Latte: siamo uomini o vitelli?

latteFino a due anni i bambini dovrebbero essere alimentati con latte materno. Dopo i due anni, dimenticate ogni tipo di latte!

Questa vera e propria bomba e stata fatta recentemente esplodere dal celeberrimo dottore Benjiamin Spock, padre della moderna pediatria. Il suo libro “Baby and child care” ha venduto ben 40 milioni di copie in tutto il mondo, affermandosi come il vangelo dello svezzamento e della cura di neonati e bambini.

Oggi Spock, che aveva sempre consigliato il latte vaccino, ha radicalmente cambiato idea, abbracciando le tesi che da anni molti medici ed esperti (nonché vegetaliani, macrobiotici ed igienisti) propugnano: il latte vaccino fa male, soprattutto in fase di crescita, perché può provocare molte deficienze immunitarie e disturbi vari, tra cui l’anemia, allergie e persino un insufficiente sviluppo cerebrale.

Spock, dunque, si trova ora fianco a fianco col Prof. Frank Oski, direttore del Reparto Pediatrico della prestigiosa John Hopkins University di Baltimora ed ex-presidente della Societh Americana per le ricerche in pediatria, che in molti libri (tra cui il provocatorio “Non bere il tuo latte”) sta da oltre quindici anni facendo una crociata anti-latte di mucca.

In America e in Italia in molti si sono scagliati contro Spock, definendo “vecchio arteriosclerotico” questa vera “leggenda della puericultura” che, a 89 anni suonati, ha avuto il coraggio intellettuale di ammettere i propri errori e di dichiarare che il latte di vacca e adattissimo ai vitelli, ma non agli uomini.

Le multinazionali del latte, quelle che hanno imposto l’immagine del bianco alimento come cibo perfetto per bambini, stanno tremando e hanno già fatto scendere in campo i soliti professoroni in camice bianco. Nel nostro Paese e addirittura apparsa una pubblicità dei produttori, pagata con il contributo della Comunità Europea (che da anni ha immense scorte di latte non smaltite), in cui si sostiene l’insostituibilità di questo alimento.

Tale affermazione viene attribuita all’Istituto Nazionale della Nutrizione che invece, nel rapporto preparato per la Conferenza Internazionale sulla Nutrizione FAO/OMS che si terra a Roma in dicembre, riporta testualmente: “all’allattamento al seno viene universalmente riconosciuto un ruolo di primaria importanza per garantire il migliore stato di nutrizione del bambino e per prevenire importanti malattie dell’età pediatrica (affezioni gastrointestinali, allergie, obesità, ecc.)”.

Dice inoltre che “dopo i due anni di età si osservano, con notevole frequenza, le stesse errate abitudini alimentari riscontrabili nella popolazione adulta, caratterizzate da un eccesso di proteine e grassi animali”.

Cosa penseremmo se le mucche un bel giorno impazzissero e facessero allattare il proprio vitellino da un’asina, oppure da un cammello? L’uomo e l’unico animale che continua a nutrirsi di latte anche dopo lo svezzamento. Che sia il desiderio di non diventare mai adulti?

Molti pensano che da sempre l’uomo abbia consumato il latte di mucca, dandolo persino a neonati e bambini. Non è cosi. Fino a tre secoli fa nessuno si era mai sognato di dare
latte di mucca come sostituto del latte materno e solo negli ultimi 50 anni il consumo di latte vaccino ha conosciuto una vertiginosa impennata, diffondendosi in tutti i paesi industrializzati.

Anticamente il latte di mucca era usato solo dai pastori-nomadi (adulti), mentre il burro, ad esempio, veniva usato dai Romani dell’Impero di Augusto per farne unguenti per la pelle.

Il latte vaccino e un cibo per vitelli, non per l’uomo. Serve a far crescere un vitello e a farlo assomigliare a una mucca, ma sicuramente non per aiutare un bambino a diventare un uomo. Per questo la natura ha predisposto il latte materno. Il latte umano è l’unico nutrimento del bambino (almeno cosi dovrebbe essere) fino al completamento della prima dentizione, detta, perciò, da latte; pertanto, l’allattamento può protrarsi anche a 2 anni circa d’età.

In realtà lo svezzamento, che può iniziare verso il 5’ – 6’ mese, prosegue lento e graduale fino a rendersi totale anche verso il 15’ mese ed oltre, con varianti dipendenti da molteplici fattori.

La madre, nella società moderna, ha sempre più spesso rinunciato ad allattare al seno il proprio neonato (bassissime le percentuali alla fine degli anni sessanta), un po’ per motivi di tempo (essendo inserita nel frenetico processo produttivo), un po’ per mancanza di informazione sull’insostituibilita del latte materno nei primi mesi di vita. La donna si e poi fatta condizionare da false paure sui presunti danni estetici dell’allattamento e da un malinteso desiderio di emancipazione.

