Atlantide fa la sua apparizione in un testo di Platone (428-347 a.C.), descritta come una grande isola che esisteva 11.500 anni fa nell’Oceano Atlantico.
Sede di una evoluta e ricca civiltà, secondo una ricostruzione che Platone attribuisce a dei sacerdoti egizi, combatté una guerra mortale con Atene. E successivamente venne sprofondata nell’Oceano dall’ira Di Zeus.
Questa ipotetica civiltà scomparsa è stata utilizzata a più riprese, soprattutto in tempi moderni, come spunto per la formulazione di ogni tipo di teorie e speculazioni; ed è stata sfruttata come trama di numerosi romanzi e lungometraggi cinematografici.
Alcuni ricercatori, non allineati alle teorie comunemente accettate, avanzano la convinzione che antiche civiltà siano realmente esistite in un passato preistorico, e che abbiano fatto da ponte di comunicazione tra i popoli mediterranei e quelli centroamericani.
Nonostante alcuni studi relativi alle formazioni geologiche del bacino Atlantico, osservazioni dei fossili e comparazione delle culture primitive, avessero fatto nascere il sospetto di reali contatti tra le due sponde dell’Oceano, la concreta esistenza di vaste terre emerse in pieno Atlantico appare sempre più improbabile.
Atlantide conserva quindi i connotati di una leggenda.
Platone e i suoi Dialoghi
Platone nasce ad Atene nel 428 a.C. circa, da famiglia nobile, e muore nel 347. Dedicatosi dapprima alla pittura e alla poesia, si distinguerà anche nella ginnastica (nasce infatti col nome Aristocle, poi soprannominato dal suo allenatore Platone, “Piattone”, per le sue spalle larghe). La sua vita subirà una svolta dall’incontro col grande filosofo Socrate, di cui sarà fedele discepolo per quasi un decennio, fino alla condanna a morte del maestro. Egli diventerà a sua volta uno dei principali filosofi di tutti i tempi.
Tra i suoi scritti, raccolti dapprima dai suoi allievi, e organizzati in modo organico da Trasillo, ci sono pervenuti decine di Dialoghi, non tutti ritenuti autentici, in cui troviamo trascritte conversazioni tra Socrate e suoi concittadini. Non sappiamo se Socrate sapesse scrivere, ma non risulta che abbia mai realizzato alcun libro, preferendo trasmettere le sue idee con la parola. La grande importanza che viene riservata alla parola appare evidente anche nei Dialoghi, dove le storie sono riportate da Platone sotto forma di conversazione.
La costruzione di città utopiche, abitate da società perfette, è ricorrente nella Grecia del IV secolo a.C , e si tratta spesso di isole lontane, ricche, in cui vige preferibilmente un sistema di tipo socialista e autarchico, con suddivisione del lavoro e possesso comune dei beni. Si possono citare Teopompo (con le sue città Machìmos ed Eusebès, “degli uomini guerrieri” e “degli uomini pii”), Diodoro Siculo (che nelle sue opere riporta la Panchea narrata da Evemero di Messene, e l’isola immaginata da Iambulo), Luciano di Samosata (che tra le tante isole fa anche un viaggio immaginario sulla Luna, accorgendosi quanto appaiano piccole, da lassù, le miserie umane della sua Grecia), Antonio Diogene (i cui personaggi compiono viaggi in giro per il mondo fino alla mitica Tule, nome che indica un impreciso luogo al confine settentrionale dell’Europa).
Queste società immaginarie vengono sempre poste provvidenzialmente nei luoghi meno noti, situati ai confini del mondo e cioè anche della realtà, in cui le condizioni ambientali sono abbastanza ricche e i governanti abbastanza saggi e colti da costruire un mondo felice e stabile. Il termine utopia è composto dalle parole greche ou topos, nessun luogo, e si può far derivare dal saggio De Optimo reipublicae statu deque nova insula Utopia, di Thomas More (Tommaso Moro, 1478-1535, umanista e politico inglese, decapitato per non aver riconosciuto come capo della Chiesa anglicana Enrico VIII e aver rifiutato di approvare il suo divorzio), dove il suo stato perfetto, comunistico, tollerante verso la libertà religiosa, è una risposta alle contraddizioni del suo tempo e alle prime notizie che venivano dal Nuovo Mondo.
Platone rende perfetta la sua costruzione, ponendo Atlantide in un luogo non solo lontano e inaccessibile ma anche passato, e oggi scomparso. Nei suoi due dialoghi intitolati Timeo e Crizia, dal nome dei principali oratori, appare brevemente la storia di questa mitica isola.
Nella prima parte il Timeo narra che Crizia, riunito una sera con Socrate, Timeo ed Ermocrate, ricorda quel che ascoltò mentre era un fanciullo di dieci anni, e suo nonno novantenne, di nome anch’egli Crizia, spiegava ad un uomo della sua tribù ciò che aveva appreso da Solone (famoso poeta e abile legislatore, approssimativamente 640-560 a.C., che intorno al 590 a.C. diede una costituzione democratica ad Atene). Solone viaggiò molto in Oriente, soprattutto in Egitto, dove ebbe istruttivi colloqui con alcuni saggi sacerdoti della città di Sais, sul delta del Nilo.
Discorrendo con i sacerdoti, racconta Crizia, Solone si mise a parlare di cose antiche, dei primi uomini e del Diluvio che Zeus scatenò sul mondo per punire le società corrotte. Ma i sacerdoti sorridevano, e sostennero che i Greci in storia erano come fanciulli, nel senso che giudicavano antichissimo ciò che veramente antico non era, e ricordavano un diluvio mentre nella storia ve ne erano stati molti. Spiegarono che nella storia erano ricorrenti terribili fenomeni naturali. Fuoco dal cielo, che colpisce soprattutto chi vive sulle montagne e nei luoghi aridi.
Diluvi, che gonfiano i mari e i fiumi, devastando le terre costiere e le pianure. Terremoti, capaci di distruggere intere civiltà. E i sopravvissuti tornano rapidamente in misere condizioni, perdendo il ricordo delle proprie origini, poichè gli uomini difficilmente scrivono e discorrono di storia e filosofia quando è in forse il pane quotidiano. Per fortuna la valle del Nilo è particolarmente protetta da queste catastrofi, e quando il Nilo allaga non è per distruggere, e i loro templi conservano tutto ciò che essi hanno conosciuto anche del più remoto passato.
I sacerdoti egizi narravano volentieri a Solone queste storie, poichè dicevano che la Dea Atena, dopo la città di Atene, aveva fondato anche la città di Sais, gemellando così i due popoli. Solone compose un manoscritto di questo racconto (Crizia afferma, nel Dialogo, di esserne in possesso), che narra “la più grande impresa” che Atene avesse mai fatto, e di cui tutto il mondo Mediterraneo doveva essergli grata.
Atlantide contro Atene
Crizia racconta che novemila anni prima (quindi circa nel 9500 a.C.) il mondo era molto diverso. Al di là delle Colonne d’Ercole, in quel mare ben più vasto del Mediterraneo, che si stende oltre lo stretto, sorgeva un’isola grande come Libia e Asia insieme (1), chiamata Atlantide, da cui si poteva passare ad altre isole, fino ad un enorme continente. Atlantide fu assegnata agli inizi del mondo al dio Poseidone (Nettuno). In mezzo all’isola c’era una vasta pianura, che arrivava a sud fino al mare, e che era ornata alle spalle da monti con vette altissime. Nella pianura c’era una collina; in quel luogo Poseidone giacque con una giovane donna, che era rimasta orfana, e che generò, durante cinque parti, cinque coppie di figli maschi.
