SECONDO DE BENOIST: DIO È AMERICANO

Il Giornale Online
Riprendiamo dal gruppo Opifice di Bologna, una loro intervista ad Alain De Benoist che individua nell'americanismo dominante la sua connotazione religiosa. Così mentre in Europa ci si appassiona ingenuamente alla conversione di Magdi, De Benoist ci ricorda che, mentre la concorrenza islam-cristianesimo è fra poveri, il dominio del mondo spetta a calvinisti ed ebrei, cioè agli americani. Sempre che non arrivino i cinesi a presentare il conto…. Ellezeta

Bologna – Intervista a De Benoist.
Gruppo Opìfice.
La cosidetta «seconda religiosità» testimonia quanto sia labile la condizione dell’uomo nell’epoca della secolarizzazione e vacuo il sistema di valori che si offre la postmodernità?

Alain de Benoist.

Quella che si chiama «seconda religiosità» si riferisce generalmente alle sette, ma l'espressione potrebbe intendersi a tutti i tipi di percorsi o esperienze «spirituali» tipiche del nostro tempo. La loro caratteristica comune è che traducono un'individuazione della credenza. Non avendo le Chiese più il potere di ordinare in maniera normativa la società globale, la religione diventa un'affare di scelta intima e di convinzione personale.

Un sociologo come Danièle Hervieu-Léger ha parlato di «credo minimo», di «credenza senza appartenenza», di «credenti walkman», di «religiosità ridotta agli affetti», che «riduce la relazione alla trascendenza sulla prossimità emotiva e personalizzata con l'essere divino».

Il risultato di questa tendenza verso la ricerca di un'autenticità «intima» è quel bricolage spirituale al quale si assiste spesso ai nostri giorni. La spiritualità funziona come un self-service dove ognuno si costruisce una propria religione in maniera eccletica e opportunista.

Questo bricolage spirituale – bisogna notarlo, perchè è una delle sue più importanti caratteristiche – è perfettamente conforme al mondo attuale, mondo esploso, frattale, rizomatico, ma altresì allo spirito del nostro tempo, nella misura in cui l'esigenza di significato assume un carattere essenzialmente utilitaristico ed edonista.

Ci si aspetta dalla fede quello che ci si aspetta da una cura psicoanalitica o da una talassoterapia: che aiuti a sentirsi bene, a sentirsi bene nella pelle. Per descrivere questo «edonismo della fede», bisognerebbe parlare di «materialismo spirituale», di un ricorso alla sfera spirituale nella sola prospettiva di un migliore conforto di se stesso, che equivale evidentemente a l'oblio di ciò che la credenza ha potuto comportare nel passaggio all'ascetismo, fatto di disciplina, di rinuncia e qualche volta di sofferenza.

Gruppo Opìfice.
L’influenza sulla politica USA da parte del fondamentalismo religioso – cristiano ed ebraico – come la si deve interpretare? Come una maschera che nasconde esclusivi interessi di dominio politico sul pianeta o c’è dell’altro?

Alain de Benoist. Negli Stati Uniti il fondamentalismo religioso è essenzialmente cristiano, e più precisamente di origine protestante e calvinista. E' incontestabile che esso conosce oggi un rinnovamento favorevole (nel 2000 il 46% degli Americani si dichiarano cristiani «born again»), ma ciò corrisponde anche a tendenze molto profonde dell'ideologia americana. Gli appelli ad una «crociata» in favore della democrazia e della libertà, si associano all'idea di una nazione eletta la cui missione evidente (Manifest Destiny) è quella di esportare, all'occorrenza riccorendo alla forza, i valori americani nel mondo.

L'eccezionalismo dei neoconservatori e della «destra evangelica», il loro spirito missionario, corrisponde ad una mentalità d'origine puritana che si caratterizza non tanto per il messianismo quanto per il millenarismo.

Occorre qui rimarcare che la religione civile americana, nozione sviluppata dal sociologo Robert N. Bellah, nasce alla volta del protestantesimo puritano e del deismo dei Lumière, in condizioni che gli Europei hanno difficoltà a comprendere, poichè nella loro storia religione e modernità mal si conciliano.

Negli Stati Uniti, lungi dall'opporsi all'avvento della democrazia, la religione al contrario ha dato i suoi principi fondamentali. La Bibbia e la Costituzione sono divenuti alla pari documenti sacri. Tutta la forza degli Stati Uniti è quella di aver costituito la democrazia in religione politica e in politica religiosa, istituendo così il potere politico in monoteismo astratto.

E' l'immagine biblica della «città sulla collina» (a city on the hill) evocata da John Winthrop (morto nel 1649) e alla quale gli Americani non hanno mai cessato di riferirsi. «Noi siamo un popolo legato da un patto con Dio», ecco ciò che tutti i politici americani, o quasi, non hanno smesso di ripetere in occasione degli innumerevoli «risvegli» (revivals) che hanno segnato la loro storia.

Questa idea che gli Stati Uniti non sono una nazione come le altre, ma il Paese della «libertà» (land of the free) e una nazione «indispensabile» all'ordine mondiale delle cose, spiega che oltre Atlantico, l'essenziale delle discussioni sulle questioni di politica internazionale si riduce ad un dibattito per sapere come maneggiare l'eccezionalismo americano: isolazionismo intransigente o interventismo permanente? E' anche questa la ragione per cui la parola «politica» non ha in America lo stesso senso che altrove. Per gli Americani, la politica, lungi dal rappresentare la storia in atto, è una struttura ideale verso il futuro, che deve realizzare un «sogno».

Fin dal 1898, all'epoca in cui il presidente McKinley interpretava l'annessione delle Filippine (e il massacro dei civili che ne seguì) come un segno della Provvidenza divina, e più ancora fin dal 1918, data in cui la dottrina di Monroe, fino ad allora limitata al «grande spazio panamericano», si è trasformata in principio universale legittimante l'avvento di una potenza mondiale unica, l'America si considera come responsabile del divenire dell'umanità. E' un millenarismo nel senso che gli Stati Uniti si considerano investiti di una missione: realizzare sulla Terra una sorta di modello del Bene dopo aver sconfitto le forze del Male, come a dire aprire ad un avvenire radioso per tutta l'umanità.

I primi puritani venuti dall'Inghilterra già assimilarono la loro traversata all'Esodo, vedendo nella terra «vergine» del Nuovo Mondo una terra promessa dove essi avrebbero potuto vivere secondo la Legge divina. E' va nella stessa idea che ciò che vale per l'America vale anche per il resto del mondo, così bene che gli interessi del genere umano sono necessariamente identici a quelli degli Stati Uniti, il diritto e la morale diventano solamente uno. Politica interna e politica estera sono la stessa cosa. Debitamente americanizzato, il mondo diventa infine comprensibile. L'universalismo è così, più che mai, la maschera dell'etnocentrismo.

In fin dei conti, l'America adora se stessa: la religione dominante, che non è legata ad alcuna denominazione particolare, è una religione degli Stati Uniti. Dio è americano.

[Ringraziamo in questa sede Alain de Benoist che sempre si dimostra disponibile nei confronti del Gruppo Opìfice, Fabrizio Bolognesi per la traduzione e Anna Piras per la collaborazione]

Giovedì 27 Marzo 2008 00:34

Fonte: http://www.viaroma100.net/notizia.php?id=14184&type=6