Ma il peso più determinante, in questa “scelta”, lo ha avuto la martellante pubblicità delle industrie produttrici di latte (in polvere e non), aiutate sicuramente dai sacerdoti della salute in camice bianco che hanno contribuito a creare un vero e proprio “mito” alimentare, basato su poco o nulla.

Prima di tutto il latte di una madre sana e sempre fresco e batteriologicamente puro, mentre ogni tipo di latte non umano deve subire un processo di “cottura” ad alte temperature che ne distrugga gli organismi nocivi (ma la stessa sorte tocca purtroppo anche alle vitamine).

Latte materno e latte vaccino non sono assolutamente uguali, se non nel colore: si differenziano infatti nella composizione percentuale degli ingredienti (essendo l’uno destinato a far crescere esseri umani e l’altro bovini), e nella qualità di tali ingredienti (ad esempio le catene di aminoacidi sono completamente diverse). Inoltre solo nel latte materno sono presenti sostanze che immunizzano il neonato dalle infezioni (soprattutto quelle respiratorie e intestinali), nonché la quantità di fosforo esattamente necessaria al suo sviluppo cerebrale.

Il “cucciolo” di uomo sviluppa dapprima il cervello, mentre l’animale sviluppa prima la struttura ossea. La quantità di lattosio, essenziale per lo sviluppo cerebrale del bambino, nel latte umano e quasi il doppio rispetto a quella che si riscontra nel latte vaccino. Questo fatto e facilmente spiegabile se si pensa che l’accrescimento del cervello del bambino e molto più rapido di quello del vitello.

Usando il latte vaccino per alimentare i bambini, viene quindi a soffrirne il loro sviluppo cerebrale e psichico. Il latte vaccino contiene più del doppio delle proteine del latte umano, ma questo non e assolutamente un vantaggio, perché come dice un vecchio adagio “il troppo storpia”: per essere tollerato dal neonato, infatti, va diluito, pena una forte reazione di rigetto e danni renali.

Il latte di mucca contiene molta caseina (quasi tre volte il latte umano), una proteina che, a contatto con i nostri succhi gastrici, “caglia”, formando un grumo compatto, alquanto indigesto, che provoca inoltre l’aumento dei processi putrefattivi intestinali. Il latte umano cagliato forma invece coaguli piccoli, ed’è soffice e leggero.

Riguardo alla presunta insostituibilità del latte di mucca quale fonte di calcio (utile allo sviluppo di ossa e denti), bisogna ricordare che i nostri progenitori non usavano assolutamente il latte vaccino e avevano ossa e denti molto “compatti” e ben sviluppati, come dimostrano i reperti fossili risalenti al Paleolitico.

Il fatto che le mucche producano un latte cosi ricco di calcio si spiega facilmente tenendo conto delle necessita fisiologiche di accrescimento dei neonati vitelli che inoltre dovranno sviluppare le corna. Il latte materno non deve contenere più calcio del normale, perché e quella la quantità ottimale per far crescere sano un bambino.

Il latte vaccino, dovendo servire ai vitelli, che hanno una velocità d’accrescimento fisico notevolmente superiore a quella umana (raddoppiano il proprio peso dopo appena 47 giorni dalla nascita, mentre il neonato umano lo raddoppia in 180 giorni), contiene dal 3,5% al 5% di proteine, contro l’1,2% del latte umano. Tale notevole quantità di proteine nel latte di mucca costituisce, quindi, una autentica overdose proteica per un essere umano.

Si è cosi accertato che quando le proteine superano il normale fabbisogno del mammifero che assume un determinato latte, l’eccesso determina un sovraccarico per il fegato e le reni, che hanno il compito di eliminare i prodotti del metabolismo proteico. Il latte umano, al contrario di quello vaccino, garantisce al neonato la massima prevenzione dalle allergie e dalle infezioni. I neonati umani, quando non incorrono in diarree pericolose, aumentano di peso, se allattati con latte vaccino, molto più velocemente che se sono allattati con latte umano.

Tutto ciò ostacola lo sviluppo psichico del bambino perché blocca, almeno parzialmente, la sua capacita d’apprendere. Tale velocità d’accrescimento e tale che il raddoppio del peso del neonato si raggiunge non in 180 giorni ma in soli 118, tanto che all’età di un anno, rispetto ai coetanei nutriti con latte umano, sono più pesanti di circa 2 kg e più alti circa di 5 centimetri, tutto ciò a causa dell’eccesso di proteine del latte vaccino.

I bambini che presentano disturbi nell’apprendimento sono l’80% di quelli allattati con latte vaccino. Dato che il bambino presenta la massima velocità d’accrescimento cerebrale nei primi 18 mesi di vita, alcuni studiosi consigliano l’allattamento umano almeno sino a questa età.