Quando furono abbastanza grandi, il Dio incaricò quei figli di regnare sulle sue terre, e al primo, cui diede nome Atlante, donò la parte dove sorgeva la casa materna e che era anche la terra più bella di Atlantide. Il Dio difese quel luogo, scavando tutto intorno tre cinte d’acqua, separate da due di terra, creando così un’isola dentro all’isola, e la arricchì poi con due fonti d’acqua, una calda e una fredda.
La grande pianura era una terra ricca, che grazie alle piogge abbondanti e all’irrigazione poteva dare frutti due volte l’anno.
In Atlantide c’erano pascoli favolosi che riuscivano a nutrire ogni tipo di bestiame, compresi gli elefanti, e vasti boschi, che fornivano abbondante legname per ogni uso. Vi si trovava anche ogni tipo di metalli, tra cui uno prezioso quasi quanto l’oro, di cui oggi si conosce solo il nome: l’oricalco. Le due fonti calda e fredda alimentarono vasche d’ogni tipo, per i re, per i concittadini, per le donne e anche per i cavalli, che disputavano gare nel loro ippodromo.
I re che vi regnarono, uno dopo l’altro, abbellirono quei luoghi continuamente. Scavarono un canale che congiungeva l’isola centrale al mare, in modo che fosse raggiungibile dalle navi. Anche la pianura fu circondata con un’enorme fossa, che raccoglieva le acque che scendevano dai monti, e una fittissima rete di altri canali divideva Atlantide in innumerevoli e popolati settori territoriali. Costruirono templi e reggie, ponti e porti. Per queste ricchezze, per quelle che affluivano dall’estero, nel corso di molte generazioni i regni accumularono enormi tesori.
Il popolo di Atlantide divenne eccezionalmente numeroso, assai progredito e ricco, e dominava su tutte le isole circostanti, su parte di un enorme e lontano continente occidentale, ed anche sul mondo mediterraneo fino alla Tirrenia (Etruria) e all’Egitto.
I sovrani avevano potere di vita e di morte su tutti i sudditi, ma tra loro i rapporti erano regolati dalle leggi che Poseidone aveva imposto, per primi, ai suoi figli. Si riunivano ogni cinque o sei anni, discutendo dei loro interessi, e nei casi in cui la legge era violata diventavano giudici. Prima di giudicare però compivano un rito sacrificale, uccidendo un toro presso una colonna d’oricalco, nel Tempio, su cui le leggi erano incise.
Il tempio di Poseidone era contenuto nella reggia, all’interno dell’Acropoli; di barbarica imponenza, era ricco di statue, ornato d’argento, oro, avorio e oricalco. Là erano stati concepiti i figli del Dio, e in loro ricordo ogni anno venivano offerti sacrifici.
Negli affollati porti arrivavano imbarcazioni provenienti da tutto il mondo, e ad Atlantide non mancava un grande esercito, che dislocava gli armati più fedeli fin dentro all’Acropoli. La sola provincia del re supremo, la maggiore delle dieci, poteva contare in caso di guerra su 10.000 carri, 120.000 cavalieri e altrettanti arcieri, più un gran numero di armati in vario modo (un esercito totale di oltre 1 milione di soldati), e 240.000 marinai su 1.200 navi.
I primi re, figli di Poseidone, avevano in sé una forte natura divina, sapevano gestire il potere con saggezza, e la ricchezza era per loro quasi un fardello che, inevitabilmente, cresceva grazie alla loro virtù. Ma ad ogni generazione la natura divina si mescolava con quella umana, finchè la virtù dei re si corruppe, essi degenerarono, e il desiderio di possedere il mondo intero li conquistò.
Forti della loro potenza, un giorno, i re tentarono di sottomettere anche gli altri popoli mediterranei, per dominare infine anche sull’Asia.
Non dimentichiamo che anche l’Atene di quel periodo, forse la vera città utopica del racconto, era però molto diversa. Prima che il tempo ne inquinasse la purezza, la sua civiltà non aveva pari. Intorno alla città grandi pianure, più estese di oggi, fertili, grasse, sempre nutrite d’acqua, davano abbondanti provviste a tutta la popolazione. C’erano boschi e pascoli per il bestiame. Piogge e diluvi eroderanno queste terre, lasciandole oggi, a paragone, impoverite come le ossa di un corpo infermo.
La città era retta da leggi sagge. La classe militare viveva separata dagli altri cittadini, senza fasti, ma con decoro; contava circa ventimila guerrieri, uomini e donne, come mai il mondo ne vide. La guerra che impegnò Atene e la Grecia, contro l’improvvisa aggressione, ha comunque del favoloso. La città arrivò a sostenere quasi da sola l’urto degli eserciti invasori.
I sacerdoti, nel loro racconto, ricordano con affetto come Atene riuscì, assai generosamente, a liberare molti popoli oppressi, respingendo il nemico nell’Oceano. Ma Zeus osservava da tempo la stirpe di Poseidone e ne era deluso. Giudicò quel mondo ormai troppo degenerato e meritevole di una tremenda punizione. Terremoti e inondazioni devastarono la Terra, fin quando, durante un giorno e una notte, Atlantide sprofondò nel mare, e inghiottito dalla terra fu anche l’esercito ateniese.
L’Oceano, un tempo navigabile, divenne impraticabile e pericoloso, fino ad oggi, per le melme che lo sprofondamento aveva sollevato. E della gloriosa Atene rischia di scomparire anche questa incredibile vittoria militare, la più grande impresa di tutti i tempi.
Questo è il racconto che Platone trascrive per noi.
Alla ricerca dell’isola
Aristotele, allievo e quindi contemporaneo di Platone, giudicò la narrazione del Crizia semplicemente una fantasia, utilizzata dal maestro perché utile alla sua trattazione, e questo giudizio non venne mai sottovalutato. Fino al medioevo la mitica isola non generò un particolare interesse, ma con la scoperta delle Americhe le cose iniziano a cambiare, poichè i Dialoghi menzionano un grande continente ad ovest di Atlantide, e ci si comincia a domandare se l’Oceano Atlantico non abbia ospitato veramente, in passato, vasti territori o un arcipelago, poi inabissatosi, che abbia potuto fare da ponte tra le Americhe e il mondo mediterraneo.
Le ipotesi avanzate negli anni da studiosi della preistoria, geologi, paleontologi, antropologi, occultisti, teosofi e strani personaggi, sono le più diverse e in certi casi tendono a contraddirsi tra loro. Talvolta queste ipotesi si sono sviluppate senza un supporto credibile di fatti reali, portando discredito a studi più seri di onesti ricercatori.
Terremoti e fenomeni vulcanici hanno da sempre accompagnato la storia dell’uomo, trasformando la superficie terrestre, generando le montagne e frastagliando il suolo, che altrimenti, attraverso l’erosione dei venti e dell’acqua, diverrebbe sempre più liscio e uniforme.
La teoria della deriva dei continenti di Wegener, insieme a quella della tettonica a zolle formulata negli anni ’60, immaginano le attuali terre emerse come parti di un unico, antichissimo supercontinente, il Pangea, segmentatosi in zolle continentali a partire da 180 milioni di anni fa, che si sono progressivamente allontanate, con un movimento lentissimo che continua anche oggi.
I grandi Oceani presentano lunghe catene vulcaniche sommerse, le dorsali oceaniche, dove il magma prodotto periodicamente funge da margine di accrescimento, che allontana tra loro i continenti e modifica i bacini oceanici. I terremoti sono un effetto di questi movimenti della crosta terrestre. E’ curioso infatti osservare che, se avviciniamo il profilo orientale delle Americhe a quello occidentale dell’Africa, i continenti sembrano assemblarsi come un puzzle.
