambiarsi informazioni o influenzarsi l’un l’altro su scale così ampie, questo allineamento deve essersi verificato durante la fase di formazione delle galassie nell’Universo primordiale», osserva Andrew Russ Taylor, primo autore dello studio. Questo potrebbe significare che c’è una coerenza nel modo in cui si è formato ed evoluto questo volume di spazio, che è stato a sua volta generato dalle fluttuazioni primordiali di massa.

In origine, lo scopo dell’osservazione ben poco aveva a che fare con questa scoperta. L’indagine iniziale si proponeva di esplorare le sorgenti radio più deboli dell’Universo sfruttando, con lunghe esposizioni, alcuni dei radiotelescopi più potenti a disposizione della comunità scientifica. Gli autori dello studio sottolineano che sarebbe interessante confrontare il loro risultato con simulazioni della distribuzione della rotazione delle galassie su scale cosmiche.

Romeel Dave, professore presso l’Università della provincia del Capo Occidentale, nonché alla guida del team che si occupa di realizzare simulazioni di crescita ed evoluzione della struttura a larga scala dell’Universo, è d’accordo: «Questo risultato non è facilmente spiegabile sulla base della nostra attuale comprensione della cosmologia. È un fatto molto bizzarro».

Insomma rimane un mistero, e ci vorrà un po’ perché la tecnologia e la teoria possano venirci in aiuto gettando nuova luce su questo studio. Alcuni progetti sono già in fase di realizzazione, tra cui lo Square Kilometer Array e alcuni dei suoi precursori, il South African MeerKAT array e l’Australian SKA Pathfinder.

«Il GMRT è uno degli array di radiotelescopi più sensibili al mondo, ma abbiamo bisogno di strumenti come MeerKAT per migliorare la sensibilità delle mappe ed estenderle su scale ancora maggiori», sottolinea Taylor, «poiché solo questo ci permetterà di distinguere tra diverse spiegazioni possibili. Si sta aprendo una nuova area di ricerca per questi strumenti, che ci permetterà di spingerci più lontano di quanto avremmo mai pensato di poter arrivare. È un’epoca emozionante per fare l’astronomo».

«La scoperta è potenzialmente molto interessante, perché chiaramente avrebbe forti implicazioni sulla struttura e sulla storia evolutiva del nostro universo e delle galassie che lo popolano», commenta a Media INAF Marcello Giroletti dell’Istituto di Radioastronomia di Bologna dell’INAF. «D’altra parte ci sono moltissimi effetti che complicano la faccenda: assunzioni in merito all’orientazione relativa delle strutture radio osservate e delle galassie che le ospitano, l’evoluzione tramite interazioni reciproche delle galassie stesse, il numero relativamente basso di oggetti osservati, la mancanza di un’informazione sulla distanza di questi oggetti. Riguardo a questi ultimi due punti, osservazioni ottiche e radio con gli strumenti di nuova generazione (lo Square Kilometer Array e i suoi precursori) porteranno certamente un contributo fondamentale – e se fornissero una conferma di quest’effetto, le implicazioni per la teoria diventerebbero molto forti».

Una distribuzione ordinata delle galassie su larga scala non era mai stata prevista dalla teoria, pertanto questo fenomeno rappresenta una sfida per gli studi che riguardano le origini dell’Universo. Inoltre, se convalidata da ulteriori dati sperimentali, una scoperta di questo tipo costituirebbe un’opportunità preziosa per scoprire qualcosa di più su come si è sviluppato e come funziona il cosmo.

Elisa Nichelli

media.inaf.it