I medici hanno riscontrato che oggi il giovane americano, alla visita di leva, ha già concluso la crescita ossea, cosa che solo venti anni fa succedeva sei-sette anni più tardi. Questo avviene perché vengono alimentati fin dalla nascita con latte non specifico e con altri cibi iperproteici.

Ma questo dato, che ad alcuni può sembrare positivo, ha invece un lato “oscuro” preoccupante: a una accelerazione innaturale del metabolismo e quindi ad una crescita più veloce di quella geneticamente predeterminata si associa un invecchiamento sicuramente più rapido. Tra l’altro ogni alimento ha valore nutritivo per la sua capacita di essere assorbito dal nostro organismo, non solo per la quantità di sali minerali, vitamine o proteine in esso contenuto.

Il calcio tanto reclamizzato nel latte vaccino e in genere male assorbito dall’uomo, perché e associato con una percentuale (relativamente) troppo alta di fosforo (fattore inibente) e alla caseina.

Nonostante ciò, nei paesi occidentali “sviluppati” mangiamo cosi tanto da riuscire a fare un’overdose quotidiana di calcio, il quale va a depositarsi sulle pareti delle arterie provocando, insieme al colesterolo, l’indurimento delle stesse oppure forma calcoli renali, o si accumula nelle articolazioni, dando vita a manifestazioni artritiche. Il cinese medio assume appena 15 mg di calcio al giorno, eppure ha meno carie e osteoporosi dell’americano medio, che ne ingurgita ben 800 mg.

Il latte vaccino contiene una bassissima percentuale di vitamine (da un mezzo a un decimo rispetto a quello materno). La vitamina C che recenti ricerche dell’Università di California hanno confermato essere un potente fattore di prevenzione antitumorale e presente in abbondanza nel latte materno, mentre e quasi assente in quello vaccino, anche non pastorizzato.

Il latte materno e ricco di lattosio, uno zucchero che rende più agevole al bambino l’utilizzazione delle proteine. Inoltre il lattosio migliora I’assorbimento del calcio e, creando un ambiente acido nel tratto intestinale, non permette il proliferare di batteri putrefattivi. Invece il latte vaccino contiene il galattosio che, generando un ambiente alcalino, rende possibile lo sviluppo di tali batteri, pericolosi per il neonato.

La pastorizzazione ed il normale trattamento del latte alterano comunque le vitamine (C,E, K e tutte quelle del gruppo B) e gli enzimi, fattori di crescita e fattori anti-rigidità. Diversi anni fa il Dipartimento americano per l’agricoltura fece un esperimento, allevando vitelli con latte pastorizzato. Dopo tre mesi erano tutti morti.

Composizione del latte umano: 1,2-1,5 %di proteine, dal 3 al 5% di grassi, dal 6,5 al 10% di carboidrati e 2% di sali

Il giusto cocktail per dare al neonato tutte le sostanze nutritive necessarie alla crescita e allo sviluppo delle caratteristiche peculiari della specie umana. Il primo liquido secreto dalle ghiandole mammarie della donna, subito dopo il parto, e il colostro, ricco di proteine e lattosio, e poverissimo di grassi. Determinante in questa prima fase la presenza di un aminoacido essenziale, la taurina, importante per lo sviluppo del sistema nervoso centrale e della retina del neonato, e delle immunoglobuline secretorie, che proteggono il neonato dalle infezioni respiratorie e intestinali.

Le immunoglobuline sono totalmente assenti nel latte vaccino o in qualsiasi latte industriale. Si e notata perciò una maggiore morbilita (cioè tendenza a contrarre infezioni) in quei bambini allattati artificialmente.

Bambini affetti da otiti, tracheiti, catarri a ripetizione sono rientrati nella norma sopprimendo i latticini ed in particolar modo lo yogurt. L’insonnia dei neonati e quasi sempre da addebitare alla somministrazione di latte vaccino. Causa l’allergia nei confronti di alcune proteine in esso contenute.

Latticini e formaggi sono legati alle malattie della civiltà: insorgere di tumori, cisti, fibromi, cancro all’apparato riproduttivo femminile (seno, utero, ovaia), infezioni all’apparato uro-genitale (cistiti e candida, molto diffusa tra le giovani americane), malattie del sistema cardiocircolatorio (arteriosclerosi, trombi, infarti…) a causa dell’enorme quantità di grassi saturi; connessione diretta con le più svariate forme di allergia sia alimentare che della pelle e dell’apparato respiratorio (asma, raffreddore da fieno), abbassamento delle difese immunitarie, problemi del sistema digerente (diarrea, stitichezza, per la mancanza di fibre). Il tuorlo dell’uovo e destinato all’embrione e il latte al neonato.

L’uomo è l’unico animale che si nutre di uova e latte per tutta la vita, ed e anche l’unico animale, per quanto se ne sa, a morire giovane di sclerosi coronarica e ad ammalarsi di arteriosclerosi in età avanzata.