I cultori della “ipotesi Atlantide”, invece, immaginano che i confini delle terre emerse non si modifichino principalmente (o soltanto) attraverso questi movimenti orizzontali, ma che invece, per varie cause, la crosta terrestre subisca importanti spostamenti verticali. Questi, insieme alla variazione del livello delle acque dovuta ai periodi di glaciazione e deglaciazione, possono far nascere e morire interi continenti, sollevando o inabissando enormi territori, in periodi relativamente brevi. L’ipotetico sprofondamento della dorsale atlantica è però un fenomeno enorme, e si suppone allora che sia stato “aiutato” dall’impatto di un grosso meteorite.
L’attenta osservazione della fauna, delle popolazioni antiche e dei materiali archeologici in genere, hanno convinto alcuni studiosi dell’esistenza di stretti e strani rapporti tra terre oggi lontane e separate. Reperti fossili del Cambriano (che rappresenta comunque un periodo del tutto diverso da quello in esame) lungo la costa orientale del Canada e degli USA presentano specie affini all’Europa. Campioni di roccia vulcanica prelevati dal fondo marino a nord delle Azzorre hanno le caratteristiche che il magma assume solidificando all’aria libera.
D’altra parte l’Atlantico presenza una zona poco profonda, che dall’Islanda scende a sud includendo il Rialto di Rockall, il Plateau delle Azzorre e prosegue a lungo anche nell’oceano meridionale. Si potrebbe immaginare che nell’ultimo periodo della Glaciazione, in cui enormi quantità d’acqua erano immobilizzate sotto forma di ghiaccio sulle terre emerse, creando tra l’altro enormi pressioni sulla piattaforma continentale, le isole atlantiche venissero ad occupare spazi ben più vasti degli attuali. Al largo, lungo le coste atlantiche e mediterranee, non sono rari i ritrovamenti di antiche costruzioni sommerse, a riprova che il livello del mare cambia lungo i millenni, e che le zone costiere sono suscettibili di sprofondamenti.
Le civiltà precolombiane americane, inoltre, presentano aspetti che ricordano quella egiziana: architetture piramidali, profonde conoscenze astronomiche, riti e mummificazione dei morti, apparenti somiglianze di alcuni vocaboli. Antiche leggende locali raccontano che gli Aztechi erano originari di Aztlan, una terra ad oriente, sprofondata nell’Atlantico. Che avrebbe facilitato i contatti tra le due sponde dell’Oceano, potremmo aggiungere.
Alcuni studiosi, muovendosi ai confini della scienza ufficiale, sostengono che l’esistenza di società umane assai progredite, in grado di navigare gli oceani, precedenti a quelle comunemente riconosciute come originarie, è più certezza che ipotesi (tra gli altri Peter Kolosimo, Otto Muck e Charles Berlitz).
Il mito si complica
Il mito del continente scomparso ha finito per moltiplicarsi, ispirando innumerevoli teorie, da quelle proto-scientifiche iniziate da Ignatius Donnelly a quelle di origine mistica, costruite da veggenti e occultisti, a quelle revisioniste che tentavano un approccio più realistico. Di volta in volta si è ritenuto di localizzarne dei resti nelle Bahamas (il “muro di Bimini”, la cui scoperta venne predetta dal chiaroveggente E.Cayce, che sostenne di avervi abitato in una delle sue vite precedenti), in Svezia, in Sud Africa, nell’Artico, in Antartide, in Armenia, e in molti altri luoghi.
Ma si è anche immaginato che la descrizione di Platone potesse essere esagerata, e che l’antica civiltà scomparsa equivalesse semplicemente all’isola greca di Santorini (Thera), distrutta nel 1400 a.C. da un’eruzione vulcanica, o ad altre località mediterranee in qualche modo già note. Si potrebbe identificarla con Tartesso, una città-stato fenicia esistita fino al V secolo a.C. nei pressi di Cadice, sull’Atlantico, ma anche con l’isola di Spartel, proposta dal geologo francese Jacques Collina-Girard. Qualcuno ne vide invece il ricordo di Tirrenide, una specie di Atlantide costituita dall’unione di Corsica, Sardegna e Baleari, di cui si è favoleggiato.
Atlantide avrebbe anche potuto essere la catena montuosa dell’Atlante (2) se in passato alcuni laghi interni, nelle aree sahariane, l’avessero trasformato in una specie di isola. Oppure una terra oggi sommersa che collegava la Tunisia alla Sicilia e divideva il Mediterraneo in due bacini, secondo un’altra recente ipotesi.
L’esistenza di ciclopiche costruzioni di pietra, ancora in parte inspiegabili, localizzate in varie parti del mondo e che risalgono a periodi remoti, ha ugualmente autorizzato alcuni storici ad avanzare l’ipotesi che la storia conosciuta sia incompleta. Che le civiltà storiche siano state precedute da altre civiltà più avanzate e molto antiche, regredite successivamente a causa di catastrofi naturali o di altri avvenimenti che possiamo solo immaginare. C.Berlitz ci ricorda che in Perù esistono costruzioni con blocchi di pietra di 200 tonnellate, che a Tiahuanaco blocchi da 100 tonnellate sono stati utilizzati a 4000 metri d’altezza, e che nel ciclopico Tempio di Zeus a Baalbek, tra Siria e Libano, si stima che un macigno pesi quasi 2000 tonnellate.
Le popolazioni indigene non sanno dire chi abbia realizzato quelle costruzioni. Fondamenta di questo tipo sono state utilizzate talvolta per successive edificazioni, realizzate però con materiali più piccoli. Un monolito incompiuto sull’Isola di Pasqua è lungo 21 metri.
Documenti che pare siano ricopiati da antichissime carte nautiche, porta qualcuno ad immaginare che, in epoca pre-storica, le conoscenze delle coste atlantiche fossero migliori che nelle epoche successive.
L’ipotesi di importanti movimenti verticali della crosta terrestre, regala argomenti alle tesi di altri continenti perduti.
Madagascar e Arcipelago Indonesiano presentano somiglianze di fauna e flora, che mancano tra il Madagascar e l’Africa, geograficamente assai più vicina. Poichè i lèmuri, primati e parenti delle scimmie, sono diffusi nell’isola africana e presenti anche in Indonesia, dei biologi hanno suggerito il nome di Lemuria ad una ipotetica terra in grado di collegare Madagascar e India.
La singolare occultista russa Helena Petrovna Blavatsky, fondatrice a New York nel 1875, insieme al colonnello Henry S.Olcott, della Società Teosofica (poi trasferita in India e da molti ritenuta la base del movimento New Age), indicò in Lemuria uno dei luoghi originari della civiltà umana. E i successivi teosofi, a partire dal chiaroveggente e antropologo dilettante W.Scott Elliot, illustrarono in maniera più dettagliata l’antropogenesi delle cosidette “Razze Radici” che precedettero le società umane conosciute: utile ricordare che i Lemuriani, terza Razza Radice che precede gli Atlantidei, vengono descritti come ermafroditi, ovipari con quattro braccia e gli occhi sulla nuca. Le “dottrine segrete” della Blavatsky, di valenza puramente favolosa, derivano dall’altrettanto favoloso Libro di Dzyan (Libro della Terra), che ella illustra nella sua opera La dottrina segreta.
