La Terra si cura da sola


di Vincenzo Zappalà

Molte volte, discutendo sulla reale esistenza e sui possibili effetti del riscaldamento globale, si arriva alla solita retorica frase strombazzata continuamente dai media: “La Terra è malata e noi la stiamo uccidendo”. Beh. Un recente studio ha dimostrato che essa sa curarsi benissimo da sola.

I ricercatori che si occupano di Scienza della Terra e dell’atmosfera presso l’Università di Pardue in Indiana hanno svolto un’accurata ricerca su un periodo preistorico in cui si erano sviluppati livelli di anidride carbonica estremamente alti e si sono accorti (ce n’era bisogno?) che la Terra ha innescato un meccanismo insospettato per sveltire la parte di CO2 in eccesso. In altre parole, e come spesso ho ripetuto su queste pagine, la Terra sa curarsi benissimo da sola (se ce ne fosse bisogno). Non confondiamo quindi un pericolo per l’uomo con un pericolo per la Terra. E smettiamola con le solite frasi sulla Terra malata o addirittura moribonda…

La ricerca in oggetto dice apertamente che il nostro pianeta è stato capace di “guarire” completamente da un eccesso di anidride carbonica avvenuto circa 56 milioni di anni fa in un tempo eccezionalmente breve rispetto a quanto previsto dai modelli odierni (e su cui si basano tanti catastrofici scenari apocalittici sul futuro della Terra). In altre parole, il pianeta ha aumentato automaticamente la sua capacità di demolire il tanto temuto nemico dei nostri giorni. Il gruppo di scienziati ha trovato che circa la metà della quantità di CO2 immessa nell’atmosfera è stata cancellata nel giro di 30000-40000 anni, ossia in un terzo del tempo che si pensava fino ad oggi. Non si sa ancora esattamente come ciò è stato possibile, ma sicuramente la Terra c’è riuscita innescando qualche processo dinamico non ancora noto alla climatologia attuale. Insomma, la Terra ha delle potenzialità di reazione agli eventi che noi nemmeno immaginiamo.

Ricordo che il periodo di eccesso di CO2 e di riscaldamento di cui si parla è durato per ben 170000 anni. Durante quell’evento, miliardi di tonnellate di carbonio furono rilasciate negli oceani, nell’atmosfera e nella biosfera. Un esempio ben calzante con quanto sta capitando oggi, anche se su scala ancora più grande. A quei tempi non si bruciava petrolio e carbone e l’origine dell’anidride carbonica era sicuramente del tutto naturale, proveniente in parte da episodi vulcanici parossistici.

Andando nei dettagli, ecco come hanno agito i nostri ricercatori per valutare i tempi di smaltimento. Essi hanno esaminato campioni di sedimenti marini e terrestri di quel periodo e in particolare hanno misurato i livelli di due differenti isotopi del carbonio, il carbonio-12 e il carbonio-13. Il rapporto tra l’abbondanza di questi due isotopi cambia se la CO2 è prelevata o aggiunta all’atmosfera durante il decadimento della materia organica. Le piante preferiscono il carbonio-12 durante la fotosintesi e quando accelerano il prelevamento di CO2 fanno anche cambiare il rapporto tra i due isotopi. Questo rapporto si riflette su quello che si trova nei minerali delle rocce formatisi per reazione con l’anidride carbonica dell’atmosfera. Il tasso di cambiamento del rapporto C12/C13 nei minerali rocciosi ci dice quanto rapidamente la CO2 è stata eliminata dall’atmosfera. In altre parole, i ricercatori hanno potuto seguire sia la fase di rilascio della CO2 nell’atmosfera e la sua durata temporale, sia quella di eliminazione