Danni da latteAll’inizio del Neolitico, con l’avvento dell’agricoltura e dell’allevamento di mammiferi erbivori, venne introdotto nell’alimentazione umana il latte dei mammiferi non umani ed i derivati di tale latte.

Ogni mammifero produce un tipo di latte adatto solo alla propria specie. Orbene, tra il latte umano e quello vaccino c’è un abisso! Tra i due latti vi è la stessa differenza esistente tra una donna ed una mucca. Il latte umano e, tra tutti i tipi di latte, quello che ha il contenuto proteico più basso, in assoluto; ed e il più dolce.

Percentuali di proteine e glucidi (zuccheri) dei principali latti:

proteine glucidi
donna (1,2 – 7,00)
vacca (3,50 – 4,80)
bufala (3,67 – 3,60)
capra (4,30 – 5,00)
pecora (4,88 – 5,00)
asina (2,02 – 5,90)

Il problema dei latticini e degli altri sottoprodotti animali e molto importante poiché essi apportano all’organismo gli stessi veleni della carne (purine, colesterolo, ptomaine), talvolta in dosi ancor più elevate, sono nocivi quanto e più della carne.

Il lattosio durante la digestione, si scinde in galattosio e glucosio, ad opera della lattasi, un enzima che caratterizza il periodo della lattazione. L’uomo adulto dovrebbe essere sprovvisto di lattasi e cosi e, infatti, moltissime persone non riescono assolutamente a digerire il latte proprio a causa dell’impossibilità di scindere il lattosio per mancanza di lattasi. Se il livello di lattasi nell’intestino e basso o non adeguato, la ingestione di latte conduce a disturbi intestinali gravi e a diarrea: questo avviene nella maggior parte delle popolazioni umane.

Sempre più il latte d’oggigiorno contiene sostanze chimiche d’ogni tipo, estranee alla normale composizione del latte e dannose all’uomo. Si tratta di quelle sostanze che, somministrate alle mucche, passano ovviamente nel latte: antibiotici, ormoni, sali di zinco, tireostatici, betabloccanti, pesticidi (assunti con il foraggio), ecc., per cui il latte in commercio e diventato una specie di farmacia. Un prodotto tossico.

Il dottore S. Morini, allergolo presso l’ospedale Regina Margherita di Roma, afferma che le sostanze allergizzanti sono in prevalenza quelle del latte vaccino, che deve essere escluso pertanto dalle diete di chi presenta allergie alimentari.

Il dottore F. Carrier, sostiene che la soppressione del latte e dei suoi derivati, nei casi di asma, affezioni cutanee, di alcune affezioni dell’apparato genitale femminile e di tumori produce sempre risultati positivi ed in molti casi addirittura clamorosi.

Un danno provocato da uno dei derivati del latte vaccino, lo yogurt, è la cateratta. In alcune zone dell’India dove lo yogurt si consuma abbondantemente e quotidianamente la cateratta è molto diffusa. Sembra che il galattosio in alte dosi favorisca la cateratta e lo yogurt è un alimento tra i più ricchi in galattosio. Alcuni ne contengono sino al 24%.

Il latte negli anziani è controindicato anche per il calcio contenuto e che si configura nettamente come un fattore di fatica e di esasperazione funzionale della mucosa vasale e cardiaca, e promotore di arteriosclerosi e di accidenti vascolari. Molti anziani viaggiano verso la tomba su un mare di latte. Nel latte vaccino il calcio è presente nella misura di ben 175 milligrammi in 100 grammi di prodotto (calcio espresso come ossido di calcio). Tale eccesso di calcio, paradossalmente, impedisce proprio l’assorbimento del calcio stesso, come del resto è comprovato da sintomi di rachitismo presenti in bambini nutriti con latte vaccino.

E’ un luogo comune ritenere che il latte vaccino sia indispensabile proprio per rifornirsi di calcio; i nostri antenati, prima della domesticazione degli erbivori da latte, avevano scheletri del tutto normali, come dimostrano i reperti fossili. Al microscopio polarizzatore una sezione ossea di un uomo di Neandertal evidenzia una struttura più elastica e resistente di quella di un uomo moderno, consumatore di latte vaccino, che presenta invece alveoli grandi in un osso duro e quindi fragile. Nei lattanti e negli adulti che assumono latte vaccino si è potuta constatare una eccessiva eliminazione di calcio con le urine, dovuta al forte contenuto proteico del latte di mucca.

Presso l’Istituto della Nutrizione dell’Università del Wisconsin, dopo lunghe ricerche si è constatato che si elimina più calcio di quello che se ne ingerisca consumando cibi ricchi di proteine. Il latte vaccino è legato alla caseina che impedisce l’assorbimento del calcio, inoltre la maggioranza dei consumatori di latte e di formaggi fa uso di prodotti pastorizzati, omogeneizzati o comunque lavorati e tutte queste tecnologie degradano il calcio rendendolo difficilmente assimilabile.

