La crisi europea

Il Giornale Online

[link=http://myekonomia.wordpress.com/]di Myekonomia[/link]

Introduzione

La recente crisi europea ha scosso i mercati finanziari e la vita di gran parte degli stessi europei. L’Euro si è deprezzato negli ultimi anni ad un ritmo che non esagererei se definissi inquietante, non a caso l’elité politica ed economica europea in molti casi, nonostante i tanti sorrisi di circostanza, hanno avuto il timoree di perdere il controllo della situazione ma soprattutto di perdere potere. Il bollettino mensile della BCE, pubblicato a Giugno 2010, ammetteva che il sistema bancario europeo era sul punto di collassare all’inizio di Maggio. Molti governi europei, inclusa la Francia, erano sull’orlo del default. Infatti il rischio di default per alcune banche europee, in relazione ai CDS, raggiunse livelli più alti rispetto al panico che seguì il collasso di Lehman Brothers nel settembre 2008. La classe politica ha cercato in tutti i modi di salvare il proprio progetto socialista per l’Europa basato su di una moneta comune a corso forzoso. Finora ci sono riusciti. Dopo negoziazioni intense è stato creato un “paracadute” di salvataggio, così fu definito quando se ne diede l’annuncio in pompa magna, da 750 miliardi di euro per le banche e i governi europei. Allo stesso tempo, la Bce (Banca Centrale Europea) ha cominciato a fare ciò che prima sarebbe stato impensabile: acquistare alla luce del sole dei titoli di stato; un’azione che mette a repentaglio la sua credibilità ed indipendenza. Da quel momento la percezione pubblica e del mercato dell’organizzazione monetaria dell’EMU (Unione Monetaria Europea) non è stata più la stessa.

Come possiamo vedere anche in questi giorni, il malcontento riguardo a questo tipo di misure senza precedenti sono in crescita, specialmente nei paesi con una politica di deficit e monetaria tradizionalmente conservativa. Un sondaggio ha rivelato come in Germania il 56% della popolazione, a suo tempo, erano contrari al fondo per il salvataggio della Grecia, o per lo meno dei paesi periferici. Non deve nemmeno sorprendere che la maggioranza dei tedeschi auspichi un ritorno al marco. Probabilmente hanno intuitivamente compreso che stiamo vivendo il finale drammatico a cui ci ha portato quella complessa organizzazione chiamata Europa. Si sono accorti di come mentre loro risparmiano e tirano la cinghia i governi di altri paesi fanno spese folli. Ad esempio il governo greco, uno a caso, sostiene un sistema pubblico pensionistico molto più generoso di quello tedesco. I lavoratori greci prendono una pensione di poco maggiore dell’80% del loro stipendio medio. I lavoratori tedeschi solo dal 40 al 60% dei loro stipendi medi. Mentre i greci prendono 14 mensilità di pensioni all’anno, i tedeschi 12. I tedeschi guardano al salvataggio della Grecia come a una “fregatura” perché il salvataggio dei paesi periferici ha reso più visibili quei trasferimenti di denaro forzosi, ormai chiamati “aiuti”, insiti ed impliciti nella stessa organizzazione del sistema Euro. Ma molte persone ancora non capiscono esattamente come e perché devono pagare per colpe non proprie.

Il progetto dell’Euro è stato fortemente voluto dai socialisti europei per concretizzare il loro sogno di uno Stato Europeo Centrale. Ma il progetto sta per fallire. Il fallimento non è una coincidenza frutto del caso, ma è implicito nell’organizzazione istituzionale dell’Ue così come era stata concepita. Questa breve premessa vuole fare da introduzione ad una serie di articoli, tutti etichettati “La crisi europea”, che spiegano le vere cause della crisi a partire dalla nascita dell’Europa fino ai giorni nostri per finire con un’approfondita analisi degli scenari futuri a cui andiamo incontro inesorabilmente. Ogni giorno cercherò di aggiungere un tassello al puzzle in modo da avere una visione completa dei giorni che stiamo vivendo e di quelli che ci accingiamo a vivere, o meglio a subire. Saranno articoli in cui spiegherò gli intrighi e gli interessi dell’elitè economica e politica che ci governa. Vi racconterò una storia in cui le persone combattono per il potere, la fama, la ricchezza ma soprattutto per il loro stesso ego.
La visione liberale

