EmDrive: il motore quantistico “impossibile”: realtà o bufala?

EmDrive: il motore quantistico “impossibile”: realtà o bufala?
EmDrive
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Immaginate un sistema di propulsione che funzioni senza carburante. Immaginate che qualcuno lo costruisca per davvero, e che lo faccia esaminare addirittura dalla NASA. Immaginate che la NASA lo analizzi con grande precisione e dica che effettivamente funziona, ma non si sa come né perché. Fantascienza? Balla colossale? Forse sì, forse no. Per provare a capirci qualcosa, però, dobbiamo raccontare la storia dall’inizio.

NESSUNO TOCCHI NEWTON

Tutto comincia svariati anni fa, quando lo scienziato inglese Roger Shawyer, direttore della Satellite Propulsion Research Ltd (SPR), inventa e realizza tramite la stessa compagnia un motore chiamato EmDrive, che può essere usato come thruster per fornire la spinta a satelliti e sonde spaziali. La peculiarità di EmDrive è che, per funzionare, non ha bisogno di propellente ma soltanto di elettricità. Questo è particolarmente sconvolgente se pensiamo che qualunque thruster per satelliti funziona a reazione, ovvero tramite il movimento della materia che viene espulsa dal motore stesso.

Qui, però, non c’è nessun movimento, e questo secondo la fisica “tradizionale” (quella che ci ha lasciato il buon Isaac Newton) non dovrebbe produrre alcuna spinta. Subito la comunità scientifica – e c’è da capirla – ha bollato la cosa come junk science (“scienza-spazzatura”). Il motivo? Semplice: EmDrive violerebbe uno dei cardini di tutta la dinamica newtoniana, il principio di conservazione della quantità di moto. Che per i nostri scopi possiamo tradurre così: non puoi far muovere un razzo nello spazio se il razzo non espelle qualcosa. Eppure Shawyer assicura che il suo motore non viola la conservazione della quantità di moto né altre leggi fisiche. Qui viene il punto più spinoso, perché il meccanismo di azione di EmDrive è solamente ipotetico e per giunta sconosciuto alla fisica nota.

EmDrive è fondamentalmente una cavità metallica asimmetrica dentro la quale una radiazione di microonde si propaga riflettendosi continuamente tra le pareti, in maniera risonante.

L’interazione tra le microonde e la cavità asimmetrica, considerando anche gli effetti relativistici del caso, provocherebbe una differenza di pressione ai due capi del motore, da cui avrebbe origine la spinta: questa, che ci si voglia credere o meno, è la spiegazione ufficiale data dalla SPR.

UNA QUESTIONE ANCORA APERTA

Nel 2010 alcuni scienziati della Northwest Polytechnical University, in Cina, provano a costruirlo per conto loro e ci riescono. Il loro motore riesce a produrre spinte fino a 720 millinewton: abbastanza per soddisfare le richieste dell’ingegneria aerospaziale. Ma il risultato ottenuto dai cinesi non è abbastanza per convincere la comunità scientifica in Occidente, che rimane scettica e sostiene che la spinta prodotta debba provenire da altri meccanismi. In fondo, non si può violare le leggi della fisica. Incuriosito dal risultato positivo ottenuto in Cina, lo scienziato americano di origine italiana Guido Fetta apre una società per produrre la propria versione di EmDrive, che chiama Cannae Drive. La spiegazione più plausibile per il funzionamento di Cannae Drive differisce da quella proposta da Shawyer: secondo questa teoria, le microonde reagirebbero con il cosiddetto “plasma virtuale”, ovvero coppie particelle-antiparticelle prodotte e riassorbite quasi istantaneamente dal vuoto quantistico (il minimo stato di energia possibile) in virtù del principio di indeterminazione di Heisenberg. Per dimostrare al mondo che il suo motore funziona davvero, Fetta convince la NASA ad analizzarlo.

E qui si arriva al 2014. Nei laboratori dello Johnson Space Center, cinque scienziati dell’agenzia spaziale americana esaminano da cima a fondo il motore di Fetta per otto giorni. Il verdetto? Cannae Drive funziona. Il 30 luglio di quest’anno la NASA pubblica un documento in cui si legge: “I risultati del test indicano che il dispositivo produce una forza che non è attribuibile ad alcun fenomeno elettromagnetico classico e può quindi potenzialmente dimostrare un’interazione [delle onde elettromagnetiche] con il plasma virtuale prodotto dal vuoto quantistico”. La forza prodotta è molto inferiore a quella trovata dai ricercatori cinesi (30-50 micronewton), ma l’hanno misurata. E non si sa ancora se la misura è attendibile, né si sa perché questa spinta ci sia. Il documento NASA dichiara esplicitamente che non intende entrare nel merito della questione, e si limita a descrivere i test e gli esperimenti effettuati su Cannae Drive.

Cosa dovremmo pensare di questa vicenda? Insomma, è una scoperta sensazionale, una bufala o è tutto frutto di qualche errore umano? È presto per dirlo. Anche sospendendo il giudizio sui risultati cinesi, se da un lato è improbabile che ci si possa fidare di Fetta (la sua biografia ufficiale non è nota, a parte una laurea in Ingegneria chimica che poco ha a che fare con la fisica quantistica e la costruzione di thruster per satelliti), dall’altro ci sono i sorprendenti risultati della NASA. Che però possono non essere corretti: basta ricordare il clamore che si generò per la scoperta dei neutrini superluminali del CERN nel 2011, prima che si scoprisse che la misura della loro velocità era affetta da un “banale” errore sistematico.

E SE FOSSE TUTTO VERO?

Per ora, giustamente, la NASA non si sbottona e mantiene un riservato silenzio in merito alla questione del “motore quantistico”. In attesa di saperne qualcosa di più possiamo provare a domandarci che cosa comporterebbe, ipoteticamente, l’introduzione di un motore di questo tipo. Innanzitutto c’è da dire che sarebbe inservibile per i veicoli a terra e per i velivoli, perché Cannae Drive ed EmDrive hanno bisogno del vuoto per operare. Tuttavia una tecnologia simile, se non si rivelasse un abbaglio, rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione nel campo del volo spaziale.

In particolare renderebbe possibili i viaggi verso lo spazio profondo: con tali dispositivi i satelliti non dovrebbero trasportare il carburante necessario per i thruster. Le sonde potrebbero essere più leggere, tecnologicamente più avanzate e potrebbero contare su un’accelerazione continua. Facendo due conti, una sonda diretta a Marte (e dotata di un ipotetico Cannae Drive opportunamente funzionante) potrebbe giungere sul pianeta rosso in poche settimane. Proxima Centauri, la stella a noi più vicina, sarebbe raggiungibile in “appena” una trentina d’anni. Potrebbe iniziare una nuova era dell’esplorazione spaziale. Stando in ambito più accademico, la scoperta – se confermata – potrebbe anche portare a conoscenze del tutto nuove sulla fisica fondamentale e sul funzionamento del misterioso mondo quantistico. Vicende così complesse vanno valutate con grande attenzione, senza tifare per una fazione o per l’altra. Molte prove sperimentali e discussioni teoriche sono ancora necessarie per dirimere la questione. Qualunque sia il finale di questa storia, però, di una cosa possiamo essere sicuri: sarà avvincente.

Filippo Bonaventura

scienzainrete.it