Per avere calcio a sufficienza basta mangiare verdura a foglia verde, frutta, frutti secchi, che ne contengono abbastanza per i bisogni umani.

Non è da sottovalutare la più che probabile azione decalcificante dovuta alla elevata acidità dello yogurt. L’uso continuato dello yogurt può favorire l’instaurarsi dell’ulcera gastrica e di quella duodenale.

Il latte umano contiene una quantità di lisozima 3000 volte superiore a quella contenuta nel latte di mucca. Il lisozima è un composto proteico con funzione antibatterica. Il latte umano è l’unico che consente lo sviluppo del lactobacillus bifidus che protegge la mucosa intestinale ed inibisce lo sviluppo dei germi responsabili delle diarree.

Nei lipidi del latte vaccino vi è una quantità eccessiva di acido miristico che può causare alterazioni delle arterie ed arteriosclerosi. Il sodio presente nel latte vaccino è, molte volte, superiore a quello del latte umano, che perciò impegna meno i reni. Nel latte umano i grassi sono prevalentemente polinsaturi (acidi utili contro l’arteriosclerosi), mentre nel latte vaccino prevalgono i grassi saturi (causa di colesterolemia e arteriosclerosi) Nel latte vaccino vi è una prevalenza di caseina, mentre nel latte umano prevale la lattoalbumina.

Un’indagine durata 30 anni in Scandinavia ha dimostrato gli innegabili legami tra l’assunzione di latte vaccino e l’insorgere dell’artrite.

Il formaggio, a parte la carne, e molto probabilmente il peggiore alimento oggi esistente, l’alimento più negativo per la salute umana, è un deposito finale (una sorta di discarica) di tutti i farmaci somministrati alle mucche e che passano nel latte che servirà per fabbricare i formaggi; degli additivi di dubbia innocuità, che vengono usati durante la lavorazione soprattutto per conferire loro determinate caratteristiche organolettiche per fini commerciali e conservativi; de diserbanti che passano nel corpo delle mucche, e poi nel latte, a mezzo dei foraggi e delle granaglie che vengono dati per alimento.

Non c’e da meravigliarsi se qualche studioso ha detto che il formaggio oggi in commercio è ai “limiti della tossicità”. Un alimento killer.

Il latte in polvere si ottiene sottraendogli l’acqua di costituzione, cioè essiccandolo.
E’ facile capire che il prodotto cosi ottenuto non ha più nulla né di naturale né tampoco di vivo: è una sostanza morta, di nessun valore biologico, ormai privo di capacita radiante: un autentico inganno sul piano nutrizionale.

Uno studio condotto nel 1979 dall’università di Berkley in California trovò che il triptofano, che è un aminoacido presente nel latte vaccino e nei suoi derivati, stimola abnormemente la ghiandola pituitaria accelerando l’invecchiamento del corpo.

Il dottore L.B.Franklin ( Università della Columbia inglese) condusse uno studio su 1500 donne che presentavano noduli benigni al seno, tutte grandi consumatrici di formaggi e altri derivati dal latte. Il latte vaccino contiene un ormone, l’estradiolo, che promuove la rapida crescita dei vitelli. Il dottore Franklin dimostro che era tale ormone a provocare i noduli mammari, infatti quando queste donne eliminarono completamente i prodotti del latte, guarirono nella misura dell’85% di esse.

Fatti e misfatti della BANDA DEL LATTE

A Roma la bufera del latte (infetto) ha imperversato su tutti i giornali preoccupando gli abituali consumatori del bianco alimento, divenuto improvvisamente, nell’immaginario collettivo, una subdola miscela venefica, contaminata da “grappoli” di bacilli. Tanto più sconvolgente, per i grandi e piccoli bevitori, in quanto il latte di vacca ha una solida patente di alimento sano, naturale, addirittura indispensabile alla crescita (ma qualcuno lo sa che grandi civiltà si sono sviluppate e sono fiorite senza l’aiuto di una sola goccia di latte?).

Questa patente, per effetto automatico di “traslazione”, “garantisce” anche i vari derivati (latticini, burro, panna, formaggi freschi e stagionati, yogurt) e, grazie alla pubblicità, madre delle più assurde e incrollabili convinzioni indotte, viene estesa a un’infinita quantità di prodotti nella cui preparazione è stato utilizzato latte, burro, oppure yogurt. “Mangia questa meravigliosa merendina perché contiene un fiume di bianco latte!”, oppure: “dimagrisci naturalmente con questo genuino formaggio cremoso!”. La carrellata di esempi è infinita.

Purtroppo i miti, specie quelli creati “a tavolino” dall’industria onnipotente, sono duri a morire; semplicemente scalfirli e creare almeno un ragionevole dubbio riguardo al dogma è impresa pressoché eroica.