Secondo il colonnello James Churchward, invece, il Pacifico ha ospitato il mitico continente di Mu, la “Madre Terra”. Il nome Mu deriva in realtà da una catena di interpretazioni errate, relative a un ducumento maya (il cosiddetto Codice Troano), per colpa prima del missionario spagnolo Diego De Landa e poi del francese Abate Brasseur de Bourboung, che del primo utilizzò l’erroneo alfabeto come chiave di lettura della scrittura maya. Le informazioni sulla storia della Terra sono state comunque apprese dal colonnello Churchward attraverso misteriosi documenti osservati in India (miracolosamente tradotti grazie a un’intensa concentrazione mentale e poi scomparsi) e una raccolta di oggetti trovati in Messico dal geologo americano William Niven, interpretati con la stessa tecnica.
Ecco che, come inevitabile risultato di tutta questa particolare lettura storica, arriviamo a ricostruire una indefinita ipotesi finale, di una civiltà antidiluviana (preadamitica, precataclismica) risalente a decine di migliaia di anni fa, globale, con cognizioni tecnologiche che il mito ha trasformato in magia, da cui in qualche modo discendiamo. Civiltà che conosceva il volo aereo e l’energia atomica (che sfuggita al controllo avrebbe potuto causare la catastrofe ricorrente nelle antiche leggende), che sapeva controllare la forza gravitazionale per poter spostare i massi enormi con cui erano costruite le loro città.
Forse formata da una razza superiore, probabilmente extraterrestre, pressoché scomparsa all’epoca del biblico Diluvio (la cui origine potrebbe anche essere l’effetto dell’impatto sulla Terra di un grande meteorite, o una piccola luna). E per Saint-Yves d’Alveydre questo popolo misterioso potrebbe ancora sopravvivere, nell’Agarthi, un mondo sotterraneo, inaccessibile, con pochi ingressi segreti nel Deserto di Gobi, in Russia,in India, nel Tibet Orientale e nel Borneo. Un mondo di immense caverne, che collegano forse tutto il globo. Lì l’antico popolo si è rifugiato, guidato dal Re del Mondo che segretamente domina la Terra, e che perfino Hitler e il suo nazismo magico tentarono invano di contattare con tre spedizioni sull’Himalaya. (3)
Etimologia e mitologia
Nel Crizia Poseidone assegna il nome di Atlante al primo dei dieci figli. Ed è da questo che deriverà il nome di Atlantide per l’isola e di Atlantico per il mare. Introducendo il discorso, però, Crizia avverte che i sacerdoti avevano interpretato in lingua egizia i nomi del racconto, modificandoli, e lo stesso fa Solone, traducendo, e utilizzando così nomi greci con lo stesso significato di quelli egizi.
Atlante infatti (dal greco Atlas) è anche un personaggio mitologico greco, che Zeus (Giove) confina, secondo la leggenda, all’estremo occidente del mondo, condannandolo a sostenere in eterno la volta celeste. Il suo nome può significare infaticabile, ma anche “colui che sostiene”, per questo atlanti sono la variante maschile delle cosidette cariatidi: figure umane che fungono da colonne in certe antiche strutture architettoniche.
Riferendosi brevemente alla mitologia greca e al racconto noto come titanomachia, basti sapere che quando Zeus insidia il potere del prepotente padre e titano Crono (Saturno), re dell’Universo (che aveva anch’egli usurpato il trono cacciando il proprio padre Urano, e che tentò di rendere inoffensivi Zeus e gli altri suoi figli ingoiandoli), gli altri suoi fratelli Titani si dividono, difendendo chi l’uno e chi l’altro. A capo dei titani che attaccano Zeus c’è appunto il gigantesco e feroce Atlante.
Dopo dieci anni di battaglie Zeus, dall’alto del monte Olimpo, chiama in suo aiuto altre creature che Crono aveva crudelmente sprofondato nell’inferno del tartaro, tra cui i ciclopi, costruttori di fulmini. La battaglia, terribile oltre ogni immaginazione, sbriciola le montagne, e forse per questo le coste greche sono tanto frastagliate e cosparse di isole. Al termine, con la completa sconfitta di Crono e dei titani ribelli, Atlante sarà dunque costretto a sorreggere per sempre la volta del Cielo. Quando l’Etna brontola ed erutta fuoco, si tratta forse degli altri titani sconfitti, terribilmente ustionati dai fulmini di Zeus, che dal profondo della loro prigione si contorcono.
Diodoro Siculo invece, in Biblioteca storica, ci racconta che il regno di Urano fu semplicemente diviso tra i suoi figli, tra cui Atlante e Crono. Il primo ricevette le regioni che si affacciano sull’oceano. Le sue sette figlie diedero i nomi alle principali stelle che compongono l’ammasso stellare delle Pleiadi.
Approfitto per ricordate che Atlante è anche il nome assegnato dagli astronomi ad un satellite di Saturno.
Erodoto poi, parlando del Monte Atlante nell’Africa nord-occidentale, racconta che le sue vette sono così alte da scomparire perennemente tra le nuvole, tanto che gli abitanti del luogo lo considerano una delle colonne del Cielo.
Il nome Atlante, quindi, è generalmente associato a luoghi posti agli estremi confini occidentali dell’ecumene (ossia l’insieme delle terre conosciute), compreso quel mare misterioso e pressoché inesplorato, posto oltre le Colonne d’Ercole, in cui i navigatori temono avventurarsi.
Nel 1546 A. Lafreri realizza una raccolta di carte geografiche, e decide di mettere in prima pagina l’immagine di un titano Atlante impegnato a sostenere il mondo.
Qualche decennio dopo, nel 1585, G. Mercatore deciderà di dare il titolo Atlas al suo libro di carte geografiche, creando un precedente che verrà ripetuto in maniera diffusa. Oggi atlante è il nome con cui comunemente si indicano i libri che riportano le cartine della Terra, ma anche più genericamente qualsiasi raccolta di tavole illustrate, di anatomia o astronomia. In qualche caso è possibile vedere ancora Atlante in copertina che regge il mondo, o una sfera con i segni zodiacali a simboleggiare il cielo, ad esempio sui volumi di alcune enciclopedie.
Ma il termine ha oggi assunto anche il significato di “grande”, come nel caso del cosidetto Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, che nulla ha a che fare con lo spaventoso titano, se non la “grandezza”.
Anche la missilistica e l’astronautica hanno attinto spesso nomi dalla mitologia. Per quanto riguarda i termini trattati in questa pagina, Atlas è il nome del primo missile balistico intercontinentale (ICBM) che la Difesa degli Stati Uniti ha realizzato nella seconda metà degli anni ’50, nel tentativo di colmare il vantaggio raggiunto nel primo dopoguerra dall’Unione Sovietica. Progressivamente smantellati dal 1965, sono stati utilizzati in seguito come vettori per il programma spaziale.
Quasi contemporaneamente venne costruito dagli USA anche il Titan, anch’esso prodotto in numerose versioni, utilizzato anche per la messa in orbita di satelliti militari, ricevette come primo armamento nucleare una testata da 4 megatoni. Atlantis è invece il nome di uno Space Shuttle (in onore dell’omonima nave da ricerca oceanografica del Woods Hole Oceanographic Institute of Massachusetts), uscito di fabbrica nel 1985 e quarto della flotta (se si esclude l’Enterprice, non adatto ad andare in orbita), che sopravvive insieme al Discovery e all’ Endeavour (primo volo 1992), dopo la distruzione avvenuta durante il lancio del Challenger (1986) e quella del Columbia (2003), occorsa durante il rientro in atmosfera.
Disastri che hanno portato alla sospensione dell’utilizzo delle navette spaziali per due anni; i voli sono ripresi nel 2005.