Per comprendere a pieno l’attuale crisi che sta attanagliando l’Italia e gran parte dell’Europa è indispensabile fare qualche passo indietro nel tempo e capire come e perchè l’Europa sia stata fondata. Alcune scelte di macroeconomia richiedono anni per sprigionare i loro effetti catastrofici o estremamente benefici. Ecco perchè gli avvenimenti catastrofici che assistiamo ai giorni nostri sono imprescindibilmente legati alla fondazione di quella struttura economica, sociale e istituzionale che ha caratterizzato le nostre vite dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: l’Europa, o meglio l’Euro. Oggi l’opinione pubblica pensa che l’attuale organizzazione dell’Unione europea sia la migliore, o comunque l’unica possibile, ma che soprattuto che la sua nascita sia stata quasi il risultato di una evoluzione naturale. In realtà dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale i governi europei nn erano unanimi nel decidere quale sarebbe stata la struttura e l’”atteggiamento” che avrebbero dovuto adottare nei confronti della nascente Comunità europea. In particolare si confrontavano i sostenitori di due visioni contrapposte: la visione classica liberale e i sostenitori di quella socialista. L’introduzione dell’Euro ha svolto un ruolo chiave nella direzione da intraprendere tra queste due vie. Per comprendere la crisi europea e la sua storia è fondamentale capire queste deu divergenti visioni.

I sostenitori della visione classica liberale furono i cattolici Schuman (Francia), Adenauer (Germania) e Alcide de Gasperi (Italia). Essi sognavano un’Europa e la Cristianità fondati sul pilastro delle quattro libertà individuali. Nella loro visione infatti gli Stati sovrani europei difendono il diritto alla proprietà privata ed un’economia di libero mercato in un Europa di confini aperti, in modo da permettere il libero scambio di beni, servizi e idee. L’avvenimento più importante per i sostenitori di tale visione fu il Trattato di Roma del 1957 che diede attuazione appunto alle quattro libertà di base: libera circolazione di beni, libera offerta di servizi, libera circolazione di capitali finanziari e libera migrazione. L’accorod riportò in vita quei diritti che furono essenziali all’Europa durante il prospero periodo liberale del diciannovesimo secolo, ma che fu abbandonato nel periodo del nazionalismo e del socialismo successivo. Quest’ultima epoca caratterizzata appunto dal socialismo aveva causato continui scontri tra le nazioni europee, culminati nelle due Guerre Mondiali.

La visione classica liberale mira ad una restaurazione di quelle libertà che hanno caratterizzato il diciannovesimo secolo. Nella loro Europa doveva prevalere la libera concorrenza, senza barriere, in un mercato comune europeo. Questo significa che non si dovrebbe impedire ad un commercialista italiano di svolgere il proprio lavoro in Francia, che nessuno dovrebbe tassare un uomo inglese per il trasferimento di soldi dalla Germania ad una banca francese, o per investire nel mercato azionario italiano. Ed anche che nessun governo dovrebbe elargire sussidi di alcun tipo distorcendo la concorrenza. Per realizzare questo ideale di pacifica cooperazione e scambi prosperi, secondo i fautori di questa visione non ci sarebbe bisogno di creare un Superstato europeo. Infatti la visione classica liberale è altamente scettica riguardo ad uno stato centrale europeo perchè è considerato dannoso per le libertà individuali. Filosoficamente parlando, molti difensori di questa visione sono inspirati dal Cattolicesimo, e i confini della comunità europea sono definiti dalla Cristianità. In linea con gli insegnamenti sociali cattolici, un principio di sussidiarietà dovrebbe prevalere: i problemi dovrebbero essere risolti al più basso e meno concentrato livello possibile. L’unica istituzione centralizzata europea accettabile potrebbe essere una Corte Europea di Giustizia, le sue attività ristrette alla supervisione dei conflitti tra i membri degli stati, e garantire le 4 libertà di base.