Fin troppo facile dire che oggi latte e derivati sono un cocktail di sostanze dubbie (betabloccanti, stimolanti dell’appetito, larvicidi, antibiotici e tranquillanti somministrati alle mucche finiscono inevitabilmente nel loro latte, per non parlare delle valanghe di pesticidi con cui si coltivano i mangimi per allevarle).

Fin troppo facile dire che il formaggio, essendo ancora più in alto nella catena alimentare, concentra in misura maggiore tutte queste sostanze, cui si aggiungono, spesso, conservanti e aromi chimici, rivelandosi alla fine una vera e propria discarica abusiva di veleni.

Tutte cose ovvie, ma pochissimi le sanno e quasi nessuno ci riflette su, traendo le dovute conseguenze. Meno ovvio e molto più “eversivo” raccontare come il consumo esagerato di latte e derivati in questi ultimi decenni (in pratica dal secondo dopoguerra) sia indissolubilmente legato alle cosiddette malattie della civiltà. Ormai, l’abbiamo detto anche in precedenza, a tutti i livelli (a cominciare dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità) si riconosce che l’overdose proteica che abbiamo fatto nell’ultimo cinquantennio non ha portato altro che una preoccupante proliferazione delle malattie degenerative, che sono poi quelle che affliggono l’uomo moderno, “ricco” e industrializzato, rivelandosi in assoluto le principali cause di mortalità.

Fra i danni da overdose proteica (tenetevi forte) può essere inclusa anche la famigerata osteoporosi, malattia sociale che colpisce strati sempre più estesi di popolazione. A torto si è creduto (ispirati soprattutto dall’aggressiva propaganda dell’industria lattiero-casearia) che le ossa fatalmente perdano calcio perché non ne assumiamo abbastanza col cibo. Per anni, allora, tutti a consigliare dosi massicce di latte e derivati perché “tanto ricchi dell’indispensabile calcio”.

Oggi gli addetti ai lavori (almeno quelli aggiornati, perché di esperti che hanno studiato solo su libri di quarant’anni fa ne circolano ancora parecchi!) sanno che un eccesso di proteine diminuisce la capacita dell’organismo di sintetizzare proprio il prezioso calcio. L’incidenza di osteoporosi, infatti, è massima negli Stati Uniti, in Finlandia, Svezia e Inghilterra, paesi dove si consumano più cibi animali (carne, latte, burro, formaggi, uova) è minima in un paese come il Giappone dove, per tradizione, e sempre stato rarissimo il consumo di latte vaccino e latticini (ma anche qui, purtroppo, si registra una pericolosa tendenza a introdurre questi alimenti nella dieta giornaliera, su modello statunitense).

Da una ricerca pubblicata già nel marzo l983 dal “Journal of Clinical Nutrition”, riguardante studi fatti su fasce di popolazione intorno ai 65 anni, si evinceva che le donne consumatrici di proteine animali avevano una perdita ossea del 35%, mentre le donne vegetariane solo del 7%. Inoltre nei bambini allattati artificialmente con latte vaccino sono stati spesso riscontrati sintomi di rachitismo e ciò perché nel latte di mucca questo indispensabile minerale e associato a molti fosfati necessari alla costruzione di un potente scheletro da erbivoro che, venendosi però a trovare nell’ambiente intestinale alcalino del neonato, bloccano per oltre due terzi l’assorbimento del calcio.

Da non dimenticare, poi, che la maggioranza dei consumatori di latte e formaggi vari utilizza prodotti omogeneizzati, pastorizzati o comunque lavorati, procedimenti che finiscono per degradare il calcio rendendone ancor più difficile l’assimilazione.

Verdura a foglia verde, frutta, frutti secchi, contengono abbastanza calcio da poter soddisfare, se assunti correttamente, il fabbisogno umano giornaliero. I semi di sesamo crudi ne sono molto ricchi, basta macinarli sull’insalata e il gioco è fatto.

Ma chi è che non beve latte di mucca nel mondo? Il gruppo etnico più numeroso è rappresentato dai cinesi (un miliardo di persone, pari ad un quinto della popolazione mondiale), poi ci sono altre popolazioni lattasi-deficienti (cioè sprovviste dell’enzima necessario a digerirlo) : il 90% degli abitanti di Taiwan, degli indiani d’America e degli Esquimesi, il 70% dei Neri d’America, il 20% almeno dei Finlandesi, degli Svedesi e degli Svizzeri, e infine molti popoli africani, i quali negli anni passati si sono visti sommergere dalle eccedenze di latte in polvere (spedito per “scopi umanitari” dai paesi ricchi) che ha causato vere e proprie epidemie di dissenteria.

A questi vanno aggiunti tutti i lattanti su scala mondiale durante l’allattamento al seno, i vegetaliani, i macrobiotici, gli aderenti alle varie scuole igieniste, la maggior parte dei crudisti, i fruttariani e tutti quelli allergici o ai quali semplicemente non piace.