In campo scientifico si può anche ricordare che Atlas (A Toroidal LHC ApparatuS) è il nome del più grande rivelatore di particelle del mondo, che dovrebbe essere capace di analizzare un miliardo di collisioni all’anno e che diverrà operativo all’interno del Large Hadron Collider presso il CERN di Ginevra (per inciso il CERN è il luogo di nascita del World-Wide Web, la “ragnatela che avvolge il mondo”, inventato nel 1990 da Tim Berners-Lee e Robert Cailliau). L’Italia partecipa al progetto LHC attraverso l’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare).
Film e letteratura
Oltre che da stimolo ad una vastissima serie di ipotesi scientifiche (o autodefinite tali), il mito di Atlantide è anche ispirazione di un buon numero di libri e opere cinematografiche, su mondi perduti e utopie più o meno positive.
Nel 1626 viene stampato, anche se rimasto incompleto, The New Atlantis, dello statista inglese Francis Bacon (Francesco Bacone). Nel racconto alcuni viaggiatori che dal Perù stanno navigando verso la Cina, sbarcano casualmente in una terra sconosciuta che si chiama Bensalem. Sul posto vivono dei discendenti della scomparsa Atlantide; la società descritta si fonda sulla famiglia (in contrasto con l’idea platonica), promuove la ricerca e il progresso, e vi si trova una fondazione scientifica, chiamata Casa di Salomone, che in un certo senso troverà la sua corrispondenza reale con la fondazione della Royal Society inglese.
Le rovine di un mondo sommerso vengono raggiunte nel 1870 dal Nautilus del capitano Nemo, creato dalla penna di Jules Verne per il suo Vingt mille lieues sous les mers (Ventimila leghe sotto i mari), che dovrà attendere fino al 1954 per una trasposizione cinematografica. Nel 1900 possiamo invece conoscere Atlantide nel momento della sua distruzione, attraverso il romanzo The Lost Continent (Il Continente Perduto), di C.J.Cutcliffe Hyne. Nel 1919 il francese Pierre Benoit preferisce trasferire l’avventura in territorio coloniale e scrive L’Atlantide, in cui due militari francesi scoprono in pieno deserto del Sahara il regno degli ultimi discendenti atlantidei, guidati dal sinistro fascino della regina Antinea, che colleziona amanti trasformandoli in statue d’oro.
Dal romanzo viene tratto un film nel 1921 per la regia di Jacques Feyder, ma più famoso è quello diretto nel 1932 da G.W.Pabst con l’attrice Brigitte Helm nella parte di Antinea; sempre ispirati a questo romanzo seguono Siren of Atlantis (1948) e Antinea, L’Amante della Città Sepolta (1961), in cui sopra al leggendario regno sotterraneo dove vivono i sopravvissuti, i francesi creano un poligono militare per esperimenti nucleari (veramente sfortunati!).
Il 1919 è anche l’anno di un’altro romanzo, scritto da H.R.Haggard (già famoso per Le Miniere di Re Salomone, 1885, che scrisse per scommessa, tentando di superare il successo de L’Isola del Tesoro di R.L.Stevenson), si tratta di When the World Shook, si dice ispirato dall’amico Rudyard Kipling (Premio Nobel per la Letteratura nel 1907, autore tra l’altro, negli anni 1894-95, de “Il Libro della Giungla” e “Il Secondo Libro della Giungla”). Nel 1928 S.Arthur Coblentz scrive The Sunken World e nel 1929 è la volta di The Maracot Deep, scritto un anno prima della morte da A.Conan Doyle, inventore del famoso personaggio Sherlock Holmes.
Doyle fu anche autore, nel 1912, di The Lost World, ma qui il mondo perduto è assai più remoto, con tanto di dinosauro che fa a pezzi il Tower Bridge di Londra, antesignano quindi dei vari Kink Kong, Godzilla, Jurassik Park. Il cavernicolo Alley Oop invece è una striscia a fumetti apparsa nel 1933, dove l’eroe è originario di una Mu preistorica, e che dal 1939 potrà anche viaggiare nel tempo, grazie all’aiuto del nuovo personaggio prof. Wommung. La bibliografia è ovviamente vasta e si arricchisce continuamente di nuovi romanzi.
Nel 1971 c’è The Dancer from Atlantis di Poul Anderson, mentre è del 1972 Stonehenge di Harry Harrison. Neanche la Walt Disney si lascia sfuggire questa opportunità, e nel dicembre 2001 esce con il lungometraggio a cartoni animati Atlantis l’Impero Perduto. Tra i romanzi più recenti Il Codice di Atlantide (2004), di Stel Pavlou, in cui uno strano segnale emesso in Antartide rimette in funzione una antichissima rete di comunicazione che collega antiche rovine di tutto il mondo, dal Messico, all’Egitto, alla Cina.
Non mi risultano opere importanti di autori italiani. Recentemente mi è però stato segnalato il romanzo di un giovane autore esordiente, L’ultimo segreto di Atlantide, di Fabio Battisti (2005, Beta Edizioni), dove un perito assicuratore si imbatte casualmente in un reperto egizio, che lo trascinerà in una enigmatica e incalzante ricerca.
L’idea di un mondo pre-storico, fatto di terre e popoli sconosciuti, ha d’altra parte ispirato famose saghe fantastiche. L’Era Hyboriana creata da R.Ervin Howard è un affresco di grandi civiltà preistoriche, successive allo sprofondamento di Atlantide, ispirate anche a leggende nordiche, egiziane e indiane, e in cui si muove l’eroico barbaro Conan. I racconti del ciclo escono sulla rivista Weird Tales dal 1932 al 1936 (4). Nel 1979 Conan the Barbarian viene prodotto come fumetto a colori dalla Marvel Comics Group.
Nel 1981 Dino de Laurentiis produce il film Conan, diretto da John Milius e interpretato da Arnold Schwarzenegger, che avrà anche un episodio successivo. Sempre appartenente al filone Sword & Sorcery la serie di racconti del personaggio Elak of Atlantis creato da Henry Kuttner, apparsi dal 1938 (Thunder in the Down) al 1941 su Weird Tales. Citiamo infine il ciclo di Thongor, a firma Lin Carter, che inizia nel 1965 con The Wizard of Lemuria.
Riflessioni personali
Credo di poter dire che oggigiorno le nostre conoscenze scientifiche escludono che al centro dell’Atlantico possa essere esistito un continente inabissatosi 12.000 anni fa.
Le notizie che ci arrivano da Platone non possono quindi essere accettate letteralmente. Il racconto va interpretato. D’altra parte nessuno sostiene seriamente che i fossati della città di Atlantide siano stati tracciati da un dio di nome Poseidone. Inoltre non mi risulta che nessuno abbia mai tentato di dimostrare che Atene sia stata fondata in tempi così antichi.
Crizia specifica chiaramente: i nomi che appaiono non sono quelli originali; i traduttori della storia, tramandata plausibilmente da popolazioni diverse che usavano lingue diverse, hanno di volta in volta adottato personaggi e luoghi della propria cultura ritenuti sinonimi degli originali.
Con queste premesse ciò che resta è veramente poco. Ci troviamo di fronte a tre avvenimenti: la fondazione di una grande civiltà, una guerra e un cataclisma naturale. Non possiamo neppure essere certi che questi tre avvenimenti facciano parte originariamente della stessa storia, perchè potrebbero essere stati assemblati successivamente in un unico racconto (che per certi versi non appare letterariamente omogeneo). Non si può infatti non notare come a fronte di una descrizione particolareggiata delle città segua una descrizione estremamente sintetica della guerra: non vengono citati i luoghi delle battaglie, né il nome dei condottieri, né l’esito degli scontri. Il racconto potrebbe essere incompleto, oppure Platone cita del poema solo le parti che interessano alla sua esposizione.