Sicuramente, una parte importante in questo sveltimento del processo di eliminazione è stato dovuto alla crescita rapida della biosfera. Per accettare questo meccanismo bisogna però prima capire come i suoli si siano arricchiti di carbonio. Si è ipotizzato un meccanismo molto peculiare e decisamente geniale. Anche se diverso da quanto si dà oggi per scontato.
Potrebbe darsi che il rilascio di CO2 sia partito inizialmente dall’attività vulcanica, ma poi continuato attraverso gli incendi boschivi innescati dagli eventi geologici. Questa sarebbe stata una reazione “positiva” alle condizioni critiche di vegetazione che si erano raggiunte a causa del riscaldamento globale di quel periodo (circa 5 °C). Foreste secche e legno asciutto causati dal caldo anomalo avevano favorito la combustione e il rilascio di CO2, utilizzata poi per creare una rapidissima crescita della biosfera e velocizzare un drastico cambiamento climatico. In altre parole, il riscaldamento globale è stato proprio fermato dall’emissione anomala di CO2 che ha innescato una crescita veloce della biosfera e dei cambiamenti climatici collegati, dovuti a variazioni drastiche del ciclo dell’acqua.

In fondo ne abbiamo prove locali anche oggi: quando le foreste subiscono momenti di crisi sono spesso rivitalizzate da estesi incendi, come è capitato anni fa nei boschi immensi dello Yellowstone National Park americano. Mentre i media descrivevano gli incendi come un dramma epocale, i curatori del Parco (avevo parlato direttamente con uno di loro) consideravano la situazione estremamente positiva e utilissima per una rigogliosa rinascita.
Prima di esprimere brevemente un paio di considerazioni personali, voglio riportare le parole di uno dei ricercatori dell’Università americana: “Abbiamo bisogno di sapere cosa è esattamente successo in quel lontano periodo per capire esattamente in che punto ci troviamo oggi e quale sarà il nostro futuro. Al momento, i dati in nostro possesso ci indicano chiaramente che la risposta della Terra a questo tipo di eventi è molto più dinamica di quanto si pensasse e dimostrano l’importanza di una più ampia comprensione del ciclo del carbonio”.

Cosa posso aggiungere? Due considerazioni del tutto personali. La prima è che la Terra sa reagire molto bene ai cambiamenti atmosferici e climatici, giocando addirittura in contropiede, come bruciare ciò che è già in crisi per potere poi velocizzare la rinascita della vita. In questo contesto, prende ancora più valore l’ipotesi che nel passato del nostro pianeta siano state le emissioni di CO2 a seguire i periodi di riscaldamento e non il viceversa come tentato di imporci da politici arrivisti di recente memoria.

La seconda è che invece di spendere una quantità enorme di soldi per mantenere un gigantesco gruppo di ipotetici scienziati come quelli dell’IPCC, pronti a seguire le direttive dei politici e del potere economico anche a costo di truccare dati e nasconderne altri, sarebbe bene indirizzare le finanze pubbliche verso la ricerca vera. Il nostro pianeta non è malato e la sua storia potrebbe insegnarci a capire meglio le sue strategie più raffinate e magari cercare di attuarle per aiutare gli esseri umani sicuramente ben più “indisposti” della Terra, sia fisicamente che moralmente. Lo studio di ciò che il nostro mondo ha vissuto potrebbe sicuramente migliorare i modelli climatici approssimativi e ambigui su cui si basano le catastrofiche previsioni del prossimo futuro.

Ma c’è ancora chi vuole investire sulla ricerca pura? Questo vale, purtroppo, per molte altre scienze, come quella legata allo sfruttamento delle risorse energetiche pulite. Tante parole e tanto rumore, ma veri studi ben pochi. I soldi prendono sempre direzioni sbagliate. Impariamo umilmente dalla storia del nostro pianeta e dalla sua lunghissima esperienza.

Il lavoro originale si può trovare qui: http://www.nature.com/ngeo/journal/v3/n12/full/ngeo1014.html
Fonte: http://www.astronomia.com/2011/04/22/la-terra-si-cura-da-sola/
Vedi: http://www.nipccreport.org/ http://www.biocab.org/