Non ci sembra superfluo ribadire che, vista la spinosità del problema che richiederebbe pagine e pagine per una trattazione esauriente e completa di dati e riferimenti bibliografici, invitiamo tutti i lettori a contattare la LEPAV.

Come già accennato nella prima parte, i latticini hanno effetti di accumulo su tutti gli organi ed in particolar modo (essendo derivati dal latte, prodotto delle ghiandole mammarie) tendono a concentrarsi maggiormente nel tessuto ghiandolare umano e negli organi della riproduzione. E’ per questo che i più colpiti sono il seno, l’utero, le ovaie, la prostata, la tiroide, le cavità nasali, l’ipofisi, la coclea dell’orecchio e la zona cerebrale attorno al mesencefalo. Raffreddori da fieno e problemi auditivi colpiscono molti consumatori di latte e latticini, mentre, se l’accumulo avviene nei reni o nella, vescicola biliare, si possono formare calcoli.

Specie nei raffreddori allergici, cessare completamente il consumo giornaliero di latte e derivati porta rapidi e notevoli benefici. Ma in particolare le donne, ancor più degli uomini, dovrebbero ridurre drasticamente o, meglio, eliminare completamente latte, formaggi, panna e burro, perché tutti questi alimenti, per le ragioni suddette, favoriscono perdite vaginali, cisti ovariche e al seno, fibromi, tumori alla mammella e all’utero.

Come dimostrato da una ricerca condotta dall’Università della Colombia inglese, è l’estradiolo, ormone presente nel latte vaccino e che consente ai vitelli una rapida crescita fisica, ad accelerare l’ingrandimento di noduli e cisti. Studiando 1500 donne che presentavano noduli benigni al seno, tutte grandi consumatrici di formaggi e altri derivati dal latte, si constatò che, eliminando questi prodotti, l’85% di esse guarì completamente. Molte altre esperienze del genere, condotte da medici naturopati che hanno seguito le pazienti per anni dopo la guarigione, confermano l’esito di queste ricerche.

Sempre in tema, ci sembra utile citare “La dieta di guerra ha protetto il seno”, un articolo apparso sul supplemento del Messaggero dedicato alla salute (suppl. n.7 del 13/ 02/93), in cui si riporta che, secondo un dato emerso da uno studio condotto in Scozia dall’organizzazione di ricerca sul cancro “Cancer Research Campaign”, le donne nate durante la seconda guerra mondiale hanno meno probabilità di ammalarsi di tumore al seno. Secondo questi ricercatori, la minore incidenza del male che in Inghilterra è la principale causa di mortalità delle donne tra i 35 e i 65 anni potrebbe essere il risultato del regime povero di calorie e proteine animali, ma ricco di vitamine (frutta e verdura), che le 45-50enni di oggi furono costrette a seguire dato il razionamento di carne, zucchero e latticini. Non tutti i mali vengono per nuocere…

Per continuare la nostra carrellata su fatti e misfatti della famiglia lattea, prendiamo in esame lo yogurt, un prodotto che negli ultimi anni ha avuto un boom di produzione e consumo davvero eccezionale, basti pensare alla moltiplicazione esponenziale delle marche di yogurt e delle decine di tipi che ognuna di esse mette sul banco dei supermercati.

Un tempo presente quasi esclusivamente nella tradizione culinaria dei popoli del mediterrane orientale (specie Grecia, Libano, Turchia) lo yogurt ha oggi invaso le tavole occidentali, godendo di una “sponsorizzazione” massiccia che ne ha decantato, e continua a decantarne, le mille e una virtù. Senza, ovviamente, dire una parola sui suoi vizi.

A parte gli altri inconvenienti imputabili al latte e ai suoi derivati, lo yogurt sarebbe addirittura tra i responsabili della cateratta. In alcune zone dell’India dove lo si consuma abbondantemente e quotidianamente, questa malattia è molto diffusa. Sembra che il galattosio in alte dosi favorisca l’insorgere della cateratta e lo yogurt è un alimento tra i più ricchi in galattosio, alcuni ne contengono sino al 24%.

Ai formaggio-dipendenti dobbiamo dare altre pessime notizie. Il formaggio, specie se duro, salato e stagionato, è molto difficile da eliminare. Rimane sotto forma di acidi grassi saturi nelle profondità organiche, come la spina dorsale, il fegato, i reni (per non parlare delle arterie, le cui pareti interne vengono rivestite da strati di colesterolo).

Per eliminare tutti i depositi inquinanti di latticini e formaggi ci vogliono anni alcuni calcolano ne siano necessari almeno sette, ma tutto dipende dal metabolismo individuale seguendo una dieta totalmente vegetariana. Meglio ancora adottare un’alimentazione vegetariana crudista, a base di verdure e frutta fresca (da coltivazioni biologiche, ovviamente), che accelera la depurazione.