Incoraggiato dalla disinvoltura con cui si sono susseguite le più svariate ipotesi, alcune delle quali obbiettivamente inverosimili, dimenticherò per una volta la prudenza, avventurandomi a proporre la Crimea come sede della mitica città.
– La cronologia
La datazione proposta, quel “novemila anni fà”, appare incredibile per molte ragioni, non ultima quella che altrimenti ci troveremmo di fronte ad un documento storico molto particolareggiato a cui non segue (né precede) niente per migliaia d’anni. Eppure tutti gli uomini che trasmettono il racconto devono conoscere il significato del verbo “scrivere” (e la loro lingua deve contenere un vocabolo adeguato), perchè dicono che le leggi di Atlantide sono scritte su una colonna di oricalco.
Il racconto comunque, ad un certo punto, appare come documento scritto, forse egizio, di cui non c’è traccia. E’ comunque improbabile che un documento dichiari semplicemente “9.000 anni fà”. Dovrebbe almeno dire …numero anni prima/dopo di…
9.000 potrebbe essere il risultato di un calcolo. E’ tuttavia strano che Platone, anzichè informarci della datazione originale, la calcoli e citi solo il risultato. Inoltre, quale avvenimento conosciuto, così remoto, potrebbe apparire in quel documento egizio, da far pensare al 9500 a.C. (il dialogo platonico è vicino al 400 a.C.)? Un fenomeno astronomico di cui si riesce a calcolare la data? Ma perchè non citarlo esplicitamente?
Un’altra possibilità potrebbe essere un calcolo basato su una lista di re, con le durate dei regni, di cui esistono esempi, ma che talvolta citano durate impossibili (la lista dei primi leggendari re babilonesi, la “WB 444”, che regnarono “prima del diluvio”, ci racconta di regni che durarono 28.800, 36.000 e addirittura 43.200 anni), mescolano insieme regni contemporanei, ne escludono di sgraditi e potrebbero aver suggerito una datazione errata.
9000 potrebbe anche essere citato col semplice significato di “moltissimo tempo fà”, una specie di “c’era una volta…”. Forse per qualche popolazione il 9500 a.C. rappresentava approssimativamente l’inizio del mondo.
– La geografia
Uno dei motivi per cui Atlantide viene collocata ad ovest stà nel nome Atlante (che è il nome di un Titano condannato a reggere il Cielo) e nelle citate Colonne d’Ercole, ma come abbiamo visto i nomi mitologici originali erano sicuramente diversi e ci potrebbero essere degli errori di traduzione. Inoltre Atlante non è sempre sinonimo di occidente, infatti “Le più antiche rappresentazioni pittoriche di Atlante furono ritrovate in Anatolia e risalgono al 1.500 a.C.” (P.James e N. Thorpe in “Terre perdute”); sono opera degli Ittiti e rappresentano figure umane che reggono i cieli.
Anche altri personaggi anatolici sono imparentati con la figura di Atlante, ad esempio Tantalo, leggendario re di Lidia e Frigia, che per supplizio (secondo una versione) regge in eterno un’enorme roccia che minaccia di rotolargli addosso.
Due numeri nel racconto di Crizia, “9.000 anni fà” e “60.000 settori territoriali” ricordano il sistema numerale a base 12 o quello sessagesimale, di origine mesopotamica. Molti altri indizi portano ad Est, per il semplice fatto che lì nascono le prime civiltà conosciute: su Atlantide troviamo l’agricoltura, l’irrigazione, la scrittura, un sistema legislativo, tutte cose che in Oriente nascono o si perfezionano.
Anche l’acropoli, il nucleo urbano sopraelevato che domina Atlantide, è un tipo di fortificazione tipico del Mediterraneo orientale.
Mentre la presenza di cavalli e tori è perfettamente plausibile in tutta una vasta area che circonda la Grecia, gli elefanti hanno un abitath più particolare, ma non si può escludere che gli esemplari citati da Crizia fossero semplicemente ospitati in parchi-zoo. Leggo infatti che, ad esempio, “La caccia era l’occupazione quotidiana dei nobili assiri… Essi tenevano parchi di animali che si chiamavano ‘paradisi’ ed erano i predecessori dei nostri giardini zoologici” (C.W. Ceram in “Civiltà sepolte”).
La città di Atlantide deve essere per forza sul mare, poichè dispone di porti e una flotta (mi chiedo anche se le triremi, che compongono la flotta, siano navi adatte alla navigazione oceanica). Nell’antichità con il termine Colonne d’Ercole si sono indicati molti stretti, tra cui i Dardanelli (anticamente Ellesponto), l’ingresso del Mar Nero (il Ponto Eusino greco). E il piccolo Mar di Marmara, prima del Bosforo, potrebbe aver ispirato la frase “…in quel mare ben più vasto che c’è oltre lo stretto…”.
Sicuramente nel Mar Nero non ci sono isole, ma anche in questo caso il passaggio inevitabile tra lingue diverse che il racconto ha dovuto subire è un’evoluzione insidiosa: come è già stato fatto notare, la possibilità che una parola col significato “sul mare”, inteso come sulla costa, possa essere tradotto come “isola”, esiste. La Crimea poi è quasi un’isola, poichè il suo unico collegamento al continente è una sottile striscia di terra; ha pianure e montagne, e sulla costa un clima relativamente mite.
– La guerra
Atlantide combatte una guerra mortale contro Atene. Il più antico documento greco che descriva una guerra, il poema epico dell’Iliade, localizza il nemico ad est, presso i Dardanelli. Inoltre l’espansione greca si è svolta preferibilmente nel Mar Egeo, ed è verso oriente che ha dovuto affrontare tutte le sue più importanti campagne militari.
Atlantide, alla testa di una coalizione di alleati, minaccia contemporaneamente Grecia ed Egitto. Un regno con base in Crimea potrebbe aver avuto, abbracciando il Mar Nero, una potenziale influenza verso la penisola greca e la Palestina. Le minacciose mire espansionistiche sull’Asia potrebbero riferirsi all’Asia Minore, cioè la moderna Turchia, molto spesso contesa anche successivamente dai greci ad altre potenze asiatiche.
Le forze armate di Atlantide contano numerosi cavalli e carri da guerra. L’ammaestramento dei cavalli ha origine presumibilmente nelle steppe meridionali russe, ad opera di popolazioni indoeropee, che ne fecero una determinante risorsa bellica nel loro processo di espansione e di conquista. Si ritiene che in Grecia i cavalieri del nord fecero così impressione da originare le leggende dei centauri. Per quanto riguarda poi il carro leggero da guerra, tra i primi ad utilizzarlo ci furono gli Ittiti (altri carri, come quelli sumerici, erano pesanti, con ruote piene, utilizzati principalmente per il trasporto), stanziati in Asia Minore, anch’essi indoeuropei provenienti da nord, come le innumerevoli migrazioni che si sono nei secoli verificate dall’Asia centrale.
Nel testo platonico non c’è nessuna informazione precisa sulla durata della guerra. Se invece di una campagna militare si trattasse di un fenomeno maggiormente protratto nel tempo, potrebbe riferirsi alle invasioni subite in Grecia dalle popolazioni preindoeuropee, appartenenti ad un periodo che le conoscenze storiche di Platone non abbracciavano. Se così fosse, paradossalmente, i concittadini di Platone potrebbero essere discendenti delle armate Atlantidee, che alla fine avrebbero avuto la meglio.