Dal punto di vista classico liberale, dovrebbero esserci vari sistemi politici in concorrenza, così come è stato in Europa per secoli. Nel Medioevo e fino al 19 secolo, sono esistiti sistemi politici molto differenti, come le città indipendenti nelle Fiandre, in Germania e nord Italia. C’erano Regni come Bavaria o Sassonia, e Repubbliche come Venezia. La diversità politica era rivelata soprattutto nella fortemente decentralizzata Germania. In una cultura di diversità e pluralismo la scienza e l’industria prosperarono. La competizione ad ogni livello è essenziale alla visione classica liberale. Porta alla coerenza, visto che la qualità dei prodotti, il moltiplicatore dei prezzi, e soprattutto il livello dei salari tendono a convergere. I capitali si spostano là dove i salari sono bassi, facendoli alzare; i lavoratori, d’altro canto, si spostano dove i salari sono alti, abbassandoli. I mercati offrono soluzioni decentralizzate per problemi ambientali basati sulla proprietà privata. La competizione politica assicura il valore più importante: la libertà. La competizione delle tasse incentiva tassi di carico fiscale più bassi e responsabilità fiscale. Differenti sovranità nazionali sulle tasse sono considerate come la miglior protezione contro la tirannia. La competizione prevale anche nel campo della moneta. Diverse autorità monetarie competono nell’offrire valute di alta qualità. Le autorità che offrono valute più stabili esercitano pressione sulle altre autorità per adattarsi.

La visione socialista

La visione classica liberale si oppone a quella socialista, o visione dell’”Impero Europa”. Questa visione era difesa da politici come Francois Mitterand o Jacques Delors. Conoscere questa idea politica è molto importante perchè purtroppo è su di essa che negli anni passati si è basata l’elite economico-politica europea per costruire l’Europa di oggi, passo dopo passo. I fautori di tale visione formavano una coalizione che raggruppava gli interessi dei socialisti, dei nazionalisti e dei conservatori ed ha fatto di tuttto per attuare la propria agenda; in particolare la visione socialista prevede un’Europa in stile impero, cioè protezionista fuori e interventista dentro. Questi statisti sognano uno stato centralizzato con efficienti tecnocrati (questa parola vi dovrebbe dire qualcosa) al governo. In questo tipo di organizzazione il centro dell’impero dovrebbe governare sulla periferia. La legislazione dovrebbe essere anch’essa centralizzata e comune. In pratica i difensori di tale visione socialista vogliono creare un super-stato europeo riproducendo gli stati nazione a livello europeo. Vogliono uno stato sociale europeo che provveda alla redistribuzione, regolazione e armonizzazione della legislazione all’interno dell’Europa. L’armonizzazione delle tasse e delle regole sociali sarebbe a carico del livello più alto, centrale: per esempio se l’iva è tra il 25 e 15% nell’unione, i socialisti la armonizzerebbero al 25% per tutte le nazioni.

Una tale armonizzazione della vita sociale sarebbe nell’interesse dei lavoratori più protetti, piu ricchi e più produttivi, che possono affrontare tale regolazione, al contrario dei loro colleghi. Nelle loro intenzioni vi è la necessità di garantire ancora maggiore potere allo stato centrale,cioè a Brussels. La visione socialista per l’europa è l’ideale per la classe politica, i burocrati, le corporazioni, i privilegiati, le lobby e i settori sovvenzionati che vogliono creare uno stato centrale più forte per il loro arricchimento. Durante il percorso socialista, lo stato centrale europeo dovrebbe diventare così forte da subordinare gli stati sovrani. Possiamo gia vedere i primi segnali di questa subordinanza nei casi di Grecia e irlanda. Entrambi i paesi si comportano, oggigiorno e nei momenti più critici della crisi, come protettorati di Brussels, che dice ai governi come gestire i loro deficits. La concorrenza politica è vista come un ostacolo allo stato centrale, che si eleva al di sopra di qualsiasi tipo di controllo. In questo senso lo stato centrale nella visione socialista diventa sempre meno democratico perchè il potere è spostato ai burocrati e ai tecnocrati. (un esempio è dato dalla Commissione europea: i commissari non sono eletti ma nominati dai governi degli stati membri).

I precedenti tentativi storici di attuazione del piano socialista di uno stato centrale controllato in Europa furono di Carlo Magno, Napoleone, Stalin e Hitler. La differenza è che questa volta non saranno necessari metodi militari. Per non passare alle “maniere forti” nel mettere in atto le loro idee, gli aderenti alla visione socialista hanno pensato di usare le crisi che inevitabilmente si susseguono ciclicamente per creare di volta in volta nuove istituzioni, come la Bce e probabilmente nel futuro anche un ministro europeo per le finanze, in modo da aumentare i poteri delle istituzioni già esistenti come le commissioni o la stessa Bce. Concludendo, la visione classica liberale e quella socialista dell’Europa sono intrinsecamente inconciliabili: infatti l’ampliamento del potere di uno stato centrale implica la riduzione delle quattro basiche libertà, pilastri della prima visione.

Fonte: http://myekonomia.wordpress.com/