Particolarmente preoccupante, inoltre, quanto emerse da uno studio condotto nel 1979 dalla prestigiosa Università di Berkley in California, durante il quale si appuro che il triptofano, un aminoacido presente nel latte vaccino e nei suoi derivati, stimola abnormemente la ghiandola pituitaria accelerando l’invecchiamento del corpo. Ringiovanimento e longevità, quindi, non fanno rima con latte.

A proposito di questo è bene ricordare che il latte è veramente controindicato per gli anziani, giacché la massiccia percentuale di calcio in esso contenuto (che, come abbiamo già detto, associato ad altre sostanze presenti nel latte vaccino, viene difficilmente assorbito dal nostro organismo) si configura nettamente come un fattore di fatica e di esasperazione funzionale della mucosa vasale e cardiaca, diventando promotore di arteriosclerosi e di accidenti vascolari, specie coronarici.

Nei lipidi del latte di mucca vi è una quantità eccessiva di acido miristico ed anch’esso può causare alterazioni delle arterie ed arteriosclerosi. Ma un altro dato si rivela davvero inquietante riguardo al prodotto che beviamo oggigiorno: negli odierni allevamenti industriali, dove le mucche sono costrette ad una gestazione continua, esse vengono munte anche quando sono incinte e il loro latte contiene trefoni, speciali sostanze eccito-formatrici, in pratica ormoni della vita embrionale.

Il latte vaccino oggi in commercio è ricco di questi trefoni, per cui, al suo valore già in partenza iperplastico (promotore cioè di un rapido accrescimento fisico), si aggiunge la forza propulsiva di queste sostanze eccito-formatrici. Non è azzardato dedurre che quest’impeto costruttivo abnorme (destinato a far crescere un embrione di mucca e a farlo diventare un vitello) possa provocare moltiplicazioni improvvise, disordinate ed incoercibili delle cellule somatiche nelle diverse zone del corpo umano. In parole povere, riteniamo che il latte oggi in commercio è da considerare, più che mai, potenzialmente cancerogeno.

Ma, allora, perché beviamo il latte? Prima di tutto, complice la classe medica degli ultimi cinquant’anni, ci hanno fatto credere che fosse l’alimento “perfetto”, addirittura in grado di sostituire in tutto e per tutto il latte materno nelle prime fasi di vita (!).

Poi ci hanno anche detto che senza il latte di mucca saremmo diventati tutti rachitici e pieni di carie, per mancanza di calcio. Infine ci hanno suggestionato con idilliche immagini di mucche paciose, prati verdissimi, improbabili mulini bianchi, fiumi di bianco latte in paesi felici.

Senz’altro la prima domanda da porsi, visto che il business del latte e derivati è esploso solo negli ultimi cinquant’anni, e: a chi è convenuto indurre il consumo di latte vaccino su larga scala?

Proviamo solo ad immaginare quanti miliardi di litri di latte vengono prodotti oggigiorno, e quanto latte adoperiamo per i più svariati usi culinari e nelle più svariate forme (latticini, yogurt, burro, panna, formaggi). Uno sforzo minimo, e saremo in grado anche di prefigurare gli stratosferici guadagni delle multinazionali coinvolte nella produzione e trasformazione di questo alimento “perfetto” e “indispensabile” (che, come abbiamo tentato di spiegare, presenta non poche “imperfezioni” dal punto di vista nutrizionale).

A proposito di guadagni fatti senza scrupoli, è clamoroso il caso del siero del latte (sottoprodotto di scarto della lavorazione dei formaggi). Di colore verdognolo, dall’aspetto simile al pus e con un odore nauseabondo, alla fine degli Anni Settanta, negli Stati Uniti, non fu più possibile scaricarlo nel sistema fognario perché vennero approvate severe leggi che vietavano questa pratica, in quanto il siero del latte è, da cento a duecento volte, più inquinante dei liquami di fogna.

Vietarono anche di scaricarlo nei corsi d’acqua, per non privarli di ossigeno e quindi provocare la morte della flora e della fauna. Allora le aziende casearie si inventarono di “scaricarlo” negli alimenti industriali( minestre liofilizzate, cacao, impasti per dolci, margarina, purea di patate, sughi, condimenti, alimenti per l’infanzia, pane, ecc.) e da quel momento iniziarono a vendere “cibi spazzatura” e continuano a farlo con grande successo, grazie alla pubblicità martellante.

Ci sembra poi, dal nostro ristretto punto di vista occidentale, che il mondo e la civiltà si siano sempre basati sul latte di mucca. Non è vero: è stato solo all’inizio del Neolitico (circa 10.000 anni fa), con l’avvento dell’agricoltura e dell’allevamento di mammiferi erbivori, che venne introdotto nell’alimentazione umana (in quantità assolutamente non paragonabili a quelle odierne) il latte dei mammiferi non umani ed i suoi derivati. E infatti nei reperti paleoantropologici si riscontrano carie solo a partire da questo periodo.

Mauro Teodori
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