– I fenomeni naturali
Se il racconto non è pura invenzione deve riferirsi ad un’epoca remota, a fatti e popoli altrimenti dimenticati. La descrizione di quei terreni intorno ad Atene, prima grassi e fertili e poi erosi dalle frane e impoveriti, mi ha incuriosito. Mi chiedo se non potrebbero essere qui descritte le conseguenze dell’introduzione dell’agricoltura. Un tempo l’Europa era coperta dai boschi; gli agricoltori sono i primi responsabili del suo disboscamento, per ricavare terreno coltivabile (il legno servì comunque anche per le costruzioni e il riscaldamento).
Un’azione irresponsabile sui terreni, privati della copertura boschiva, talvolta incendiati per eliminare il sottobosco e creare fertilizzante, ma non più concimati successivamente, provoca una rapida perdita di fertilità e può innescare la desertificazione; mentre i pendii, senza l’azione stabilizzatrice delle radici degli alberi, diventano soggetti a frane.
I terremoti e il diluvio che decretano la fine di Atlantide, lasciano il suo mare limaccioso e difficilmente navigabile. Il Mare di Azov, a nord-est della Crimea, ha queste caratteristiche e fondali bassissimi. Un antico terremoto, provocando magari la deviazione di corso di un affluente, potrebbe aver generato l’allagamento di vaste aree e il trasporto di detriti che hanno abbassato ulteriormente i fondali, modificando la morfologia del luogo. Confesso però di non conoscere né la storia, né la geografia dettagliata dell’area.
So che la Crimea è già stata considerata come possibile ubicazione di Atlantide, ma non so esattamente quando, da chi e in che termini.
E’ evidente che quelle qui raccolte sono poco più che idee in libertà, che andrebbero più attentamente vagliate, selezionate e approfondite. Le possibili obiezioni sono molte e fondate, ma l’idea appare in ogni caso promettente e meritevole di ulteriori indagini. Inoltre, così espressa, la tesi non necessita di spropositati disastri naturali, esistenza di civiltà fuori da ogni contesto conosciuto, né una obbligatoria rivoluzione delle conoscenze storicamente acquisite. Il che è senza dubbio un punto a favore.
Conclusioni
Il passato si racconta.
Dal momento in cui le popolazioni umane preistoriche mossero i primi passi alla conquista del mondo, si trovarono circondate da stupefacenti spettacoli naturali: i vulcani, i fulmini, i terremoti, le maree, le eclissi astronomiche, ma anche semplicemente il giorno e la notte, la luna e le stelle, le stagioni, l’arcobaleno, l’eco. Furono spettatori della vita e della morte. Essi tentarono sicuramente di dare risposte, con la semplice ragione, e dove non bastava con la fantasia.
La trasmissione orale delle informazioni e delle esperienze, durata millenni, non poteva non mescolare ai fatti le leggende. Le cose migliorarono quando fu inventata la scrittura, ma non tutto il materiale realizzato è potuto giungere sino a noi, e anzi più è antico e più difficilmente si è conservato. I testi andavano ricopiati a mano, con pazienza, e grandi biblioteche del passato sono andate distrutte, da Persepoli, a Cartagine, ad Alessandria, a Costantinopoli.
Ci sono comunque altri documenti, il passato non è fatto solo di parole. Le realizzazioni in legno spariscono rapidamente, e solo più lentamente anche quelle in ferro, ma rimangono comunque fossili di ogni tipo, ed anche materiale dipinto, scritto o inciso su pietra e tavolette d’argilla. Anche se alcuni aspetti potrebbero rimanerci sconosciuti per sempre, il passato racconta la sua storia.
Possiamo credere a Platone?
Bisogna considerare che nella sua opera il filosofo rispecchia le vicende e le lotte ideali del suo tempo. Egli visse un’epoca di instabilità e insicurezza; nacque durante la Guerra del Peloponneso, mentre Atene democratica si opponeva a Sparta totalitaria, e che terminò con la sconfitta della sua città natale quando lui aveva 24 anni. La successiva guerra civile portò al governo dei Trenta Tiranni, del quale fecero parte due suoi zii. Le vicende che egli analizzò per tutta la vita, lo convinsero che le società erano condannate ad un’inevitabile corruzione e che ogni cambiamento portava alla degenerazione.
Come conseguenza di questo assunto il passato doveva inevitabilmente aver visto società migliori, ed ecco che l’Atene antica, che combatte e vince la poderosa armata atlantidea, assomiglia alla città perfetta che Platone sogna. Il racconto del Timeo e del Crizia serve quindi a rafforzare la sua visione della storia.
E’ comunque possibile che il racconto dei sacerdoti egizi si sia realmente svolto e che il racconto di Atlantide, non si sa quanto leggendario, venga effettivamente da un passato più remoto di Platone. Riguardo al bacino atlantico lo studio dei fossili e delle popolazioni antiche invita, come abbiamo visto, a ipotizzare una comunicazione tra le due sponde ed è probabile che la geografia dell’Oceano e i confini delle terre emerse siano mutate con le glaciazioni e per effetto del vulcanesimo tipico di quell’area.
Si ritiene che le Americhe siano state popolate attraverso l’Asia, dove anche oggi i due continenti si sfiorano, ma è probabile che anche prima della loro scoperta ufficiale, nel 1492, fossero già state raggiunte dall”Europa, ad esempio ad opera di navigatori Vichinghi.
Nella zona tropicale i venti alisei spirano con regolarità dall’Africa verso il Centro America, ed è questa anche la strada percorsa da Cristoforo Colombo, perchè giudicata più facile per il viaggio di andata. Non è pura fantasia l’ipotesi che navigatori coraggiosi e fortunati abbiano potuto compiere dei viaggi, magari favoriti da isole intermedie poi scomparse, portando in epoche antiche, dal Mediterraneo al Nuovo Continente, un pezzo di cultura lontana, senza più poter ritornare. Perché anche il ritorno di Colombo fu pieno di insidie; anche la sua avventura avrebbe potuto essere un’altro viaggio senza ritorno.
Non ci sono pervenute notizie su fatti simili, ma dobbiamo considerare anche la scarsa propensione dei naviganti a diffondere le conoscenze acquisite, quando possono riservare vantaggi commerciali.
E’ però improbabile che una grande civiltà abbia avuto sede, in tempi remoti, al centro dell’Atlantico. E allora, come abbiamo visto, molte altre ipotesi si sono sprecate, facendo ricorso a possibili errori nella trasmissione del racconto, appellandosi a presunte somiglianze, ignorando i particolari scomodi, facendo ricorso a fonti misteriose. Mettendo in fila una serie di “se…” è possibile ricostruire qualsiasi storia, e come avete visto anch’io non ho resistito dal farlo.
La verità su Atlantide ci è sconosciuta. Il problema, comunque, non si esaurisce con Atlantide. Raccontare la storia è un compito pieno di insidie. Lo storico si trova a lavorare con documenti e testimonianze, di cui deve valutare l’attendibilità. Si può essere troppo severi, o troppo creduloni. E allora vi invito a terminare questa lunga lettura con la descrizione del proprio metodo di lavoro, di uno storico contemporaneo a Platone, Tucidide, che riguardo alla cronaca della Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.) da lui descritta, ci mette in guardia così:
“Riguardo ai fatti verificatisi durante la guerra, non ho creduto opportuno descriverli per informazioni desunte dal primo venuto, né a mio talento; ma ho ritenuto di dover scrivere i fatti ai quali io stesso fui presente e quelli riferiti dagli altri esaminandoli, però, con esattezza a uno a uno, per quanto era possibile. Era ben difficile la ricerca della verità perchè quelli che erano stati presenti ai singoli fatti non li riferivano allo stesso modo, ma secondo che uno aveva buona o cattiva memoria, e secondo la simpatia per questa o quella parte.
E forse la mia storia riuscirà, a udirla, meno dilettevole perchè non vi sono elementi favolosi; ma sarà per me sufficiente che sia giudicata utile da quanti vorranno indagare la chiara e sicura realtà di quanto in passato è avvenuto e che un giorno potrà pure avvenire, secondo l’umana vicenda, in maniera uguale o molto simile. Appunto come un acquisto per l’eternità è stata essa composta, non già da udirsi per il trionfo nella gara d’un giorno.”
(Tucidide, I, 22, traduz L.Annibaletto, Il cammino della Storia, Editore Principato, 1967).
Cavini Maurizio
© Dicembre 2004
Ultima revisione Settembre 2008
Note
Bibliografia
Oltre all’ovvia lettura del Timeo e Crizia di Platone, per la stesura del testo ho consultato principalmente I Continenti Perduti, Roberto Pinotti, Oscar Mondadori, 1995; I Misteri dei Mondi Perduti, Charles Berlitz, Sperling & Kupfer, 1977; La geografia degli antichi, Federica Cordano, Editori Laterza, 1992; Grande Enciclopedia della Fantascienza, Editoriale del Drago, 1982; I Miti degli Dei, Gherardo Casini Editore, 1976; Dizionario Etimologico, Rusconi Libri, 2003; Enciclopedia geografica, Zanichelli, 2001.
Successivamente ho approfondito con Terre perdute, Peter James e Nick Thorpe, Armenia, 2002 e L’atlante di Atlantide, Joel Levy, Urra-Apogeo, 2007. Ho tratto inoltre Interessanti informazioni sulla storia dell’uomo da Civiltà sepolte, C.W. Ceram, Einaudi, 1995; Armi, acciao e malattie, Jared Diamond, Einaudi, 2006; Gli indoeuropei e le origini dell’Europa, Francisco Villar, Il Mulino, 1997.
(1) I Greci sono stati certamente tra i primi ad occuparsi della geografia globale. Dopo aver immaginato l’insieme delle terre come un cerchio, circondato dal fiume Oceano, si arriva a considerarlo più come un rettangolo, sul modello del Mediterraneo, i cui confini rimangono incerti, ad eccezione della costa occidentale. Il mondo è comunque diviso in tre continenti: Europa, Asia e Africa.
Erodoto sospetta che l’Europa sia più grande dell’Asia, non per ragioni geografiche, ma storiche: tramite la Grecia ha sconfitto l’esercito persiano. Dell’Africa (chiamata Libia) si conosce solo la parte settentrionale e dell’Asia non molto più dell’impero persiano. Paragonare comunque Atlantide alla somma di Asia e Libia significa assegnarle una superficie enorme. Ma quando in seguito, in una descrizione particolareggiata, Platone ne cita le misure espresse in stadi, sembra descrivere un’isola più piccola della Gran Bretagna. I due dati sembrerebbero inconciliabili.
Alcuni studiosi hanno fatto però osservare che quell’ “Atlantide grande (meizon) come Libia e Asia insieme”, potrebbe essere letto come “importante”, “potente” e non nel senso di “vasta”, “estesa”. Inoltre, data l’origine incerta del racconto, con troppa sicurezza viene interpretato quel “oltre le Colonne d’Ercole” come “oltre lo Stretto di Gibilterra”. Atlantide potrebbe trovarsi anche all’interno del Mediterraneo.
Per quanto riguarda poi quel “9000 anni fa”, come dato temporale dello sprofondamento di Atlantide, è utile ricordare che l’Egitto dei Faraoni, come altri popoli antichi, non possedeva una esatta cronologia degli avvenimenti storici. I moderni archeologi, attraverso una attenta comparazione dei documenti antichi (in cui si intrecciano i riferimenti tra le varie civiltà), la possibilità di datare con precisione alcuni episodi astronomici citati, e moderni metodi di datazione dei reperti, possono oggi ricostruire le più lontane vicende storiche con maggior accuratezza dei Greci e degli stessi Egizi di 2500 anni fa. La data riportata del 9500 a.C. potrebbe quindi essere fuorviante.
(2) Contemporaneamente alla scomparsa dei ghiacciai in Europa, almeno 12.000 anni fa, nella fascia sahariana terminava una lunga fase arida. Il mutamento climatico comportò la scomparsa dei deserti; il lago Ciad aumentò fino a dimensioni simili all’attuale Mar Caspio. Ma una successiva fase arida ebbe inizio circa 5.000 anni fa e attorno al 2.000 a.C. il lago Taoudenni in Mali si era completamente prosciugato. Oggi la catena montuosa dell’Atlante si estende dal Marocco alla Tunisia, separando la costa mediterranea dal deserto sahariano. Il sistema montuoso ha una grande influenza sul clima, generando una barriera alle correnti umide oceaniche, contribuendo quindi in maniera determinante all’aridità della fascia interna. Presenta molte vette sopra i 3000 metri e culmina nell’Alto Atlante con il Gebel Toubkal (4165).
(3) Il nazionalsocialismo è stato da più parti accusato di inconfessabili rapporti con ambienti esoterici, fino a definirlo, sostanzialmente, una setta segreta andata al potere. Subito dopo la fine della guerra circolò l’ipotesi che Hitler fosse sfuggito agli Alleati. Nel 1964 uscì un libro firmato Darius Caasy, che riprendeva una serie di fantasmagoriche ipotesi che si erano susseguite negli anni. Secondo l’autore Hitler era sopravvissuto e si era rifugiato in Sud America, dove in una enorme e autosufficiente città sotterranea stava preparando il ritorno del Quarto Reich. I nazisti erano anch’essi in possesso della bomba atomica, di altre armi segrete ed erano i reali costruttori dei dischi volanti. I mondi sotterranei suscitano evidentemente un’attrazione irresistibile.
(4) Conan il Cimmero nasce come evoluzione di un personaggio precedente chiamato Kull. I Cimmeri discendono dalla razza Atlantidea, e vivono una lotta fatta di sopraffazione e sopravvivenza, insieme con altre razze umane e preumane, in un’epoca e in un mondo immaginario, sprofondato in uno stato ferocemente primitivo e precedente all’epoca storica: l’Era Hyboriana. Questo tempo, successivo ai cataclismi che hanno distrutto Atlantide e Lemuria, che possiamo immaginare esistito circa 12.000 anni fa, viene raffigurato con grande profusione di particolari, come sarà caratteristico anche della saga “Il Signore degli Anelli”, di J.R.R.Tolkien.
Il termine Hyboriani richiama quello greco Iperborei, con cui si indicavano genericamente i popoli poco conosciuti dell’estremo nord, da cui veniva appunto il vento di borea. Robert Ervin Howard, autodidatta, descritto di umore variabile, sempre oscillante tra l’allegria e la depressione, muore prematuramente a trent’anni, suicida, dopo la notizia che la madre malata è entrata in coma. Dopo la II Guerra Mondiale L.Sprague De Camp fu il grande artefice della rinascita di Conan, terminando molti racconti rimasti incompleti e creandone di nuovi, affiancato da Lin Carter e Bjorn Nyberg, Poul Anderson e altri.
Maurizio Cavini
mauriziocavini.it